Il diritto dei nonni a mantenere rapporti significativi con i nipoti non può essere garantito tramite la costrizione del bambino.
È quanto stabilito dalla Cassazione nell'ordinanza n. 2881 del 31 gennaio 2023.
Nel caso di specie, due nonni e uno zio paterni, che non potevano più incontrare i nipoti a causa degli ostacoli dei genitori, hanno chiesto il Tribunale per i Minorenni di Milano di garantire il loro diritto come stabilito dall'art. 317-bis c.c.. Il Tribunale ha accolto la domanda e la decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Milano. La vicenda è stata poi portata all’attenzione della Cassazione.
La Cassazione ha sottolineato che l'interesse superiore del minore deve essere la considerazione più importante per la questione riguardante i rapporti significativi con i nipoti minorenni. Questo interesse prevale su quello dei genitori o altri familiari a seconda della propria natura e gravità.
Il giudice deve tenere conto del fatto che l'art. 317-bis c.c. non garantisce un diritto incondizionato ai nonni di mantenere rapporti significativi con i nipoti, ma subordina l'esercizio di tale diritto alla valutazione del giudice in base all'interesse superiore del minore. Il compito del giudice è quello di stabilire se i rapporti fra i parenti possono essere composti in modo da tutelare l'interesse superiore del minore.
Il mantenimento di rapporti significativi non può essere garantito costringendo il bambino a una relazione sgradita e non voluta. Nessuna frequentazione può essere disposta a dispetto della volontà manifestata da un minore che abbia compiuto i dodici anni o che comunque risulti capace di discernimento.
L'accertamento delle questioni riguardanti i rapporti significativi tra nonni e nipoti deve essere basato sul principio di carattere generale riguardante l'interesse superiore del minore e sulla volontà del bambino. Il giudice deve stabilire come questi fattori possono essere equilibrati in modo da garantire un progetto educativo e formativo, volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore.
La Corte di merito invece si è limitata a rilevare l'assenza di un pregiudizio per i minori derivante dal "passare del tempo con i nonni e lo zio paterni", ma ha trascurato totalmente di indagare quale fosse il superiore interesse, specifico e concreto, di ciascuno dei bambini nella situazione di conflittualità venutasi a creare fra genitori e la famiglia paterna.
La pronunzia di merito inoltre non verifica la capacità di discernimento dei bambini coinvolti e non tiene conto della loro riottosità a questo coinvolgimento.
La Suprema Corte ha quindi cassato il provvedimento impugnato, con rinvio alla Corte di merito per un nuovo esame della causa secondo i principi sopra illustrati.
Il diritto degli ascendenti a instaurare e a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni non può essere assicurato tramite la costrizione del bambino, attraverso un'imposizione manu militari di una relazione sgradita e non voluta, cosicché nessuna frequentazione può essere disposta a dispetto della volontà manifestata da un minore che abbia compiuto i dodici anni o che comunque risulti capace di discernimento, ex art. 336-bis c.c..
Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n. 2881 del 31/01/2023
Presidente Genovese – Relatore Pazzi
Rilevato che:
1. F.M. , R.G. e R.M. , rispettivamente nonni e zio paterni dei minori R.C. e J. , adivano il Tribunale per i minorenni di Milano lamentando di non poter più incontrare i nipoti a causa degli ostacoli frapposti dai genitori P.M. e R.C. e chiedendo di veder garantito l'esercizio del diritto loro riconosciuto dall'art. 317-bis c.c..
Il tribunale, con decreto depositato in data 13 febbraio 2019, accoglieva la domanda, disponendo che i ricorrenti potessero intrattenere rapporti con i nipoti nei limiti e con le modalità specificamente indicati nel provvedimento; incaricava i servizi sociali di regolamentare gli incontri e i rapporti fra i ricorrenti e i bambini con la presenza di un educatore e successivamente, allorquando la nonna avesse provato di essersi fatta assistere da uno psichiatra di sua fiducia dando continuità alle cure, anche in forma libera.
2. La Corte d'appello di Milano, a seguito del reclamo presentato tanto da F.M. , R.G. e R.M. , in punto di obbligo per la F. di sottoporsi a visita psichiatrica, quanto da P.M. e R.C. , al fine di veder rigettato il ricorso proposto dalle controparti, condivideva le valutazioni del primo giudice in ordine alla possibilità di dar corso agli incontri richiesti, essendo stato accertato, all'esito della consulenza tecnica d'ufficio svolta dal tribunale, che "non sussiste(va) un reale pregiudizio per C. e J. nel passare del tempo con i nonni e lo zio paterni", "apparsi in corso di CTU sinceramente legati ai nipoti".
Sottolineava che la vera questione irrisolta riguardava l'incapacità - dimostrata in particolare dalla nonna paterna e dalla madre dei minori, a causa dei rispettivi limiti caratteriali - di superare le incomprensioni, le svalutazioni e le aggressività reciproche manifestatesi nel passato.
Riteneva che non fosse utile mantenere la prescrizione per la F. di rivolgersi a uno psichiatra, in assenza di una coscienza della propria condizione di disagio psichico; occorreva, invece, far maturare "nei genitori la consapevolezza del danno psichico cui espongono i loro figli, costretti a vivere privati di affetti che possono arricchirli, in un clima indotto di paura e di rancore persistente che certamente è di pregiudizio per una armoniosa crescita psichica dei bambini", "nei nonni e nello zio... capacità di riconoscimento dei loro errori e rispetto per le persone diverse da loro".
Revocava, a tal fine, la prescrizione alla nonna paterna e invitava tutti gli adulti coinvolti nella vicenda a intraprendere un percorso guidato di terapia familiare allargata, onde evitare ogni pregiudizio al benessere dei minori.
Incaricava i servizi sociali di vigilare sulla situazione dei due bambini e di regolamentare i loro incontri con i nonni e lo zio paterni, inizialmente in spazio neutro o con la presenza di un educatore e con facoltà di un successivo ampliamento in assenza di un loro pregiudizio.
3. Per la cassazione di questo provvedimento, pubblicato in data 9 novembre 2019, hanno proposto ricorso P.M. e R.C. prospettando tre motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso F.M. , R.G. e R.M. .
Considerato che:
4. Occorre prendere le mosse dall'esame dell'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti.
Al riguardo è sufficiente fare richiamo alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui i provvedimenti che incidono sul diritto degli ascendenti a instaurare e a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, ai sensi dell'art. 317-bis c.c., nel testo novellato dal D.Lgs. n. 154 del 2013, art. 42 al pari di quelli ablativi della responsabilità genitoriale emessi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 336 c.c., hanno attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi, definendo essi procedimenti che dirimono comunque conflitti tra posizioni soggettive diverse e nei quali il minore è "parte"; di conseguenza, il decreto della Corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i predetti provvedimenti è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, (cfr. Cass. 19780/2018, Cass. 29001/2018).
5.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la falsa applicazione dell'art. 317-bis c.c. e la violazione degli artt. 8 CEDU e 24 della Carta di Nizza, perché la Corte di merito, pur constatando la gravità del conflitto familiare esistente, l'opposizione della nonna paterna a sottostare alla prescrizione del primo giudice di rivolgersi a uno psichiatra e il rifiuto di C. di prendere parte agli incontri, ha disposto strumenti coercitivi volti a imporre la ripresa delle visite fra i nonni e lo zio con i nipoti sulla base del mero rilievo dell'insussistenza di un reale pregiudizio per i minori, senza accertare in concreto il beneficio che gli stessi trarrebbero da una simile frequentazione, l'esistenza di un bisogno affettivo e il ricorrere di un loro interesse superiore a intrattenere questo rapporto.
5.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'esistenza di una motivazione apodittica, non essendo stato spiegato perché la minore C. , pur rifiutando di vedere i nonni e lo zio, debba comunque prestarsi a incontrarli sulla base di un suo astratto e presupposto bisogno affettivo piuttosto che di un concreto interesse.
Inoltre, non è dato comprendere - in tesi di parte ricorrente - la ragione per cui la prescrizione alla nonna paterna di un processo di superamento delle proprie difficoltà mentali risulti inutile e non costituisca più la condicio sine qua non per l'avvio della libera frequentazione dei nipoti, come era stato ritenuto dal C.T.U. nominato dal tribunale.
5.3 Il terzo motivo di ricorso si duole, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell'omesso esame di un fatto sopravvenuto in sede di impugnazione e decisivo, costituito dalla constatazione, ad opera dei servizi sociali incaricati, dell'impossibilità di provvedere alla mediazione in precedenza disposta perché il conflitto risultava irrisolvibile.
6. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega e della loro parziale sovrapponibilità, sono fondati, nei termini che si vanno ad illustrare.
6.1 Con specifico riferimento alla posizione dei nonni, la Corte Europea ha affermato che l'art. 8 CEDU ha essenzialmente lo scopo di premunire l'individuo contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri.
La norma non si limita, peraltro, a imporre allo Stato di astenersi da ingerenze, giacché a questo impegno negativo possono aggiungersi obblighi positivi inerenti a un rispetto effettivo della vita privata o familiare.
Questi obblighi possono implicare l'adozione di misure volte al rispetto della vita familiare nelle relazioni degli individui tra loro, tra cui la predisposizione di un "arsenale giuridico" adeguato e sufficiente per garantire i diritti legittimi degli interessati, nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie o delle misure specifiche appropriate.
Un simile "arsenale" deve permettere allo Stato di adottare misure idonee a riunire il genitore e il figlio, anche in caso di conflitto che oppone i due genitori, e lo stesso vale quando si tratta delle relazioni tra il minore e i nonni, dovendo lo Stato attivarsi per favorire la comprensione e la cooperazione di tutte le persone interessate, tenendo conto - in particolare - degli interessi superiori del minore e dei diritti conferiti allo stesso dall'art. 8 della Convenzione (cfr. Corte EDU, 20/1/2015, Manuello e Nevi c. Italia; Corte EDU, 7/12/2017, Beccarini e Ridolfi c. Italia).
6.2 In ogni caso le questioni concernenti le modalità con cui riconoscere il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni devono essere risolte alla luce del primario interesse del minore, secondo un principio di carattere generale che è riconducibile agli artt. 2,30 e 31 Cost., come la Corte costituzionale ha più volte chiarito (si veda in questo senso, da ultimo e per tutte, la sentenza n. 79/2022), e che viene proclamato anche da molteplici fonti internazionali, indirettamente o direttamente vincolanti il nostro ordinamento (la Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con L. 27 maggio 1991, n. 176; la Dichiarazione sui principi sociali e legali riguardo alla protezione e sicurezza sociale dei bambini, approvata a New York il 3 dicembre 1986; il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con L. 25 ottobre 1977, n. 881; la Convenzione di Strasburgo in materia di adozione, elaborata dal Consiglio d'Europa, entrata in vigore il 26 aprile 1968 e ratificata dall'Italia con la L. 22 maggio 1974, n. 357), nonché da fonti Europee (l'art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, CDFUE, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; gli artt. 8 e 14 CEDU).
L'interesse superiore del minore, perciò, deve costituire la considerazione determinante e, a seconda della propria natura e gravità, può prevalere su quello dei genitori o degli altri familiari (cfr. Corte EDU, 9/2/2017, Solarino c. Italia).
6.3 È fuor di dubbio che ciascun minore ha un rilevante interesse a fruire di un legame, relazionale ed affettivo, con la linea articolata delle generazioni che, per il tramite dei propri genitori, costituiscono la sua scaturigine.
Queste relazioni, d'ordinario, funzionano secondo linee armoniche e spontanee, perciò fruttuose per tutti gli attori in campo.
Ciò però non può far escludere che, in casi particolari, esse generino situazioni limite che esigono l'intervento giudiziale, quando non sia sufficiente il buon senso a far superare le frizioni fra gli adulti, allo scopo di assicurare il beneficio di una frequentazione fra ascendenti e nipoti di carattere biunivoco e capace di reciproco arricchimento spirituale ed affettivo.
6.4. L'intervento del giudice in questo ambito deve tenere conto del fatto che l'art. 317-bis c.c., nel riconoscere agli ascendenti un vero e proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, non attribuisce allo stesso un carattere incondizionato, ma ne subordina l'esercizio e la tutela, a fronte di contestazioni o comportamenti ostativi di uno o entrambi i genitori, a una valutazione del giudice avente di mira l'"esclusivo interesse del minore", ovverosia la realizzazione di un progetto educativo e formativo, volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore, nell'ambito del quale possa trovare spazio anche un'attiva partecipazione degli ascendenti, quale espressione del loro coinvolgimento nella sfera relazionale ed affettiva del nipote (Cass. 15238/2018).
La Corte di merito, quindi, doveva preoccuparsi di verificare, in termini positivi, la possibilità di procedere a un simile coinvolgimento, costituente il presupposto indispensabile per un'utile cooperazione degli ascendenti all'adempimento degli obblighi educativi e formativi dei genitori.
Questo coinvolgimento, all'evidenza, ha una consistenza ben diversa dalla mera constatazione, compiuta nel caso di specie dalla Corte di merito, dell'insussistenza di "un reale pregiudizio nel passare del tempo con i nonni e lo zio paterni", perché implica un accertamento non - in termini negativi - della mera mancanza di conseguenze pregiudizievoli in esito alla frequentazione, bensì - in termini positivi - della possibilità per gli ascendenti di prendere fruttuosamente parte attiva alla vita dei nipoti attraverso la costruzione di un rapporto relazionale ed affettivo e in maniera tale da favorire il sano ed equilibrato sviluppo della loro personalità.
In altri termini, non è il minore a dovere offrirsi per soddisfare il tornaconto dei suoi ascendenti a frequentarlo, ove non ne derivi un "reale pregiudizio", ma è l'ascendente - il diritto del quale ex art. 317-bis c.c. vale nei confronti dei terzi, ma non dei nipoti, il cui interesse è destinato a prevalere - a dovere prestarsi a cooperare nella realizzazione del progetto educativo e formativo del minore, se e nella misura in cui questo suo coinvolgimento possa non solo arricchire il suo patrimonio morale e spirituale, ma anche contribuire all'interesse del discendente.
6.5 Se si considera che tanto l'assunzione di responsabilità da parte dei genitori, prevista dall'art. 316 c.c., quanto il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significati con i discendenti, riconosciuto dall'art. 317-bis c.c., costituiscono situazioni giuridiche "serventi" focalizzate sul primario interesse del minore, sulla sua protezione e sull'esigenza che egli cresca con il sostegno di un adeguato ambiente familiare, capace anche di assicurare il vantaggio derivante da una relazione positiva con le relazioni precedenti, ben si comprende, allora, come in caso di conflittualità fra genitori e ascendenti non si tratti di assicurare tutela a potestà contrapposte individuando quale delle due debba prevalere sull'altra, ma di bilanciare, se e fin dove è possibile, le divergenti posizioni nella maniera più consona al primario interesse del minore, il cui sviluppo è normalmente assicurato dal sostegno e dalla cooperazione dell'intera comunità parentale.
Il compito del giudice, dunque, non è quello di individuare quale dei parenti debba imporsi sull'altro nella situazione di conflitto, ma di stabilire, rivolgendo la propria attenzione al superiore interesse del minore, se i rapporti non armonici (o addirittura conflittuali) fra gli adulti facenti parte della comunità parentale si possano comporre e come ciò debba avvenire.
In una prospettiva avente di mira, costantemente, il superiore interesse del minore occorrerà, allora, verificare - in caso di non armonici rapporti fra genitori e ascendenti - se si possa in qualche modo attuare una cooperazione fra gli adulti partecipanti alla comunità parentale nella realizzazione del progetto educativo e formativo del bambino, determinare le concrete modalità di questa necessaria collaborazione, tenendo conto dei differenti ruoli educativi, e stabilire, di conseguenza, - per ciascuno dei minori coinvolti, anche procedendo al loro ascolto nei termini previsti dall'art. 315-bis c.c., comma 3, e rispetto a ognuno degli ascendenti aventi interesse a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni - i sistemi più proficui di frequentazione e le più opportune modalità di organizzazione degli incontri.
6.6 A questo proposito occorre sottolineare come il carattere "significativo" del rapporto a cui fa riferimento l'art. 317-bis c.c. non possa che derivare da una relazione positiva, gratificante e soddisfacente del bambino con l'ascendente ed implichi, di conseguenza, una spontaneità di relazione e non una coercizione.
Il mantenimento di rapporti significativi, perciò, non può essere assicurato tramite la costrizione del bambino, attraverso un'imposizione manu militari di una relazione sgradita e non voluta, cosicché nessuna frequentazione può essere disposta a dispetto della volontà manifestata da un minore che abbia compiuto i dodici anni o che comunque risulti capace di discernimento, ex art. 336-bis c.c..
In questi casi l'"arsenale" da predisporre, secondo la giurisprudenza Europea, per la tutela del diritto degli ascendenti consiste nell'individuazione di strumenti "soft" di modulazione delle relazioni che sappiano creare spontaneità (e dunque significatività) di relazione con i minori piuttosto che imporre rapporti non desiderati. 6.7 L'accertamento compiuto dalla Corte di merito si limita a rilevare l'assenza di un pregiudizio per i minori derivante dal "passare del tempo con i nonni e lo zio paterni", ma trascura totalmente di indagare, nel senso appena illustrato, quale fosse il superiore interesse, specifico e concreto, di ciascuno dei bambini nella situazione di conflittualità venutasi a creare fra genitori e la famiglia paterna, al fine poi di stabilire se le divergenti posizioni potessero essere oggetto di un proficuo bilanciamento in funzione di tale interesse e quali fossero i provvedimenti all'uopo più idonei.
Rispetto a questa prospettiva di indagine il provvedimento impugnato si limita a registrare, in astratto, che l'opposizione dei genitori costringeva i nipoti "a vivere privati di affetti che (potevano) arricchirli" (pag. 4), ma non spiega quale fosse, nella realtà della situazione familiare posta all'attenzione della Corte di merito, il preciso tornaconto dei minori a veder partecipare ciascuno degli ascendenti nel progetto educativo e formativo che li riguardava.
Occorreva, inoltre, verificare la capacità di discernimento dei bambini coinvolti, al fine di disporne l'ascolto in presenza delle condizioni previste dall'art. 336-bis c.c., e, comunque, tenere conto della riottosità di C. a questo coinvolgimento onde evitare l'imposizione di rapporti non voluti, valutando invece la possibilità di individuare strumenti capaci di creare la necessaria spontaneità.
Manca, del pari, una motivazione che, nella stessa ottica di perseguimento del superiore interesse del minore e non dell'adulto, giustifichi il coinvolgimento della nonna paterna nel progetto educativo e formativo dei nipoti nonostante la sua mancata disponibilità a sottoporsi alle indicazioni cliniche suggerite dal C.T.U. nominato nel primo grado di giudizio e il riconosciuto mantenimento di un atteggiamento aggressivo verso i genitori dei bambini.
7. Il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio alla Corte di merito, la quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.