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Revisione assegno divorzile non consentita per fatti pregressi, anche se ignoti

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.6639 del 06/03/2023

Ai sensi dell'art. 9 della Legge n. 898 del 1970 (modificato dall'art. 2 della Legge n. 436 del 1978 e dall'art. 13 della Legge n. 74 del 1987), le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata rebus sic stantibus, ovvero rimangono suscettibili di modifica riguardo ai rapporti economici o all'affidamento dei figli a seguito dell'emergere di fatti nuovi. 

Lo ha ribadito la Cassazione, Sezione I, con l’ordinanza n. 6639 del 6 marzo 2023.

Nel caso di specie, l'ex marito contestava il fatto che la Corte d'Appello non avesse valutato la circostanza sopravvenuta, come previsto dall'art. 9 della Legge n. 898 del 1970, consistente nel consolidarsi in una convivenza stabile della relazione affettiva della ex moglie con un'altra persona, già iniziata all'epoca della presentazione del ricorso per divorzio congiunto.

Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto l'argomentazione del ricorrente, sottolineando che la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che ne è conseguito rimane invece esclusa secondo la regola generale che stabilisce il giudicato copre il dedotto e il deducibile. Di conseguenza, l'attribuzione dell'assegno divorzile a favore di un ex coniuge non può essere rimessa in discussione in un altro processo basandosi su fatti precedenti all'emissione della sentenza, anche se sconosciuti da una delle parti. In tale situazione, l'unico rimedio è la revocazione, nei casi eccezionali e tassativi previsti dall'art. 395 del Cpc.

Assegno di divorzio, revisione, condizione, sopravvenienza di fatti nuovi, fatti pregressi

Ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 (così come modificato dalla L. n. 436 del 1978, art. 2 e dalla L. n. 74 del 1987, art. 13), le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata rebus sic stantibus, rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane viceversa esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, cosicché l'attribuzione in favore di un ex coniuge dell'assegno divorzile non può essere rimessa in discussione in altro processo sulla base di fatti anteriori all'emissione della sentenza, ancorché ignorati da una parte, se non attraverso il rimedio della revocazione, nei casi eccezionali e tassativi di cui all'art. 395 c.p.c.

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Cassazione civile, sez. I, Ordinanza 06/03/2023, (ud. 20/02/2023, dep. 06/03/2023), n. 6639

FATTI DI CAUSA

La Corte d'appello di Trieste, con decreto n. cronol. 64/2020, pubblicato il 28/2/2020, in riforma della decisione del Tribunale di Pordenone - che, in sede di modifica delle condizioni di divorzio, L. n. 898 del 1970, ex art. 9 aveva revocato l'obbligo del F.L. di versare l'assegno divorzile a favore della ex moglie G.S. e l'assegno di mantenimento a favore della figlia maggiorenne A. da ottobre 2019, ponendo a carico del primo l'assegno di Euro 800,00 mensili per il mantenimento del figlio R., oltre il 50% delle spese straordinarie -, ha disposto che l'ex coniuge corrispondesse alla G. l'assegno divorzile di Euro 400,00 mensili, respinte le altre richieste della reclamante.

In particolare, per quanto qui ancora interessa, la Corte territoriale ha rilevato che le parti, in sede di pattuizioni del divorzio congiunto presentato nel 2014, avevano espressamente previsto la corresponsione dell'assegno divorzile in vista del trasferimento, dalla casa coniugale, della G. con i figli presso l'abitazione del compagno per instaurare una stabile convivenza, così derogando alle condizioni previste per il riconoscimento dell'assegno stesso essendosi convenuta la debenza dell'assegno "in presenza di convivenza" (dell'ex coniuge con una terza persona), e non emergeva da tali pattuizioni sottoscritte una limitazione dell'obbligo di versamento dell'assegno fino a quando essa si fosse trasferita o altra limitazione.

Avverso la suddetta pronuncia, Luca F. propone ricorso per cassazione, notificato il 2/11/2020, affidato a unico motivo, nei confronti di G.S. (che resiste con controricorso, notificato l'11/12/2020). Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, l'omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, in punto di circostanza sopravvenuta, L. n. 898 del 1970, ex art. 9 consistente nel consolidarsi in una convivenza stabile della relazione affettiva con un'altra persona, già intrapresa dalla ex moglie all'epoca della presentazione del ricorso per divorzio congiunto, che secondo recente giurisprudenza del giudice di legittimità è idonea a comportare la cessazione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile.

2. La controricorrente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per cassazione (per essere il decreto reso dalla Corte d'appello privo dei caratteri di definitività e stabilità) e la tardività dello stesso.

Le eccezioni non sono fondate.

2.1. Questa Corte ha chiarito che il decreto pronunciato dalla Corte d'appello, in sede di reclamo avverso il provvedimento del Tribunale in materia di modifica delle condizioni della separazione personale concernenti l'affidamento dei figli ed il rapporto con essi, ovvero la revisione delle condizioni inerenti ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ed il mantenimento della prole, ha carattere decisorio e definitivo ed e', pertanto, ricorribile in cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. 11218/2013; Cass. 12018/2019). Le stesse considerazioni possono essere svolte con riguardo alla revisione delle condizioni di divorzio.

2.2. In punto di tempestività del ricorso, notificato il 2/11/2020, avverso decreto della Corte d'appello di Trieste del 28/2/2020, deve osservarsi che la sospensione dei termini processuali, dal 9 marzo all'11 maggio (per successive proroghe del termini iniziale di scadenza del 15/4/2020), prevista originariamente dal D.L. n. 18 del 2020, art. 83 c.d. Decreto Cura Italia, convertito in L. 24 aprile 2020, n. 27 (il cui testo originario stabiliva, al comma 3, lett. a), che la sospensione dei termini a causa dell'emergenza Covid non operava per le "cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità"), e poi con D.L. 30 aprile 2020, n. 28 convertito con modifiche in L. 25 giugno 2020, n. 70 con il quale, tra l'altro, all'art. 83, comma 3, lett. a) le parole "cause relative ad alimenti" sono state sostituite da "cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto all'assegno di mantenimento, agli alimenti e all'assegno divorzile o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali"), si applica anche ai procedimenti, quali quello in esame relativi alla revisione dell'assegno di divorzio.

Si deve rilevare che già il D.L. 8 marzo 2020, n. 11, art. 2, comma 2, lett. g), recante "Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria", entrato in vigore l'8/3/2020, aveva disposto che "a decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate"; tali eccezioni erano costituite dalle udienze: "...nelle cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità... e, in genere, in tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti".

In forza del D.L. n. 23 del 2020 (art. 36), il termine del 15/4/2020, previsto dal menzionato D.L. n. 18 del 2020, art. 83, commi 1 e 2, è stato poi prorogato all'11/5/2020, sempre con le dette "eccezioni".

Il D.L. n. 18 del 2020, art. 83 (in vigore dal 17/3/2020) ha previsto, tra l'altro, al comma 1, che "dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili (...) pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020", e, al comma 2, che "dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili (...)", salve le eccezioni di cui al seguente comma 3: "Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non operano nei seguenti casi: a)... cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità".

All'atto della conversione in legge del D.L. n. 18 del 2020, con L. n. 27 del 2020, entrata in vigore il 30/4/2020, sono state apportate modifiche al citato art. 83, quanto ai giudizi sottratti alle misure straordinarie indicate, stabilendosi, in particolare, che la sospensione dei termini non operava per le "cause relative ad alimenti o a obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità ", aggiungendosi le seguenti parole: "nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali"; di conseguenza, le eccezioni alla disposta sospensione, seppure ampliate, sono state ristrette, essendosi legato l'esonero dalle misure straordinarie alla sussistenza di un "pregiudizio" per le parti, in qualche caso da considerare "grave". Successivamente, l'art. 83 citato è stato ulteriormente modificato, a distanza di un giorno dalla conversione con L. n. 27 del 2020, dal D.L. n. 28 del 2020, art. 3 quanto alla categoria delle cause sottratte alle misure urgenti, essendosi previsto che, per quanto interessa in questa sede, che le parole "cause relative ad alimenti" fossero sostituite dalle seguenti: "cause relative alla tutela dei minori, ad alimenti"; aggiungendosi inoltre la previsione dell'operatività "in genere, tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti".

Infine, il testo dell'art. 83 cit., comma 3, è stato ulteriormente modificato in sede di conversione del D.L. n. 28 del 2020, per effetto della L. n. 70 del 2020, allorché le parole "cause relative alla tutela dei minori, ad alimenti" sono state sostituite dalle parole "cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto all'assegno di mantenimento, agli alimenti e all'assegno divorzile". Con tale ultima modifica è stata quindi in effetti ampliata - ulteriormente - la categoria delle eccezioni alle disposizioni di cui ai primi due commi (in punto di sospensione della trattazione e sospensione del decorso dei termini processuali), anche al fine di eliminare alcuni dubbi interpretavi emersi in dottrina.

Ma ciò è stato fatto solo a far data dal 30/6/2020, giorno successivo alla data di pubblicazione in G.U. della menzionata legge di conversione.

Quindi, il testo dell'art. 83, vigente sino al 29/6/2020, imponeva la sospensione dei termini anche rispetto alle cause relative all'assegno divorzile, poiché non comprese, in quel momento, nell'elenco dei giudizi sottratti e poiché distinte dalle obbligazioni alimentari c.d. pure, destinate a soddisfare "la mancanza di mezzi di sostentamento e viene incontro alle più elementari esigenze di vita del beneficiario", mentre la prestazione di mantenimento, in ambito di separazione, consente, invece, al beneficiato di godere di quanto necessario alla conservazione del pregresso tenore di vita corrispondente alla posizione economico-sociale dei coniugi, e, nel rapporto con i figli, dei genitori ovvero risponde, in ambito di divorzio, al residuo dovere di solidarietà post-coniugale, nei limiti segnati dalle Sezioni Unite nell'arresto del 2018.

Questa Corte in un precedente recentissimo (ordinanza n. 5393/2023) ha quindi affermato i seguenti principi di diritto: "(a) in tema di legislazione emergenziale di contrasto alla pandemia da Covid-19, alle "cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità", considerate rilevanti ai fini dell'eccezione alla sospensione generalizzata dei termini processuali per effetto del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, lett. a), convertito con la L. n. 27 del 2020, non possono esser equiparate le cause relative all'assegno divorzile, attesa l'impossibilità di correlare l'assegno divorzile all'assegno alimentare, per l'evidente diversità dei fini e della natura dei due assegni; (b) la successione delle norme processuali non può essere interpretata in modo da consentirne un effetto retroattivo incidente sul diritto di difesa, per cui la previsione delle "eccezioni" alla sospensione dei termini processuali, di cui alla normativa emergenziale stratificata nelle varie fasi di contrasto alla pandemia da Covid-19, va rapportata allo stato del giudizio nel momento in cui i singoli procedimenti sono stati espressamente inseriti tra le "eccezioni" dette; (c) poiché solo con l'ultima modifica dell'art. 83, dovuta alla L. n. 70 del 2020, di conversione del D.L. n. 28 del 2020, nell'elenco delle eccezioni alla sospensione dei termini processuali sono state aggiunte le "cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto all'assegno di mantenimento, agli alimenti e all'assegno divorzile", ne segue che l'innovazione va applicata ai soli giudizi di tal genere nei quali la decorrenza del termine di impugnazione non risulti già sospesa, al momento della entrata in vigore della citata legge di conversione, in forza della antecedente versione della medesima norma". In motivazione, si è chiarito che la successione delle norme nel tempo non può essere interpretata in senso retroattivo, "perché ne deriverebbe un pregiudizio all'altrui diritto di difesa, a fronte della necessità di coordinare, invece, ogni mutamento delle norme processuali col principio del giusto processo (art. 111 Cost.), del quale il diritto di difesa costituisce presidio essenziale".

Ne deriva che, nel presente procedimento, a fronte di una pubblicazione del provvedimento impugnato del 28/2/2020, la decorrenza del termine lungo semestrale ex art. 327 c.p.c. era sospesa (dal 9/3 all'11/5/2020), per effetto dell'originaria disposizione del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, lett. a) conv. in L. n. 27 del 2020, non potendo applicarsi l'innovazione operata in sede di conversione con L. n. 70 del 2020 (in vigore solo dal 30/6/2020) del successivo D.L. n. 28 del 2020 (che ha esteso espressamente le eccezioni anche alle cause relative agli assegni di mantenimento o divorzile).

2.3. Inoltre, operava la sospensione feriale dei termini ex l.749/1969, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente, non rilevando che, in primo grado, il procedimento fosse stato trattato durante il periodo feriale, ai sensi dell'art. 92 Ord. Giudiziario n. 12/1941, su istanza della parte di trattazione urgente. Ma nel caso dell'impugnazione, l'urgenza si era esaurita, con conseguente applicabilità della sospensione dei termini processuali, dal 1 al 31 agosto, dell'anno.

2.4. In definitiva, per effetto della doppia sospensione (dal 9/3/2020 all'11/5/2020 e dal 1/8/2020 al 31/8/2020) della decorrenza del termine lungo semestrale di impugnazione, la notifica del presente ricorso per cassazione, effettuato il 9/11/2020, deve ritenersi tempestiva.

3. Tanto premesso, l'unica censura sollevata come vizio motivazionale, ex art. 360 c.p.c., n. 5, è inammissibile, avendo la Corte d'appello preso in esame il fatto storico rappresentato dal trasferimento della G. con i figli presso un compagno, con l'avvio di una convivenza stabile, rilevando che non si trattava di un fatto sopravvenuto, essendo già stato preso in considerazione dalle parti in sede di condizioni di divorzio risalenti al 2014.

Tale assunto è stato confermato da questa Corte, che ha chiarito come, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 (così come modificato dalla L. n. 436 del 1978, art. 2 e dalla L. n. 74 del 1987, art. 13), le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata rebus sic stantibus, rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane viceversa esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, cosicché l'attribuzione in favore di un ex coniuge dell'assegno divorzile non può essere rimessa in discussione in altro processo sulla base di fatti anteriori all'emissione della sentenza, ancorché ignorati da una parte, se non attraverso il rimedio della revocazione, nei casi eccezionali e tassativi di cui all'art. 395 c.p.c. (Cass. n. 21049/2004; v. anche Cass.25 agosto 2005, n. 17320).

In sostanza, in forza della particolare natura del giudicato delle sentenze di divorzio, e delle successive modifiche, deve ritenersi che le stesse passano in cosa giudicata "rebus sic stantibus", rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile (cfr. in tema Cass. 18528/2018).

La censura risulta, peraltro, anche inammissibile per carenza di autosufficienza.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2023.

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