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Bigenitorialità va assicurata nell’interesse superiore del minore

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.26697 del 18/09/2023

Nell'interesse superiore del minore, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, per garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori. 

Lo ha ribadito la Sezione Prima della Cassazione con l'ordinanza n. 26697 del 18 settembre 2023.

I giudici di legittimità richiamano l’orientamento della Corte europea dei diritti dell'uomo che, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare secondo l'art. 8 CEDU, pur concedendo all'autorità giudiziaria una certa libertà in materia di diritto di affidamento, ha sottolineato la necessità di un rigoroso controllo sulle "restrizioni supplementari". Queste restrizioni sono quelle imposte dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, per evitare il rischio di interrompere le relazioni familiari tra un figlio minore e uno dei genitori.

La CEDU invita le autorità nazionali a prendere tutte le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei legami tra il genitore ed i figli, affermando che "per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita familiare" e che "le misure interne che lo impediscono costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall'art. 8 della Convenzione".

La Suprema Corte sottolinea che il diritto alla bigenitorialità, come delineato dalle norme codicistiche, è prima di tutto un diritto del minore prima ancora dei genitori. Questo diritto deve essere interpretato attraverso criteri e modalità che mirano principalmente a realizzare l'interesse superiore del minore. Il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest'ultimo, e assume carattere recessivo se ciò non sia garantito nella fattispecie concreta.

Pertanto, la legge sull'affidamento condiviso, che mira a proteggere l'interesse morale e materiale dei figli, dovrebbe generalmente comportare una relazione paritaria tra genitori e figli. Tuttavia, nell'interesse del minore, il giudice può decidere una disposizione diversa da questo principio generale, per assicurare al minore la situazione più adatta al suo benessere e alla sua crescita equilibrata e serena.

Quando i genitori prendono decisioni irrevocabili, come quella di trasferire la propria residenza lontano dall'altro genitore, non perdono automaticamente il diritto di avere i figli con loro. Il giudice ha solo il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l'uno o l'altro dei genitori, indipendentemente dall'effetto che ciò potrebbe avere sulla routine quotidiana con il genitore non collocatario. Questa è una conseguenza inevitabile, sia che il bambino viva con il genitore che si trasferisce, sia con quello che rimane.

Minori, principio di bigenitorialità, interesse superiore del minore

Nell'interesse superiore del minore, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione.

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Cassazione civile, sez. I, ordinanza 18/09/2023 (ud. 14/09/2023) n. 26697

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 14 giugno 2022, il Tribunale di Udine, pronunciando sul corrispondente ricorso ex art. 337-ter c.c. proposto da B.S. nei confronti di B.P., così decise: "I. affida la minore L. ad entrambi i genitori, in via condivisa fra loro, con collocamento presso la madre; II. autorizza la sig.ra B. a fissare la residenza della minore B.L. a (Omissis), con decorrenza 10 luglio 2022. La madre dovrà comunicare immediatamente al padre il nuovo indirizzo ove si trasferirà assieme alle due figlie minori. III. dispone che il padre potrà tenere con sé la figlia: 2 settimane, in concomitanza con le festività pasquali ebraiche; 4 settimane, auspicabilmente consecutive, durante il periodo estivo; 2 settimane ad ottobre, in concomitanza con le festività ebraiche; almeno una settimana nel periodo natalizio; un week end nel mese di febbraio e un altro nel mese di giugno, segnatamente dal giovedì alla domenica, da concordare previamente tra le parti, in modo da poter garantire una regolarità nella frequentazione tra L. ed il padre. Dispone che le spese di viaggio di L. dovranno essere ripartite al 50% tra i genitori e che le modalità di accompagnamento dovranno essere concordate prima di ogni singolo viaggio; IV. dispone che il padre potrà videochiamare la figlia giornalmente, in una fascia oraria compatibile con gli impegni scolastici ed extrascolastici della minore; V. ordina al padre di versare alla madre, a titolo di contributo al mantenimento di L., un assegno di Euro 450,00 mensili, da pagarsi entro il giorno 5 di ogni mese e annualmente rivalutabile ex indici Istat, oltre al 50% delle spese straordinarie come da Regolamento dell'Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia protocollato presso la Segreteria di questo Tribunale; (...)".

1.1. Quel giudice: i) diede atto di essersi avvalso dei risultati della consulenza tecnica d'ufficio dei Dott.ri Z.S. e B.C., svolta al fine di verificare le capacità genitoriali di B.S. e B.P. e ad individuare le migliori modalità di affidamento della loro figlia minore L., nata l'1 novembre 2014, e di aver deciso all'esito del percorso di sostegno alla genitorialità avanti i Servizi Sociali successivamente disposto; ii) considerò che detto percorso non aveva contribuito a sedare la conflittualità tra i genitori, che non erano stati in grado di concordare la fissazione della residenza della figlia, perché la madre era rimasta rigidamente ancorata al suo progetto di trasferimento in Israele ed il padre aveva continuato a rimanere fermo alla sola lettura rigida dell'impossibilità di mantenere la quotidianità con la figlia; iii) evidenziò che l'analisi non poteva ridursi a tale constatazione, perché avrebbe rischiato di precludere a priori la possibilità della figlia di trasferirsi in Israele con la madre, mentre non erano emerse circostanze tali da inibire tale trasferimento sulla base della valutazione dell'esclusivo interesse morale e materiale della minore. Inoltre, non erano stati segnalati ostacoli frapposti dalla madre alla frequentazione paterna, né erano emersi elementi del fatto che la madre avesse esautorato il padre dalle decisioni più importanti da assumere nell'interesse di L.; iv) muovendo dal rilievo che la madre era genitore presente, accudente, sinceramente interessata al benessere della figlia e costituiva la sua principale figura di riferimento, concluse che la stessa era idonea a prendersi cura di quest'ultima anche nell'ottica del trasferimento in Israele, che non era determinato da motivi arbitrari ma da motivi genuini, in quanto ella aveva progettato il trasferimento già tre anni prima anche per l'assenza in Italia di una rete familiare e amicale di sostegno e, dopo essersi separata dal marito nel 2012 e dopo la fine della relazione con B.P. dalla quale era nata L., desiderava ricongiungersi in Israele alla sua famiglia di origine, composta dai genitori, dalla sorella con il marito e i loro cinque figli e dal fratello, sua moglie e i loro due figli. La B., peraltro, aveva allegato di avere reperito un'abitazione a Shilat, dove viveva la sorella e dove la minore avrebbe trovato la rete di supporto familiare già conosciuta, altresì documentando di avere ottenuto in Israele un'occupazione alle dipendenze di azienda di apicoltura, con retribuzione mensile netta pari a circa Euro 2.800,00, e che il suo ex marito, padre della figlia più grande Gaia, aveva già da tempo autorizzato il trasferimento della stessa in Israele.

2. Il reclamo promosso da B.P. contro questa decisione è stato respinto dalla Corte di appello di Trieste, con decreto del 31 ottobre 2022, n. 525, reso nel contraddittorio con B.S. e con l'intervento del Procuratore Generale presso quella corte.

2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte ha ritenuto: i) infondato il primo motivo di reclamo, "in quanto non è vero che il Tribunale abbia eseguito una lettura erronea della consulenza tecnica d'ufficio e delle conclusioni dei Servizi Sociali: i consulenti d'ufficio avevano dato atto della necessità per la coppia genitoriale di avviare un percorso di sostegno alla genitorialità e, aderendo alle conclusioni dei consulenti d'ufficio, il Tribunale aveva disposto, già con ordinanza 27-5-2021, l'esecuzione di tale percorso, che è stato regolarmente eseguito, tanto che l'ultima relazione è stata depositata il 4-5-2022. La circostanza che, anche all'esito di tale ulteriore attività, la decisione della madre di stabilirsi nel suo Paese di origine, dove ha reperito occupazione e alloggio e dove già vive tutta la sua famiglia, sia rimasta ferma ha correttamente consentito al Tribunale di ritenere che si trattava di una scelta ponderata e giustificata; tale conclusione non è inficiata dalla considerazione del reclamante riferita al fatto che la madre ha ottime prospettive di lavoro anche in Italia, in quanto spetta evidentemente a lei scegliere il proprio impiego. Il reclamante evidenzia che l'atteggiamento della madre, nel periodo di svolgimento dell'attività dei Servizi Sociali, è stato di totale chiusura nelle sue posizioni, tanto da giungere ad affermare che lei si sarebbe trasferita comunque in Israele con la figlia maggiore, qualsiasi fosse stata la decisione del Tribunale; non si tratta di elemento valorizzabile per ritenere l'incapacità genitoriale della madre - non emersa in nessuno degli accertamenti svolti - perché altrimenti si giungerebbe alla conclusione che la madre sarebbe privata della possibilità di decidere dove stabilirsi per il fatto che il padre di sua figlia si oppone al trasferimento della bambina all'estero. Neppure può ritenersi, come emerge dagli argomenti svolti nel reclamo, che il fallimento del percorso di sostegno alla genitorialità sia ascrivibile esclusivamente alla madre, perché i Servizi hanno attestato l'acuirsi della conflittualità tra i genitori e perciò una situazione ascrivibile agli atteggiamenti di entrambi. Si esclude che le conclusioni dei consulenti d'ufficio e delle relazioni dei Servizi giustificassero la decisione di non autorizzare il trasferimento della residenza della figlia minore all'estero, perché, a fronte del permanere della conflittualità tra i genitori e dell'incapacità degli stessi di giungere a una decisione condivisa sulla residenza della figlia minore, è stato necessario dare la regolamentazione dell'affido e della collocazione della minore che meglio rispondesse ai suoi preminenti interessi. Quindi, risulta insuperabile il dato che la bambina ha sempre vissuto con la madre e che la madre è stata ritenuta dai consulenti d'ufficio genitore presente, interessata alle necessità della figlia, capace di assolvere alle sue funzioni di cura, capace di fornirle guida e supporto, garantendole adeguato contenimento emotivo in relazione all'età e ai suoi bisogni. Diversamente i consulenti d'ufficio, dopo avere dato atto che il padre è una figura presente nella vita della figlia e ha una relazione positiva con lei, hanno anche espressamente dichiarato non essere possibile misurarne le competenze reali nel merito delle capacità di accudimento e di cura, in quanto la minore è sempre stata collocata presso la madre e gestita quasi completamente da lei, che provvede a ogni sua esigenza quotidiana"; ii) infondato anche il secondo motivo di reclamo, "perché la circostanza lamentata dal reclamante, relativa al fatto che la madre abbia frapposto ostacoli all'esercizio del diritto di visita del padre - peraltro contestata dalla reclamata - non può essere recepita al fine di sostenere che la madre impedirà al padre di esercitare le sue funzioni genitoriali e di tenere con sé la figlia secondo la regolamentazione data dal decreto reclamato. Gli esempi addotti nel reclamo per dimostrare l'atteggiamento ostruzionistico della madre si riferiscono a episodi nei quali, in sostanza, i genitori non sono riusciti a concordare i tempi di permanenza della minore presso il padre; tale dato, del tutto in linea con l'elevata conflittualità tra di loro esistente, non è in alcun modo indicativo del fatto che la madre intenda sottrarsi al rispetto della regolamentazione data dal Tribunale ai tempi di permanenza della minore presso il padre. Neppure le due istanze proposte in via d'urgenza dal padre nel corso del procedimento di reclamo sono state finalizzate a ottenere l'esecuzione delle disposizioni reclamate, ma piuttosto a introdurre ulteriori occasioni di visita del padre alla figlia, alle quali la madre ha poi acconsentito in udienza; quindi, neanche sotto questo profilo emerge quella tendenza della madre a escludere il padre paventata nel reclamo. Del resto, non possono essere recepite le deduzioni con le quali il reclamante in sostanza sostiene che sia stata la scelta della madre di trasferirsi all'estero a manifestare la sua tendenza a escludere l'altro genitore: tale decisione è stata assunta dalla madre in un momento nel quale la relazione affettiva tra i genitori era finita e, manifestata già nel 2019, è stata tenuta ferma ed è stata giustificata dalla madre con molteplici e seri argomenti fino al 2022. Neppure è vero che il Tribunale abbia recepito acriticamente il calendario delle visite del padre proposto dalla madre, perché è evidente che quel calendario è finalizzato a fare trascorrere alla bambina periodi prolungati con il padre, in coincidenza con le vacanze scolastiche in Israele, stante l'elevata distanza dall'Italia. Invece, la circostanza che il reclamante lamenti la difficoltà di tenere con sé la figlia nel periodo estivo, nel quale si concentra la sua attività in materia di perizie delle produzioni agricole e sostenga la sua disponibilità a tenere con sé la figlia per il resto dell'anno fa emergere la sua assenza di consapevolezza sulle conseguenze che avrebbe questo assetto per la bambina, la quale è sempre stata accudita in via principale dalla madre; la bambina non solo necessita ancora della quotidiana presenza materna per la sua età, ma soprattutto vede nella madre il suo principale punto di riferimento, come attestato in modo indiscutibile dai consulenti d'ufficio, i quali non hanno mai posto in dubbio che la bambina debba continuare a essere collocata presso la madre. Per altro verso, la circostanza che il padre si sia proposto come genitore collocatario della figlia minore solo dopo e per il fatto che la madre abbia deciso di trasferirsi all'estero e, anche nelle sue conclusioni in questo grado, abbia chiesto la collocazione della figlia presso di sé solo nel caso in cui la madre si trasferisca all'estero, fa emergere che il suo interesse principale è quello di trattenere la figlia in Italia e non di ottenerne la collocazione presso di sé; ciò esclude la pertinenza dei richiami eseguiti nel reclamo a precedenti che hanno affermato l'uguale idoneità dei genitori a occuparsi dei figli. In questo contesto, non risulta elemento significativo ai fini del rigetto delle richieste del padre l'ulteriore dato, pure valorizzato dal Tribunale, relativo al fatto che il padre della figlia G. abbia acconsentito al trasferimento della stessa in Israele con la madre B.S., per cui neppure devono essere esaminate le deduzioni svolte dal reclamante al fine di sostenere l'erronea comparazione della sua situazione a quella del padre di G."; iii) insuscettibile di accoglimento anche il terzo motivo di reclamo, "perché si esclude che il decreto impugnato non abbia correttamente valutato il preminente interesse della minore, per il fatto che ha ritenuto che la stessa potrà superare anche le problematiche relative alla lingua straniera, senza considerare le difficoltà di apprendimento della bambina, che la ostacoleranno anche nell'apprendimento della lingua ebraica. Sul punto, in primo luogo si esclude che sussistano i presupposti per introdurre la consulenza tecnica d'ufficio chiesta da ultimo dal reclamante, sulla base del fatto, personalmente constatato dal padre quando la figlia è stata presso di lui, che la bambina non sa leggere e scrivere in lingua ebraica. L'affermazione del padre, secondo la quale la figlia non potrebbe andare a vivere in Israele per il fatto che non conosce la lingua parlata in quello Stato e soffre di disturbi dell'apprendimento che la ostacoleranno anche nell'apprendimento della lingua scritta, non si confronta con il dato che la bambina è bilingue, la madre le parla anche in ebraico e la figlia la comprende, come attestato dalla logopedista Dott. F. che aveva seguito L. proprio per volontà del padre. Seppure si recepisca la diagnosi logopedica di "disturbo del linguaggio espressivo fonologico e disturbo morfosintattico" eseguita dalla stessa Dott. F., si deve altresì considerare quanto da lei attestato in ordine al fatto che tale disturbo non è legato al bilinguismo; se anche il bilinguismo abbia rallentato l'evoluzione spontanea del problema, come attestato dalla logopedista e se pure il disturbo possa essere espressione di un più grave disturbo dell'apprendimento come sostiene il padre, si esclude che ciò faccia emergere il preminente interesse della minore a rimanere in Italia e a essere collocata presso il padre. Anche questo per le ragioni già esposte, riferite al fatto che è sempre stata la madre a essere il genitore di riferimento della bambina, per cui il distacco dalla madre non può essere giustificato dall'intento di proteggere la minore dalle difficoltà riferite all'apprendimento della lingua, che è comunque la lingua che la madre e i suoi parenti di linea materna utilizzano per parlare con lei. In altri termini, nel bilanciamento tra i diversi interessi della minore, sicuramente risulta prevalente quello di mantenere il legame quotidiano con la madre al quale è abituata dalla nascita, anche se ciò per lei possa comportare difficoltà di apprendimento della lingua ebraica, che non vi è ragione di ritenere insuperabili. Neppure possono essere recepiti gli argomenti con i quali il reclamante lamenta che il Tribunale non abbia valutato il mantenimento dei rapporti della bambina con la rete familiare paterna. Tali legami potranno essere coltivati nei prolungati periodi, come specificamente individuati dal Tribunale, nei quali la figlia starà con il padre, il quale potrà curare anche i rapporti della figlia con i nonni paterni che, per età, non possono recarsi a visitarla in Israele, essendo altresì evidente che il reclamante non possa dolersi del fatto in sé che tali rapporti siano limitati ai periodi feriali: si tratta di circostanza evidentemente determinata dal fatto che il genitore collocatario della minore ha legittimamente deciso di stabilirsi nel suo Stato estero di provenienza e che non può avere incidenza sulla scelta del padre come genitore collocatario, in quanto L. ha sempre convissuto con la madre e la sorella G. e non ha mai convissuto né con l'altro figlio del padre, Pi., né con altri parenti della linea paterna. In conclusione, si esclude che il giudizio di idoneità genitoriale della madre venga meno per il fatto che ella abbia deciso di tornare a vivere in Israele, non solo per il fatto che la decisione risulta motivata dalle sue esigenze di lavoro e di ricongiungimento alla sua famiglia, ma anche perché i consulenti di ufficio non hanno individuato nella bambina elementi ostativi a tale trasferimento e, per le ragioni esposte, elementi ostativi non possono rinvenirsi neppure nelle difficoltà di apprendimento della lingua; quindi, non può neppure ritenersi che la decisione della madre sia espressione di disinteresse per le esigenze della bambina e della volontà di allontanarla dal padre. Pur considerando tutti gli elementi indicati dal reclamante a sostegno delle sue richieste, deve ritenersi che la bambina, proprio per la sua età, possa attualmente meglio adattarsi al trasferimento, in quello che è lo Stato di origine della madre e nel quale anche la minore ha legami affettivi significativi; nel contempo, la previsione di tempi lunghi di permanenza della minore presso il padre risulta idoneo a garantire il mantenimento dei legami non solo con il padre, ma anche con tutto il gruppo familiare paterno e con l'Italia. Come già esposto, il fatto che il padre chieda il collocamento della minore presso di sé soltanto per il caso in cui la madre si stabilisca all'estero rende evidente che le preoccupazioni che lo muovono sono principalmente quelle legate al trasferimento all'estero della minore; tali preoccupazioni, certo comprensibili, non sono tali da giustificare una modifica del collocamento della bambina solo al fine di ottenerne il mantenimento della residenza in Italia, perché in questo modo la bambina perderebbe il suo principale punto di riferimento e la quotidiana presenza materna alla quale è abituata e della quale necessita per l'età e percepirebbe l'abbandono riferito al fatto che la madre abbia preferito trasferirsi con la sorella anziché stare con lei"; iv) infondato, infine, anche il quarto motivo di reclamo, "con il quale il reclamante censura la quantificazione in Euro 450,00 dell'assegno mensile posto a suo carico per il mantenimento della figlia. Non può essere recepita la deduzione del reclamante secondo la quale il suo reddito mensile netto sarebbe di Euro 2.500,00, inferiore a quello di Euro 2.800,00 indicato dalla madre, la quale ha ottenuto anche il prezzo della vendita di quota di immobile in sua proprietà. Infatti, dal modello fiscale Persone Fisiche 2019 relativo a B.P. risulta un reddito complessivo di Euro 51.448,00 e, detratta l'imposta netta di Euro 12.502,00, si ha il risultato di una disponibilità netta mensile superiore a quella dichiarata e superiore a quella della madre, mentre il reclamante non ha documentato di avere successivamente ridotto i suoi redditi. Per di più, dallo stesso modello fiscale risulta la proprietà in capo a B.P. di terreni e di immobile adibito ad abitazione principale e quindi non può sostenersi che la sua situazione patrimoniale sia deteriore rispetto quella di B.S., la quale ha venduto le quote dell'immobile di cui era proprietaria in Italia e utilizza gli introiti derivanti dalla locazione di altro immobile di cui è proprietaria in Israele per pagare il canone di locazione dell'alloggio nel quale si è trasferita. Invece, è evidente che la circostanza prospettata dal reclamante, relativa alla riduzione delle sue entrate determinata dal fatto che durante l'estate potrà dedicarsi alla sua attività professionale con minore impegno per il fatto di avere presso di sé la figlia, in quanto circostanza ipotetica e futura, non può essere oggetto di valutazione alla data attuale. Inoltre, esattamente e senza censura da parte del reclamante, il Tribunale ha valorizzato, quale concreto elemento della capacità economica del padre, il dato dell'assegno pagato da B.P. alla moglie separata per il mantenimento del figlio Pi.: le conclusioni congiunte di separazione prodotte attestano che B.P. si è obbligato nel 2018 a pagare, per il mantenimento del figlio, l'assegno mensile di Euro 900,00, oltre la metà della retta scolastica e della mensa e delle altre spese straordinarie. La circostanza che il figlio Pi. sia nato nel 2010 e perciò abbia solo quattro anni più di L. indica che il Tribunale, determinando l'assegno di cui si discute in Euro 450,00, ha valutato in modo pienamente congruo anche la riduzione delle disponibilità economiche del padre determinata dalle spese che lo stesso dovrà affrontare per fare visita alla figlia in Israele".

3. Per la cassazione di questo decreto ricorre, ex art. 111 Cost., comma 7, B.P., affidandosi a sette motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380.bis.1 c.p.c.. Resiste, con controricorso, corredato da analoga memoria, B.S..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva pregiudizialmente il Collegio che, come già ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il decreto della corte di appello, contenente - come nel caso di specie - i provvedimenti in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio e le disposizioni relative al loro mantenimento, è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., poiché già nel vigore della L. 8 febbraio 2006, n. 54 - che tendeva ad assimilare la posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio - ed a maggior ragione dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 154 del 2013, che ha abolito ogni distinzione, al predetto decreto vanno riconosciuti i requisiti della decisorietà, in quanto risolve contrapposte pretese di diritto soggettivo, e di definitività, perché ha un'efficacia assimilabile rebus sic stantibus a quella del giudicato (cfr., ex aliis, Cass. n. 6132 del 2015; Cass. n. 3192 del 2017; Cass. n. 1474 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche le più recenti Cass. n. 21054 del 2022 e Cass., SU, n. 30903 del 2022).

2. Ancora in via pregiudiziale, vanno rapidamente disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dalla B., per asserita violazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 3, così argomentate: i) "Il ricorso riporta una indicazione della decisione impugnata che non corrisponde a quella che è stata pronunciata nei confronti della resistente. In esso viene, infatti, richiesta la cassazione "del decreto n. 158/22 della Corte d'Appello di Trieste - Prima sezione civile, del 12.07.22, pubblicato in data 31.10.22, reso nella causa civile in grado d'appello iscritta al R.G.V.G. n. 158/22". La signora B. è stata parte nel procedimento di RG n. 158/22 che la Corte d'Appello di Trieste ha deciso in data 25.10.2022 con decreto n. 525/2022, pubblicato il 31 successivo. Non e', all'evidenza, il provvedimento cui B.P. muove critica"; ii) "Il ricorso avversario è inammissibile anche perché privo della esposizione sommaria dei fatti di causa (...)".

2.1. Orbene, circa la prima di esse, va rilevato che, effettivamente, l'anomalia segnalata dalla controricorrente sussiste. Tuttavia la motivazione del decreto oggi impugnato e le censure prospettate dal B. in questa sede permettono di affermare, affatto agevolmente, che, nella specie, si sia al cospetto di in un semplice refuso, cagionato da mera svista o disattenzione nella redazione del ricorso, che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del ricorrente e, soprattutto, assolutamente inidoneo a generare incertezza sull'oggetto della presente impugnazione o a ledere il diritto di difesa della B. (come, del resto, testimonia proprio il contenuto del suo controricorso).

2.2. Circa la seconda, invece, è sufficiente rimarcare che nello stesso ricorso è presente l'esposizione sommaria dei fatti della causa, mediante gli essenziali riferimenti ai precedenti gradi di giudizio (pagine 3-14), e che la sua decisione non suppone l'esame di documenti su cui esso sia fondato, sicché nemmeno rilevano le prescrizioni dettate dall'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (cfr. in senso sostanzialmente conforme, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 20721 del 2018 e Cass. n. 12417 del 2017);

3. Tanto premesso, i formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente:

I) "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 337-ter c.c., in relazione al concetto di superiore interesse del minore e sua valutazione in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3". Premettendosi che la decisione avrebbe dovuto essere ispirata unicamente all'interesse della minore e metodologicamente guidata da una comparazione degli elementi emersi e dalla accurata motivazione delle ragioni per cui si è ritenuto di privilegiarne taluni a scapito di altri, si assume che, nella specie, è mancata una seria valutazione dell'impatto negativo del trasferimento in un Paese estero alla luce dei problemi di apprendimento e di linguaggio della bambina e degli effetti negativi derivanti dallo sradicamento dal luogo in cui aveva sempre vissuto e dalla perdita dei riferimenti parentali italiani. Si ascrive alla corte territoriale di avere privilegiato, in via esclusiva, il diritto della madre di autodeterminarsi, ritenuto prevalente rispetto alle conseguenze negative che l'esercizio di quel diritto comporterebbe per la figlia. Le indagini svolte in primo grado, invece, avrebbero messo debitamente in guardia dai possibili riverberi negativi del doversi la bambina adattare ad un ambiente completamente nuovo, vieppiù tenuto conto della insufficiente conoscenza dell'ebraico da parte sua;

II) "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 155 c.c., 315-bis c.c. e dell'art. 2Cost. nonché dell'art. 8 Cedu, ratificato in Italia con la L. n. 176 del 1991, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla scelta di prestare il consenso al trasferimento di L. in Israele, realizzando di fatto un affidamento esclusivo alla madre, perché irrealizzabile - considerando la distanza di più di 3000 Km. - quella "stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi" (v. Cass. Civ. Sez. I, n. 21425 del 6.7.2022". Si sostiene che, nel disporre un affidamento congiunto con collocamento presso la madre dimorante in altro Paese, la corte merito si è sottratta alla comparazione delle rispettive capacità genitoriali. Si insiste sull'atteggiamento di ostilità manifestato dalla madre nei confronti dell'odierno ricorrente e chiaramente volto a marginalizzarne la presenza nella vita della figlia, altresì rimarcandosi ancora la negativa personalità della B. e la sua instabilità. Il decreto impugnato, inoltre, ha sottovalutato, se non del tutto ignorato, i problemi che L. potrebbe incontrare in conseguenza del trasferimento in un altro Paese, anche per effetto dell'allentamento dei rapporti col ramo paterno, con cui ha instaurato una consuetudine. Gli stessi rapporti di L. con i fratelli maggiori avrebbero dovuto orientare nel senso della permanenza in Italia: quelli con il primo figlio del padre erano di intensità maggiore rispetto a quelli con la prima figlia della madre;

III) "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 155 c.c., artt. 315-bis e 337 c.c. e dell'art. 2 Cost., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al principio di bigenitorialità". Posto che, in sede di affidamento e regolamento dei rapporti fra genitori e figli, il principio del migliore interesse del minore deve essere generalmente individuato nella bigenitorialità e nella frequentazione paritaria, si assume che la B. aveva ostacolato le visite paterne, così impedendo il mantenimento della bigenitorialità. Si contesta alla corte di appello di non aver valutato che tale atteggiamento ostruzionistico sarebbe stato verosimilmente mantenuto anche in futuro, non senza contare che atteggiamenti siffatti avrebbero dovuto essere considerati anche nella valutazione delle capacità genitoriali della madre;

IV) (erroneamente recante nuovamente il n. 3) "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 8 Cedu, ratificato in Italia con la L. n. 176 del 1991, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione sempre al principio di bigenitorialità". Evidenzia il ricorrente che strumento di attuazione della bigenitorialità dovrebbe essere la residenza alternata, che ne costituirebbe "principio cardine". E laddove pure essa non fosse possibile, il Giudice dovrebbe pur sempre adottare modalità di frequentazione che assicurino una crescita serena ed armoniosa del minore. Tali precetti sarebbero stati traditi dalla corte territoriale allorché ha autorizzato il trasferimento di L. a migliaia di chilometri di distanza dall'abitazione del padre;

V) (erroneamente recante il n. 4) "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 8 Cedu, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione sempre al regime ordinario di affido condiviso". Muovendo dall'assunto che la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che l'affidamento condiviso è da ritenersi il regime ordinario, anche nel caso di conflitto tra i genitori che hanno cessato la convivenza, si sostiene, tuttavia, che, nel caso di specie, "pur formalmente disponendolo, di fatto la Corte ha violato la scelta tendenzialmente preferenziale della condivisione, volta a garantire il diritto del minore "di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori" (cfr. Cass. n. 6535 del 2019). E' stato così solo formalmente disposto l'affido condiviso, ma sostanzialmente esclusivo. E avendolo qualificato come condiviso piuttosto che esclusivo - cosa che di fatto è - questo ha consentito al Collegio anche di superare l'obbligo di indicare i motivi in base ai quali una tale scelta sarebbe potuta risultare pregiudizievole per la minore, nonché il dovere di comparare l'idoneità migliore di un genitore rispetto alla inidoneità dell'altro (cfr. Cass. civ. Sez. I, sent. n. 21425 del 06.07.22). (...)";

VI) (erroneamente recante il n. 5) "Violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all'art. 112 c.p.c. ed alla mancata pronuncia sulle richieste di consentire al padre di fare visita alle figlie in Israele avanzata nel ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 20.07.2022". Deduce il B. che aveva richiesto, in via di urgenza e con riferimento non solo alle visite dell'estate 2022, ma anche alla complessiva regolamentazione dei rapporti di visita, che gli fosse concesso un numero maggiore di incontri mensili in Israele. La corte di appello si era pronunciata sulle visite dell'agosto 2022 riservandosi la decisione sul resto, mai adottata, però, nel provvedimento finale;

VII) (erroneamente recante il n. 6) "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 147 e 315-bis c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla quantificazione dell'assegno di mantenimento per L.", ascrivendosi alla corte giuliana di avere valutato male le capacità patrimoniali dei genitori. In particolare, erroneamente è stato ritenuto che l'odierno ricorrente possa contare su condizioni reddituali e patrimoniali migliori, mentre, invece, lo stesso non è proprietario di alcun immobile. Ne aveva uno di proprietà ma, nel 2020, lo aveva donato alla B., la quale, poi, l'ha alienato in vista del trasferimento in Israele. Quest'ultima, inoltre, ha un lavoro da cui ricava 2.800 Euro mensili e può contare, altresì, sul canone di locazione di una propria precedente proprietà immobiliare in Israele, oltreché sul ricavato della vendita dell'immobile italiano. Il B., viceversa, gode di un emolumento mensile di 2.900 Euro ma, fra spese di locazione della propria nuova abitazione, estinzione di un prestito e mantenimento del figlio avuto dalla precedente relazione, deve sopportare un esborso di 1.600 Euro mensili e, con il residuo, dovrebbe vivere e sopportare i pesanti oneri di viaggio da e per Israele quando fa visita alla figlia.

4. Le prime due di tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perché connesse, si rivelano inammissibili.

4.1. Giova ricordare, innanzitutto, che: i) il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (invocato nella censura in esame) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell'esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr. Cass. n. 16541 del 2023; Cass. n. 13787 del 2023; Cass. n. 9014 del 2023; Cass. n. 2413 del 2023; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 3246 del 2022; Cass. n. 596 del 2022; Cass. n. 40495 del 2021; Cass. n. 28462 del 2021; Cass. n. 25343 del 2021; Cass. n. 4226 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 27909 del 2020; Cass. n. 4343 del 2020; Cass. n. 27686 del 2018). E' opportuno rimarcare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente (cfr., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del 2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiarito, tra l'altro, che: a) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell'ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c) le doglianze attinenti non già all'erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all'erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).

4.2. I motivi in esame, invece, si rivelano essere, sostanzialmente, un'inammissibile (cfr. Cass., SU, n. 34476 del 2019) critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo circa: i) la valutazione dal medesimo effettuata, e ritenuta rispondente al migliore interesse di B.L., figlia minorenne delle odierne parti in causa, della circostanza che la stessa poteva rimanere collocata presso la madre (benché in affido condiviso con il padre) malgrado quest'ultima, una volta naufragata la relazione intrattenuta con il B., avesse deciso di fare ritorno in Israele, suo Paese natio, dove aveva reperito un'occupazione ed un alloggio e dove già viveva tutta la sua famiglia; ii) l'idoneità genitoriale della B..

4.2.1. La corte distrettuale, invero, ha rimarcato che, a fronte del permanere della conflittualità tra i genitori anche all'esito del percorso di sostegno alla genitorialità disposto dal tribunale, oltre che dell'incapacità degli stessi di giungere ad una decisione condivisa sulla residenza della figlia minore, "e' stato necessario dare la regolamentazione dell'affido e della collocazione della minore che meglio rispondesse ai suoi preminenti interessi", ampiamente argomentando, poi, le molteplici ragioni che l'avevano indotta a preferire il mantenimento della sua collocazione presso la madre malgrado il suo (nelle more intervenuto) trasferimento in Israele (cfr. amplius, il p. 2.1. dei "Fatti di causa", da intendersi, qui, riprodotto).

4.2.2. Ha escluso, inoltre, che "il giudizio di idoneità genitoriale della madre venga meno per il fatto che ella abbia deciso di tornare a vivere in Israele, non solo per il fatto che la decisione risulta motivata dalle sue esigenze di lavoro e di ricongiungimento alla sua famiglia, ma anche perché i consulenti di ufficio non hanno individuato nella bambina elementi ostativi a tale trasferimento"; né ha ravvisato elementi ostativi nelle difficoltà di L. apprendimento della lingua, da ciò facendo derivare che la suddetta decisione della madre non potesse intendersi come espressione di disinteresse per le esigenze della bambina e della volontà di allontanarla dal padre. Ha rimarcato, infine, che "Pur considerando tutti gli elementi indicati dal reclamante a sostegno delle sue richieste, deve ritenersi che la bambina, proprio per la sua età, possa attualmente meglio adattarsi al trasferimento, in quello che è lo Stato di origine della madre e nel quale anche la minore ha legami affettivi significativi; nel contempo, la previsione di tempi lunghi di permanenza della minore presso il padre risulta idoneo a garantire il mantenimento dei legami non solo con il padre, ma anche con tutto il gruppo familiare paterno e con l'Italia" e che "il fatto che il padre chieda il collocamento della minore presso di sé soltanto per il caso in cui la madre si stabilisca all'estero rende evidente che le preoccupazioni che lo muovono sono principalmente quelle legate al trasferimento all'estero della minore; tali preoccupazioni, certo comprensibili, non sono tali da giustificare una modifica del collocamento della bambina solo al fine di ottenerne il mantenimento della residenza in Italia, perché in questo modo la bambina perderebbe il suo principale punto di riferimento e la quotidiana presenza materna alla quale è abituata e della quale necessita per l'età e percepirebbe l'abbandono riferito al fatto che la madre abbia preferito trasferirsi con la sorella anziché stare con lei".

4.2.2. Ad una siffatta complessiva ponderazione, l'odierno ricorrente intenderebbe opporne, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, una diversa, totalmente dimenticando, però, che: i) il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come si è già anticipato, non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell'art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con la indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella decisione gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. Cass. n. 16541 del 2023; Cass. n. 13787 del 2023; Cass. n. 11299 del 2023, Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 35041 del 2022); ii) il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. ex multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 11299 del 2023; Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 35041 del 2022; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014). Alteris verbis, il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 32026 del 2021; Cass. n. 40493 del 2021; Cass. n. 1822 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 3250 del 2002; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 9352 del 2022; Cass. 13408 del 2022; Cass. n. 15237 del 2022; Cass. n. 21424 del 2022; Cass. n. 30435 del 2022; Cass. n. 35041 del 2022; Cass. n. 35870 del 2022; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 11299 del 2023; Cass. n. 13787 del 2023; Cass. n. 14595 del 2023; Cass. n. 17578 del 2023).

4.3. Resta solo da aggiungere che: i) come pure si dirà trattando congiuntamente i successivi motivi terzo, quarto e quinto, proprio le già riportate, esaustive argomentazioni utilizzate dalla corte distrettuale per giustificare - in una situazione caratterizzata del permanere della conflittualità tra i genitori anche all'esito del percorso di sostegno alla genitorialità disposto dal tribunale, oltre che dell'incapacità degli stessi di giungere ad una decisione condivisa sulla residenza della figlia minore - il mantenimento, nell'interesse della minore, del suo affido condiviso ad entrambi i genitori, con collocazione presso la madre, malgrado l'intervenuto (nelle more) trasferimento di quest'ultima in Israele, comportano che la soluzione oggi prescelta si riveli sostanzialmente coerente con quella esaminata e decisa da Cass. n. 21425 del 2022, in cui questa Corte (accogliendo il ricorso di una madre contro la decisione della corte di appello reiettiva del reclamo da lei promosso avverso il decreto del tribunale che aveva disposto l'affido esclusivo delle sue figlie al padre sul solo presupposto dell'essersi la prima trasferita con loro in un'altra città senza la preventiva autorizzazione del tribunale) ha sancito, tra l'altro, che non può essere disposto l'affidamento di minori in via esclusiva ad uno dei genitori, sulla base di una generica valutazione d'idoneità fondata sulla sola base della buona qualità della rete familiare allargata di quest'ultimo collegata ad una valutazione di grave carenza genitoriale dell'altro, motivata esclusivamente sulla base della sua scelta, non concordata con il genitore non collocatario, di trasferirsi con i figli in un'altra città, senza valutare le ragioni di tale decisione né le conseguenze che avrebbe avuto sui figli l'improvviso allontanamento dalla figura genitoriale di primo riferimento, con la quale avevano sempre vissuto fino ad allora. Ne', in contrario, sarebbe utile il riferimento a quanto opinato da Cass. n. 15710 del 2023. In quest'ultima, infatti (avente ad oggetto il ricorso per cassazione promosso da un padre contro il decreto con cui la Corte d'appello aveva accolto il reclamo, proposto dalla madre, avverso il decreto del tribunale reiettivo della sua richiesta di autorizzazione a trasferirsi in Brasile, Paese di origine, insieme al figlio minore avuto dalla relazione con il ricorrente ed affidato, in forma congiunta, ad entrambi i genitori con collocazione presso la madre, in forza del decreto adottato dal tribunale a seguito della fine della relazione sentimentale fra i due), la Suprema Corte accolse, - ritenendola affatto dirimente rispetto all'esame delle altre - la doglianza concernente il fatto che il giudice del reclamo, nel comparare le uniche due soluzioni possibili (la residenza in Brasile con la madre o la residenza in Italia solo con il padre), non aveva considerato che il minore aveva espressamente dichiarato, nel corso della c.t.u., di non voler trasferirsi in Brasile per non perdere il contatto con il padre, la nonna ed i compagni di scuola. Rimarcò, invero, l'essere stata del tutto omessa la considerazione, invece doverosa, di quanto dichiarato dal minore nel corso dell'ascolto, tanto più in considerazione del prospettato rischio dell'insorgenza di un disturbo dell'adattamento in caso di trasferimento in Brasile; ii) nella misura in cui le doglianze de quibus volessero intendersi come contestazioni di vizi motivazionali, le stesse sarebbero parimenti inammissibili atteso che: ii-a) il vizio di motivazione, ancor più in rapporto all'attuale testo (introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012), dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014) - qui applicabile ratione temporis, risultando impugnato un decreto decisorio reso il 31 ottobre 2022 - non può consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice predetto individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova; mentre alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l'apprezzamento dei fatti; ii-b) la già indicata nuova formulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ha ormai ridotto al "minimo costituzionale" il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", - tutte fattispecie qui concretamente insussistenti - esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. n. 20042 del 2020 e Cass. n. 23620 del 2020; Cass. n. 395 del 2021, Cass. n. 1522 del 2021 e Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 33961 del 2022) o di sua "contraddittorietà" (cfr. Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 33961 del 2022); ii-c) il menzionato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest'ultimo profilo (cfr., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 31999 del 2022; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. n. 9351 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 595 del 2022; Cass. n. 4477 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015).

5. I motivi terzo, quarto e quinto, anch'essi esaminabili unitariamente in ragione dell'evidente connessione che li caratterizza, si rivelano complessivamente inammissibili alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso.

5.1. Questa Corte di legittimità ha più volte affermato che, nell'interesse superiore del minore, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione (cfr. Cass. n. 9691 del 2022; Cass., n. 28723 del 2020; Cass. n. 9764 del 2019; Cass. n. 18817 del 2015; Cass. n. 11412 del 2014).

5.1.1. Tale orientamento trova riscontro nella giurisprudenza della Corte Edu, che, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all'art. 8 CEDU, pur riconoscendo all'autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di affidamento di un figlio di età minore, ha precisato che è comunque necessario un rigoroso controllo sulle "restrizioni supplementari", ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori (cfr. Corte EDU, 4 maggio 2017, Improta c/Italia; Corte EDU, 23 marzo 2017, Endrizzi c/Italia; Corte EDU, 23 febbraio 2017, D'alconzo c/Italia; Corte EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c/Italia; Corte EDU, 15 settembre 2016, Giorgioni c/Italia; Corte EDU, 23 giugno 2016, Strumia c/Italia; Corte EDU, 28 aprile 2016, Cincimino c. Italia).

5.1.2. La Corte EDU, di norma, e condivisibilmente, invita le autorità nazionali ad adottare tutte le misure atte ad assicurare il mantenimento dei legami tra il genitore ed i figli, affermando che "per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita familiare" (cfr. Kutzner c. Germania, n. 46544/99, CEDU 2002) e che "le misure interne che lo impediscono costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall'art. 8 della Convenzione" (cfr. K. E T. c. Finlandia, n. 25702/94, CEDU 2001).

5.1.3. I giudici di Strasburgo, inoltre, hanno precisato che, in un quadro di osservanza della frequentazione tra genitore e figlio, gli obblighi positivi da adottarsi dalle autorità degli Stati nazionali, per garantire effettività della vita privata o familiare nei termini di cui all'art. 8 della Convenzione EDU, non si limitano al controllo che il bambino possa incontrare il proprio genitore o avere contatti con lui, ma includono l'insieme delle misure preparatorie che, non automatiche e stereotipate, permettono di raggiungere questo risultato, nella preliminare esigenza che le misure deputate a ravvicinare il genitore al figlio rispondano a rapida attuazione, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui (cfr. Corte EDU, 29 gennaio 2013, Lombardo c. Italia).

5.2. Questa essendo, dunque, la qui condivisa cornice giurisprudenziale sovranazionale di riferimento, osserva il Collegio che la corte distrettuale, come si è già riferito, a fronte del permanere della conflittualità tra i genitori anche all'esito del percorso di sostegno alla genitorialità disposto dal tribunale, oltre che dell'incapacità degli stessi di giungere ad una decisione condivisa sulla residenza della figlia minore, ha ritenuto "necessario dare la regolamentazione dell'affido e della collocazione della minore che meglio rispondesse ai suoi preminenti interessi", ampiamente argomentando, poi, le molteplici ragioni che l'avevano indotta a preferire il mantenimento della sua collocazione presso la madre malgrado il suo (nelle more intervenuto) trasferimento in Israele.

5.2.1. Quella corte, nella doverosa prospettiva di soddisfare il diritto-dovere del padre nei confronti della minore, ha espressamente valutato le possibili ripercussioni sull'assetto cognitivo di quest'ultima della decisione della madre di fare ritorno nel proprio Paese d'origine, puntualizzando, significativamente, in proposito, che: i) "risulta insuperabile il dato che la bambina ha sempre vissuto con la madre e che la madre è stata ritenuta dai consulenti d'ufficio genitore presente, interessata alle necessità della figlia, capace di assolvere alle sue funzioni di cura, capace di fornirle guida e supporto, garantendole adeguato contenimento emotivo in relazione all'età e ai suoi bisogni. Diversamente i consulenti d'ufficio, dopo avere dato atto che il padre è una figura presente nella vita della figlia e ha una relazione positiva con lei, hanno anche espressamente dichiarato non essere possibile misurarne le competenze reali nel merito delle capacità di accudimento e di cura, in quanto la minore è sempre stata collocata presso la madre e gestita quasi completamente da lei, che provvede a ogni sua esigenza quotidiana"; ii) "la circostanza lamentata dal reclamante, relativa al fatto che la madre abbia frapposto ostacoli all'esercizio del diritto di visita del padre - peraltro contestata dalla reclamata - non può essere recepita al fine di sostenere che la madre impedirà al padre di esercitare le sue funzioni genitoriali e di tenere con sé la figlia secondo la regolamentazione data dal decreto reclamato. Gli esempi addotti nel reclamo per dimostrare l'atteggiamento ostruzionistico della madre si riferiscono a episodi nei quali, in sostanza, i genitori non sono riusciti a concordare i tempi di permanenza della minore presso il padre; tale dato, del tutto in linea con l'elevata conflittualità tra di loro esistente, non è in alcun modo indicativo del fatto che la madre intenda sottrarsi al rispetto della regolamentazione data dal Tribunale ai tempi di permanenza della minore presso il padre"; iii) "non possono essere recepite le deduzioni con le quali il reclamante in sostanza sostiene che sia stata la scelta della madre di trasferirsi all'estero a manifestare la sua tendenza a escludere l'altro genitore: tale decisione è stata assunta dalla madre in un momento nel quale la relazione affettiva tra i genitori era finita e, manifestata già nel 2019, è stata tenuta ferma ed è stata giustificata dalla madre con molteplici e seri argomenti fino al 2022. Neppure è vero che il Tribunale abbia recepito acriticamente il calendario delle visite del padre proposto dalla madre, perché è evidente che quel calendario è finalizzato a fare trascorrere alla bambina periodi prolungati con il padre, in coincidenza con le vacanze scolastiche in Israele, stante l'elevata distanza dall'Italia"; iv) "la circostanza che il reclamante lamenti la difficoltà di tenere con sé la figlia nel periodo estivo, nel quale si concentra la sua attività in materia di perizie delle produzioni agricole, e sostenga la sua disponibilità a tenere con sé la figlia per il resto dell'anno fa emergere la sua assenza di consapevolezza sulle conseguenze che avrebbe questo assetto per la bambina, la quale è sempre stata accudita in via principale dalla madre; la bambina non solo necessita ancora della quotidiana presenza materna per la sua età, ma soprattutto vede nella madre il suo principale punto di riferimento, come attestato in modo indiscutibile dai consulenti d'ufficio, i quali non hanno mai posto in dubbio che la bambina debba continuare a essere collocata presso la madre"; v) "la circostanza che il padre si sia proposto come genitore collocatario della figlia minore solo dopo e per il fatto che la madre abbia deciso di trasferirsi all'estero e, anche nelle sue conclusioni in questo grado, abbia chiesto la collocazione della figlia presso di sé solo nel caso in cui la madre si trasferisca all'estero, fa emergere che il suo interesse principale è quello di trattenere la figlia in Italia e non di ottenerne la collocazione presso di sé; (...)"; vi) "si esclude che il decreto impugnato non abbia correttamente valutato il preminente interesse della minore, per il fatto che ha ritenuto che la stessa potrà superare anche le problematiche relative alla lingua straniera, senza considerare le difficoltà di apprendimento della bambina, che la ostacoleranno anche nell'apprendimento della lingua ebraica. (...). L'affermazione del padre, secondo la quale la figlia non potrebbe andare a vivere in Israele per il fatto che non conosce la lingua parlata in quello Stato e soffre di disturbi dell'apprendimento che la ostacoleranno anche nell'apprendimento della lingua scritta non si confronta con il dato che la bambina è bilingue, la madre le parla anche in ebraico e la figlia la comprende, come attestato dalla logopedista Dott. F. che aveva seguito L. proprio per volontà del padre. Seppure si recepisca la diagnosi logopedica di "disturbo del linguaggio espressivo fonologico e disturbo morfosintattico" eseguita dalla stessa Dott. F., si deve altresì considerare quanto da lei attestato in ordine al fatto che tale disturbo non è legato al bilinguismo; se anche il bilinguismo abbia rallentato l'evoluzione spontanea del problema, come attestato dalla logopedista e se pure il disturbo possa essere espressione di un più grave disturbo dell'apprendimento come sostiene il padre, si esclude che ciò faccia emergere il preminente interesse della minore a rimanere in Italia e a essere collocata presso il padre. Anche questo per le ragioni già esposte, riferite al fatto che è sempre stata la madre a essere il genitore di riferimento della bambina, per cui il distacco dalla madre non può essere giustificato dall'intento di proteggere la minore dalle difficoltà riferite all'apprendimento della lingua, che è comunque la lingua che la madre e i suoi parenti di linea materna utilizzano per parlare con lei. In altri termini, nel bilanciamento tra i diversi interessi della minore, sicuramente risulta prevalente quello di mantenere il legame quotidiano con la madre al quale è abituata dalla nascita, anche se ciò per lei possa comportare difficoltà di apprendimento della lingua ebraica, che non vi è ragione di ritenere insuperabili"; vii) i rapporti della minore con la rete familiare paterna "potranno essere coltivati nei prolungati periodi, come specificamente individuati dal Tribunale, nei quali la figlia starà con il padre, il quale potrà curare anche i rapporti della figlia con i nonni paterni che, per età, non possono recarsi a visitarla in Israele, essendo altresì evidente che il reclamante non possa dolersi del fatto in sé che tali rapporti siano limitati ai periodi feriali: si tratta di circostanza evidentemente determinata dal fatto che il genitore collocatario della minore ha legittimamente deciso di stabilirsi nel suo Stato estero di provenienza e che non può avere incidenza sulla scelta del padre come genitore collocatario, in quanto L. ha sempre convissuto con la madre e la sorella G. e non ha mai convissuto né con l'altro figlio del padre, Pi., né con altri parenti della linea paterna".

5.2.2. Al riguardo, occorre evidenziare che il diritto alla bigenitorialità disciplinato dalle norme codicistiche e', anzitutto, un diritto del minore prima ancora dei genitori, nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare, in primis, il miglior interesse del minore: il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest'ultimo, e assume carattere recessivo se ciò non sia garantito nella fattispecie concreta (cfr. in motivazione, Cass. n. 9691 del 2022).

5.2.3. Tale principio, del resto, è stato già espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ritenuto che il regime legale dell'affidamento condiviso, tutto orientato alla tutela dell'interesse morale e materiale della prole, deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio, e che tuttavia nell'interesse di quest'ultimo il giudice può individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale, al fine di assicurare al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (cfr. Cass. n. 19323/2020; Cass. n. 4790/2022).

5.3. Nell'odierna vicenda, dunque, è innegabile che la corte territoriale ha inteso realizzare il diritto alla bigenitorialità della minore attraverso una valutazione adeguata del migliore interesse di quest'ultima, affrontando, cioè, pure le possibili ripercussioni sull'assetto cognitivo della stessa della decisione della madre di fare ritorno nel proprio Paese d'origine, altresì escludendo che una tale condotta della B. (peraltro pienamente giustificata da quel giudice per il fatto che detta decisione era stata motivata dalle sue esigenze di lavoro e di ricongiungimento alla sua famiglia) possa ledere apprezzabilmente il rapporto tra la figlia ed il padre, oggi ricorrente. In ciò, quindi, va ravvisata - come si è già accennato trattando i motivi precedenti - la piena coerenza tra la soluzione adottata in questa sede e quella decisa da Cassa n. 21425 del 2022, dovendo qui solo aggiungersi, quanto alle conseguenze di un avvenuto trasferimento all'estero di uno dei genitori di figli minorenni sul regime dell'affido (condiviso o esclusivo) di questi ultimi, che non può non tenersi conto delle peculiarità caratterizzante le singole vicende, dovendo i principi suddetti essere calati, di volta in volta, in ciascuna realtà effettuale. Ne' va dimenticato che, come già chiarito dalla qui condivisa giurisprudenza di legittimità: i) di fronte alle scelte insindacabili compiute dai genitori, i quali non perdono, per il solo fatto che intendono trasferire la propria residenza lontano da quella dell'altro coniuge, l'idoneità ad essere collocatari dei figli minori, il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l'uno o l'altro dei genitori, per quanto ciò incida sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario: conseguenza, questa, comunque ineluttabile, sia nel caso di collocamento presso il genitore che si trasferisce, sia nel caso di collocamento presso il genitore che resta (cfr. Cass. n. 9633 del 2015; Cass. n. 33615 del 2021; Cass. 21054 del 2022); ii) il concreto regime di visita e/o frequentazione genitori/figli minorenni, al pari della questione dell'affidamento della prole, si rivela essere oggetto di valutazione discrezionale del giudice di merito (da effettuarsi in base al criterio fondamentale rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale dei minori previsto dall'art. 337-quater c.c., e sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la relativa decisione avrà, nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli), il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità, se non sotto il limitato profilo in cui è oggi sancita (giusta il richiamato testo novellato dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la possibilità di censure motivazionali (cfr. Cass. n. 15693 del 2023), in nessun modo prospettate, tuttavia, nelle presenti doglianze.

5.3.1. Le censure in esame, invece, - al pari di quanto accaduto con quelle di cui ai precedenti motivi primo e secondo - intendono contrapporre alla complessiva ponderazione compiuta, sul punto, dalla corte distrettuale, una diversa, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, mostrando nuovamente di non considerare che il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie e che il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 32026 del 2021; Cass. n. 40493 del 2021; Cass. n. 1822 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 3250 del 2002; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 9352 del 2022; Cass. 13408 del 2022; Cass. n. 15237 del 2022; Cass. n. 21424 del 2022; Cass. n. 30435 del 2022; Cass. n. 35041 del 2022; Cass. n. 35870 del 2022; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 11299 del 2023; Cass. n. 13787 del 2023; Cass. n. 14595 del 2023; Cass. n. 17578 del 2023).

6. Il sesto motivo è inammissibile per la decisiva ragione che, una volta deciso il merito della causa, nessun rilievo avrebbe più l'eventuale mancata statuizione su di una domanda proposta, pendente la stessa, in via cautelare (nella specie, mediante il menzionato ricorso ex art. 700 c.p.c.), attesa la notoria strumentalità di quest'ultima rispetto alla decisione finale.

7. Il settimo motivo ricorso, infine, è inammissibile.

7.1. Giova premettere che, come recentemente ricordato da Cass. n. 15693 del 2023 (cfr. in motivazione), entrambi i genitori hanno il dovere di mantenere i figli: si tratta di un principio fondante il vigente sistema giuridico, da considerarsi operante sia in costanza di matrimonio (cfr. artt. 143,147 e 316-bis c.c.) o di convivenza, sia nella fase di disgregazione dell'unione per separazione, divorzio o cessazione della convivenza (cfr. artt. 316-bis e 337-ter c.c.). Entrambi i genitori, dunque, sono chiamati a provvedervi proporzionalmente alle loro sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

7.2. La modalità primaria di adempimento dell'obbligo predetto e', ragionevolmente, quella del mantenimento diretto. La disgregazione della famiglia conseguente alla separazione, al divorzio ed all'interruzione della convivenza, tuttavia, può far sorgere la necessità di ristabilire la misura della proporzionalità contributiva dei genitori nei confronti della prole. In altri termini, se entrambi potranno continuare a provvedere alle esigenze ed alle spese connesse alla crescita dei figli, in via diretta, quando li hanno con sé, nondimeno si potrà verificare la necessità di riequilibrare la proporzionalità degli oneri che su ciascuno debbono gravare attraverso la previsione di un assegno di mantenimento.

7.3. E' noto, poi, che la L. 8 febbraio 2006, n. 54, ha introdotto la disciplina dell'affidamento condiviso. Già la scelta del termine è significativa, rispetto all'espressione più tradizionale, contenuta nella legge di divorzio dopo la riforma del 1987, di "affidamento congiunto": non solo affidamento ad entrambi, ma fondato sul pieno consenso di gestione, sulla condivisione, appunto. Ciò, tuttavia, non esclude che il minore possa essere prevalentemente collocato presso uno dei genitori, anche se l'altro dovrà avere ampia possibilità di vederlo e tenerlo con sé.

7.3.1. La corresponsione dell'assegno, allora, diviene la modalità con cui un genitore, generalmente quello non collocatario in via prevalente, provvede indirettamente e periodicamente alle spese connesse alle esigenze dei figli somministrando all'altro un importo con lo scopo di assicurare alla prole il soddisfacimento delle attuali esigenze e ad assicurargli uno standard di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di convivenza dei genitori (cfr. Cass. n. 6652 del 2023; Cass. n. 785 del 2012), altresì potendo assumere rilevanza gli incrementi o le diminuzioni di reddito di ciascuno di essi, se riferibili all'attività che i medesimi svolgevano durante la convivenza, rappresentandone un possibile sviluppo.

7.4. La debenza dell'assegno indiretto/perequativo, peraltro, non è automatica: il dovere di mantenimento dei figli, infatti, potrebbe essere pienamente ed adeguatamente assolto anche solo in via diretta. La corresponsione di un importo perequativo diviene necessaria, invece, allorquando, stante il divario reddituale e patrimoniale tra i genitori, considerati i costi connessi al mantenimento diretto della prole anche in relazione ai tempi di permanenza dei figli presso ciascuno di essi, si renda necessario riequilibrare la proporzionalità degli oneri di spesa a carico degli stessi. Merita di essere precisato, tuttavia, che l'affidamento condiviso, se, da un lato, non elimina l'obbligo dei genitori di contribuire alle esigenze di vita dei figli mediante la corresponsione di un assegno perequativo, dall'altro, non implica, come sua conseguenza "automatica", che ciascuno di essi debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze (cfr. Cass. n. 6652 del 2023; Cass. n. 26060 del 2014).

7.4.1. Non esiste un criterio fisso, predeterminato, diretto a stabile ex ante la misura dell'assegno cui il genitore sia tenuto. Il sistema normativo non prevede (diversamente da quanto avviene in altri ordinamenti) che una quota fissa dei redditi dell'obbligato sia destinata al mantenimento della prole. L'art. 337-ter c.c. individua quali primari parametri di riferimento ai fini della quantificazione dell'assegno predetto, tra gli altri, le "attuali esigenze del figlio" ed il "tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori".

7.4.2. E' necessario, quindi, in via preliminare, che siano dimostrate, anche tramite presunzioni, quali siano le concrete esigenze di vita della prole, anche in considerazione della loro età e delle loro particolari condizioni, trattandosi di un elemento primario di valutazione, altresì rimarcandosi che l'aumento delle esigenze economiche dei figli è notoriamente legato alla loro crescita e non ha bisogno di specifica dimostrazione. L'assegno assolve, allora, ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l'età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (cfr. Cass. n. 21273 del 2013, che ha pure precisato, opportunamente, che "non esiste duplicazione del contributo nel caso sia stabilito un assegno di mantenimento omnicomprensivo con chiaro riferimento a tutti i bisogni ordinari e, contemporaneamente, si predisponga la misura della partecipazione del genitore alle spese straordinarie, in quanto non tutte le esigenze sportive, educative e di svago rientrano tra le spese straordinarie"). L'entità dell'assegno di mantenimento, inoltre, dipende anche dal tenore di vita goduto in costanza di convivenza dei genitori, dal momento che la frattura familiare conseguente alla dissoluzione della convivenza non deve incidere negativamente sui figli compromettendone la qualità di vita che deve rimanere "tendenzialmente" analoga.

7.4.3. Costituiscono altri parametri idonei ad influire sulla misura dell'assegno indiretto "i tempi di permanenza presso ciascun genitore" (e, quindi, il mantenimento diretto), "le risorse economiche di entrambi i genitori" e "la valenza economica dei compiti domestici e di cura assicurati ai figli da ciascun genitore", dovendosi sottolineare che la valenza dell'espressione "risorse economiche" è di ampio respiro, sicché il giudice non può limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla documentazione fiscale, se prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, dovendo, in caso di specifica contestazione di una di esse, effettuare i dovuti approfondimenti rivolti ad un pieno accertamento delle rispettive risorse economiche di ciascun genitore (incluse eventuali disponibilità monetarie, investimenti in titoli obbligazionari ed azionari ed in beni mobili), avuto riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di benessere e di fondate aspettative per il futuro (cfr. Cass. n. 6652 del 2023; Cass. n. 9915 del 2007).

7.4.4. L'accertamento delle disponibilità reddituali e patrimoniali dei genitori, peraltro, può essere effettuato, a tali fini, anche in assenza di richiesta della parte, d'ufficio dal giudice (cfr. Cass. n. 15693 del 2023).

7.5. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che, nella specie, la corte distrettuale, nel decidere il corrispondente motivo di reclamo con cui il B. aveva contestato l'entità (Euro 450,00 mensili) contribuzione al mantenimento della figlia come sancite dal tribunale, ha compiuto una complessiva valutazione, non solo delle rispettive condizioni reddituali e patrimoniali di entrambi i genitori della minore L., ma anche delle potenziali conseguenze, sulla situazione economica complessiva dell'odierno ricorrente, del sancito regime di visite e frequentazione della menzionata minore con il padre.

7.5.1. Orbene, a fronte di questa complessiva valutazione, coerente con i principi giurisprudenziali precedentemente riportati e fondata su accertamenti di natura chiaramente fattuale, la censura in esame - al pari di quanto accaduto con quelle di cui ai precedenti motivi primo, secondo, terzo, quarto e quinto - si risolve, sostanzialmente, in una richiesta di sua rivisitazione, mostrando, ancora una volta, di non considerare che il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie e che il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 32026 del 2021; Cass. n. 40493 del 2021; Cass. n. 1822 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 3250 del 2002; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 9352 del 2022; Cass. 13408 del 2022; Cass. n. 15237 del 2022; Cass. n. 21424 del 2022; Cass. n. 30435 del 2022; Cass. n. 35041 del 2022; Cass. n. 35870 del 2022; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 11299 del 2023; Cass. n. 13787 del 2023; Cass. n. 14595 del 2023; Cass. n. 17578 del 2023).

8. In conclusione, dunque, l'odierno ricorso di B.P., deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità, atteso il principio di soccombenza, altresì dandosi atto che, giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020, rv. 657198-06, malgrado il tenore della pronuncia adottata, non è dovuto il pagamento di un'ulteriore somma, a titolo di contributo unificato, posto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, comma 2, non è soggetto al contributo unificato il processo comunque riguardante la prole.

8.1. Va, disposta, infine, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso di B.P. e lo condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute da B.S., che si liquidano in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Dispone per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 14 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2023.

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