In tema di assegno di mantenimento, separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio - nella sentenza di primo o secondo grado - l'insussistenza ab origine, in capo all'avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della condictio indebiti che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi: ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, ed ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell'ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n. 477 del 11/01/2023
RILEVATO CHE
il Tribunale di Bari, con sentenza del giugno 2017, emessa nel giudizio di separazione personale tra M.M. e V.P., definitivamente pronunciando: rigettò la domanda di addebito proposta dalla M.M.; accertata l'impossibilità della prosecuzione del regime di affidamento condiviso nell'esclusivo interesse del minore R.L., dispose che quest'ultimo, (Omissis), fosse affidato in via esclusiva alla madre con la quale già conviveva dalla nascita; prescrisse che il minore fosse sottoposto a controlli periodici con cadenza almeno semestrale presso il servizio di neuropsichiatria infantile della ASL al fine di monitorare l'evoluzione della condizione di disagio psico-emotivo del bambino emersa nel corso del giudizio; fissò le condizioni relative agli incontri del padre con il bambino, secondo quanto prescritto dalla c.t.u.; revocò, a decorrere da (Omissis), l'assegno mensile di Euro 250,00 a carico del V.P. a titolo di mantenimento della moglie separata, aumentando ad Euro 450,00 mensile l'assegno a titolo di contributo al mantenimento del minore collocato presso la madre, oltre al rimborso del 50% delle spese straordinarie.
In particolare, il Tribunale rilevò che: l'affidamento esclusivo era stato disposto alla luce della c.t.u. che aveva evidenziato tale necessità "..per un numero di anni sufficienti a garantire una crescita più serena e una maggiore consapevolezza del bambino ancora in tenera età, per evitare che il minore sia al centro di un conflitto la cui risoluzione non spetta certamente al minore e per attuale maggiore tutela possibile in suo favore.."; il c.t.u. aveva osservato che l'interazione con la figura paterna risultava ben modulata dal punto di visto affettivo-emotivo, atteso che il minore ne richiedeva la presenza durante le sedute e si rivolgeva a lui per cercare approvazione e incoraggiamento.
Il V.P. propose appello avverso la suddetta sentenza che, con sentenza depositata il 24.5.21, la Corte territoriale di Bari ha accolto parzialmente, rigettando l'appello incidentale della M.M., modificando le condizioni relative agli incontri del padre con il minore e rigettando la domanda di restituzione delle somme versate per il mantenimento all'appellata principale.
La Corte, in particolare, ha osservato che: non sussistevano i presupposti dell'affidamento condiviso del minore e, come desumibile dalla c.t.u., il padre ricercava la vicinanza fisica del figlio per rassicurarlo e lo stimolava a prendere confidenza e spontaneità; le ragioni relative all'affidamento esclusivo del minore alla madre erano indipendenti dal rapporto tra padre e figlio, e consistevano nell'incapacità dell'appellante di esercitare un ruolo genitoriale attivo in maniera collaborativa con la moglie separata, tenuto conto altresì del rapporto fortemente conflittuale tra i coniugi e dell'assenza di qualsiasi sforzo degli stessi teso alla ricerca di un punto d'incontro nell'interesse del figlio; in ragione dell'evoluzione della personalità del minore e delle conclusioni del c.t.u., era possibile prevedere anche i pernottamenti notturni del minore presso il padre; non sussistevano i presupposti della revoca retroattiva dell'obbligo di mantenimento della moglie, in quanto il carattere essenzialmente alimentare dell'assegno comportava che l'ordinaria retroattività della pronuncia giudiziale era da contemperare con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, sicché le somme versate alla moglie per il mantenimento della stessa non erano restituibili; l'aumento dell'assegno per il mantenimento del minore era da ascrivere al fisiologico incremento delle esigenze quotidiane del figlio connesso alla sua crescita, non avendo l'appellante dimostrato una riduzione dei propri redditi.
V.P. ricorre in cassazione con due motivi. M.M. resiste con controricorso.
Il collegio è stato riconvocato, in data 21.12.2012, a seguito della sentenza delle SU, n. 32914/22, depositata in data 8.11.2022.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione dell'art. 115 c.p.c., e carenza di motivazione. Al riguardo, il ricorrente si duole che la Corte d'appello sia incorsa in contraddizione nel motivare le proprie statuizioni, non decidendo chiaramente ed univocamente, avendo ridotto i pernotti con il figlio rispetto alla previsioni del c.t.u., e rilevando l'incapacità del ricorrente di esercitare il ruolo genitoriale in maniera collaborativa con la moglie, pur avendo essa evidenziato il buon rapporto tra padre e figlio, e nonostante il comportamento ostruzionistico della controparte. Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2033 c.c., avendo la Corte d'appello escluso la ripetibilità delle somme versate alla M.M., a seguito della revoca dell'obbligo di versarle l'assegno di mantenimento, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, e senza tener conto della situazione patrimoniale-reddituale della stessa moglie separata.
Il primo motivo è inammissibile, anzitutto perché incentrato sulla contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, vizio non deducibile ratione temporis; peraltro, emerge anche un difetto di autosufficienza in quanto il ricorrente lamenta la fissazione dei giorni di pernotto con il figlio minore in maniera ridotta rispetto a quanto previsto dalla c.t.u., ma senza trascriverne il contenuto.
Inoltre, la doglianza tende al riesame dei fatti nella parte in cui non tiene conto del fatto che la Corte territoriale ha evidenziato la necessità di procedere con gradualità nella regolamentazione degli incontri del padre con il minore, ratio che non risulta peraltro adeguatamente censurata.
Al riguardo, va altresì rilevato che la valutazione della Corte d'appello circa l'incapacità del ricorrente di esercitare il ruolo in maniera collaborativa con la moglie è logicamente compatibile con il giudizio positivo in ordine ai rapporti con il figlio.
Il secondo motivo è fondato.
Le Sezioni Unite, con la recente sentenza n. 32914/2022, hanno affermato che: in tema di assegno di mantenimento, separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio - nella sentenza di primo o secondo grado - l'insussistenza ab origine, in capo all'avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della condictio indebiti che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi: ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, ed ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell'ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica.
Nel caso concreto, il Tribunale aveva revocato l'assegno di mantenimento a favore della M.M. (fissato dal Presidente alla prima udienza) in quanto dagli elementi acquisiti era emerso che la beneficiaria "disponeva pacificamente di una propria stabile capacità lavorativa e reddituale, tant'e' che in quasi tutti gli atti di causa è emerso che la stessa, oltre a svolgere ormai da diversi anni la professione di avvocato (e a disporre di un patrimonio familiare di notevole entità, tale da consentirle una vita agiata, trascorrendo il periodo estivo presso una villa a mare) collaborava stabilmente con un avviato studio notarile in (Omissis)".
Ora, la Corte d'appello ha respinto il motivo di gravame concernente la statuizione di non retroattività della revoca dell'assegno di mantenimento aderendo all'orientamento, formatosi prima della suddetta sentenza delle SU, che escludeva in ogni caso la retroattività della revoca, valorizzando la valenza alimentare dell'assegno. Tale motivazione confligge con le argomentazioni espresse dalla citata sentenza delle SU che ha ricostruito la fattispecie della retroattività della revoca dell'assegno attraverso diversi parametri valutativi, modulando la ripetibilità delle somme già versate in corso di causa a seconda delle vicende relative ai presupposti fattuali della pronuncia di revoca.
Premesso ciò, dagli atti di causa si desume l'insussistenza ab origine del diritto all'assegno di mantenimento, avendo già il Tribunale evidenziato che l'ex coniuge svolgeva stabile e proficua attività lavorativa professionale da diversi anni e di un cospicuo patrimonio immobiliare. Pertanto, è da escludere che vi sia stata una diversa valutazione con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia sulla debenza dell'assegno.
Per quanto esposto, in accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatti, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., disponendo la retroattività della revoca dell'assegno di mantenimento della controricorrente, con obbligo di restituzione delle somme incassate da quest'ultima, ex art. 2033, c.c., a decorrere dalla data della domanda di ripetizione dell'indebito.
Tenuto conto della sopravvenuta sentenza delle SU, ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese dell'intero giudizio. La causa è esente dal contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso. Accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata relativamente al motivo accolto e, decidendo nel merito, revoca l'assegno di mantenimento a favore di M.M., a carico del ricorrente, con efficacia retroattiva dalla data della domanda di ripetizione dell'indebito, condannando M.M. alla restituzione al ricorrente delle somme incassate a tale titolo dalla suddetta domanda.
Compensa interamente tra le parti le spese dell'intero giudizio.
Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in caso di diffusione della presente ordinanza, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio, il 21 dicembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2023.