In tema di adozione, l’attuale quadro normativo, come interpretato dalla giurisprudenza nazionale ed europea, delinea chiaramente i confini tra i procedimenti dell'adozione legittimante e dell'adozione cd. mite. Di conseguenza, non è possibile un passaggio endoprocedimentale tra le due procedure, e ciò rende evidente l'impossibilità di una "conversione" della domanda volta alla dichiarazione di adozione legittimante in quella di adozione cd. mite.
Lo ha precisato la Prima sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 26791 del 19 settembre 2023.
La Suprema Corte ricorda che l'adozione c.d. mite, di cui all'art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 del 1983, permette la creazione di un vincolo di filiazione giuridica che coesiste con il vincolo di sangue, senza estinguere il rapporto tra il minore e la sua famiglia di origine. Questo tipo di adozione è previsto in casi di abbandono semipermanente o ciclico, dove, nonostante una grave fragilità genitoriale, persiste una relazione affettiva significativa tra minore e genitore, che sconsiglia l'interruzione totale dei loro rapporti.
L'adozione c.d. legittimante, invece, rappresenta l'"extrema ratio", applicabile solo quando la conservazione di tali rapporti va contro l'interesse del minore. Ciò avviene quando il minore vive in una situazione di abbandono prolungato e radicale, causato dall'incapacità del genitore di allevarlo e curarlo, una situazione che non può essere risolta in tempi compatibili con le necessità di crescita equilibrata del bambino.
Nel caso di specie, dato che non era stato accertato lo stato di abbandono, la domanda di adottabilità non poteva essere accettata. E, in aggiunta, non c'era nemmeno la possibilità di convertirla in una domanda di adozione "mite", con la conseguente dichiarazione giudiziale di stato di semi-abbandono e di adottabilità secondo l'art. 44, lett. d, Legge 184/1983.
L'adozione c.d. mite, avente il proprio fondamento normativo nell'art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 del 1983, consente la costituzione di un vincolo di filiazione giuridica, che si sovrappone a quello di sangue senza estinguere il rapporto tra il minore e la famiglia di origine, in tutte quelle ipotesi di abbandono semipermanente o ciclico in cui alla sussistenza di una pur grave fragilità genitoriale fa riscontro la permanenza di una relazione affettiva significativa tra minore e genitore, che sconsiglia la radicale recisione dei loro rapporti. L'adozione c.d. legittimante costituisce, invece, l'"extrema ratio", cui può pervenirsi soltanto nel caso in cui la conservazione di tali rapporti si pone in contrasto con l'interesse del minore, che si trova in una condizione di endemico e radicale abbandono, determinato da un'incapacità del genitore di allevarlo e di curarlo, non recuperabile in tempi compatibili con l'esigenza del figlio di conseguire un'equilibrata crescita psicofisica.
Cassazione civile sez. I, ordinanza 19/09/2023 (ud. 01/06/2023) n. 26791
(Dott. ACIERNO Maria - Presidente; Dott. AMATORE Roberto - Consigliere relatore)
RILEVATO CHE
1.Il 18 dicembre 2012, il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i Minorenni di Cagliari inviò una segnalazione al medesimo Tribunale, relativa al minore M.G.P., nato il (Omissis), figlio di M.A. e S.V. e, premesso che in relazione agli altri due fratelli erano già state attivate le procedure di adottabilità, conclusesi con provvedimenti di dichiarazione dello stato di abbandono e conseguente adottabilità, poi confermati dalla Corte d'appello, sottolineò di aver agito a seguito della segnalazione trasmessa dal (Omissis), che evidenziava una situazione di abbandono, già emersa, appunto, a proposito degli altri due minori. Chiese il PM la sospensione dei genitori dalla potestà sul figlio, la nomina di un tutore e l'affidamento del minore ai servizi sociali con incarico di provvedere all'affidamento etero familiare, evidenziando che la detta segnalazione riferiva che già due figli della coppia erano ospiti della comunità "(Omissis)".
2. Il Tribunale per i Minorenni, con provvedimento del 1 dicembre 2012, rilevata la laconicità dei rilievi nella segnalazione dell'(Omissis), ritenne non necessario sospendere i genitori dalla potestà, essendo sufficiente l'affidamento del minore ai servizi sociali per il monitoraggio della situazione e l'adozione delle misure opportune. Venne così nominato un curatore speciale del minore, nella stessa persona dell'avvocato già nominato per gli altri fratelli.
3. All'udienza del 9 maggio 2013, il Tribunale per i minorenni dispose l'acquisizione della ctu e delle relazioni dei servizi sociali relative alle due altre procedure di adottabilità, incaricò i servizi sociali di approfondire i legami tra i genitori ed il minore. Venne anche disposta una ctu (con decreto del 7 marzo 2013) sia sui profili delineati, sia sull'esistenza di eventuali pregiudizi nell'esercizio della genitorialità.
4. La relazione venne depositata il 4 febbraio 2014: in essa il consulente chiarì che la famiglia rispondeva ai bisogni primari, ma che la problematica fondamentale che li riguardava era inerente alle prospettive di crescita del bambino, perché i genitori non erano adatti a dare cure morali e psicologiche adeguate a causa della limitatezza culturale e di loro difficoltà cognitive e perché le problematiche riscontrate erano assai complesse, tali da non consentire un recupero a breve delle funzioni in cui i genitori erano deficitari.
5. Il Tribunale per i Minorenni - a fronte delle richieste delle parti e del PM, che aveva invece insistito per la dichiarazione dello stato di adottabilità, e tenuto conto del materiale non univoco emerso - ritenne opportuno sospendere la procedura per un anno, durante il quale si sarebbe monitorata la situazione, con incarico ai servizi sociali di svolgere detto controllo e riferire periodicamente.
6. Il Tribunale per i minorenni - preso atto del complesso degli elementi emersi, con la sentenza n. (Omissis), emessa in data 6 settembre 2017 - dichiarò M. e S. decaduti dalla responsabilità genitoriale sul piccolo M.G.P., nominò quale tutore i servizi sociali di (Omissis), dichiarò lo stato di adottabilità del bambino, con interruzione dei rapporti con i genitori, disponendo l'immediato affidamento etero familiare ad una coppia idonea. Ritenne il Tribunale per i minorenni che lo stato di abbandono in cui versava il minore fosse da considerarsi irreversibile e non dipendente da causa di forza maggiore, ma fosse conseguente alla constatazione della inadeguatezza genitoriale, come emersa dalla ctu espletata, che aveva rilevato una limitatezza culturale, difficoltà cognitive, deficit empatico. Il Tribunale ritenne, pertanto, che lo stato di abbandono fosse ormai definitivo e che occorresse fornire al minore un contesto di vita stabile, affettivamente supportivo, con interventi abilitativi mirati.
7. Avverso la predetta sentenza del Tribunale per i minorenni proponevano tempestivo appello M.A. e S.V., chiedendo la riforma della sentenza impugnata.
8. Si costituiva la tutrice del minore, avv. S.A., la quale nominata nell'ufficio in sostituzione del precedente tutore, deduceva nel merito la congruità delle valutazioni del Tribunale per i Minorenni, facendo presente che la sentenza era stata emessa dopo ben 5 anni di attività istruttoria e di osservazione con monitoraggio adeguato.
9. La Curatrice, avv. R.R., si costituiva anch'essa nel giudiizo di appello, rilevando che, da informazioni assunte presso l'assistente sociale che seguiva il nucleo, aveva appreso che il bambino si trovava ancora presso l'abitazione dei genitori soggiungendo che le condizioni del bimbo erano rimaste immutate rispetto a quanto emerso nel 2016: il bambino stava svolgendo degli accertamenti diagnostici presso il centro dei disturbi pervasivi dello sviluppo dell'ospedale (Omissis) e presentava un ritardo globale dello sviluppo e un disturbo dell'attaccamento, avendo anche necessità di una insegnante di sostegno e di un supporto per l'accompagnamento materiale e l'igiene personale.
10. Anche il Procuratore Generale assumeva delle conclusioni definitive, chiedendo l'accoglimento dell'appello proposto da M. e S..
11. La causa - istruita mediante l'audizione personale degli appellanti, produzioni documentali, acquisizione di Relazioni di aggiornamento sanitarie e dei Servizi Sociali, l'audizione degli operatori di entrambi, l'espletamento di una nuova ctu - è stata, infine, decisa con la sentenza sopra indicata in epigrafe e qui oggetto di ricorso per cassazione, con la quale in riforma della sentenza impugnata, ha: 1) dichiarato la condizione di semi abbandono del minore M.G.P., e, per l'effetto ha dichiara l'adottabilità del minore M.G.P. ai sensi della lettera d) dell'art. 44 della L. n. 184 del 1983; 2) mandato al Tribunale per i Minorenni di Cagliari, pool adozioni, per il reperimento di una famiglia adottiva idonea, secondo le esigenze del minore; 4) confermato la decadenza dalla responsabilità genitoriale degli appellanti; 5) confermato la nomina della Tutrice avv.to S.A., che doveva esercitere la responsabilità genitoriale sul minore sino al reperimento della idonea famiglia affidataria; 6) disposto la cessazione dell'Ufficio di Curatrice del minore in capo all'avv.to R.R.; 7) dichiarate interamente compensate tra le parti le spese processuali.
La Corte di merito ha, in primo luogo, ricordato che: a) la durata, in un certo senso "anomala" del procedimento in questo secondo grado del giudizio (instaurato davanti alla Corte d'appello nel 2017 e conclusosi all'udienza del 23 giugno 2022) attestava la particolare attenzione posta dalla Corte alla comprensione dei fatti, all'evolversi della situazione, in particolar modo, connessa alla necessità di intercettare e capire le reali esigenze del minore G.P.; b) la situazione sopra descritta aveva sicuramente reso ancor più problematico affrontare e risolvere un progetto di affrancamento del bambino dai genitori, ritenuti inadeguati da parte del primo giudice e, per altro verso, la prosecuzione della convivenza di G.P. con i suoi genitori aveva di certo avuto un peso decisivo nel rafforzamento di quel legale affettivo e relazionale che innegabilmente esisteva tra lui e la sua famiglia naturale; c) gli accertamenti tecnici espletati anche nel secondo grado del giudizio avevano concordemente attestato l'importanza di quel legame e la sicura dannosità, per il piccolo, di una sua recisione; d) in tal senso volgenvano non solo le argomentazioni del ctp della Procura Generale (prof. G.C.), ma anche della Dott.ssa D.G.S., nominata consulente d'ufficio dalla Corte d'Appello; e) il bambino presentava varie problematicità, di natura fisica e psichica, che avevano trovato un inquadramento diagnostico preciso solamente nel 2018, allorché era stata avanzata la diagnosi di autismo; nello stesso periodo, la difesa degli appellanti aveva anche dichiarato la presenza di una famiglia (coniugi C.- M.) disponibile a sostenerli nel percorso genitoriale; f) nell'udienza del 21 giugno 2018 la Dottoressa P., nEuropsichiatra infantile, e la Dottoressa C.R., psicologa, avevano dichiarato di avere in carico il bambino da aprile 2017, di averlo sottoposto a trattamento riabilitativo globale con terapia del linguaggio e psicomotoria, inoltre, avevano dato atto che era stato predisposto un programma terapeutico ogni 4-6 mesi con indicazione degli obiettivi da raggiungere e che il bambino aveva un ritardo globale dello sviluppo; g) coniugi C.F. e M.M.G., vicini di casa e conoscenti da tanti anni, sentiti, avevano riferito di essere sempre stati presenti sin dalla nascita del bambino, soggiungendo di aver cercato di aiutare i genitori economicamente, affettivamente e materialmente; h) nel corso del processo erano state acquisite le risultanze del percorso alla genitorialità, già attivato nel 2016 ma non portato avanti perché, a detta delle psicologhe del Consultorio, i signori M./ S. avevano dei problemi di comprensione circa il senso e lo scopo del percorso, evincendosi così chiaramente la presenza di limiti non irrilevanti circa la consapevolezza delle limitazioni inerenti la loro genitorialità; i) la Ctu redatta dalla Dott.ssa D.G. ((Omissis)) aveva evidenziato che "la presenza di una famiglia di supporto" aveva rinforzato il rapporto genitori-figlio e che il "legame con i genitori è significativo e andrebbe salvaguardato"; l) il Prof. G.C., nella Consulenza Tecnica redatta su incarico del PG, si era mostrato d'accordo con la Ctu, sottolineando che rompere il legame genitori-figlio "in un soggetto debole come G.P., sarebbe certamente per lui un trauma con sicure conseguenza negative per il suo futuro sul piano affettivo, stimolando sentimenti di perdita e auto colpevolizzazione, da cui disturbi d'ansia e depressivi, con effetti negativi anche dal punto di vista cognitivo"; m) anche il CTP, Dott.ssa Z.B., incaricata dai coniugi M., aveva condiviso le conclusioni della Ctu; n) si erano, frattanto, accertati innegabili miglioramenti conseguiti dal bambino sul piano riabilitativo, della comprensione, del linguaggio, tanto da determinare una parziale modifica della diagnosi di autismo, regredito ad uno stadio inferiore e lo psichiatra aveva anche sottolineato l'esistenza di ulteriori margini di recupero, per esempio dal punto di vista motorio; m) anche i genitori, grazie alla presenza delle figure di supporto, avevano dimostrato maggiori capacità a seguire il bambino, anche nella didattica a distanza; n) l'avvocata R., Curatrice, aveva precisato che anche la signora F.B. aveva dato la sua disponibilità a supportare la famiglia nell'educazione e accudimento del bambino; ha dunque rilevato che: o) dall'esame del materiale probatorio sopra elencato poteva trarsi la considerazione conclusiva che innegabilmente dal 2012 ad oggi i signori M./ S. avevano acquisito competenze genitoriali sicuramente maggiori, ma che tale miglioramento era intervenuto grazie alla rete organizzata attorno alla gestione del bambino; p) nel caso di specie, non poteva certo affermarsi che tale costante affiancamento da parte di tutti gli operatori a vario titolo coinvolti avesse raggiunto l'obiettivo di aver fatto recupare pienamente la capacità genitoriale agli appellanti, essendone prova il percorso altalenante nell'educazione e cura del piccolo G.P. ogni qualvolta si allentava la presenza della rete di supporto; q) il c.t.u. Dott. P.L. aveva altresì chiarito "per la signora S., dotata di un pensiero operativo concreto, il bambino non presenta nessuna problematica e non la manifesterà neanche in futuro", desumento da tale atteggiamento l'incapacità della madre di ragionare sulle problematiche personali, che necessariamente involgono la vita del figlio, in tale ragionamento neppure allertata dall'induzione svolta dal consulente, perché incapace in quanto priva degli strumenti meta cognitivi e perché concentrata narcisisticamente sui propri bisogni di affermarsi come buona madre; r) la relazione con la madre aveva segnalato la presenza di tratti ansiosi, confermati anche dalla S., che aveva riferito del frequente pianto del bambino prima di addormentarsi e che lo stesso non accettava facilmente le separazioni; s) quanto alla figura paterna, il ctu aveva accertato che anche con questa G.P. aveva stabilito un legame di attaccamento, dimostrata da tutta una serie di segnali, quali l'avvicinamento fisico ed emotivo; t) il Dott. P. concludeva dunque nel senso che esisteva un valido legame di attaccamento tra bambino ed entrambi i genitori, i quali erano in grado anche di dargli le necessarie cure primarie; u) tuttavia, erano anche emersi numerosi indicatori di rischio in relazione alla capacità di fornire cure morali e psicologiche adeguate; fattori che riassuntivamente consistevano - quanto al funzionamento cognitivo e meta cognitivo - in un eloquio confuso, tendenza alla ricerca della deresponsabilizzazione in relazione alle vicende familiari, incapacità di autocritica, compromissione delle funzioni astratte, logico deduttive: nell'area del funzionamento affettivo-emotivo era stata riscontrata una incapacità persistente negli anni a raggiungere una sufficiente autonomia, psicologica ed economica, svincolo tardivo e apparente dalla famiglia di origine, vissuti narcisistici, incapacità a comprendere il vissuto dei due figli dati in adozione, incapacità di programmare e preordinare le proprie azioni, tenendo conto della realtà che li circonda; v) in definitiva il c.t.u., richiamando i fattori di rischio riscontrati (limitatezza culturale, difficoltà cognitive, difficoltà meta cognitive, deficit empatico, tratti narcisistici) aveva ritenuto che questi, interagendo tra loro e rafforzandosi reciprocamente, potevano ostacolare nel bambino lo sviluppo delle funzioni psichiche di tipo cognitivo, meta cognitivo e relazionale; z) anche la c.t.u, ripetuta in grado di appello, aveva evidenziato che i genitori del bambino non avevano raggiunto un obiettivo di autonomia, avendo continua necessità di rapportarsi con figure di riferimento (che individuano ad esempio nei signori C.), a tal punto da aver dichiarato la loro disponibilità ad accettare l'aiuto di altre famiglie, laddove i signori C., per ragioni di età, non fossero in grado di continuare nella loro assidua presenza, confermando dunque le risultanze peritali del giudizio di primo grado; ha dunque osservato la Corte di appello, in via di definitove conclusioni, che: i) i pur accertati miglioramenti non avevano portato ad una eliminazione totale della necessità della rete di supporto; ii) era possibile, in questo momento, supportare la coppia genitoriale affinché collaborasse con il progetto predisposto dal Servizio Sociale, con l'educativa domiciliare e con la famiglia d'appoggio; iii) era anche emersa la difficoltà dei genitori di interagire, in modo funzionale, con il minore nella gestione della quotidianità e la loro difficoltà a rapportarsi con il disturbo psichico del bambino, iv) G.P. era un bambino multi problematico, sul piano psichico e fisico e tale situazione non semplice da gestire incontrava ancora maggiori difficoltà perché i genitori presentano, a loro volta, dei limiti nel riconoscere le problematiche legate all'autismo che rendeva talvolta impossibile l'intercettazione dei problemi legati alla patologia del piccolo; v) occorreva per altro verso, tenere nella dovuta considerazione anche gli aspetti positivi del legame tra G.P. ed i genitori, con i quali era stato stabilito un attaccamento, di cui già la prima ctu del 2014 aveva dato atto, legame che si era ulteriormente rafforzato nel corso di questi ulteriori otto anni, durante i quali il bambino aveva continuato la sua vita con i genitori, con la conseguenza che sarebbe stato, pertanto, dannoso per lui un distacco radicale con le figure di riferimento materiale ed affettivo; vi) il giudice, nell'esaminare la domanda di adottabilità del minore in stato di abbandono, in applicazione dell'art. 8 CEDU, 30 della Costituzione, 1, della L. n. 184 del 1983 deve sempre accertare l'interesse del minore al mantenimento dei rapporti con la famiglia naturale, anche se i componenti di essa presentino deficit nelle loro capacità genitoriali, poiché l'adozione legittimante deve rappresentare l'estrema "ratio", a cui fare ricorso in assenza di capacità residue da valorizzare dei genitori biologici che potrebbero pregiudicare la crescita del bambino; vii) in tali casi, l'adozione in casi particolari, definita dall'elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria, come "adozione mite" rappresenta un valido strumento di realizzazione dell'interesse del minore a non recidere il legame familiare e pur tuttavia essere cresciuto da genitori adeguati che svolgano una funzione di supporto della famiglia naturale; viii) tale forma di adozione sembra particolarmente versatile a regolare quelle situazioni in cui esista un innegabile legame tra genitori naturali e bambino e nel contempo i genitori abbiano "fragilità" tali da non consentire loro l'adempimento dei doveri genitoriali in totale autonomia; ix) la condizione del piccolo G.P. doveva pertanto ritenersi tutelabile attraverso il ricorso a questo istituto, dovendosi reperire una idonea famiglia, che affiancherà i genitori naturali, creando quel clima di collaborazione e supporto che già, in parte, si era attuato di fatto con alcune persone (una coppia di coniugi ed una persona singola).
2. La sentenza, pubblicata il 7.7.2022, è stata impugnata da M.A. e S.V. e dal Procuratore della Repubblica presso la Corte di Appello di Cagliari, con ricorso per cassazione, affidato ciascun ricorso a quattro motivi, cui l'avv. R.R., curatore speciale del minore M.G.P., ha resistito con separati controricorsi.
L'Avv. S.A., tutore del minore, intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
S. Occorre esaminare congiuntamente i primi due motivi del ricorso principale e di quello incindentale presentato dal PG, involgendo gli stessi la valutazione delle medesime questioni in fatto ed in diritto.
SS. I motivi, così presentati, sono in realtà fondati per le ragioni qui di seguito rappresentate ed il loro accoglimento determina anche l'assorbimento dei restanti motivi.
1.Con il primo motivo i ricorrenti principali M.A. e S.V. lamentano, infatti, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell'art. 8 l. 184/83.
1.1 Osservano i ricorrenti che il minore alla cui tutela era stata aperta la procedura di adozione è un bambino multi problematico sia sul piano psichico che fisico - essendo affetto da disturbo dello spetro autistico - e, come ben aveva sottolineato la sentenza di primo grado, la sua cura metterebbe a dura prova qualsiasi genitore, anche quelli con le migliori competenze, con la conseguenza che in tali condizioni qualsiasi genitore andrebbe adeguatamente supportato.
1.2 Si evidenzia sempre da parte dei ricorrenti che G.P. aveva ormai dieci anni e si affacciava alla preadolescenza e all'adolescenza, con la inevitabile conseguenza che qualsiasi ragazzino di quell'età - che si trovasse bene a casa sua e nel suo cortesto di vita - avrebbe necessità di un lungo e importante supporto psicologico per accettare un sia pur "dolce passaggio" ad un'altra famiglia anche se, razionalmente, fosse, poi, possibile fargli comprendere che l'Autorità giudiziaria aveva ritenuto che il "passaggio" rispondesse al suo miglior interesse.
1.3 Osservano ancora i ricorrenti che la Corte di merito aveva ritenuto che il minore in famiglia potesse essere esposto ad una sitazione di pregiudizio perché i suoi genitori dovevano essere supportati per colmare le difficoltà in alcune competenze, trascurando il fatto che qualsiasi famiglia disponibile ad accogliere G.P. (e i suoi genitori) dovrebbe essere, poi, massicciamente supportata, così come massicciamente dovrebbe essere supporato il minore perché possa, se non comprendere, almeno accettare la sua nuova situazione.
1.4 Se si dovessero ridurre - aggiungono i ricorrenti - all'essenziale le risultanze processuali evidenziate dalla senterza impugnata, ciò che rimarrebbe era che essi ricorrenti avevano seguito il figlio adeguatamente sotto il profilo affettivo e materiale e che, grazie al supporto delle famiglie di appoggio, dell'educatrice, dell'insegnante di sostegno, del Servizio di NPI e del coordinamento fomito da tutore e curatore, il bambino oramai stava bene e migliorava.
1.5 Si osserva, infine, che, allorquando a causa dell'emergenza sanitaria "COVID19" era stata di fatto interrotta qualsiasi forma di assistenza a pazienti che non fossero "COVID", gli uffici pubblici erano stati chiusi per lungo periodo e poi avevano lavorato in smart-working, non garantendo dunque nessun servizio essenziale, con la conseguenza che, nonostante i quel periodo essi ricorrenti non avessero ricevuto supporto dai Servizi Socio-Sanitari, e avessero potuto contare fondamentalmente solo sugli anziani coniugi C.- M. e sulla signora F., erano comunque riusciti ad assolvere il loro ruolo non solo nelle cure affettive e materiali al figlio, ma anche in quelle sanitarie e a seguirlo nella didattica a distanza, tanto da raggiungere "insperabilmente" un importante miglioramento dello spettro autistico, con la conseguenza che non vi erano le condizioni né di abbandono né di semiabbandono.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, di norme di diritto in relazione all'art. 15 L 184/83.
2.2 Ricordano i ricorrenti principali che, a mente dell'art. 15 della l. 184/83, lo stato di adottabilità è dichiarato quando, tra l'altro, l'istruttoria ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi. Nel caso di specie - ammesso per sola ipotesi che lo stato di semi abbandono sussista - sarebbe pacifico, secondo i ricorrenti, che essi genitori seguono con restituzione positiva le indicazioni dei Servizi teritoriali e quelle della famiglia d'appoggio C.- M. e F., così dimostrando di voler ovviare e di essere capaci di ovviare ogni eventuale carenza della loro capacità genitoriale, in tal modo garantendo al figlio una crescita serena ed equilibrata. La sentenza impugnata - aggiungono i ricorrenti - sarebbe pertanto erronea, oltre che per il difetto del presupposto stesso della dichiarazione dello stato di adottabilità, ovvero dello stato di abbandono o semi-abbandono, anche per il difetto della condizione di cui all'art. 15, lett. b), l. 184/83.
3. Il terzo mezzo denuncia la "violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all'art. 1 l. 184/83". Osservano i ricorrenti che la Corte d'Appello era pervenuta alla dichiarazione di adottabilità, nella forma della adozione mite, del minore M.G.P., ritenendo erroneamente sussistente lo stato di semi-abbaodono del minore, così privando il minore del diritto di vivere e crescere nella sua famiglia in violazione del disposto dell'art. 1 della l. 184/83, oltre che dell'art. 8 C.E.D.U.
4. I ricorrenti principali propongono, infine, un quarto motivo di censura, articolato come "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti", ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Osservano i ricorrenti che la sentenza impugnata non motiverebbe la ragione per cui il Giudice di merito - pur manifestando adesione alle considerazioni della CTU Dott.ssa D.G. - se ne sarebbe, di fatto, totalmente discostata. Secondo i ricorrenti, la relazione della Ctu avrebbe valorizzato il legame figlio/genitori, i positivi sviluppi degli ultimi anni e la prognosi positiva in tal senso, e la rilevante funzione della famiglia d'appoggio, per evidenziare che il belessere del minore sarebbe assicurato con la prosecuzione della sua vita in famiglia. Elementi - aggiungono i ricorrenti - tutti condivisi nelle osservazioni dei consulenti di parte. Concludono pertanto i ricorrenti nel senso che la sentenza impugnata sarebbe erronea, in quanto il Giudice di merito avrebbe ignorato le risultanze peritali in punto di utilità della permanenza del minore in famiglia, omettendo qualsiasi motivazione.
5. Con ricorso per cassazione notificato in data 19 agosto 2022, il Procuratore della Repubblica presso la Corte di Appello di Cagliari chiedeva che la sopra ricordata sentenza n. 22/2022 della Corte di Appello di Cagliari, Sezioni Minorenni, venisse cassata nella parte in cui dichiarava l'adozione in casi particolari del minore M.G.P., per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all'art. 1 e 15 della L. 184 del 1983 e violazione dell'art. 8 CEDU;
2) Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all'art. 8 e 15 della L. 184 del 1983 e violazione dell'art. 8 CEDU;
3) Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all'art. 330 c.c. e violazione dell'art. 8 CEDU;
4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 78 c.p.c., in relazione alla illegittima revoca del curatore speciale.
5.1 Le doglianze proposte dai ricorrenti principiali e dal P.G., così come sopra illustrate, colgono in realtà nel segno.
5.1.1 Ritiene infatti il Collegio che non si possa prescindere, nella materia qui in esame, dal rapporto di stretta derivazione causale tra accertamento dello stato di abbandono e la dichiarazione di adottabilità, e ciò nel senso che nel procedimento avviato per la dichiarazione di adottabilità, sulla base dell'allegato presupposto fattuale dello stato di abbandono, non possa in alcun modo accedersi, come invece avvenuto nel caso di specie, ad un diverso accertamento di semi-abbandono che sia volto invece alla statuizione di adottabilità nei casi speciali di cui all'art. 44, lett. d, l. n. 184 del 1983, dovendosi in casi di tal specie (e cioè, nell'ipotesi di possibile accertamento di semi-abbandono, nella diversa sede del procedimento per la dichiarazione di abottabilità cd. legittimante) concludere il processo con un provvedimento di non luogo a provvedere che non deve peraltro essere considerato neanche preclusivo della possibilità di avvio di altro e successivo procedimento per la dichiarazione di adottabilità nei casi speciali di cui al sopra ricordato art. 44, lett. d.
5.1.2 Sul punto soccorre, nel senso qui da ultimo illustrato, quanto affermato in un recente arresto espresso dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 21024 del 01/07/2022), affermazioni che anche questo Collegio condivide e qui ripropone. E' stato infatti precisato, nel precedente da ultimo ricordato, che il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore, ai sensi degli artt. 8 e ss. l. n. 184 del 1983, e il giudizio volto a disporre un'adozione "mite", ex art. 44, lett. d) della medesima legge, costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro, poiché il primo è funzionale alla successiva dichiarazione di adozione "piena" (o legittimante), costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello con i genitori biologici, che determina l'inserimento del minore in una nuova famiglia, mentre il secondo crea un vincolo di filiazione giuridica, che non estingue i rapporti del minore con la famiglia di origine, pur attribuendo l'esercizio della responsabilità genitoriale all'adottante. Ne consegue che, nell'ambito del processo per l'accertamento dello stato di adottabilità, non può essere assunta alcuna decisione che faccia applicazione dell'art. 44, lett. d), l. cit.
5.1.3 Va ricordato che, nella stessa giurisprudenza di questa Corte, è stato affermato che "nel nostro ordinamento convivono modelli di adozione fondati sulla radicale recisione del rapporto con i genitori biologici con altri che escludono la ricorrenza di tale requisito. La pluralità di forme di genitorialità adottiva volute dal legislatore e l'intervento interpretativo compiuto dalla giurisprudenza di merito e di legittimità (Cass. 12692 del 2016; S.U. 12193 del 2019) sulla ipotesi normativa contenuta nella lettera d) dell'art. 44 l. n. 184 del 1983 in modo da valorizzarne la natura di ipotesi residuale ed aperta consentono di adeguare il nostro sistema legislativo della filiazione adottiva con le rilevanti indicazioni provenienti dalla giurisprudenza EDU" (si legga, in questi termini, Cass. 3643/2020; in senso conforme Cass. 1476/2021).
5.1.4 Nell'arresto da ultimo citato è stato tuttavia precisato che l'adozione legittimante o piena di un minore consegue a un accertamento giurisdizionale articolato in due giudizi separati, caratterizzati da una radicale diversità dell'oggetto della decisione, cosicché il secondo giudizio (che non ha autonomia, non potendo che conseguire da uno solo degli esiti possibili del giudizio precedente) non può essere introdotto se non all'esito del preventivo accertamento della condizione di abbandono del minore a cui si attribuisce lo status di figlio adottivo.
L'accertamento di una condizione di abbandono e la conseguente dichiarazione di adottabilità non sono, invece, il necessario antecedente processuale del procedimento ex art. 44 l. 184/1983, che è un modello di filiazione adottiva caratterizzato dalla partecipazione dei genitori biologici del minore, i quali, ove esistenti, devono prestare, ai sensi del successivo art. 46, comma 1, il loro consenso, salvo l'intervento sostitutivo del tribunale, secondo le modalità procedimentali stabilite nel successivo capoverso (così, sempre Cass. n. 21024/2022, cit. supra; v. anche: Cass. 3643/2020).
5.1.5 In realtà, l'oggetto dell'indagine fattuale posta a base del giudizio rivolto alla dichiarazione di adottabilità è l'accertamento, positivo o negativo, della condizione di abbandono del minore, sicché il giudice di merito non può estendere la decisione all'acquisto di differenti status genitoriali tratti dalla L. n. 184 del 1983, quale quello previsto dall'art. 44, in quanto per pervenirvi è necessario un apposito procedimento avente a oggetto un accertamento di fatto di contenuto diverso, incentrato sull'idoneità degli adottanti ad assumere un simile status (così, Cass. 3643/2020).
5.1.6 Del resto, nel procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità, proprio perché finalizzato in via pressoché esclusiva a creare le condizioni per la successiva pronuncia di adozione piena o legittimante (ovvero per la forma di adozione che impone la recisione, nel nostro ordinamento, di ogni legame con il nucleo genitoriale originario), è necessario che l'indagine sulla condizione di abbandono morale e materiale del minore, e sulla correlata capacità genitoriale dei genitori biologici, sia completa e non trascuri alcun rilevante profilo inerente i diritti del minore, con la conseguenza che "l'indagine posta a base della dichiarazione di adottabilità non deve trascurare alcuno degli elementi utili a individuare e definire il perimetro del preminente interesse del minore, accertando se l'opzione per la recisione del legame con i genitori naturali debba prevalere o meno rispetto al quadro deficitario delle loro capacità genitoriali" (Cass. n. 21024/2022, cit. supra).
5.1.7 A ciò va aggiunto che anche la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani, riguardante il regime giuridico interno volto a disciplinare i modelli di adozione, ha evidenziato la necessità di percorrere soluzioni alternative alla rottura definitiva del rapporto giuridico e di fatto tra il minore e la famiglia di origine ed ha affermato che l'art. 8 della Convenzione pone a carico dello Stato degli obblighi positivi inerenti al rispetto effettivo della vita familiare, per cui, laddove è provato che esiste un legame familiare, lo Stato deve per principio agire in modo tale da consentire a questo legame di svilupparsi, adottando le misure appropriate per riunire il genitore e il figlio fin dall'inizio della presa in carico del minore (Corte Edu, 12 agosto 2020, E.C. contro Italia) e che l'adeguatezza delle misure assunte per riunire genitori e figli deve essere valutata anche in base alla rapidità della sua attuazione, in quanto lo scorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sui rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui (Corte Edu, 22 giugno 2017, Barnea e Caldararu contro Italia).
Anche di recente, la Corte Edu ha stabilito che comporta la violazione dell'art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali non consentire ad un minore di mantenere relazioni significative con i nonni, anche se questo è stato adottato da un'altra famiglia, perché i nonni sono figure che contribuiscono indiscutibilmente allo sviluppo psico-fisico del minore, tanto da dare vita ad un legame forte ed indissolubile e che non era necessaria la sussistenza di una convivenza, poiché anche i contatti frequenti erano sufficienti a creare relazioni significative tanto da fare rientrare questo tipo di rapporto nella categoria "vita familiare" (Corte Edu, 5 marzo 2019, Bogonosovy contro Russia).
5.1.8 Ciò premesso e chiarito, potrebbe tuttavia ipotizzarsi che, nel procedimento rivolto alla dichiarazione della adozione legittimante ovvero "piena", possa accertarsi una situazione di fatto di semi-abbondono che legittimerebbe l'applicazione dell'istituto dell'adozione cd. mite, ma ciò senza però ammettersi la possibilità di una dichiarazione giudiziale che vada in quest'ultima direzione, e cioè all'adozione di un provvedimento ex art. 44, lett. d, l. 184/83, posto che, diversamente ragionando, si creerebbe un modello pretorio di decadenza dalla responsabilità genitoriale non previsto dall'ordinamento positivo perché differito al momento della costituzione della genitorialità adottiva.
5.1.9 Occorre pertanto concludere nel senso che - nonostante la pluralità di modelli di adozione nel nostro ordinamento, così come sopra descritti, che impone in realtà di valutare, oramai, anche il ricorso al modello di adozione che non recida del tutto i rapporti del minore con la famiglia di origine, in presenza di situazioni di semiabbandono (in cui la idoneità non piena dei genitori biologici non escluda l'opportunità della loro presenza nella vita del minore: Cass., 25 gennaio 2021, n. 1476; Cass., 13 febbraio 2020, n. 3643) - il quadro normativo sopra tratteggiato, per come interpretato dalla giurisprupenza nazionale ed Europea da ultimo citata citata, non consenta tuttavia di superare lo schema normativo che delinea in realtà due procedimenti ben delineati e definiti (quello della adottazione legittimante e quello dell'adozione cd. mite), con la conseguente impossibilità, dunque, di un passaggio endoprocedimentale tra l'una e l'altra procedura e con l'altrettanto evidente impossibilità di una "conversione" della domanda volta alla dichiarazione di adozione legittimante in quella di adozione cd. mite.
5.1.10 Va infatti ancora una volta ricordato che l'adozione c.d. mite, avente il proprio fondamento normativo nell'art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 del 1983, consente la costituzione di un vincolo di filiazione giuridica, che si sovrappone a quello di sangue senza estinguere il rapporto tra il minore e la famiglia di origine, in tutte quelle ipotesi di abbandono semipermanente o ciclico in cui alla sussistenza di una pur grave fragilità genitoriale fa riscontro la permanenza di una relazione affettiva significativa tra minore e genitore, che sconsiglia la radicale recisione dei loro rapporti. L'adozione c.d. legittimante costituisce, invece, l'"extrema ratio", cui può pervenirsi soltanto nel caso in cui la conservazione di tali rapporti si pone in contrasto con l'interesse del minore, che si trova in una condizione di endemico e radicale abbandono, determinato da un'incapacità del genitore di allevarlo e di curarlo, non recuperabile in tempi compatibili con l'esigenza del figlio di conseguire un'equilibrata crescita psicofisica (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20322 del 23/06/2022).
Ne consegue che, nel caso di specie, in assenza dell'accertamento dello stato di abbandono, la domanda di adottabilità non poteva essere accolta, senza neanche la possibilità, tuttavia, di una sua conversione in domanda di adozione "mite", con relativa dichiarazione giudiziale - come concretamente avvenuto nel caso di specie - di stato di semi-abbandono e di adottabilità ex art. 44, lett. d, l. 184/1983.
I primi due motivi del ricorso principale e di quello del P.G. vanno dunque accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, occorre anche decidere la causa nel merito, dichiarando non luogo a procedere sulla domanda di adozione non essendo emerso una situazione di abbandono del minore.
Occorre anche regolare le spese del doppio grado di giudizio del merito e di quello di legittimità, nel senso della loro compensazione, stante la natura degli interessi dedotti in causa e la peculiarità e novità della vicenda processuale in esame.
L'accoglimento dei predetti motivi determina, come sopra accennato,
l'assorbimento di quelli restanti articolati dai ricorrenti principali e dal P.G.
P.Q.M.
accoglie i primi due motivi del ricorso principale e di quello del P.G.; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, dichiara non luogo a provvedersi sulla domanda di adozione del minore; compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio del merito e di quello di legittimità.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.
Così deciso in Roma, il 1 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2023.