I parametri di insonorizzazione degli edifici fissati dal d.p.c.m. 5.12.1997 sono applicabili a tutte le superfici delle unità immobiliari, comprese le terrazze e i locali non abitabili.
È quanto stabilito dalla Cassazione civile, sez. II, ordinanza n. 5487 del 22 febbraio 2023.
Nel caso di specie, la Corte di appello di Trieste aveva confermato la decisione di primo grado che le condannava al risarcimento dei danni il venditore e il costruttore per il difetto di insonorizzazione delle unità immobiliari acquistate dalle attrici.
La Corte d’Appello aveva inoltre condannato le società al pagamento del danno subito dai proprietari a causa del deprezzamento dei loro immobili, stimato in una riduzione del 20% rispetto al prezzo di acquisto.
La Suprema Corte ha ritenuto che la soluzione adottata dalla Corte d'appello, secondo cui i lavori di insonorizzazione avrebbero dovuto interessare anche le terrazze, fosse coerente con la situazione dei luoghi e fondata su un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità.
I parametri di insonorizzazione degli edifici fissati dal d.p.c.m. 5.12.1997 sono applicabili a tutte le superfici delle unità immobiliari, sia con riguardo alle terrazze che con riferimento ai locali c.d. non abitabili, tenuto conto, per le prime, della propagazione del rumore attraverso le murature su cui appoggiano e si innestano, della circostanza che esse non sono destinate solo all'affaccio ma sono altrimenti utilizzabili e che la normativa tecnica sui requisiti passivi acustici prende in considerazione anche le componenti degli edifici, precisando che esse consistono nelle partizioni orizzontale e verticali, e, per i secondi, che essi costituiscono comunque ambienti interni alle abitazioni, destinati alla permanenza delle persone.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n. 5487 del 22/02/2023
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con sentenza n. 903 del 12. 12. 2017 la Corte di appello di Trieste rigettò l'appello principale proposto da Rizzani De Eccher s.p.a. e da (Omissis) s.r.l. avverso la decisione di primo grado che, accogliendo le domande proposte da M.P. e L.A., le aveva condannate al risarcimento dei danni consistiti nel difetto di insonorizzazione delle unità immobiliari acquistate dalle attrici, nel 2005, dalla società (Omissis) e costruite dalla Rizzani de Eccher; in accoglimento dell'appello incidentale di M. e L., la Corte rideterminò il danno dalle stesse subito a causa del deprezzamento dei loro immobili, in Euro 115.539,00 in favore della prima ed in Euro 91.600,00 in favore della seconda, ferma la liquidazione delle altre voci di danno effettuata dalla sentenza appellata.
A sostegno delle conclusioni accolte la Corte giuliana, nel respingere l'appello principale, affermò che i parametri di insonorizzazione degli edifici fissati dal d.p.c.m. 5. 12. 1997 erano applicabili a tutte le superfici delle unità immobiliari delle appellate, sia con riguardo alle terrazze che con riferimento ai locali c.d. non abitabili, tenuto conto, per le prime, della propagazione del rumore attraverso le murature su cui appoggiano e si innestano, della circostanza che esse non sono destinate solo all'affaccio ma sono altrimenti utilizzabili e che la normativa tecnica sui requisiti passivi acustici prende in considerazione anche le componenti degli edifici, precisando che esse consistono nelle partizioni orizzontale e verticali, e, per i secondi, che essi costituiscono comunque ambienti interni alle abitazioni, destinati alla permanenza delle persone.
La Corte accolse invece l'appello incidentale proposto da M. e L. in ordine alla quantificazione del danno per il diminuito valore degli immobili, dichiarando di non aderire alla consulenza tecnica d'ufficio svolta in grado di appello e che il pregio degli immobili, la diffusione del rumore in molte loro parti, la sua incidenza sulla valutazione degli stessi in caso di vendita, il disagio sopportato per l'esecuzione necessari e comunque non sufficienti a porre rimedio ai difetti riscontrati portavano a stimare che il loro valore si era ridotto della misura del 20% rispetto al prezzo di acquisto.
Per la cassazione di questa decisione hanno proposto ricorso la s.p.a. Rizzani De Eccher e la s.r.l. (Omissis), sulla base di due motivi.
Resistono con controricorso M.P. e L.A., mentre le altre parti intimate, proprietari delle unità immobiliari vicine a quelle delle odierne controricorrenti, chiamate in causa al fine di accertare il loro obbligo di consentire l'esecuzione delle opere necessarie per l'eliminazione dei difetti, non hanno svolto attività difensiva.
La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.
Parti ricorrenti hanno depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del d.c.p.m. 5. 12. 1997, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto applicabili le prescrizioni tecniche in esso contenute in ordine ai requisiti acustici passivi degli edifici anche alle terrazze ed ai vani non abitabili. Sostengono al riguardo le società ricorrenti che tale conclusione è errata, atteso che le terrazze sono, pacificamente, ambienti esterni all'edificio, aperti su tutti i lati e, a volte, anche sopra, e che la disciplina in materia distingue nettamente i locali abitativi e non ed i locali interni e partizioni esterne dell'edificio. Con riferimento ai locali non abitabili, si assume invece che l'equiparazione resta esclusa dal rilievo che il D.M. n. 5. 12. 1997, a mente dell'art. 2, si applica agli " ambienti abitativi " di cui alla L. n. 447 del 1995, art. 2, comma 1 lett. b), nel cui ambito rientrano solo gli ambienti interni ad un edificio destinati alla permanenza delle persone, con esclusione quindi dei locali non abitabili.
Il motivo è inammissibile ed in parte infondato.
In particolare, il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con l'affermazione della sentenza impugnata, integrante un accertamento di fatto, laddove, ai fini dell'accertamento del riscontrato difetto di insonorizzazione degli appartamenti acquistati dalle attrici in primo grado, ha precisato che " il problema della insonorizzazione delle terrazze non è un problema limitato allo spazio che le costituisce, ma un problema di propagazione del rumore attraverso le murature su cui appoggiano e su cui si innestano ". La Corte è quindi addivenuta alla conclusione che anche le terrazze avrebbero dovuto essere sottoposte agli adempimenti previsti per il rispetto dei requisiti acustici degli edifici, atteso che, in mancanza, quanto meno in relazione al caso concreto, il rumore che si manifestava in esse si propagava all'interno degli appartamenti. E' lo stesso ricorso del resto a riconoscere che " nel condominio (Omissis), l'appartamento sottostante ha come copertura la terrazza dell'appartamento sovrastante " (pag. 12). La soluzione accolta dalla Corte di appello, secondo cui i lavori di insonorizzazione avrebbero dovuto interessare anche le terrazze, appare coerente con la situazione dei luoghi e fondata su un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità.
Con riguardo al tema della osservanza dei requisiti di cui al d.c.p.m. 5. 12 1997 anche per i locali c.d. non abitabili, merita precisare che la loro esatta identificazione in concreto non è operata dalla sentenza impugnata, ma che dall'esposizione contenuta nel ricorso essi appaiono identificati nei locali bagno e ripostiglio e nei corridoi (pag. 11 del ricorso).
Sulla base di tale premessa, ogni censura al riguardo appare manifestamente infondata, in quanto i predetti locali fanno parte della abitazione, costituendone anzi, almeno alcuni, una componente essenziale. Non si vede del resto come la normativa in discorso, che tende ad evitare l'esposizione delle persone a rumori tali da pregiudicare lo svolgimento della loro normale attività, non debba trovare applicazione all'unità abitativa nella sua interezza, ma solo ad alcune parti di essa. In proposito è sufficiente osservare che il decreto 5. 12. 1997, art. 2 richiama, ai fini della sua applicazione, la nozione di " ambienti abitativi " di cui alla L. n. 447 del 1995, art. 2, comma 1, lett. b), secondo cui per " ambiente abitativo " deve intendersi " ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza delle persone o di comunità ed utilizzato per le diverse attività umane, fatta eccezione per gli ambienti destinati ad attività produttive ". La formula normativa, che si spiega alla luce della tabella A di cui al decreto citato che, nel classificare gli ambienti abitativi, richiama non solo gli edifici destinati a residenza, ma anche quelli adibiti ad uffici, ospedali, scuole, eccetera, con espressa esclusione solo degli edifici destinati ad attività produttive, appare pertanto chiara nell'affermare che i locali all'interno dei predetti edifici rientrano nella citata nozione di ambiente abitativo.
Il secondo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza per violazione della Cost., artt. 111 161 e 132 n. 4 c.p.c. e 118 disposizioni di attuazione dello stesso codice, lamentando che la Corte di appello abbia disatteso, senza fornire motivazione, le conclusioni rassegnate dal consulente tecnico d'ufficio nominato in appello e non abbia esposto le ragioni per cui ha ritenuto, ai fini della liquidazione, che il danno prodotto dalla mancata insonorizzazione fosse grave.
Il motivo è infondato sotto tutti e due i profili.
Quanto al primo, in quanto la sentenza impugnata ha esposto le ragioni per cui ha disatteso le risultanze della consulenza espletata in appello, rilevando che essa aveva effettuato i conteggi applicando, senza motivo, il prezziario di un'altra provincia rispetto a quella in cui sono ubicati gli immobili oggetto di accertamento e aveva fissato la percentuale di deprezzamento degli stessi senza tenere conto della reale gravità degli inconvenienti prodotti. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, del resto, l'esercizio da parte del giudice del potere di decidere non comporta vincoli rispetto alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, da cui il giudice può discostarsi dando adeguata motivazione (Cass. n. 30733 del 2017; Cass. n. 17757 del 2014).
Quanto alla seconda, avendo la Corte di appello precisato le circostanze che ha valutato ai fini della stima del deprezzamento degli immobili per effetto dei difetti di insonorizzazione, rappresentate dal pregio degli stessi, dalla diffusione del rumore in molte loro parti, dal minor valore in caso di vendita e dal disagio sopportato per l'esecuzione dei lavori necessari e comunque non sufficienti a porvi rimedio.
Anche in questo caso va rimarcato che la valutazione del danno in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., costituisce un'operazione rimessa dalla legge alla valutazione del giudice di merito, i cui risultati, se sostenuti da congrua motivazione, non sono sindacabili in sede di giudizio di legittimità (Cass. n. 24070 del 2017; Cass. n. 5090 del 2016; Cass. n. 8213 del 2013).
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle società ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna in solido le società ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle società ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2023.