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Avvocato incinta, quando può invocare il legittimo impedimento?

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24631 del 14/08/2023

Un avvocato in stato di gravidanza può invocare il legittimo impedimento per il mancato rispetto dei termini processuali?

Si è occupata della questione la Prima sezione civile della Cassazione, con l'ordinanza n. 24631 del 21 agosto 2023, che ha respinto il ricorso di un avvocato che aveva chiesto la rimessione in termini in appello.

Nel caso di specie, l'avvocato sosteneva che il suo legittimo impedimento era dovuto all'abbinamento preliminare all'affidamento preadottivo di un minore in una regione diversa dalla sua.

La Cassazione ci ricorda che questa fattispecie è regolata dall'art. 81-bis disp. att. c.p.c., che al terzo comma recita:

“Quando il difensore documenta il proprio stato di gravidanza, il giudice, ai fini della fissazione del calendario del processo ovvero della proroga dei termini in esso previsti, tiene conto del periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi. La disposizione del primo periodo si applica anche nei casi di adozione nazionale e internazionale nonché di affidamento del minore...”

Tale norma ha un ambito operativo molto specifico in quanto si applica solo in un processo già instaurato e riguarda la formazione del calendario del processo o la proroga delle scadenze. Quindi, non è previsto un generalizzato legittimo impedimento per l'avvocato in stato di gravidanza, adozione o affidamento. La norma ha un valore endoprocedimentale, il che significa che non riguarda i termini per proporre un'impugnazione.

Se invece si tratta di termini per impugnare, allora entra in gioco l'art. 153, comma 2, c.p.c. che permette alla parte di chiedere di essere rimessa in termini se dimostra di essere incorsa nella decadenza per una "causa ad essa non imputabile", intesa come un impedimento assoluto al compimento dell'atto.

In conclusione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Termini processuali, stato di gravidanza del difensore, legittimo impedimento dell'avvocato, valenza generalizzata, esclusione

In materia di termini processuali, la disposizione dell'art. 81 bis, comma 3, disp. att. c.c., introdotta dall'art. 1, comma 465, l. n. 205 del 2017, nel dare rilevanza, ai fini della fissazione del calendario del processo, al documentato stato di gravidanza del difensore (cui ha equiparato l'adozione nazionale e internazionale ed anche l'affidamento del minore), non prevede un generalizzato legittimo impedimento dell'avvocato ma contiene una disciplina che ha valenza esclusivamente endoprocedimentale, con la conseguenza che la previsione non può essere invocata per ottenere la sospensione dei termini per proporre impugnazione, in relazione ai quali opera comunque la rimessione in termini, in presenza dei presupposti richiesti dall'art. 153, comma 2, c.p.c.

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Cassazione civile, sez. I, Ordinanza 14/08/2023 (ud. 01/06/2023) n. 24631

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1557/2022 la Corte di appello di Bologna dichiarava inammissibile l'impugnazione proposta da S.V. contro la sentenza n. 61/2020 del Tribunale per i minorenni dell'Emilia Romagna, pubblicata il 20/05/2020, con la quale era stata dichiarata l'adottabilità di S.B., nato a (Omissis) il (Omissis), e di S.R.A., nato a (Omissis) il (Omissis).

Il giudice del gravame rilevava che la sentenza impugnata era stata notificata in data 22/12/2020 all'avv. G., difensore di S.V. e di S.E. nel giudizio di primo grado, sicché, tenuto conto che il termine di trenta giorni per la proposizione dell'impugnazione spirava il 21/01/2021, il ricorso in appello, depositato il 22/01/2021, era tardivo.

Quanto all'istanza di rimessione in termini, depositata contestualmente al ricorso in appello, la Corte territoriale ribadiva i motivi esposti nel provvedimento di rigetto del 30/09/2021 e cioè: a) che l'impegno addotto dall'istante ("l'abbinamento" preliminare all'affidamento preadottivo ad un minore situato in regione diversa da quella di residenza dell'istante) non è equiparabile alla gravidanza considerata dall'art. 81 bis disp. att. c.p.c., come modificato dalla l. n. 205 del 2017, e non comportava un impegno assoluto posto che riguardava il periodo 28/12/2020-22/12/2021, mentre il termine per proporre impugnazione coincideva nella fattispecie con il periodo compreso tra il 23/12/2020 e il 21/12/2021; b) che, comunque, il richiamato art. 81 bis disp. att. c.p.c. dà rilievo allo stato di gravidanza agli effetti della fissazione del c.d. calendario del processo, che è cosa del tutto diversa dalla richiesta rimessione con riguardo a un termine stabilito dalla legge a pena di decadenza, rimessione che, secondo la giurisprudenza di legittimità, presuppone la sussistenza di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti i caratteri dell'assolutezza e non già un'impossibilità relativa, né tanto meno una mera difficoltà; c) che nella fattispecie non era provata né la non imputabilità dell'impedimento addotto né la sua assolutezza.

Avverso tale statuizione, S.V. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo.

L'Unità Operativa Minori dei Servizi Sociali del Comune di (Omissis), in persona del responsabile pro tempore, si è difesa con controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell'art. 81 bis disp. att. c.p.c., in relazione agli artt. 26 D.Lgs. n. 151 del 2001, 153 c.p.c., nonché in relazione agli art. 3,4,24 e 31 Cost.

In particolare, parte ricorrente ha rilevato che l'art. 1, comma 465, l. n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) ha stabilito che all'art. 81 bis disp. att. c.p.c. fosse aggiunta un'ulteriore previsione, secondo la quale, quando il difensore documenta il proprio stato di gravidanza, il giudice, ai fini della fissazione del calendario del processo ovvero della proroga dei termini in esso previsti, deve tenere conto del periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi, aggiungendo che tale disposizione si applica anche nei casi di adozione nazionale e internazionale, nonché in quelli di affidamento del minore, avendo riguardo ai periodi previsti dall'art. 26 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.Lgs. n. 151 del 2001.

La nuova normativa, secondo parte ricorrente, costituisce un primo passo verso una più efficace tutela della donna impegnata della professione forense e garantisce, nel contempo, anche altri importanti diritti di portata più generale.

E' per questo che ha ritenuto che - a partire dal 20/11/2021, data corrispondente a due mesi prima del 22/01/2021 (data di inserimento della minore in famiglia), sino al 22/04/2021 - fosse esistente il legittimo impedimento sopra richiamato, dovendo equipararsi l'affidamento preadottivo al parto.

Per il caso in cui la norma sul calendario del processo non fosse ritenuta direttamente applicabile alla presente fattispecie, parte ricorrente ha, comunque, chiesto di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 81 bis disp att. in relazione agli artt. 3,4,31 e 24 Cost., nella misura in cui non consente la sospensione dei termini e, conseguentemente non riconosce il legittimo impedimento nei due mesi prima dell'affidamento preadottivo, allorché la madre sia già impegnata nella relazione e nell'accudimento del minore, come nel caso di specie.

In ogni caso, parte ricorrente ha insistito affinché venisse disposta la remissione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., oggi pacificamente inteso quale istituto di carattere generale, applicabile in linea di principio a tutti i termini perentori contemplati dal comma 1 della stessa disposizione.

2. Si deve preliminarmente rilevare che il ricorso risulta notificato al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, ma non al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Bologna, parte necessaria del procedimento per la dichiarazione di adottabilità, come anche la madre dei minori, a cui neanche risulta notificato il ricorso per cassazione.

Come viene di seguito spiegato, tuttavia, il presente procedimento deve essere definito con una pronuncia di inammissibilità, sicché si deve dare attuazione al criterio della "ragione più liquida".

Questa Corte ha già affermato, con orientamento in questa sede condiviso, che il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un'evidente ragione d'inammissibilità del ricorso o qualora questo sia prima facie infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un'attività processuale del tutto ininfluente sull'esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 11287 del 10/05/2018; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 10839 del 18/04/2019; v. anche Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 19175 del 06/07/2023).

3. Il motivo di ricorso è inammissibile.

3.1. La giurisprudenza di legittimità è oramai consolidata nel ritenere che, ove la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (v. da ultimo Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 17182 del 14/08/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10815 del 18/04/2019).

3.2. Nel caso di specie, come pure illustrato nel ricorso introduttivo, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso si fonda su tre rationes decidendi, le quali risultano tra loro equiordinate.

In particolare, la Corte ha ritenuto, infatti, quanto segue:

a- l'impegno addotto dall'istante ("l'abbinamento" preliminare all'affidamento preadottivo ad un minore situato in regione diversa da quella di residenza dell'istante) non è equiparabile alla gravidanza considerata dall'art. 81 bis disp. att. c.p.c., come modificato dalla l. n. 205 del 2017, e non ha comportato un impegno assoluto, posto che ha riguardato il periodo tra il 28/12/2020 e il 22/12/2021, mentre il termine per proporre impugnazione coincideva con il periodo compreso tra il 23/12/2020 e il 21/12/2021;

b- il richiamato art. 81 bis disp. att. c.p.c. dà rilievo allo stato di gravidanza agli effetti della fissazione del c.d. calendario del processo, che è cosa del tutto diversa dalla rimessione in termini a seguito della scadenza di un termine perentorio stabilito dalla legge, rimessione che, secondo la giurisprudenza di legittimità, presuppone la sussistenza di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti i caratteri dell'assolutezza, e non già un'impossibilità relativa, né tanto meno una mera difficoltà;

c- nella fattispecie non era provata né la non imputabilità dell'impedimento addotto né la sua assolutezza.

Parte ricorrente ha preso in considerazione gli argomenti della sentenza impugnata incentrati sulla mancata equiparazione dell'affidamento preadottivo alla nascita (punto a) ed anche i motivi della ritenuta impossibilità di provvedere alla rimessione in termini (punto c).

Nessuna censura e', invece, stata indirizzata alla statuizione della Corte di merito, nella parte in cui ha delimitato l'ambito operativo della disposizione in esame alla sola formazione del calendario per il processo (punto b).

4. Reputa nondimeno il Collegio che, pur a fronte della ritenuta inammissibilità del ricorso, sussistono indubbie ragioni che inducono ad enunciare il principio di diritto sulla questione relativa all'ambito di applicazione diretta dell'art. 81 bis, comma 3, disp. att. c.p.c., in quanto di particolare importanza per la diffusa rilevanza applicativa.

4.1. Come sopra evidenziato, l'art. 1, comma 465, l. n. 205 del 2017 ha stabilito che all'art. 81 bis disp. att. c.p.c. fosse aggiunto il seguente comma: "Quando il difensore documenta il proprio stato di gravidanza, il giudice, ai fini della fissazione del calendario del processo ovvero della proroga dei termini in esso previsti, tiene conto del periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi. La disposizione del primo periodo si applica anche nei casi di adozione nazionale e internazionale nonché di affidamento del minore avendo riguardo ai periodi previsti dall'art. 26 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Dall'applicazione del presente comma non può derivare grave pregiudizio alle parti nelle cause per le quali è richiesta un'urgente trattazione" (tale previsione non è stata modificata dal D.Lgs. n. 149 del 2022).

Le disposizioni appena riportate sono dettagliate nel delimitare il proprio ambito operativo, collocandosi in seno al processo già instaurato, ove, per quanto riguarda il processo civile, è attribuita rilevanza alla nascita, all'adozione o all'affidamento di un minore al professionista esercente la professione legale, al momento della formazione del calendario del processo o della concessione della proroga delle scadenze ivi previste.

Non è previsto un generalizzato legittimo impedimento del difensore che si trovi nelle condizioni sopra menzionate, applicabile in ogni stato e grado del processo, ma solo la necessità di tenere conto di tali condizioni, nel redigere il calendario e nella concessione o meno di proroghe, sempre in riferimento a detto calendario.

Il rilievo attribuito agli eventi sopra menzionati è espressamente limitato alla fase istruttoria della causa, le cui attività vengono in questo modo pianificate.

Si tratta, dunque, di disposizioni che, assumendo un inequivoco e limitato valore endoprocedimentale, non riguardano i termini per proporre l'impugnazione.

Ne' può essere prospettata la questione di legittimità costituzionale ipotizzata da parte ricorrente, trattandosi di mancata previsione di norme che sono espressione di scelte discrezionali del legislatore.

Con riguardo ai termini per impugnare, opera, comunque, il disposto dell'art. 153, comma 2, c.p.c., in virtù del quale la parte può chiedere di essere rimessa in termini dimostrando di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, da intendersi come impedimento assoluto al compimento dell'atto (v. da ultimo Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19384 del 07/07/2023).

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

6. In applicazione dell'art. 363, comma 3, c.p.c., deve essere enunciato il seguente principio di diritto nell'interesse della legge:

"In materia di termini processuali, la disposizione dell'art. 81 bis, comma 3, disp. att. c.c., introdotta dall'art. 1, comma 465, l. n. 205 del 2017, nel dare rilevanza, ai fini della fissazione del calendario del processo, al documentato stato di gravidanza del difensore (cui ha equiparato l'adozione nazionale e internazionale ed anche l'affidamento del minore), non prevede un generalizzato legittimo impedimento dell'avvocato ma contiene una disciplina che ha valenza esclusivamente endoprocedimentale, con la conseguenza che la previsione non può essere invocata per ottenere la sospensione dei termini per proporre impugnazione, in relazione ai quali opera comunque la rimessione in termini, in presenza dei presupposti richiesti dall'art. 153, comma 2, c.p.c."

5. La statuizione sulle spese segue la soccombenza.

6. Rilevato che il processo, riguardante minori, è esente dal contributo unificato, non si deve dare applicazione dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002.

7. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.

P.Q.M.

la Corte

dichiara inammissibile il ricorso;

enuncia il principio di diritto sopra riportato ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c.;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla controricorrente, che liquida in Euro 3.000,00 per compenso, oltre Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge;

dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2023.

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