Pubblicato il

Dimissioni non comportano la rinuncia automatica alle ferie

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32807 del 27/11/2023

La perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva può avvenire solo se il datore di lavoro dimostra di aver invitato il lavoratore a usufruirne, avvertendolo delle possibili conseguenze della mancata fruizione.

Lo ha ribadito la Sezione lavoro della Cassazione con l’ordinanza n. 32807 del 27 novembre 2023, richiamandoi principi enunciati dalla Corte di giustizia europea.

Il caso di specie riguardava un dirigente medico di una ASL, il quale aveva rassegnato le dimissioni e, successivamente, richiesto l'indennità sostitutiva per 157 giorni di ferie non godute. Tale richiesta era stata negata sia dal Tribunale di Pescara che dalla Corte d'appello della stessa città.

I giudici d'appello avevano ritenuto che l'indennità sostitutiva fosse in parte prescritta e in parte rinunciata con le dimissioni del lavoratore, a causa del divieto di monetizzazione previsto dalla Legge n. 135 del 2012.

La Cassazione, invesita del caso, ha chiarito che divieto rigoroso di corrispondere trattamenti economici sostitutivi è destinato a contrastare gli abusi, senza nuocere al lavoratore incolpevole. Le dimissioni del lavoratore non possono quindi assumere nessun valore di rinuncia all'indennità sostitutiva delle ferie.

Per stabilire la perdita del diritto alle ferie, il datore di lavoro deve fornire la prova di:

  1. aver invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente;
  2. averlo informato in modo accurato e tempestivo, assicurando che le ferie siano ancora idonee a fornire il necessario riposo e relax;
  3. aver comunicato che, in caso di mancata fruizione, le ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

Nella vicenda in questione, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, poiché l’ASL non aveva soddisfatto questo onere probatorio.

Diritto alle ferie, indennità sostitutiva, cessazione del rapporto di lavoro, perdita, condizioni

La perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: i) di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente; ii) di averlo nel contempo avvisato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire iii) del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione civile, sez. lav., ordinanza 27/11/2023 (ud. 09/11/2023) n. 32807

RILEVATO

CHE:

1. D.D.M., già dirigente medico dell'ASL di Pescara, ha agito nei confronti dell'Azienda rivendicando il diritto all'indennità sostitutiva (di Euro 45.131,27) per n. 157 giornate di ferie non godute all'atto della cessazione del rapporto in data 30.4.2015;

2. la domanda veniva respinta dal Tribunale di Pescara con sentenza confermata, sia pure con diversa motivazione, dalla Corte d'appello della stessa città;

3. la Corte distrettuale rilevava l'intervenuta prescrizione delle indennità richieste per le ferie (pari a gg. 130) maturate fino al luglio 2005; osservava che il D.D. non aveva il potere di autodeterminarsi le ferie, salvo che per il periodo di reggenza della struttura complessa dell'UOC (Omissis), in cui però, per il gran numero di giorni accumulati e il carattere provvisorio (semestrale e senza certezza di rinnovo) dell'incarico (rivestito nel periodo 1.6.2010/15.12.2012), non aveva potuto fruirne "pur potendo egli attribuirsele senza alcuna ingerenza del datore di lavoro";

4. aggiungeva che con le sue dimissioni il lavoratore aveva rinunciato alle ferie non ancora prescritte, pari a 92 gg., in quanto operava il divieto di monetizzazione di cui alla L. n. 135 del 2012, vertendosi in un caso (art. 5, comma 8 L. cit.) di vicenda estintiva del rapporto di lavoro cui aveva concorso "volontariamente" lo stesso lavoratore con le dimissioni da lui rassegnate in data 15.1.2015, sia pur con effetto dal 1.5.2015;

5. il D.D. ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi, poi illustrati da memoria e resistiti da controricorso dell'ASL, anch'esso corredato di memoria.

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo si denuncia nullità del procedimento e della sentenza in relazione agli art. 414 c.p.c., nn. 3 e 4, art. 416 c.p.c., comma 3, (art. 360 c.p.c., n. 4); il giudice di secondo grado ha assegnato rilievo impeditivo al pagamento dell'indennità alle dimissioni del lavoratore e al fatto che questo non avrebbe posto l'ASL nelle condizioni di fargli smaltire le ferie arretrate a causa del limitato periodo di preavviso concesso dal dipendente: senonché, il tema d'indagine non era stato tempestivamente sottoposto alla Corte dalla ASL che era stata così sostanzialmente "rimessa in termini" dal giudice d'appello;

2. con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 7, par. 1 e 2, dir. 2003/88, del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, comma 2, e del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8, conv. in L. n. 135 del 2012 (art. 360 c.p.c., n. 3); la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che le sopravvenute dimissioni con preavviso del dipendente implicavano la rinuncia alle ferie e che, comunque, con le stesse egli non aveva posto in grado la ASL di fargli smaltire i giorni arretrati. In realtà, le dimissioni non potevano avere la valenza attribuita nella sentenza impugnata in contrasto con la disciplina unionale perché il D.D. non era stato posto in grado di fruire delle ferie maturate;

3. con il terzo mezzo di deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 7, par. 2, dir. 2003/88, D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, comma 2 e D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8, conv. in L. n. 135 del 2012 nonché dell'art. 2934 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3); la Corte d'appello ha accertato che il vincolo contrattuale si era interrotto nel 2015 e al contempo ha dichiarato l'intervenuta prescrizione del diritto all'indennità sostitutiva per il periodo anteriore al luglio 2005. Tale ultimo diritto sorge però solo al momento della cessazione del rapporto, e, comunque, non essendovi un regime di piena stabilità reale, la relativa indennità si prescrive con decorrenza alla fine del rapporto, sicché, prima del 2015, la prescrizione non poteva decorrere;

4. con il quarto mezzo si denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5); la Corte di appello, nell'accertare la prescrizione per il periodo anteriore al luglio 2015, non si è avveduta di un fatto decisivo, ossia della reiterata volontà del lavoratore di fruire delle ferie arretrate, espressa in forma scritta all'ASL, che ha comunque interrotto la prescrizione decennale per tutti o per buona parte dei giorni che il giudice d'appello ha erroneamente compreso nella prescrizione;

5. con il quinto, ed ultimo, motivo si censura la sentenza per l'omesso esame di un fatto deciso ai fini del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5); la Corte abruzzese aveva anche trascurato di considerare la reiterata rinuncia alla prescrizione espressa dall'ASL circa il diritto del lavoratore a sostituire alle ferie l'indennità compensativa; alla rinuncia in parola andavano estesi gli stessi principi che regolano l'interruzione della prescrizione;

6. va esaminato con priorità il secondo motivo di ricorso, che è fondato, donde l'assorbimento del primo;

in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida", desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., la causa può essere, infatti, decisa sulla base della questione ritenuta di agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c. (tra le tante, Cass., Sez. 5-, n. 11458/2018; Cass., Sez. 5-, n. 363/2019);

6.1 a riguardo, va data continuità all'indirizzo affermato - in linea peraltro con l'esigenza di una interpretazione del diritto interno conforme ai principi enunciati dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea - da Cass., Sez. L, n. 21780 dell'8 luglio 2022, per la quale la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può verificarsi soltanto qualora il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie (se necessario formalmente) e di averlo nel contempo avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato;

6.2 nella specie, la Corte territoriale ha specificamente escluso che la ASL avesse adempiuto all'onere probatorio su di essa incombente, ossia che avesse provato di avere operato con la massima diligenza in modo da consentire al lavoratore di godere delle ragguardevoli ferie maturate ("e' stata l'Azienda appellata ad avere colpevolmente creato i presupposti di tale situazione, stante la carenza di potere di autoregolamentazione del D.D. con riferimento al periodo precedente", v. pag. 6 sentenza impugnata), ed erroneamente ha ritenuto, ciò nondimeno, che il diritto all'indennità sostitutiva delle ferie fosse da escludere per effetto delle dimissioni del lavoratore, atto volontario che lasciava presumere, secondo il giudice d'appello, l'accettazione delle conseguenze che derivavano dall'estinzione del rapporto, ivi compresa la perdita delle ferie maturate;

6.3 così argomentando, la Corte di merito si è discostata però dall'orientamento di legittimità, cui va data continuità, secondo cui "la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: i) di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente; ii) di averlo nel contempo avvisato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire iii) del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato" (Cass., Sez. L, 20 giugno 2023, n. 17643 con riferimento a un caso di dimissioni del dipendente);

sicché, dovendosi intendere il divieto rigoroso di corrispondere trattamenti economici sostitutivi come essenzialmente volto a contrastare gli abusi, senza arrecare pregiudizio al lavoratore incolpevole, nessun valore di rinuncia all'indennità sostitutiva delle ferie può, in definitiva, essere automaticamente attribuito alle dimissioni del lavoratore, atto volontario posto dalla disciplina (D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8) sullo stesso piano delle altre vicende risolutorie del rapporto di lavoro;

7. anche il terzo motivo è fondato;

questa Corte ha già affermato che la prescrizione del diritto del lavoratore all'indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal medesimo lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l'invito ad usufruirne; siffatto invito deve essere formulato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie ed i riposi siano ancora idonei ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui sono finalizzati, e deve contenere l'avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato (Cass., Sez. L, 20 giugno 2023, n. 17643);

7.1 senonché, in merito a tale prova, che incombe al datore di lavoro fornire, il giudice d'appello ha chiarito che era stata l'Azienda a creare "colpevolmente" (pag. 7, II cpv., sentenza impugnata) i presupposti per la mancata fruizione per tempo delle ferie spettanti;

8. tanto basta per l'accoglimento anche del terzo motivo; restano conseguentemente assorbiti il quarto e il quinto motivo del ricorso; l'impugnata sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d'appello di L'Aquila, in diversa composizione, cui si demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di L'Aquila, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2023.

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472