L'art. 2055 c.c. detta una norma sulla causalità materiale - integrata alla luce dei principi di cui all'art. 41 c.p. - per la cui applicazione è sufficiente l'accertamento circa la riconducibilità causale del medesimo "fatto dannoso" ad una pluralità di condotte.
In particolare, la configurabilità di una forma di responsabilità solidale nel caso in cui più condotte abbiano concorso alla produzione del medesimo evento di danno rinviene la propria ratio nell'esigenza di tutelare la posizione del danneggiato, che potrà avanzare richiesta di risarcimento dell'intero danno patito a ciascuno dei condebitori solidali.
La ratio sottesa alla disposizione in esame consente quindi di affermare come, ai fini della sua applicazione, sia sufficiente accertare il nesso di causalità materiale tra la pluralità di condotte colpose e l'unico "fatto dannoso"; irrilevante risulta, viceversa, che l'evento di danno sia stato determinato da condotte illecite sulla base di un differente titolo (contrattuale e/o extracontrattuale) ovvero da condotte distinte e autonome sul piano fattuale.
Cassazione civile sez. III, ordinanza 06/09/2023 (ud. 05/06/2023) n. 25970
Rilevato che:
1. Nel 2008, T.R. e B.A., nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sul figlio minorenne T.M., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Treviso, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti dal figlio a seguito di un'aggressione, C.L. e B.C., in qualità di genitori dei minori (Omissis); (Omissis), in qualità di genitori del minore (Omissis); (Omissis), in qualità di genitori del minore (Omissis); (Omissis), in qualità di genitore del minore (Omissis); (Omissis), in qualità di genitori del minore (Omissis); (Omissis), in qualità di genitori del minore (Omissis).
Esposero gli attori che T.M., mentre si trovava in un parco in compagnia degli amici (Omissis), veniva accerchiato da un gruppo di ragazzi formato dai figli dei convenuti, allora minorenni, che iniziavano ad insultare e provocare i tre amici. In particolare dedussero che: G. aveva cagionato con un pugno la frattura del setto nasale di T.M. e lo aveva minacciato di morte con un bastone ed immobilizzato con la forza, consentendo ai (Omissis) di percuoterlo sulla schiena; (Omissis) aveva picchiato T.M. e G.M., insultandoli pesantemente; (Omissis) aveva minacciato T.M. e G.M. di ulteriori percosse, dopo aver loro intimato di scusarsi con gli aggressori; (Omissis) aveva insultato e urtato violentemente T.M.; (Omissis) e (Omissis), infine, lo avevano aggredito con insulti e percosse.
Il figlio degli attori veniva accompagnato la sera stessa dai genitori al Pronto Soccorso, dove gli venne diagnosticato un trauma facciale con frattura scomposta delle ossa nasali, per cui veniva successivamente operato.
Si costituirono in giudizio i convenuti (ad eccezione dei genitori di G., che rimasero contumaci), i quali concordarono nell'affermare che sarebbero stati il (Omissis) a deridere gli altri sette ragazzi, e che i figli non avrebbero avuto alcun ruolo nei fatti, ma che vi sarebbe stata una colluttazione solo tra il (Omissis), durante la quale quest'ultimo aveva sferrato un pugno al T.. Tale circostanza sarebbe stata confermata, tra l'altro, all'esito dell'atto di querela sporta dai genitori del T., dalla sentenza del Tribunale dei Minorenni di Venezia, resa per i medesimi fatti e fondata sulla confessione resa dal G. in tale procedimento.
Istruita la causa mediante audizione testi e consulenza tecnica medico-legale, il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 1380/2016 (resa anche nei confronti di (Omissis), (Omissis) e T.M., i quali erano costituiti personalmente, una volta raggiunta la maggiore età) accolse la domanda attorea limitatamente alla posizione di (Omissis), in qualità di genitori di (Omissis).
Secondo il giudice di prime cure, in base alle testimonianze assunte in giudizio e alla confessione resa dal G. nel procedimento penale, conclusosi con sentenza di applicazione di perdono giudiziale (considerata utilizzabile nel giudizio civile), risultava essersi verificato un unico evento lesivo, posto in essere da un unico autore materiale mediante un'unica azione, essendo le azioni poste in essere dagli altri soggetti convenuti prive di rilevanza causale nelle lesioni riportate dal T. e non potendo quindi trovare applicazione l'art. 2055 c.c..
2. Tale decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Venezia con la sentenza n. 1310/2020, depositata il 19 maggio 2020.
La Corte, pur confermando la pronuncia di condanna nei confronti dei genitori di G., ha ritenuto che l'obbligo risarcitorio gravasse anche su (Omissis), nonché su (Omissis) (tutti divenuti maggiorenni nel corso del giudizio di primo grado e costituitisi in proprio in appello).
Secondo la Corte territoriale, dalle testimonianze acquisite in giudizio era emerso che l'evento finale fosse da considerarsi riferibile alle condotte congiunte, causalmente e pariteticamente efficienti, tenute non solo dal G., che materialmente sferrò il pugno al T., ma anche dai fratelli (Omissis), i quali determinarono con la loro condotta violenta e aggressiva (spintoni e manate prima ed accerchiamento della vittima poi) la possibilità concreta che il T. venisse attinto dal pugno.
I giudici dell'appello hanno quindi ritenuto applicabile l'art. 2055 c.c., richiamando il costante insegnamento dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la norma suddetta richiede solo che il fatto danno sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano tra loro autonome.
Secondo la Corte, non sarebbe possibile distinguere una graduazione di responsabilità tra i soggetti indicati, considerato che l'escalation che portò all'evento aveva fin dall'inizio toni di tale aggressività da risultare assolutamente prevedibile l'esito lesivo poi concretizzatosi.
3. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi illustrati da memoria, i signori (Omissis).
3.1. Resistono con controricorso i signori T.R., B.A. e T.M..
Gli intimati non hanno svolto difese.
Considerato che:
4.1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la "violazione dell'art. 2055 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro".
La Corte territoriale avrebbe erroneamente applicato l'art. 2055 c.c. alla fattispecie in esame. Le risultanze processuali, infatti, avrebbero indicato chiaramente la responsabilità delle lesioni a carico del solo G., che materialmente sferrò il pugno.
Doveva invece essere escluso il rapporto causale tra l'evento dannoso e la condotta tenuta dai fratelli (Omissis), la quale non era stata in nessun modo orientata alla determinazione del danno lamentato dal T..
Il G. avrebbe ritenuto in modo autonomo di colpire il volto il T., senza che l'azione di questo potesse essere in alcun modo presunta e senza che fosse inseribile in un contesto di singole azioni o omissioni in concorso efficiente alla produzione del danno. Inoltre, la Corte d'appello non avrebbe offerto alcuna dimostrazione della sussistenza dei requisiti psicologici di dolo o colpa, pur necessari per la sussistenza della responsabilità solidale, limitandosi ad individuare il presupposto della responsabilità nella sola collocazione fisica dei ragazzi sul luogo dei fatti, in una posizione di vicinanza al G..
4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la "violazione dell'art. 132 comma 2 n. 4 e 118 disp. att. codice di procedura civile in relazione all'art. 360 n. 4 per nullità della sentenza a seguito di motivazione inesistente, incoerente, meramente apparente, perplessa ed incomprensibile, non idonea ad esplicare le ragioni della decisione".
Secondo i ricorrenti, il fatto che il T. non si fosse potuto allontanare a causa di un accerchiamento aggressivo e che il G. si fosse sentito spalleggiato e sorretto dalla presenza degli amici nella sua determinazione aggressiva non sarebbe emersa né dagli atti né dalle prove assunte.
La scelta del G. di colpire l'amico sarebbe stata, invece, del tutto autonoma e scollegata dalla presenza e dalle azioni degli altri soggetti.
4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano l'"omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti", rappresentato dalla sentenza del Tribunale per i minorenni di Venezia e dalla piena confessione del G. della responsabilità per i danni sofferti dal T..
5.1. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, poiché sono tutti diretti a censurare, sotto diversi profili, l'accertamento, da parte dei giudici dell'appello, della concorrente responsabilità dei ricorrenti nelle lesioni procurate al T..
Tali motivi risultano infondati.
E' principio consolidato quello secondo il quale l'art. 2055 c.c. detta una norma sulla causalità materiale - integrata alla luce dei principi di cui all'art. 41 c.p. - per la cui applicazione è sufficiente l'accertamento circa la riconducibilità causale del medesimo "fatto dannoso" ad una pluralità di condotte.
In particolare, la configurabilità di una forma di responsabilità solidale nel caso in cui più condotte abbiano concorso alla produzione del medesimo evento di danno rinviene la propria ratio nell'esigenza di tutelare la posizione del danneggiato, che potrà avanzare richiesta di risarcimento dell'intero danno patito a ciascuno dei condebitori solidali.
La ratio sottesa alla disposizione in esame consente quindi di affermare come, ai fini della sua applicazione, sia sufficiente accertare il nesso di causalità materiale tra la pluralità di condotte colpose e l'unico "fatto dannoso"; irrilevante risulta, viceversa, che l'evento di danno sia stato determinato da condotte illecite sulla base di un differente titolo (contrattuale e/o extracontrattuale) ovvero da condotte distinte e autonome sul piano fattuale (cfr., tra le più recenti, Cass., S.U., n. 13143/2022).
La Corte d'appello ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi laddove ha accertato, sulla base delle risultanze istruttorie, che l'evento lesivo prodottosi fosse riferibile alle condotte congiunte, causalmente e pariteticamente efficienti, del G., che materialmente aveva inferto il pugno, nonché dei fratelli (Omissis) e del (Omissis), la cui condotta violenta ed aggressiva aveva fatto sì che il T. non potesse fisicamente sottrarsi all'aggressione (circostanza desumibile in particolare dalla dichiarazione resa dal (Omissis), ritenuta attendibile dalla Corte d'appello con argomentazioni che non sono state oggetto di censura da parte dei ricorrenti).
Contrariamente a quanto affermano i (Omissis), la Corte ha altresì accertato la sussistenza nei ricorrenti dell'elemento soggettivo, quantomeno in termini di colpa, laddove ha affermato che l'escalation aveva avuto fin dall'inizio carattere così violento (anche per le minacce poste in essere da parte del G. con un bastone) da far ritenere assolutamente prevedibile che la stessa sfociasse nell'evento lesivo effettivamente realizzatosi.
Rispetto a tale profilo, i ricorrenti non hanno formulato alcuna specifica doglianza, limitandosi ad affermare, in maniera apodittica, che l'azione del G. non poteva essere in alcun modo presunta.
Infine, risulta irrilevante il mancato espresso riferimento agli atti del procedimento penale dinanzi al Tribunale dei Minorenni e all'ammissione di piena responsabilità da parte del G., risultando incontestato che l'autore del pugno fosse proprio quest'ultimo e non escludendo tale circostanza la possibilità di affermare la concorrente responsabilità degli altri ragazzi.
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi Euro 3.600 oltre 200 per esborsi, accessori di legge e spese generali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2023.