Responsabilità genitoriale, affidamento della prole ai servizi sociali, distinzione e presupposti

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.32290 del 21/11/2023

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Responsabilità genitoriale, affidamento della prole ai servizi sociali, distinzione e presupposti

In tema di modifica del provvedimento di assegnazione della prole minore ai servizi sociali e alla luce di quanto ora prevede l’art. 5-bis della l. n. 184 del 1983, recentemente inserito dal d.lgs. n. 149 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), ove sia disposto l'affidamento del minore ai servizi sociali, occorre distinguere l'affidamento con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale (c.d. mandato di vigilanza e di supporto), dall’affidamento conseguente ad un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale.

Nel primo caso, l’adozione del provvedimento – sufficientemente dettagliato sui compiti demandati ai servizi, esclusi poteri decisori, e sui tempi della loro attuazione, che devono essere i più rapidi possibili – non richiede la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi; nel secondo caso, invece, l’affidamento ai servizi deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente all’attuazione degli interessi morali e materiali del minore, non avendo sortito effetto i programmi di supporto e sostegno già svolti in favore della genitorialità; l'adozione di tale provvedimento presuppone la sua discussione nel contraddittorio, esteso anche al minore, i cui interessi devono essere imparzialmente rappresentati da un curatore speciale; quanto ai contenuti del provvedimento, essi vanno ispirati, pertanto, ad un principio di proporzionalità, richiedendosi, anche nel regime previgente alla entrata in vigore dell’art. 5-bis della legge 184/1983, che i compiti dei servizi siano descritti specificamente, con riguardo ai doveri e ai poteri sottratti dall’ambito della responsabilità genitoriale e distinti dai compiti che sono eventualmente demandati al soggetto collocatario (se persona diversa da i genitori), mentre i servizi non possono svolgere funzioni e compiti propri della responsabilità genitoriale, se non specificamente individuati nel provvedimento limitativo.

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Cassazione civile, sez. I, ordinanza 21/11/2023 (ud. 15/11/2023) n. 32290

RILEVATO


CHE:

B.S. ha chiesto la modifica del provvedimento di affidamento delle figlie gemelle So. e M., nate l'(Omissis), chiedendone l'affidamento esclusivo. Il Tribunale ha respinto la richiesta. B. ha proposto appello e la madre delle minori, M.E., si è costituita chiedendo il rigetto del reclamo e la conferma del regime di affidamento vigente, nonché una ripartizione delle spese straordinarie meglio rispondente alla rilevante disparità del reddito tra i genitori. La Corte d'appello, nominata curatrice speciale delle minori l'avv. R.S., che si costituiva, ha respinto la richiesta di consulenza tecnica, essendovi in atti le relazioni dei servizi sociali e ha respinto altresì la richiesta di audizione delle minori rilevando che le bambine hanno dieci anni, sono state seguite dalla psicologa del consultorio familiare con modalità adeguate alla loro età, escludendo che abbiano acquisito la maturità necessaria per esprimersi davanti all'autorità giudiziaria. La Corte di merito ha quindi escluso che ricorrano le condizioni per modificare l'attuale regime di affidamento condiviso (con affidamento ai servizi per il sostegno) con collocamento delle minori presso la madre, osservando che non emerge alcuna incapacità genitoriale della madre né comportamenti pregiudizievoli; ha però parzialmente modificato le modalità di incontro tra il padre e le figlie, data la distanza tra le abitazioni dei genitori, e accolto la richiesta della madre di porre a carico del padre una quota maggioritaria delle spese straordinarie, pari all'80%, in ragione della disparità economica tra i genitori.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso il padre delle minori, affidandosi a quattro motivi. Si sono costituire la madre e la curatrice speciale, quest'ultima dichiarando di essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato, e chiedendo entrambe il rigetto del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

La causa è stata trattata all'udienza camerale non partecipata del 15 novembre 2023.

RITENUTO

CHE:

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta, ex art. 360 c.p.c., nn. 3) e 4), la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 315 bis e 336 bis c.c., in quanto la Corte d'Appello non ha proceduto all'audizione delle minori richieste dal reclamante, con conseguente nullità del decreto impugnato. Il ricorrente deduce che sussistevano tutte le condizioni per procedere all'audizione e segnatamente che le minori hanno da poco compiuto dieci anni, che dagli accertamenti svolti dai servizi sociali risulta che sono entrambe capaci di discernimento e ad oggi non sono mai state sentite ai sensi dell'art. 336 bis c.c. Rileva che l'operatore dei servizi sociali ha incontrato le minori ma non ha proceduto alla loro audizione come emerge chiaramente dalle lettere scritte dalle bambine ad altro operatore (Dott. L.) con le quali esse si lamentavano del fatto che la psicologa non le avesse fatte parlare e non le ascoltava.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 4), la violazione e/o la falsa applicazione degli art. 111 Cost., comma 6, dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), per la mancanza di motivazione (e/o per motivazione perplessa o contraddittoria) del provvedimento impugnato in ordine alla ritenuta mancanza di discernimento delle minori ai fini della loro audizione, con conseguente nullità del decreto impugnato. Il ricorrente deduce che dalla relazione dei servizi sociali emerge che le bambine sono competenti, hanno uno sviluppo psicologico e cognitivo nella norma con buone capacità di relazione e quindi i servizi hanno affermato esattamente il contrario di quanto ritenuto dalla Corte d'appello, vale a dire la loro idoneità ad essere ascoltate dal giudice.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta, ex art. 360 c.p.c., nn. 3) e 5), la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. in quanto la Corte d'Appello ha erroneamente valutato le prove consistenti nelle lettere indirizzate dalle minori al Dott. L. e non ha approfondito un fatto decisivo per il giudizio, ovvero la sussistenza o meno dei maltrattamenti lamentati dalle minori, fatti che avrebbe dovuto accertare tramite audizione delle stesse.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 - 111 Cost., comma 2, art. 101 c.p.c. e art. 115 disp. att. c.p.c., in quanto non è stato disposto il rinvio dell'udienza di discussione nonostante l'assenza dell'avvocato dell'odierno ricorrente per improvviso ed assoluto impedimento, tale da non consentire la delega ad un sostituto debitamente informato e preparato per la partecipazione alla delicata discussione.

5.- I primi tre motivi possono esaminarsi congiuntamente, in quanto connessi e sono infondati.

Secondo quanto risulta dagli atti, le minori sono affidate ad entrambi i genitori ed altresì ai servizi sociali, ma senza limitazione di responsabilità dei titolari della responsabilità parentale e collocate presso la madre; alle minori è stata nominata una curatrice speciale, avendo il padre evidenziato una condizione di pregiudizio che si asserisce derivare dalla condotta materna. Occorre quindi preliminarmente individuare quale è il regime di affidamento delle minori ed a tal fine è necessario premettere alcune considerazioni generali sull'affidamento ai servizi sociali.

5.1.- L'affidamento ai servizi sociali, oggi specificamente disciplinato dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 5-bis - norma inserita dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, art. 28, comma 1, lett. d), con effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 - costituisce una species del più ampio genus dell'affidamento a terzi, ma presenta alcune peculiarità, in ragione della natura e delle funzioni dei servizi sociali ed anche delle ragioni che determinano il giudice della famiglia a scegliere un soggetto pubblico, avente compiti istituzionali suoi propri, prefissati per legge, e non una persona fisica individuata in ambito familiare.

5.2.- Il punto di partenza di queste osservazioni non può che essere il richiamo ai diritti fondamentali del minore e in primo luogo al diritto di crescere nella propria famiglia e di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente e materialmente dai suoi genitori, salvo che quest'ultimi si rivelino inadeguati, malgrado gli interventi di sostegno ed aiuto che devono essere disposti in favore del nucleo familiare (art. 315 bis c.c.; L. n. 184 del 1983, art. 1).

L'art. 30 Cost., nello stabilire che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio, prevede altresì che, nei casi di incapacità dei genitori, "la legge provvede a che siano assolti i loro compiti". Gli artt. 330 e 333 c.c. stabiliscono, di conseguenza, che nel caso di condotta pregiudizievole tenuta dai genitori in danno del figlio minore il giudice possa non solo pronunciare un provvedimento ablativo (decadenza dalla responsabilità genitoriale) ma anche, secondo le circostanze, adottare "provvedimenti convenienti" e disporre l'allontanamento del minore dalla residenza familiare.

Le disposizioni dell'art. 333 c.c. sono coerenti con le norme in tema di affidamento del minore che - pur nella veloce evoluzione normativa che la materia ha registrato negli ultimi venti anni - hanno sempre consentito al giudice, che decide sull'affidamento di adottare, i c.d. provvedimenti atipici a tutela dei minori ("ogni altro provvedimento relativo alla prole", come recita l'art. 337-ter c.c. e in precedenza, l'art. 155 c.c.), nella consapevolezza che il perseguimento degli interessi morali e materiali dei figli minori, in difetto di un adeguato accordo dei genitori, non vada rimesso a formule standardizzate e stereotipate ma deve muovere da una attenta valutazione del caso concreto e delle specifiche esigenze di quei minori di cui si discute.

5.3.- Questi principi vanno integrati e armonizzati con i principi affermati dalla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo e dalla giurisprudenza della Corte EDU, unico organo legittimato a intrepretare la Convenzione, che costituiscono parametro di costituzionalità delle norme nazionali, in forza del disposto dell'art. 117 Cost., comma 1, (Corte Cost. nn. 348 e 349 del 2007) e segnatamente, con quanto stabilito dall'art. 8 della Convenzione sul rispetto della vita privata e familiare.

L'art. 8, nella lettura che ne rende la Corte EDU, tutela la vita familiare e stabilisce che l'eventuale ingerenza dei pubblici poteri nella vita privata e familiare è legittima solo qualora sia necessaria, fondata su una base legale chiara e prevedibile e persegua un fine legittimo, nel rispetto del principio di proporzionalità tra la misura e lo scopo perseguito; la norma obbliga lo Stato anche alla adozione di misure positive finalizzate a garantire i diritti degli interessati, bilanciando gli interessi individuali con quelli della società, e tenendo conto che il miglior interesse del minore costituisce considerazione preminente, di regola prevalente sull'interesse dei genitori. Per quanto infatti sia tutelato il diritto del minore di vivere nella propria famiglia, a questa regola può derogarsi quando l'ambiente familiare sia inadeguato a garantire una sua armoniosa crescita, né i genitori sono legittimati ad adottare decisioni pregiudizievoli per il figlio (Corte EDU, Grande Camera, 6 luglio 2010 Neulinger e Shuruk c. Svizzera, Corte EDU, 12 febbraio 2019, Minervino e Trausi c. Italia; Corte EDU, 13 ottobre 2015, S. H. c. Italia).

Costituisce inoltre principio consolidato nella giurisprudenza CEDU quello secondo cui, sottrarre i minori alle cure dei genitori è un'ingerenza nella vita familiare che esige una giustificazione legata alla necessità di attuare il miglior interesse del minore; l'ingerenza va considerata una misura temporanea, da sospendere non appena le circostanze lo permettano; essa comporta l'obbligo positivo di adottare misure per agevolare il ricongiungimento familiare appena ciò sia ragionevolmente fattibile (Corte EDU, Grande Camera, 10 settembre 2019, Strand Lobben e altri c. Norvegia). Inoltre l'adeguatezza delle misure assunte per riunire genitori e figli deve essere valutata anche in base alla rapidità della sua attuazione, in quanto lo scorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sui rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui (Corte EDU, 22 giugno 2017, Barnea e Caldararu c. Italia). Infine la Corte di Strasburgo ha anche affermato che per quanto sia ragionevole che le Corti nazionali ricorrano alla collaborazione dei servizi sociali perché non possono farsi carico direttamente del benessere quotidiano dei minori, i servizi non possono modificare nella pratica la portata delle decisioni dei tribunali e questi ultimi hanno un dovere di vigilanza costante sul lavoro dei servizi sociali, di modo che il loro comportamento non venga a contraddire le decisioni delle autorità (Corte EDU, 13 luglio 2000, Scozzari e Giunta c. Italia).

5.4.- Ciò premesso, si osserva che, qualora i genitori si rivelino in tutto o in parte inadeguati, gli interventi in favore del minore possono essere distinti, sotto il profilo che qui interessa, in due gruppi:

a) interventi di sostegno e supporto alla famiglia, ampliativi di quelle che sono le risorse destinate al benessere del minore: il giudice affianca ai genitori un soggetto terzo, con la finalità di supportarli ed assisterli nello svolgimento dei loro compiti (sia pure nel rispetto del diritto di autodeterminazione, sul punto v. Cass. n. 17903 del 22/06/2023), nonché con la finalità di supportare ed assistere il minore, e per esercitare una funzione di vigilanza; in questo caso nulla viene tolto a quell'insieme di poteri e doveri che costituiscono la responsabilità genitoriale, e si procede per accrescimento o addizione delle risorse dirette ad assicurare il best interest of the child;

b) interventi in tutto o in parte ablativi: rilevata l'incapacità totale o parziale del genitore ad assolvere i suoi compiti si dichiara la decadenza dalla responsabilità genitoriale o le si impongono limiti; in quest'ultimo caso alla sfera delle funzioni genitoriali (poteri e doveri) vengono sottratte alcune competenze e il compito di esercitare le funzioni tolte ai genitori (e le correlate responsabilità) viene demandato a terzi; si procede quindi per sottrazione e non per addizione.

Da rilevare, inoltre, che mentre il provvedimento di decadenza è tipizzato, in quanto il genitore perde la responsabilità genitoriale ed è sostituito dal nominato tutore, pur se resta tenuto al dovere di mantenimento; perdurando lo status filiationis (sul punto v. Cass. n. 17578 del 20/06/2023), i provvedimenti resi ex art. 333 c.c. sono atipici, riferendosi genericamente la norma alla adozione di "provvedimenti convenienti". Ciò significa che il giudice può adottare provvedimenti parzialmente ablativi (per sottrazione), provvedimenti ampliativi (per addizione), ovvero ancora provvedimenti misti, quando oltre a sottrarne alcuni ai genitori ed affidarli a terzi, conferisca ai servizi sociali ulteriori compiti di supporto e vigilanza.

5.5.- In questo contesto quindi si inserisce il provvedimento di "affidamento" ai servizi sociali che, nella prassi giurisprudenziale, è stato utilizzato con finalità e contenuti di volta in volta diversi.

Nella legislazione previgente al D.Lgs. n. 149 del 2022, la base normativa di detto provvedimento poteva individuarsi nel R.D.L. n. 1404 del 1934, artt. 25 e 26, conv. nella L. n. 835 del 1935, e succ. modif. dove sono indicate le misure applicabili ai minori irregolari per condotta o per carattere; fra di esse rientra l'affidamento al servizio sociale minorile, - ipotesi che l'art. 25 distingue dal collocamento in una "casa di rieducazione" - e che per espressa disposizione del successivo art. 26 può altresì essere disposto "quando il minore si trovi nella condizione prevista dall'art. 333 c.c." (sul punto v. Cass. n. 22678 del 2010 e la già citata Cass. 17578/2023). La legislazione tuttavia nulla prevede(va) sul contenuto di questa misura, rimesso alla discrezionalità del giudice, pur nella precisazione che questa Corte ha reso in ordine alle finalità della misura, affermando che la decisione con la quale l'autorità giudiziaria dispone l'affidamento ai servizi sociali rientra nei provvedimenti convenienti per l'interesse del minore, di cui all'art. 333 c.c., in quanto diretta a superare la condotta pregiudizievole di uno o di entrambi i genitori, senza dar luogo alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c. (Cass. n. 31902 del 10/12/2018). Vi è anche da rilevare, incidentalmente, che la formulazione dell'art. 26 cit. è oggi richiamata dalla L. n. 184 del 1983, art. 5-bis laddove si prevede che il "minore può essere affidato al servizio sociale del luogo di residenza abituale, quando si trova nella condizione prevista dall'art. 333 c.c. e gli interventi di cui all'art. 1, commi 2 e 3, si sono rivelati inefficaci o i genitori non hanno collaborato alla loro attuazione, fatto salvo quanto previsto all'art. 2, comma 3". Entrambe le disposizioni normative - e la seconda con molta più chiarezza della prima - legano la facoltà di affidare il minore al servizio sociale alla dichiarazione di limitazione della responsabilità genitoriale.

Ciò tuttavia non esclude che si possano varare, stante il potere-dovere del giudice di adottare provvedimenti atipici a tutela del minore, altre misure che, sia pure denominate di "affidamento ai servizi sociali", non presuppongono la limitazione della responsabilità genitoriale; questo genere di provvedimenti tuttavia andrebbero distinti, non solo contenutisticamente ma anche quanto al nome, dai provvedimenti di affidamento ai servizi fondati su pronunce limitative della responsabilità genitoriale; appare più corretto utilizzare il termine affidamento solo quando i compiti del servizio sociale sono sostitutivi delle attribuzioni genitoriali e non anche integrative o additive delle stesse potendosi in questo ultimo caso più appropriatamente parlare di mandato di vigilanza e di supporto.

6.- Un'altra considerazione si rende necessaria in ordine al fatto che l'affidamento ai servizi sociali presenta alcune caratteristiche che lo distinguono dall'affidamento a terzi individuati in ambito familiare: la prima è data dal fatto che non sempre il minore viene spostato dalla residenza del genitore con il quale conviveva prima del provvedimento di affidamento; la seconda è che il servizio sociale - a differenza del parente individuato quale affidatario - non deriva i suoi poteri solo dal provvedimento del giudice, ma ha compiti suoi propri, derivanti dalla legge, segnatamente dalla Legge Quadro 8 novembre 2000, n. 328, e in particolare dall'art. 16 ("valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari"). Inoltre, i servizi sociali - nel processo che riguarda i minori - possono assumere di volta in volta funzioni e ruoli diversi, anche contestuali, poiché ad essi può essere affidata indagine conoscitiva sulle condizioni di vita del minore, con il compito di rendere una relazione che ha ingresso nel giudizio come mezzo di prova e che le parti hanno diritto di esaminare e contestare (Cass. n. 14675 del 29/12/1999; Cass. 2780 del 06/02/2013; Cass. n. 23976 del 24/11/2015); possono rivestire il ruolo di ausiliari del giudice ai sensi dell'art. 68 c.p.c. per specifiche attività, ad esempio per l'assistenza nell'attuazione dei provvedimenti di affidamento; infine possono essere investiti - come sopra si accennava - di un provvedimento di affidamento cui si affianca anche un mandato di vigilanza e supporto.

6.1.- Ancora, deve rilevarsi che vi è differenza tra l'affidamento ai servizi sociali disposto in corso di causa e l'affidamento ai servizi sociali disposto a conclusione del procedimento.

In primo luogo perché se l'affidamento ai servizi è disposto in corso di causa, il giudice dovrà necessariamente valutare se le ragioni che hanno determinato l'adozione del provvedimento sono legate all'apertura di un procedimento ex art. 333 c.c. ovvero al profilarsi di un conflitto di interessi tra il minore ed i suoi genitori, ed in tal caso dovrà nominare un curatore speciale a pena di nullità (v. Corte Cost. 11/03/2011, n. 83; Cass. 02/02 2016, n. 1957, Cass. n. 40490 del 16/12/2021; Cass. n. 11786 del 05/05/2021; Cass. n. 7734 del 09/03/2022); se le ragioni per cui si conferisce il mandato risiedono nella necessità di ampliare le misure a sostegno del minore, ma senza che si profili una condotta pregiudizievole idonea a determinare la misura limitativa, ovvero un conflitto di interessi tra minore e genitori, la nomina del curatore non sarà necessaria. Si veda, sul punto, quanto affermato e chiarito da questa Corte (Cass. n. 7734 del 09/03/2022), ove, pur dichiarando la nullità del processo di appello per la mancata nomina di un curatore speciale nel giudizio di affidamento del figlio nato fuori dal matrimonio, ove era emersa solo in grado in secondo grado una condotta pregiudizievole per il minore, è stata esclusa la necessità di regressione della causa al primo grado del giudizio, posto che "il procedimento era validamente iniziato secondo le regole ordinarie, che vedono il minore normalmente rappresentato dai genitori nelle controversie concernenti l'esercizio della responsabilità genitoriale, e si è concluso in primo grado con una pronuncia di affidamento del minore ad entrambi i coniugi, avendo il Tribunale demandato ai Servizi Sociali solo le attività di sostegno alla genitorialità e di vigilanza".

Inoltre, nei processi in cui ratione temporis non si applica l'art. 5-bis cit., l'affidamento ai servizi in corso di causa non richiede necessariamente l'apposizione di un termine, poiché si tratta di un provvedimento provvisorio destinato ad essere assorbito dalla decisione di merito; ciò nonostante è necessario che vengano definiti i tempi minimi per l'attuazione delle misure di tutela della relazione familiare poiché, come sopra si è detto, l'adeguatezza delle misure assunte si valuta anche in base alla rapidità della sua attuazione.

Se invece l'affidamento ai servizi sociali è disposto a conclusione del processo, sempre nel regime previgente alla entrata in vigore della riforma operata dal D.Lgs. n. 149 del 2022, è preferibile comunque apporre un termine, al fine di evidenziarne la natura provvisoria e temporanea, in conformità alla giurisprudenza CEDU sopra citata, ma in ogni caso, anche quando non sia previsto un termine finale dell'affidamento, esso è privo del carattere della definitività, risultando sempre revocabile, così come può essere sempre revocato o modificato il provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale (Cass. 31902/2018, già citata). Inoltre, il provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale assunto a conclusione del procedimento non richiede, nel regime ante riforma, la nomina (o la conferma della nomina adottata in corso di causa) del curatore speciale, che nella originaria impostazione data dagli artt. 78 e 79 c.p.c. ha compiti e funzioni legati nel processo, ove rappresenta, in maniera indipendente ed imparziale, gli interessi del minore. Con la riforma data dal D.Lgs. n. 149 del 2022, invece, si è previsto, da un lato, che al curatore speciale processuale (nominato ex art. 473-bis.8 ove sono state trasposte le disposizioni relative al curatore del minore già contenute negli artt. 78 e 80 c.p.c.) possano essere attribuiti poteri di rappresentanza sostanziale;

dall'altro si è data una base legale alla nomina del curatore speciale con compiti di rappresentanza sostanziale qualora il processo si concluda con la dichiarazione di limitazione della responsabilità genitoriale, nomina che resta in ogni caso facoltativa, secondo quanto dispone l'art. 473-bis.7 c.p.c., comma 2: ("Il giudice può nominare il curatore del minore quando dispone, all'esito del procedimento, limitazioni della responsabilità genitoriale").

7.- Da quanto sopra esposto possono trarsi alcune conclusioni:

a) Qualora sia disposto l'affidamento del minore ai servizi sociali occorre distinguere, anche nel regime previgente alla entrata in vigore della L. n. 184 del 1983, art. 5-bis l'affidamento con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale (c.d. mandato di vigilanza e di supporto), dall'affidamento conseguente ad un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale.

b) Nel primo caso, si tratta del conferimento da parte del giudice di un mandato con la individuazione di compiti specifici per assicurare la menzionata funzione di supporto ed assistenza ai genitori ed ai figli e per vigliare sulla corretta attuazione dell'interesse del minore. Questa tipologia di "affidamento" ai servizi, che è più corretto definire mandato di vigilanza e supporto, non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale, non richiede, nella fase processuale che precede la sua adozione, la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi, e non esclude che i servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali; richiede tuttavia che il provvedimento del giudice sia sufficientemente dettagliato sui compiti demandati - con esclusione di poteri decisori- e che siano definiti i tempi della loro attuazione, che devono essere il più rapidi possibili.

c) Nel secondo caso, il provvedimento di affidamento consegue ad un provvedimento limitativo (anche provvisorio) della responsabilità genitoriale. Esso costituisce una ingerenza nella vita privata e familiare (similmente all'affidamento familiare, sul punto v. Cass. n. 16569 del 11/06/2021) pertanto deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente alla attuazione degli interessi morali e materiali del minore, non avendo sortito effetto i programmi di supporto e sostegno già svolti in favore della genitorialità; l'adozione di questo provvedimento presuppone la sua discussione nel contraddittorio, esteso anche al minore, i cui interessi devono essere imparzialmente rappresentati da un curatore speciale; i contenuti del provvedimento devono essere conformati al principio di proporzionalità tra la misura adottata e l'obiettivo perseguito e il giudice deve esercitare una adeguata vigilanza sull'operato dei servizi. Pertanto si richiede, anche nel regime previgente alla entrata in vigore della L. n. 184 del 1983, art. 5-bis che i compiti dei servizi siano specificamente descritti nel provvedimento, in relazione a quelli che sono i doveri e i poteri sottratti dall'ambito della responsabilità genitoriale e distinti dai compiti che sono eventualmente demandati al soggetto collocatario se questi è persona diversa da i genitori; i servizi non possono svolgere funzioni e compiti propri della responsabilità genitoriale se non specificamente individuati nel provvedimento limitativo; deve essere necessariamente nominato, nella fase processuale che precede la sua adozione, un curatore speciale del minore, i cui compiti vanno pure precisati.

8.- Permesse queste considerazioni, il regime di affidamento delle minori So. e M. si può senz'altro classificare come un regime di affidamento condiviso, addizionato da un mandato di vigilanza e supporto e conferito ai servizi sociali, ai quali si sono contestualmente conferiti compiti di accertamento e compiti ausiliari ex art. 68 c.p.c.; inoltre la Corte, valutati i motivi di appello e la allegazione di una situazione di pregiudizio per le minori, asseritamente causata dalla madre, ha correttamente nominato una curatrice speciale per le minori, ai sensi dei (previgenti) art. 78 e 79 c.p.c.

9.- Passando ad esaminare i primi tre motivi di ricorso per cassazione, si può osservare che essi ruotano essenzialmente, come anche rilevato dal ricorrente nella sua memoria, intorno alla questione dell'omesso ascolto delle minori e a presunti maltrattamenti o comunque comportamenti pregiudizievoli che il giudice avrebbe dovuto accertare tramite audizione diretta delle minori.

9.1.- L'ascolto del minore è disegnato dall'art. 315 bis c.c. non come un atto istruttorio, ma come un diritto, esercitato dal minore capace di discernimento, di esprimere liberamente la propria opinione in merito a tutte le questioni e procedure che lo riguardano, vale a dire sulle questioni che hanno incidenza sulla sua vita e sulla relazione familiare.

Si tratta di un diritto personalissimo, proprio della persona minore di età, attraverso il quale è assicurata, a prescindere dall'acquisto della capacità di agire, la libertà di autodeterminarsi, di esprimere la propria opinione e di partecipare in prima persona, e non solo tramite rappresentante, al processo; costituisce al tempo stesso primario elemento di valutazione del miglior interesse del minore (Cass. n. 6129 del 26/03/2015; Cass. n. 15365 del 22/07/2015; Cass. n. 13377 del 16/05/2023, in motivazione).

Il suo riconoscimento nell'ordinamento interno è frutto del progressivo adeguamento alle Convenzioni internazionali a tutela dei diritti del fanciullo (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 ratificata dall'Italia con la L. 27 maggio 1991, n. 176; Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo in data 25 gennaio 1996 e ratificata dall'Italia con la L. 20 marzo 2003, n. 77) i cui contenuti sono stati ripresi anche dall'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea.

Queste Carte dei diritti segnano un cambio di passo rispetto alla concezione paternalistica della famiglia e mettono in luce che il minore non è il soggetto passivo di una tutela pensata e costruita esclusivamente dagli adulti, ma titolare di diritti suoi propri, distinti da quelli del nucleo familiare cui appartiene, e che deve essere ammesso ad esercitare personalmente, nella misura in cui lo consente la capacità di discernimento e cioè quella specifica competenza individuale, che pur non coincidendo con la piena acquisizione della attitudine a compiere validamente atti giuridici, gli consente però di rappresentare con sufficiente ragionevolezza i propri interessi, poiché egli comprende la portata delle proprie azioni e si prefigura le conseguenze delle proprie scelte. Ed è all'acquisto della capacità di discernimento che la Convenzione di New York riconnette il diritto di ascolto, senza fissare alcuna età minima. Più esplicitamente, la Convenzione di Strasburgo rimette al diritto interno (art. 3) di individuare quando il minore è da considerare in età di discernimento.

Il legislatore italiano, nel dare attuazione alle suddette Convenzioni, ha operato una semplificazione, ritenendo sussistente la capacità di discernimento ove il minore abbia compiuto i dodici anni, fissando così una presunzione che rende doveroso l'ascolto, salvo che ricorrano i casi previsti dalla legge di cui dare conto in motivazione (ascolto superfluo, pregiudizio per il minore); mentre, con riferimento ai bambini di età inferiore, l'ascolto è dovuto solo nel caso in cui il minore, in concreto, risulti capace di discernimento, inteso nel senso di cui sopra si è detto.

Non sussiste dunque, un obbligo generalizzato ed officioso di ascolto dei minori di età inferiore ai dodici anni poiché il diritto alla partecipazione alle decisioni deve essere esercitato in modo consapevole ed effettivo (sul punto e più diffusamente v. Cass. 09/08/2023 n. 24226, anche per gli ulteriori richiami di giurisprudenza).

9.2.- La Corte d'appello ha ampiamente spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto di non ascoltare le due minori, di età inferiore a quella presuntiva del discernimento, e in particolare ha rimarcato che le minori erano già state ascoltate, fuori dalle aule di giustizia, da una psicologa e che in base a quanto emergeva dagli atti si riteneva che non fossero in grado di esprimere in maniera libera e autonoma le loro opinioni in sede giudiziaria. Questo argomento, diversamente da quanto afferma il ricorrente, non è assolutamente in contrasto con l'affermazione contenuta nelle relazioni del servizio sociale che le bambine abbiano uno sviluppo psicologico e cognitivo nella norma; anzi questa affermazione consolida e convalida il ragionamento espresso dalla Corte e cioè che si tratta di due bambine, di anni dieci al momento del processo d'appello, che per quanto aventi uno sviluppo cognitivo nella norma non avevano ancora raggiunto un discernimento sufficiente ad esprimersi innanzi al giudice.

Peraltro, come da giurisprudenza costante (Cass. n. 1474 del 25/01/2021; n. 16569 del 11/06/2021; Cass. n. 24626 del 14/08/2023) il giudice può, in ogni caso, omettere l'ascolto del minore qualora lo ritenga contrario al suo interesse dandone adeguata motivazione. Nel caso in esame, il giudice ha ampiamente motivato le ragioni per cui ha ritenuto che fosse un mezzo migliore per recepire le istanze e le esigenze delle minori quello dell'ascolto indiretto tramite cioè la psicologa dei servizi sociali.

9.3.- Sul valore delle lettere che le bambine hanno scritto al Dott. L. la Corte si sofferma (così come si sofferma la curatrice, che lo ritiene in sostanza un grave episodio di manipolazione paterna) e rileva come dagli atti emergessero elementi sufficienti a far ritenere che la stesura di quelle lettere (ove ci si lamentava dei maltrattamenti subiti dalla madre e dal fatto che la psicologa non le aveva in realtà ascoltate) era stata indotta dalle pressioni del padre. La Corte ha comunque rilevato che i servizi sociali avevano svolto un'indagine ad ampio raggio anche indagando presso la scuola e la pediatra delle bambine e che nulla era emerso in ordine a questi maltrattamenti, anzi all'osservazione dei servizi il rapporto tra la madre e le bambine era buono, mentre di contro è stato osservato un comportamento intrusivo del padre, diretto a fare pressioni affinché le figlie manifestassero la preferenza per andare a vivere con lui. La stessa opinione è manifestata dalla curatrice speciale delle bambine nel suo controricorso, la quale evidenzia che è significativo che le bambine conoscessero perfettamente il nome e il cognome dell'assistente sociale incaricato che invece non avevano mai visto.

Il ricorrente a fronte di questa ampia motivazione opera una ricostruzione in fatto alternativa (la madre prenderebbe le bambine a sberle quando loro dicono di voler restare con il papà) trascrivendo le lettere delle minori; tuttavia erra nel ritenere che questi fatti andrebbero accertati tramite l'audizione delle minori, perché come sopra si è detto l'audizione delle minori non è un mezzo istruttorio. In ogni caso la Corte ha fornito ampia motivazione delle ragioni per le quali ritiene che queste lettere siano frutto di una pressione esercitata dal genitore e che nella fattispecie non si sia emersa prova di alcun maltrattamento; si tratta di un giudizio di fatto di cui in questa sede non si può richiedere la revisione.

10.- Con il quarto motivo del ricorso si introduce una questione diversa e cioè la (dedotta) nullità della sentenza in quanto non è stato disposto il rinvio dell'udienza di discussione nonostante l'assenza dell'avvocato dell'odierno ricorrente per improvviso ed assoluto impedimento, tale da non consentire la delega ad un sostituto debitamente informato e preparato per la partecipazione alla delicata discussione.

Il motivo è infondato.

La Corte di merito ha rilevato in primo luogo che l'istanza di rinvio era generica perché nulla si diceva circa la possibilità di farsi sostituire, e che comunque vi era in procura un altro difensore che aveva rinunciato al mandato appena il giorno prima, rinuncia di cui non risultava avesse informato il cliente, e quindi non era esentato dall'assicurare tutela difensiva al suo assistito fino al momento della sostituzione. La Corte d'appello si è pertanto attenuta al principio enunciato da questa Corte di legittimità secondo il quale "la rinuncia al mandato - al pari della revoca della procura - non ha effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore e non esime il difensore rinunciante, sino a quando non ha informato il cliente, dal compimento di quelle attività difensive immanenti, connesse alla funzione di procuratore presente in udienza (Cass. n. 28004 del 14/10/2021).

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; poiché la curatrice speciale è ammessa al patrocinio a spese dello Stato deve farsi applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 133 e disporre il pagamento, per le spese di questa parte, in favore dello Stato.

Il procedimento è esente dal pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente M.E., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, Euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge; e condanna altresì il ricorrente al pagamento in favore dello Stato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133 di Euro 4.000,00 oltre alle spese prenotate a debito. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2023.

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