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Fondo patrimoniale, beni non acquisibili al fallimento

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.18164 del 26/06/2023

Il fondo patrimoniale non può essere acquisito al fallimento, costituendo un patrimonio separato costituito da un complesso di beni determinati, assoggettati ad una speciale disciplina di amministrazione ed a limiti di alienabilità ed espropriabilità.

È quanto ribadito dalla Cassazione, Sezione I civile, con la sentenza n. 18164 del 26 giugno 2023.

Nel caso di specie, il giudice delegato aveva disposto, inaudita altera parte, ai sensi dell'art. 25 n. 2 della Legge fallimentare, l'acquisizione in danno del fallito dei beni costituiti in fondo patrimoniale, anteriore di oltre due anni rispetto alla dichiarazione di fallimento. Il provvedimento avava inciso anche sul diritto del coniuge disponente non fallito.

La Corte ricorda che il decreto di acquisizione può essere emesso solo quando sia pacifica la appartenenza del bene al patrimonio del fallito, e dunque certamente non in presenza di una norma che esclude espressamente detta appartenenza. Inoltre, non si può ritenere che il giudice delegato possa autonomamente decidere se ricorrano i presupposti dell'art. 170 c.c., a norma del quale il creditore può agire in via esecutiva sui beni del fondo se ignora che l'obbligazione è stata contratta per scopi estranei ai bisogni della famiglia, perché ciò significherebbe abrogare tacitamente la prima parte dell'art. 46 n. 3 cit.

I giudici di legittimità precisano inoltre che la locuzione "salvo quanto disposto dall'art. 170 c.c." va interpretata nel senso che i creditori concorsuali potranno autonomamente agire in via esecutiva sui medesimi beni se il debito è stato contratto per i bisogni della famiglia o se ignoravano che era stato contratto per esigenze estranee a tali bisogni.

In conclusione, la Suprema Corte annulla il decreto contestato, dichiarando l'inesistenza giuridica del provvedimento di acquisizione del fondo patrimoniale.

Fondo patrimoniale, fallimento, acquisizione, esclusione, locuzione "salvo quanto disposto dall'art. 170 c.c."

Il fondo patrimoniale non può essere acquisito al fallimento, costituendo un patrimonio separato costituito da un complesso di beni determinati, assoggettati ad una speciale disciplina di amministrazione ed a limiti di alienabilità ed espropriabilità.
La locuzione "salvo quanto disposto dall'art. 170 c.c." va perciò interpretata nel senso che i creditori concorsuali potranno autonomamente agire in via esecutiva sui medesimi beni se il debito è stato contratto per i bisogni della famiglia o se ignoravano che era stato contratto per esigenze estranee a tali bisogni.

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Cassazione civile sez. I, Sentenza 26/06/2023, (ud. 14/03/2023, dep. 26/06/2023), n. 18164

(Dott. CRISTIANO  Magda - Presidente; Dott. CAIAZZO Rosario - rel. Consigliere)

FATTI DI CAUSA

1. I.L., dichiarato fallito dal Tribunale di Fermo, con sentenza del 18.2.2016, per ripercussione del Fallimento della (Omissis) di I.D. (Omissis) s.a.s., di cui è socio illimitatamente responsabile, e la moglie C.N., con separati ricorsi, poi riuniti, proposero reclamo avverso il provvedimento emesso il 2.10.2020 dal giudice delegato al Fallimento con il quale era stata disposta l'acquisizione alla procedura, ai sensi degli artt. 25 comma 1 n. 2 l.f. e 170 c.c., di tutti i beni ricompresi nel fondo patrimoniale da essi costituito nel 2007 e successivamente integrato.

2. I reclamanti contestarono la violazione dell'art. 64 l.f., per essere la costituzione del fondo patrimoniale anteriore di oltre due anni rispetto alla dichiarazione di fallimento, e la sussistenza del presupposto in base al quale era stato adottato il provvedimento impugnato, ovvero la riconducibilità dei debiti sorti nell'esercizio dell'attività d'impresa alle esigenze di famiglia, rilevando come la fonte di sostentamento della famiglia fosse rappresentata da altre entrate, quali i frutti degli immobili facenti parte del fondo patrimoniale e per lo più ricevuti per successione, lo stipendio percepito da C. quale dipendente della società fallita nonché, a decorrere dal 2009, i redditi conseguiti dal figlio C., titolare di autonoma azienda calzaturiera, mentre l'attività della società poi fallita risultava in perdita sin dal 2010, avendo prodotto nel periodo precedente (2007-2010) utili modestissimi, non distribuiti ai soci.

Il Tribunale di Fermo, con decreto (erroneamente definito ordinanza) emesso il 3.11.2020, ha rigettato il reclamo, osservando che: la dedotta violazione dell'art. 64 l.fall. non sussisteva, perché il giudice delegato non aveva dichiarato l'inefficacia dell'atto ma aveva disposto l'acquisizione dei beni costituiti in fondo, come consentito dall'art. 170 c.c., che ammette l'esecuzione su tali beni per i debiti contratti per i bisogni della famiglia; l'acquisizione era legittima perché i debiti contratti dal fallito nell'esercizio dell'attività di impresa sono riconducibili ai bisogni della famiglia.

C.N. e I.L. propongono ricorso ex art. 111 Cost., affidato a tre motivi illustrati da memoria, per la cassazione del decreto. Il Fallimento resiste con controricorso, anch'esso illustrato con memoria.

La causa è stata rimessa alla pubblica udienza a seguito di ordinanza interlocutoria emessa dalla sesta sezione il 27.7.2022.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo lamenta che la curatela abbia esercitato in modo irrituale un'azione d'inefficacia dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale allo scopo di acquisirne i beni mediante provvedimento ex art. 25 l.f. emesso dal giudice delegato al di fuori dei poteri conferitigli da tale norma e in violazione dell'art. 46 l.f.

2. Il secondo motivo denunzia violazione del principio del giusto processo (artt. 24,104,111 Cost, 6Cedu), in quanto il procedimento ex art. 26 l.f., che non prevede un doppio grado di merito, ha tempi di proposizione incompatibili col diritto di difesa.

3. Il terzo motivo, in via subordinata, denunzia violazione dell'art. 170 c.c., per aver il Tribunale adottato un'interpretazione estensiva della locuzione "bisogni della famiglia", tale da ricomprendervi ogni obbligazione idonea a determinare un arricchimento indiretto della famiglia, che rende molto gravoso l'onere probatorio gravante sul debitore, mentre è invece da preferire un'interpretazione restrittiva che per obbligazioni contratte nell'interesse della famiglia intenda unicamente quelle volte direttamente a dotare la famiglia dei mezzi per l'adempimento della propria funzione sociale.

4. Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento degli altri due.

4.1. Va in primo luogo escluso che il motivo, con il quale sostanzialmente si denuncia l'abnormità del provvedimento del G.D., in quanto emesso al di fuori dei poteri conferitigli dall'art. 25 l. fall., sia inammissibile per novità della questione, che è di mero diritto e rilevabile d'ufficio (sulla abnormità, e conseguente radicale inesistenza del provvedimento ex art. 25 cit. emesso dal G.D. al di fuori dei poteri conferitigli, cfr. da ultimo Cass. 2058/2023).

4.2. Ciò premesso, va rilevato che l'art. 46 n. 3 l.f. prevede espressamente che "non sono compresi nel fallimento... i beni costituiti dal fallito in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'art. 170 c.c."

Se ne deve necessariamente dedurre che in presenza, come nella specie, di un atto opponibile al fallimento perché anteriormente trascritto (e fatta ovviamente salva la sua revocabilità ai sensi degli artt. 64 e segg. l. fall., se ricorrono i presupposti delle varie azioni di inefficacia) il giudice delegato non può disporre, inaudita altera parte, ai sensi dell'art. 25 n. 2 l.f. l'acquisizione in danno del fallito dei beni costituiti in fondo patrimoniale, che rappresentano un patrimonio separato destinato unicamente a soddisfare i creditori per i debiti contratti per i bisogni della famiglia, fra i quali non rientrano di norma i debiti contratti dal fallito nell'esercizio dell'impresa (cfr. Cass., n. 2904/2021, con ampia motivazione sul punto); ciò tanto più quando, come pure accaduto nella specie, il provvedimento incida anche sul diritto del coniuge disponente non fallito, incompatibile con l'acquisizione.

Invero, il decreto di acquisizione può essere emesso solo quando sia pacifica la appartenenza del bene al patrimonio del fallito, e dunque certamente non in presenza di una norma che espressamente detta appartenenza esclude; né è dato ritenere che il giudice delegato possa autonomamente decidere se ricorrano i presupposti dell'art. 170 c.c., a norma del quale il creditore può agire in via esecutiva sui beni del fondo se ignora che l'obbligazione è stata contratta per scopi estranei ai bisogni della famiglia, perché ciò significherebbe abrogare tacitamente la prima parte dell'art. 46 n. 3 cit.

Questa Corte, peraltro, con la sentenza n. 1112/2010, emessa in fattispecie sovrapponibile alla presente (ancorché riguardante un fallimento aperto anteriormente alla riforma di cui al D.Lgs. n. 5/06), premesso che il vecchio testo dell'art. 46, n. 3 l.fall. - che escludeva dal fallimento i beni costituiti nell'abrogato istituto del patrimonio familiare - si applica anche al nuovo istituto del fondo patrimoniale ad esso succeduto, ha già affermato che il fondo non può essere acquisito al fallimento, costituendo un patrimonio separato costituito da un complesso di beni determinati, assoggettati ad una speciale disciplina di amministrazione ed a limiti di alienabilità ed espropriabilità, cassando senza rinvio il provvedimento di acquisizione impugnato.

Negli stessi termini si è sviluppato l'orientamento successivo di questa Corte, secondo cui nell'azione ex art. 2901 c.c., promossa per la revocatoria dell'atto di costituzione in fondo, resta passivamente legittimato il fallito, perché il fondo costituisce patrimonio separato non acquisibile al fallimento (Cass., nn. 21494/2011 e 12264/2019).

Alla stregua delle considerazioni che precedono, la locuzione "salvo quanto disposto dall'art. 170 c.c." va allora interpretata nel senso che i creditori concorsuali potranno autonomamente agire in via esecutiva sui medesimi beni se il debito è stato contratto per i bisogni della famiglia o se ignoravano che era stato contratto per esigenze estranee a tali bisogni.

L'accoglimento del primo motivo del ricorso comporta la cassazione del decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito, dichiarando la giuridica inesistenza del provvedimento di acquisizione dei beni costituiti in fondo patrimoniale adottato dal G.D. del Fallimento controricorrente.

Le spese del presente giudizio di legittimità e del procedimento di reclamo seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.


P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti il secondo e il terzo; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la giuridica inesistenza del provvedimento di acquisizione del fondo patrimoniale emesso il 10.2.2020 dal G.D. del Fallimento della (Omissis) di I.D. (Omissis) s.a.s. e del Fallimento personale di I.L..

Condanna il Fallimento controricorrente a pagare ai ricorrenti, in via fra loro solidale, le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 8.200,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso fo(Omissis)ettario del 15% e accessori di legge, e le spese del procedimento di reclamo, che si liquidano in Euro 3.146,00 oltre rimborso forfettario del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2023.

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