Pubblicato il

Avvocati, qual è il termine di prescrizione dell'azione disciplinare?

Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.30202 del 31/10/2023

Qual è il regime prescrizionale dell’azione disciplinare nei confronti dell'avvocato, secondo il Nuovo Ordinamento Forense (Legge n. 247 del 2012)?

Le Sezioni Unite Civili della Cassazione sono intervenute sulla questione con la sentenza n. 30202 del 31 ottobre 2023.

Per la Suprema Corte, la prescrizione dell'azione disciplinare, indipendentemente dagli effetti della sospensione e dell'interruzione, non può essere estesa oltre un quarto dei sei anni indicati dall'art. 56, comma 1, della Legge n. 247/2012. Questo significa che il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare è fissato in sette anni e mezzo.

È importante sottolineare che la normativa attuale si orienta su criteri di natura penalistica, a differenza del passato, dove la normativa era isprirata da un criterio di natura civilistica, per cui la prescrizione, una volta interrotta, riprendeva a decorrere nuovamente per altri cinque anni.

Inoltre, la Corte ricorda che la prescrizione dell'azione disciplinare è rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento giudiziario.

Nel caso di specie, si è verificato che la prescrizione dell'azione disciplinare è intervenuta durante la pendenza del giudizio di legittimità, portando alla cassazione senza rinvio della sentenza impugnata e, di conseguenza, all'estinzione dell'illecito disciplinare.

Avvocati, azione disciplinare, nuovo ordinamento professionale forense, prescrizione, termine complessivo

Nel nuovo ordinamento professionale forense la prescrizione, al di là degli effetti della sospensione e dell'interruzione, non può comunque essere prolungata di oltre un quarto rispetto ai sei anni indicati nella L. n. 247 cit., art. 56, comma 1; pertanto, il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare deve intendersi in sette anni e mezzo.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione civile, sez. un., sentenza 31/10/2023 (ud. 26/09/2023) n. 30202

FATTI DI CAUSA

1. L'avv. E.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense in epigrafe indicata.

2. Il giudizio disciplinare nei confronti del professionista iniziava a seguito di un esposto, in data 11-4-2016, con il quale il presidente del COA di Taranto segnalava plurime condotte, poste in essere dal professionista, di rilievo penale e disciplinare; in particolare, al momento dell'approvazione dei bilanci 2014 (consuntivo) e 2015 (preventivo), erano emerse, tra i residui, spese non documentate per un importo di Euro 78.479,73, a titolo di anticipazione spese per rimborso cariche istituzionali; il COA avviava, pertanto, indagine interna e chiedeva al ricorrente, quale presidente del COA pro-tempore, insediato come consigliere del CNF, giustificazione degli ammanchi; nel corso della fase istruttoria emergevano ulteriori ammanchi e gli atti venivano trasmessi anche alla Procura della Repubblica di Lecce e al CDD di Lecce per gli adempimenti conseguenti.

3. Il Consiglio distrettuale di disciplina di Lecce richiedeva chiarimenti all'avv. E., acquisiva gli atti del procedimento penale aperto in seguito alla trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Taranto dal Consiglio dell'ordine degli Avvocati di Taranto e deliberava l'apertura di un procedimento disciplinare per poi approvare il seguente capo d'incolpazione: "avere in relazione all'art. 4, comma 2, artt. 21 e 22 e art. 69, comma 1 CDF, in relazione alla L. n. 247 del 2012, artt. 3, 51 e 53 in qualità di Presidente p.t del COA di Taranto e disponendo di fondi giacenti sul c/c bancario presso la Banca Popolare di Puglia e Basilicata-filiale di (Omissis), intestato al suddetto COA, sia mediante l'utilizzo della carta di credito CartaSi a lui consegnata e sia emettendo assegni bancari tratti sul detto c/c, effettuato una serie di pagamenti per spese personali (quali acquisti di viaggi aerei, soggiorni in hotel, capi d'abbigliamento, pasti in ristorante, rifornimento carburante, riparazioni di autovetture e altri beni e servizi) non inerenti le attività svolte in esecuzione del proprio incarico e provveduto, inoltre, alla emissione di bonifici e/o assegni in suo favore, a favore della sig. S.A., che successivamente versava sui conti correnti a lui intestati presso la filiale di Taranto della Banca popolare di Puglia e Basilicata e della UBI Banca Carime. Con tali condotte, per le quali il PM della Procura di Taranto ha richiesto la sua citazione a giudizio per il reato di peculato continuato ed aggravato (art. 81 c.p., comma 2, art. 314 c.p. e art. 61 c.p., n. 7), si è appropriato in tempi diversi di più somme di denaro per un importo complessivo di circa Euro 250.000,00 cagionando al COA di Taranto un danno patrimoniale di rilevante gravità. In Taranto fino al 9 febbraio 2015".

4. Il CDD acquisiva, in seguito, la sentenza del giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Taranto, di condanna del ricorrente per il delitto di peculato alla pena di anni due di reclusione, con confisca delle somme in sequestro, e la sentenza della Corte di appello di Lecce (in data 23-2-2021), di conferma della decisione di primo grado.

5. Il CNF, all'esito del procedimento disciplinare aperto per le predette incolpazioni, riconosceva la propria competenza a giudicare il professionista, in considerazione della qualità di consigliere nazionale del CNF fin dalla fase iniziale dell'iniziativa disciplinare e al momento dell'approvazione dei capi d'incolpazione, carica conservata fino alla scadenza della consiliatura; autorizzava, all'udienza del 17/9/20, la sospensione di un anno in accoglimento dell'istanza dell'incolpato e, decorso l'anno, acquisiva la sentenza penale del giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Taranto, di condanna per il reato di peculato dell'incolpato; negava, invece, l'ulteriore sospensione del procedimento disciplinare, richiesta fino all'esito del giudizio d'impugnazione in cassazione avverso la sentenza di condanna della Corte d'appello di Lecce, in considerazione dell'autonomia tra i due giudizi; riconosceva, infine, la colpevolezza del professionista per le condotte contestate e irrogava la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per anni due.

6. Avverso la decisione l'avv. E. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso il quale non è stata svolta attività difensiva.

7. L'Ufficio del Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo rigettarsi il ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Con i motivi di ricorso si deduce l'illegittimità costituzionale della L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 1, relativamente alla disciplina prevista per l'azione disciplinare nei confronti dell'iscritto componente del CNF, per violazione del diritto di difesa e del principio del giusto processo (primo motivo); violazione e falsa applicazione della medesima disposizione normativa per avere il CNF giudicato l'iscritto malgrado avesse cessato le funzioni di consigliere nazionale fin dal febbraio 2019, per cui, incardinato il procedimento disciplinare in data 28 settembre 2018, il CNF avrebbe dovuto spogliarsi della trattazione e rimettere gli atti al CDD di Lecce, in considerazione della cessazione delle funzioni di consigliere nazionale (secondo motivo); violazione e falsa applicazione delle norme in tema di prescrizione dell'azione disciplinare e, in particolare, della L. n. 247 cit., art. 56 per essere il termine prescrizionale spirato il 9.8.2022 in riferimento a fatti contestati e protrattisi fino al 9.2.2015 (terzo motivo, sia pur enumerato, in ricorso, come secondo motivo).

9. Il terzo motivo è fondato.

10. L'eccezione di prescrizione dell'azione disciplinare, sollevata in questa sede, è ammissibile in quanto la prescrizione dell'azione disciplinare è rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio (v., fra tante, Cass., Sez. Un., n. 32634 del 2022) e la sua soluzione non comporta indagini fattuali (che sarebbero precluse in questa sede), essendo pacifici i dati assunti.

11. L'eccezione e', altresì, fondata.

12. Il regime di prescrizione applicabile e', ratione temporis, quello introdotto dalla L. n. 247 del 2012, art. 56: l'illecito contestato è stato commesso successivamente al 2 febbraio 2013, data di entrata in vigore della disposizione.

13. Nel nuovo ordinamento professionale forense la prescrizione, al di là degli effetti della sospensione e dell'interruzione, non può comunque essere prolungata di oltre un quarto rispetto ai sei anni indicati nella L. n. 247 cit., art. 56, comma 1; pertanto, il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare deve intendersi in sette anni e mezzo.

14. Si tratta di una novità della nuova legge professionale, la quale segue, sotto questo profilo, criteri di natura penalistica, laddove secondo la disciplina previgente, ispirata a un criterio di natura civilistica, la prescrizione, una volta interrotta, riprendeva a decorrere nuovamente per altri cinque anni (v., per tutte, Cass., Sez. Un., n. 32634 del 2022 cit.).

15. Ebbene, la vicenda disciplinare all'esame si è compiuta nella cornice, ratione temporis, della L. n. 247 cit., art. 54 che ha ridefinito il rapporto con il processo penale nei termini che seguono: "1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti. 2. Se, agli effetti della decisione, è indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale, il procedimento disciplinare può essere a tale scopo sospeso a tempo determinato. La durata della sospensione non può superare complessivamente i due anni; durante il suo decorso è sospeso il termine di prescrizione".

16. Nella specie, pendente il giudizio penale, l'azione disciplinare è giunta a compimento con una sola breve sospensione, di un anno, alla stregua del citato art. 54.

17. Quanto alla decorrenza del termine prescrizionale, le condotte appropriative reiterate, di rilievo disciplinare, si sono protratte fino al 9 febbraio 2015, ed è a tale momento che occorre avere riguardo per il decorso della prescrizione (v., fra tante, Cass.,Sez.Un., n. 14620 del 2003 e numerose successive conformi).

18. Conseguentemente, il termine di prescrizione, della durata massima di sette anni e mezzo, decorrente dal 9 febbraio 2015, si è protratto fino al 9 agosto 2022 e, tenuto conto della ridetta sospensione di un anno del giudizio disciplinare, il termine di prescrizione è spirato il 9.8.2023.

19. Va, pertanto, accolto il terzo motivo, assorbiti gli altri.

20. L'intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare determina la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata e l'estinzione dell'illecito disciplinare.

21. La sopravvenuta maturazione della prescrizione durante la pendenza del giudizio di cassazione giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, assorbiti gli altri; cassa senza rinvio la sentenza disciplinare e, decidendo nel merito, dichiara estinto l'illecito disciplinare per prescrizione dell'azione disciplinare; spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 26 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2023.

©2022 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472