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Spese universitarie per il figlio fuori sede, occorre il preventivo accordo fra i coniugi?

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.33939 del 05/12/2023

Il genitore che abbia sostenuto le spese per la locazione di un alloggio utilizzato dal figlio che frequenti corsi universitari fuori sede, può ottenere il rimborso dal genitore non convivente, in mancanza di un preventivo accordo o con il dissenso da quest'ultimo manifestato?

Risponde al quesito la Sezione Prima civile della Cassazione con l'ordinanza n. 33939 del 5 dicembre 2023.

Nel caso di specie, una donna conveniva in giudizio l'ex coniuge, per sentirlo condannare al rimborso delle spese straordinarie sostenute per il mantenimento della figlia, maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente, comprendenti il canone di locazione dell'alloggio universitario, le spese per un soggiorno di studio all'estero, le spese mediche e la retta di un corso di equitazione. L’ex marito resisteva alla domanda, sostenendo che si trattava di spese non concordate preventivamente e comunque non comprese tra quelle straordinarie, ma veniva condannato sia in primo grado che in appello. Da qui il ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte ricorda che in tema di spese straordinarie sostenute nell'interesse dei figli, il genitore convivente non è tenuto a concordare preventivamente e ad informare l'altro genitore di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, qualora si tratti di spese sostanzialmente certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi e riguardanti esigenze destinate a ripetersi con regolarità, ancorché non predeterminabili nel loro ammontare (come ad esempio le spese scolastiche e le spese mediche ordinarie).

Il preventivo accordo fra i coniugi è infatti richiesto soltanto per quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita della prole.

Inoltre anche per le spese straordinarie, la mancanza della preventiva informazione ed assenso non determina automaticamente il venir meno del diritto del genitore che le ha sostenute alla ripetizione della quota di spettanza dell'altro, dovendo il giudice valutarne la rispondenza all'interesse preminente del figlio e al tenore di vita familiare.

Ciò vale anche con riferimento alle spese sostenute dal genitore per la locazione di un alloggio utilizzato dal figlio che frequenti corsi universitari in un luogo diverso da quello di residenza, che possono essere qualificate come spese straordinarie, in considerazione non solo della loro imprevedibilità, ma anche della loro rilevanza.

Nella vicenda in esame, la Corte territoriale ha evidenziato l'utilità della locazione dell'alloggio ai fini della frequenza dei corsi universitari da parte della figlia, la compatibilità dell'esborso con la situazione economico-patrimoniale del ricorrente e la sostanziale mancanza di valide motivazioni a sostegno del rifiuto opposto da quest'ultimo. Per questi motivi, la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’uomo.

Le spese sostenute dal genitore per la locazione di un alloggio utilizzato dal figlio che frequenti corsi universitari in un luogo diverso da quello di residenza, sono da qualificarsi come spese straordinarie, in considerazione non solo della loro imprevedibilità, ma anche della loro rilevanza. Anche per tali spese, quindi, la mancanza di un preventivo accordo con l'altro genitore o il dissenso da quest'ultimo manifestato in ordine alla loro effettuazione non esclude il diritto al rimborso del genitore collocatario, ai fini del quale è tuttavia richiesta la valutazione della conformità della scelta compiuta all'interesse della prole e dell'adeguatezza della stessa allo standard socio-economico della vita familiare.

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Cassazione civile, sez. I, ordinanza 5/12/2023 n. 33939

(Presidente Genovese – Relatore Mercolino)

Fatti di causa

1. A.M. convenne in giudizio l'ex coniuge N.P., per sentirlo condannare al rimborso delle spese straordinarie sostenute per il mantenimento della figlia A. , maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente, comprendenti il canone di locazione dell'alloggio universitario, le spese per un soggiorno di studio all'estero, le spese mediche e la retta di un corso di equitazione.

Si costituì il N. , e resistette alla domanda, sostenendo che si trattava di spese non concordate preventivamente e comunque non comprese tra quelle straordinarie.

1.1. Con ordinanza del 25 febbraio 2020, il Tribunale di Treviso accolse parzialmente la domanda, condannando il N. al pagamento della somma di Euro 9.513,30, oltre interessi, a titolo di rimborso delle spese sostenute per la locazione dell'alloggio universitario e la retta del corso di equitazione.

2. L'impugnazione proposta dal N. è stata rigettata dalla Corte d'appello di Venezia con sentenza del 7 luglio 2022.

Premesso che per spese straordinarie devono intendersi quelle che, per la loro rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, e precisato che l'effettuazione delle stesse non richiede la previa informazione o concertazione con l'altro genitore, il quale può rifiutarne il rimborso soltanto nel caso in cui non rispondano all'interesse del figlio o risultino incompatibili con le sue condizioni economiche, la Corte ha ritenuto accertati sia le disponibilità economiche dell'appellante, e quindi la sua capacità di farsi carico della spesa necessaria per l'alloggio universitario della figlia, sia l'interesse di quest'ultima, iscritta ad un corso universitario che prevedeva la frequenza obbligatoria per cinque giorni alla settimana e due sessioni di laboratorio. Ha ritenuto non significative le ragioni del dissenso manifestato dal padre, rilevando che, in una comunicazione alla madre, l'appellante si era limitato a contestare la necessità del trasferimento in altra città, ai fini della frequentazione dell'Università, in considerazione della breve distanza di quest'ultima dalla sua abitazione, senza addurre ulteriori motivazioni.

3. Avverso la predetta sentenza il N. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. La A. ha resistito con controricorso, anch'esso illustrato con memoria.

Ragioni della decisione

1. Con l'unico motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 30 Cost., degli artt. 147, 316, 316-bis e 337-ter c.c., della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 6 e degli artt. 113,115 e 116 c.p.c., nonché la nullità della sentenza impugnata per difetto di motivazione, sostenendo che il canone di locazione dell'alloggio universitario non poteva essere posto a suo carico, avendo egli manifestato il proprio motivato dissenso dalla scelta della figlia di trasferirsi presso la sede universitaria, situata a breve distanza dalla sua abitazione. Premesso che l'opportunità di tale scelta avrebbe dovuto essere sottoposta dalla madre alla valutazione del tribunale, afferma che il genitore non convivente dev'essere posto in grado di esprimere la propria opinione al riguardo, aggiungendo che l'eventuale contrarietà non è valutabile alla stregua della sua significatività o della capacità economica dell'obbligato o della tutela degl'interessi del figlio. Rileva che la spesa in questione non era qualificabile nè come spesa straordinaria, non essendo imprevista, nè come spesa scolastica, non essendo necessariamente collegata con la frequentazione dell'università, nè come una spesa necessaria, non essendo stata fornita la relativa prova, e doveva quindi essere previamente concordata tra i genitori, spettando altrimenti al giudice la verifica della sua rispondenza all'interesse della minore, attraverso la comparazione dell'entità dell'esborso con l'utilità arrecata all'avente diritto. Rileva infine che la scelta della figlia di proseguire gli studi universitari aveva costituito oggetto di valutazione nell'ambito del giudizio di divorzio, conclusosi poco tempo prima con la determinazione di un assegno mensile di mantenimento di Euro 1.000,00, con la conseguenza che le relative spese non rivestivano carattere d'imprevedibilità ed imponderabilità.

1.1. La natura delle questioni sollevate dal ricorrente consente di escludere la fondatezza dell'eccezione d'inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa della controricorrente sotto una pluralità di profili, concernenti rispettivamente la sufficienza dell'esposizione dei fatti, la specificità del motivo, la cumulabilità dei vizi di violazione di legge e difetto di motivazione e l'attinenza delle censure al merito della controversia.

Non essendo volte a censurare un ritenuto difetto di specificità dell'appello o a far valere l'omessa pronuncia su uno o più motivi di gravame, le predette doglianze non richiedono infatti l'esame dell'atto di appello, la cui mancata trascrizione non può quindi tradursi nel difetto del requisito di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, ai fini del quale non occorre una riproduzione integrale degli atti di causa, che contrasterebbe peraltro con i principi di chiarezza e sinteticità espositiva, ma è sufficiente che dalla narrativa del ricorso emergano i profili essenziali della vicenda sostanziale e processuale sottoposta all'esame del Giudice di legittimità, nei limiti necessari a consentire di cogliere il senso e la portata dei motivi d'impugnazione (cfr. Cass., Sez. VI, 12/03/2020, n. 7025; Cass., Sez. II, 24/04/2018, n. 10072). Parimenti irrilevante, ai fini della specificità delle censure, deve ritenersi l'omessa indicazione del luogo in cui è reperibile il documento recante il rifiuto di contribuire alla spesa necessaria per la locazione dell'alloggio universitario, avendone il ricorrente riportato integralmente il testo a corredo del motivo d'impugnazione, e non essendo stata contestata nè la conformità della trascrizione al contenuto del documento, nè la ritualità della produzione dello stesso nel giudizio di merito.

Quanto poi alla contestuale deduzione dei vizi di violazione di legge e difetto di motivazione, è appena il caso di rilevare che la proposizione cumulativa di censure eterogenee non comporta di per sé l'inammissibilità del ricorso, a condizione che la formulazione del motivo consenta di distinguere con chiarezza le doglianze riguardanti l'interpretazione e l'applicazione delle norme di diritto da quelle aventi ad oggetto la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza impugnata (cfr. Cass., Sez. V, 5/10/2018, n. 24493; 11/04/2018, n. 8915; Cass., Sez. II, 23/04/2013, n. 9793). Tale distinzione risulta nella specie tutt'altro che disagevole, avendo il ricorrente censurato la decisione sotto due diversi profili, aventi ad oggetto rispettivamente la natura straordinaria delle spese sostenute dall'attrice per la locazione dell'alloggio universitario della figlia e la sussistenza dei presupposti necessari per il rimborso delle stesse, in mancanza di una previa concertazione o in presenza del dissenso del genitore non convivente.

1.2. Il motivo è peraltro infondato.

Ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso delle spese sostenute dalla controricorrente, la sentenza impugnata si è attenuta all'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in tema di spese straordinarie sostenute nell'interesse dei figli, secondo cui il genitore convivente non è tenuto a concordare preventivamente e ad informare l'altro genitore di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, qualora si tratti di spese sostanzialmente certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi e riguardanti esigenze destinate a ripetersi con regolarità, ancorché non predeterminabili nel loro ammontare (come ad esempio le spese scolastiche e le spese mediche ordinarie), giacché il preventivo accordo è richiesto soltanto per quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita della prole; conformemente a tale indirizzo, la Corte territoriale ha infatti ritenuto che, anche per le spese eccedenti l'ordinario tenore di vita, la mancanza della preventiva informazione ed assenso non determina automaticamente il venir meno del diritto del genitore che le ha sostenute alla ripetizione della quota di spettanza dell'altro, dovendo il giudice valutarne la rispondenza all'interesse preminente del figlio e al tenore di vita familiare (cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. I, 25/05/2023, n. 14564; 24/02/2021, n. 5059; Cass., Sez. VI, 8/02/2016, n. 2467). Tale principio è stato recentemente ribadito proprio in riferimento alle spese sostenute dal genitore per la locazione di un alloggio utilizzato dal figlio che frequenti corsi universitari in un luogo diverso da quello di residenza, essendo state le stesse qualificate come spese straordinarie, in considerazione non solo della loro imprevedibilità, ma anche della loro rilevanza (cfr. Cass., Sez. I, 10/07/2023, n. 19532): anche per tali spese, quindi, la mancanza di un preventivo accordo con l'altro genitore o il dissenso da quest'ultimo manifestato in ordine alla loro effettuazione non esclude il diritto al rimborso del genitore collocatario, ai fini del quale è tuttavia richiesta la valutazione della conformità della scelta compiuta all'interesse della prole e dell'adeguatezza della stessa allo standard socio-economico della vita familiare.

Nell'affermare la sussistenza di tali presupposti, la Corte territoriale ha diffusamente e congruamente motivato il proprio apprezzamento, evidenziando l'utilità della locazione dell'alloggio ai fini della frequenza dei corsi universitari da parte dell'unica figlia nata dall'unione, la compatibilità dell'esborso con la situazione economico-patrimoniale del ricorrente e la sostanziale mancanza di valide motivazioni a sostegno del rifiuto opposto da quest'ultimo: premesso infatti che la figlia, impegnata con profitto negli studi universitari, era iscritta ad un corso che prevedeva la frequenza obbligatoria per cinque giorni alla settimana, oltre a due sessioni di laboratorio, ha ritenuto che la disponibilità di un alloggio nella stessa città in cui aveva sede l'Università le avrebbe consentito di risparmiare il tempo necessario per il trasferimento quotidiano dal luogo di residenza; ha aggiunto che il padre, ingegnere funzionario della Commissione Europea, era titolare di uno stipendio netto più che sufficiente a consentirgli di farsi carico della spesa necessaria per la locazione dell'alloggio, ritenendo non significative le ragioni da lui addotte in contrario, in quanto consistenti esclusivamente nella mancanza di necessità del trasferimento della figlia e nella limitazione del proprio obbligo di contribuzione al solo pagamento delle tasse universitarie.

In quanto sostenuto da ampie e coerenti argomentazioni in fatto e in diritto, il predetto accertamento deve ritenersi senz'altro sufficiente a soddisfare l'obbligo di motivazione imposto dall'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dall'art. 118 disp. att. c.p.c., consentendo di ricostruire senza difficoltà il percorso logico-giuridico seguito per giungere alla decisione, ed attingendo, nella sua completezza e logicità, la soglia del minimo costituzionale garantito dall'art. 111 Cost., comma 6 (cfr. Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. I, 30/06/2020, n. 13248; Cass., Sez. VI, 7/04/ 2017, n. 9105). Nel contestare le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale, il ricorrente non è d'altronde in grado d'indicare lacune o incongruenze del ragionamento decisorio, ma si limita ad insistere sulla mancanza della preventiva concertazione e sul proprio dissenso dalla decisione adottata dall'ex coniuge, oscillando peraltro, contraddittoriamente, tra l'affermazione della natura ordinaria della spesa per la locazione dell'alloggio universitario, che escluderebbe la necessità dei predetti presupposti, e la qualificazione del medesimo esborso come spesa straordinaria, che non consentirebbe comunque di escluderne il rimborso, avuto riguardo all'accertata conformità della scelta all'interesse della figlia ed alla capacità di esso ricorrente di far fronte alla spesa con le risorse economiche di cui dispone.

2. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della contro-ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.

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