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Perdita del lavoro a causa del sinistro, sì al risarcimento integrale

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.19355 del 07/07/2023

Quando un danneggiato perde un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, deve essere liquidato considerando tutte le retribuzioni, compresi tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici, che la persona avrebbe potuto ragionevolmente ottenere basandosi sullo specifico rapporto di lavoro, in misura integrale.

Questa decisione è stata presa dalla Corte di Cassazione, sezione III civile, con l'ordinanza n. 19355 del 7 luglio 2023.

La Suprema Corte ha invece escluso che il danno potesse essere liquidato in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica attestata come risultato delle lesioni permanenti subite, salvo nel caso in cui il responsabile sostenga e dimostri che la vittima abbia effettivamente ottenuto un nuovo impiego retribuito, o che avrebbe potuto farlo e non lo ha fatto a causa di una sua negligenza. In questa situazione, il danno potrebbe essere liquidato esclusivamente come differenza tra le retribuzioni perse e quelle effettivamente ottenute o ottenibili grazie al nuovo lavoro.

Nel caso di specie, un uomo aveva perso il suo lavoro a causa dell'invalidità causata da un incidente stradale.

Il giudice di merito, nell'esaminare il caso, aveva erroneamente attribuito un peso decisivo, non alla perdita in sé del preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma alla successiva e persistente condizione di disoccupazione del danneggiato.

Di qui la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d'appello affinché provveda a rinnovare la liquidazione dei danni subiti dall'odierno ricorrente, basandosi sui principi di diritto enunciati.

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Cassazione civile sez. III, 07/07/2023 (ud. 20/04/2023) n. 19355

Rilevato che

con sentenza resa in data 8/10/2019, la Corte d'appello di Milano, in accoglimento dell'appello proposto dalla Società Reale Mutua di Assicurazioni, e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha rideterminato in diminuzione l'importo della condanna pronunciata dal giudice di primo grado nei confronti della Società Reale Mutua di Assicurazioni in favore di B.A. a titolo di risarcimento dei danni subiti dal B. in conseguenza del sinistro stradale dedotto in giudizio, nella specie verificatosi per l'esclusiva responsabilità di Z.H.B.A. nell'occasione alla guida di un autocarro di proprietà della (Omissis) s.r.l. ed assicurato dalla Società Reale Mutua di Assicurazioni;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, per quel che ancora rileva in questa sede, ha rilevato come il giudice di primo grado avesse erroneamente determinato il danno patrimoniale sofferto dal B. in relazione alla perdita della propria capacità lavorativa specifica, avendo il tribunale riconosciuto, in favore del danneggiato, a titolo di lucro cessante, l'integrale importo dei redditi mensili perduti fino alla data del prevedibile pensionamento, valorizzando la circostanza per cui il B. era stato licenziato proprio a causa del sinistro stradale dedotto in giudizio, senza successivamente riuscire a reperire nessuna altra occupazione, nonostante le ricerche effettuate;

al riguardo, la corte d'appello milanese ha evidenziato come tale modalità di liquidazione del danno da lucro cessante in favore del B. si fosse posta in totale contrasto con le risultanze della consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio di primo grado, ad esito della quale era emerso che il B. aveva subito una contrazione della propria capacità lavorativa specifica nella sola misura del 20%, là dove la liquidazione operata dal giudice di primo grado era sostanzialmente equivalsa al riconoscimento di una perdita totale della capacità lavorativa specifica;

ciò posto, tenuto conto che lo stato di perdurante disoccupazione del B. non poteva causalmente ricondursi alle conseguenze del sinistro dedotto in giudizio (bensì ad altre ragioni, quali l'età avanzata del danneggiato e le condizioni del mercato del lavoro), la corte territoriale ha proceduto alla rideterminazione dell'importo del danno patrimoniale sofferto dal B. in conseguenza della perduta capacità lavorativa specifica nella misura del 20%, parametrando a tale dato percentuale la base costituita dall'entità dei redditi dallo stesso percepiti fino alla data del sinistro;

avverso la sentenza d'appello, B.A. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d'impugnazione;

la Società Reale Mutua di Assicurazioni resiste con controricorso;

B.A. ha depositato memoria;

nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede.

considerato che

con i primi due motivi, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,2043,2056 e 2697 c.c., degli artt. 40 e 41 c.p., nonché per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che lo stato di disoccupazione in cui il B. ebbe a ritrovarsi a seguito del sinistro non fosse stato determinato direttamente dal licenziamento subito, nella specie giustificato proprio a causa delle menomazioni provocate dal sinistro, pervenendo erroneamente ad escludere il danno patrimoniale da lucro cessante effettivamente subito in dipendenza dell'incidente stradale, propriamente consistito nella perdita dei redditi non più percepiti dal licenziamento fino alla data del relativo prevedibile pensionamento, non essendo il B. riuscito a reperire alcuna nuova occupazione nonostante le ricerche diligentemente effettuate;

da tale prospettiva, secondo il ricorrente, la corte territoriale si sarebbe sottratta all'esame della documentazione prodotta in giudizio e della prova testimoniale acquisita, dalle quali erano puntualmente emerse le ragioni del licenziamento subito dal B., l'entità dei redditi prodotti all'epoca del sinistro, l'impossibilità del ricollocamento all'in-terno dell'azienda datrice di lavoro e la puntualità delle ricerche dirette al reperimento di una nuova occupazione;

con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,2043,2056,2057 e 2697 c.c., nonché dell'art. 116, comma 1, c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente negato che il B., a seguito del sinistro, avesse subito un danno patrimoniale certo (e non già futuro) da lucro cessante, nella specie corrispondente al reddito percepito e perduto per effetto del sinistro, quantomeno per gli anni di mancato impiego dalla data dell'ultimo reddito percepito fino alla data di emissione della sentenza d'appello;

con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c., nonché dell'art. 116, comma 1, c.p.c. (in relazione all'art. 360 n. c.p.c.), per avere la corte territoriale determinato erroneamente l'importo riconosciuto a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante, avendo, da un lato, ritenuto di dover risarcire la perdita di una determinata misura della capacità lavorativa specifica a seguito del sinistro, anziché un danno patrimoniale da lucro cessante (in tal modo travisando la stessa decisione di primo grado), e, dall'altro, posto a base della liquidazione operata un importo errato del proprio reddito, pervenendo alla determinazione di un'entità del risarcimento complessivamente inferiore a quella dovuta;

il primo e il secondo motivo - congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione - sono fondati e suscettibili di assorbire la rilevanza delle restanti censure;

osserva preliminarmente il Collegio come la decisione della corte d'appello impugnata in questa sede non abbia in alcun modo escluso il ricorso di un preciso nesso di casualità tra il sinistro occorso ai danni del B. e la relativa perdita del posto di lavoro, avendo la stessa corte d'appello piuttosto sottolineato, quale dato incontestato, la circostanza secondo cui il B. avesse effettivamente perduto il posto di lavoro a seguito dell'invalidità provocata dal sinistro (cfr. pag. 7, primo capoverso della sentenza impugnata, nella parte in cui afferma trattarsi di "circostanza pacifica che il sig. B. abbia perso il suo lavoro come giardiniere a causa della menomazione"), ed avendo di seguito ricondotto al ricorso di "altri fattori" ("come l'età dell'appellato e soprattutto le condizioni del mercato del lavoro") la conseguenza della perdurante "condizione di disoccupazione" (pag. 7) del danneggiato, concludendo nel senso dell'impossibilità di riconoscere, nelle conseguenze del sinistro, la causa della "disoccupazione del B.", come ‘statò logicamente e cronologicamente posteriore alla ‘perdità del posto;

ferme tali premesse, varrà rilevare come, in contrasto con quanto sostenuto dal giudice a quo, al caso di specie debba trovare applicazione il principio di diritto fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e riafferma, al fine di assicurarne continuità) secondo cui, là dove il danneggiato dimostri di avere ‘perdutò un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione (Sez. 3, Ordinanza del 9 dicembre 2020 n. 28071);

ciò posto, la sentenza impugnata, nella misura in cui ha ritenuto, ai fini della liquidazione del danno derivato dal sinistro a carico del B., di attribuire valenza decisiva (non già al fatto in sé della perdita del preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di cui il B. era titolare, a causa delle lesioni conseguenti all'illecito dedotto in giudizio, bensì) alla (successiva) perdurante condizione di disoccupazione del danneggiato (evenienza rispetto alla quale non risultano neppure specificamente dedotte eventuali dirette responsabilità del B.), deve ritenersi errata;

in forza di tali premesse, in accoglimento dei primi due motivi del ricorso (assorbite le restanti censure), dev'essere pronunciata la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con il conseguente rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, affinché provveda a rinnovare la liquidazione dei danni subiti dall'odierno ricorrente sulla base dei principi di diritto sin qui richiamati, oltre alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2023.

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