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Locazione non abitativa, i gravi motivi per il recesso del conduttore

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.6731 del 07/03/2023

Nei contratti di locazione non abitativa, il conduttore può recedere in qualsiasi momento se sussistono gravi motivi, indipendentemente dalle clausole contrattuali.

Ma quali sono i limiti di questo diritto di recesso? E in caso di crisi aziendale, è possibile contestare la decisione dell'imprenditore?

La Corte di Cassazione, sezione III, risponde a queste domande con l'ordinanza n. 6731 del 7 marzo 2023.

Nel caso in questione, una società aveva receduto da un contratto di locazione di un albergo, citando gravi motivi alla riduzione dei ricavi causata dalla crisi economico-finanziaria. Il locatore riteneva che la conduttrice non avesse dimostrato che gli effetti della crisi avevano influenzato l'unità alberghiera e, di conseguenza, il contratto di locazione.

La Suprema Corte, esaminando la questione, ha ricordato che, si sensi dell'art. 27, ultima parte della. Legge n. 392 del 1978, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi in anticipo del vincolo contrattuale devono essere determinate da eventi estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, che rendano particolarmente gravosa la prosecuzione dello stesso. La gravosità deve avere una connotazione oggettiva e non può essere basata sulla valutazione unilaterale del conduttore riguardo alla convenienza di continuare il rapporto locativo. Inoltre, tale gravosità deve superare il normale rischio contrattuale e, se riguarda l'attività di un'azienda, deve incidere significativamente sull'andamento complessivo dell'azienda stessa, anche se di rilievo nazionale o multinazionale, e sulle sue varie articolazioni territoriali.

La finalità della norma sul recesso è di valutare la presenza, anche solo potenziale, di gravi motivi per prevenire la crisi del conduttore. In caso contrario, si negherebbe al conduttore/imprenditore, che si trovi di fronte a una grave e imprevista crisi economica, la possibilità di esercitare il recesso fino a quando non sia in stato di decozione.

La Cassazione precisa che i fattori che giustificano la gravità dei motivi devono essere:

a) successivi alla costituzione del rapporto locatizio;
b) indipendenti dalla volontà del recedente;
c) imprevedibili, ovvero al di fuori dell'ambito del normale rischio contrattuale, tali da causare non solo uno squilibrio tra le prestazioni originarie non altrimenti risolvibile, ma anche da influire significativamente sull'andamento complessivo dell'azienda.

In particolare, un grave motivo che legittima il recesso del conduttore può essere un cambiamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all'attività imprenditoriale), successivo e oggettivamente imprevedibile (al momento della stipula del contratto), che costringa a espandere o ridurre la struttura aziendale in modo tale da rendere particolarmente onerosa la prosecuzione del rapporto locativo.

La Cassazione conclude ribadendo che la valutazione riguardo la presenza di tali gravi motivi è una valutazione di fatto, affidata al giudizio del giudice di merito e sottratta al controllo di legittimità se non sotto il profilo motivazionale.

Locazione di immobile adibito ad uso non abitativo, recesso del conduttore, ragioni, gravosità

In tema di recesso del conduttore di immobile adibito ad uso non abitativo, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi in anticipo del vincolo contrattuale, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., devono essere determinate da avvenimenti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, che ne rendano oltremodo gravosa la prosecuzione. La gravosità di tale prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal medesimo conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve non solo eccedere l'ambito della normale alea contrattuale, ma consistere, altresì, ove venga in rilievo l'attività di un'azienda, in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie idoneo ad incidere significativamente sull'andamento dell'azienda stessa globalmente considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali,

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Cassazione civile, sez. III, ordinanza n. 6731 del 7/03/2023

RILEVATO

che:

Alpis S.r.L. ricorre, formulando tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 1032/2019 emessa dalla Corte d'Appello di Venezia, notificata il 27 agosto 2019; resiste con controricorso NH Italia S.p.A.;

la ricorrente rappresenta nella descrizione del fatto che:

- 12 Arch S.r.L. (società che aveva successivamente incorporato), con due distinti contratti, aveva concesso in locazione a Italjolly S.p.A. (successivamente fusa per incorporazione in NH Italia S.p.A.) il complesso immobiliare sito in Vicenza e la relativa autorimessa, per un canone fisso annuo, determinato, per il complesso immobiliare, nel 20% del fatturato annuo della conduttrice, con un minimo di L. 1,2 miliardi, e per l'autorimessa, in L. 30 milioni;

- Nh Italia S.p.A. aveva avviato una procedura di accertamento tecnico preventivo avente ad oggetto la ricorrenza di vizi dell'immobile locato tali da renderlo inidoneo all'uso pattuito, finalizzata ad ottenere la riduzione del canone convenuto e il risarcimento dei danni; con comunicazione del 22 novembre 2011 dichiarava di ritenere risolto il contratto e sospendeva il pagamento del canone, senza rilasciare l'albergo; successivamente riprendeva il pagamento e promuoveva un'azione volta ad ottenere la riduzione dei canoni, la condanna al ripristino dell'Immobile e il risarcimento dei danni;

- a giudizio in corso, Nh Italia, con comunicazione del 18 giugno 2013, aveva manifestato la volontà di recedere dal contratto per gravi motivi, rappresentati dalla contrazione dei ricavi provocati dalla crisi economico-finanziaria del 2008;

- il complesso alberghiero veniva riconsegnato il 20 dicembre 2013 e locato a Line Up Sc. Coop. S.r.L., con decorrenza dal 21 dicembre 2013, per un canone sensibilmente inferiore rispetto a quello oggetto dei contratti per cui è causa;

- con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. aveva contestato la legittimità del recesso dinanzi al Tribunale di Vicenza e chiesto la condanna della conduttrice a pagare la differenza tra le previsioni minime dei canoni maturati fino alla naturale scadenza del contratto e le previsioni dei canoni dovuti da Line Up con il nuovo contratto;

- con sentenza n. 1447/2017, il Tribunale aveva dichiarato illegittimo il recesso e condannato la convenuta a pagare, a titolo risarcitorio, la somma pari alla differenza tra le previsioni minime dei canoni, di cui al contratto per cui è causa (riviste in base alla sentenza n. 1002/2017 del Tribunale di Vicenza che era stata emessa all'esito del giudizio avente ad oggetto il riconoscimento dei vizi da cui era affetto l'immobile e che aveva riconosciuto la sussistenza dei vizi lamentati e concesso a Nh Italia il diritto al rimborso di Euro 32.479,06, di Euro 2.420, 00 e del 20% del canone annuale di locazione per ogni anno di locazione dal 2000 al 31 dicembre 2013) e le previsioni minime dei canoni di cui al nuovo contratto stipulato con la società Line Up;

- con sentenza n. 2768/2018, la Corte d'Appello di Venezia aveva riformato la decisione n. 1002/2017 del Tribunale di Vicenza, rideterminando la misura del dovuto in Euro 20.000,00 all'anno per ogni anno di locazione dal 2000 al 2013;

- anche la sentenza n. 1447/2017 veniva impugnata dinanzi alla Corte d'Appello di Venezia che, con la pronuncia oggetto del presente ricorso, ha accolto il primo motivo di appello, con cui veniva censurata la decisione del Tribunale di Vicenza nella parte in cui aveva giudicato illegittimo il recesso, ed ha dichiarato cessato il rapporto locativo a far data dal 20 dicembre 2013;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380 bis 1 c.p.c.;

il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso;

entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1) con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, "Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost. e L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., errata applicazione del principio di insindacabilità delle scelte di libera iniziativa economica privata";

oggetto di censura è la statuizione con cui la Corte territoriale ha accolto il primo motivo di appello e riformato la pronuncia di prime cure nella parte in cui aveva ritenuto illegittimo il recesso esercitato da NH Italia S.p.A.;

secondo la rappresentazione della ricorrente la sentenza impugnata, ritenendo insindacabile, a fronte di una crisi aziendale, la scelta dell'imprenditore di sopprimere determinate strutture operative, avrebbe erroneamente applicato la L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c.;

la conduttrice avrebbe dovuto dimostrare che gli effetti della crisi avevano colpito la unità alberghiera per cui è causa e quindi inciso sul contratto di locazione;

tanto non era avvenuto e la Corte territoriale avrebbe erroneamente legittimato, sulla scorta dell'art. 41 Cost., l'esercizio del recesso, perché, una volta accertata la crisi economica, una causa sopravvenuta ed imprevedibile, integrante gli estremi dei giusti motivi di recesso anticipato, non avrebbe dovuto sindacarsi, come aveva fatto il Tribunale, richiedendo la dimostrazione, da parte della società capofila, che la chiusura dell'albergo di Vicenza fosse l'unica scelta operativa adottabile per fronteggiare la congiuntura economica considerando comparativamente la reddittività e mantenibilità in esercizio anche di tutti gli altri alberghi facenti capo a Hoteles S.A, la congruità e l'opportunità della scelta organizzativa imprenditoriale di sopprimere alcune soltanto o in particolare una sola struttura operativa;

ora, nella fattispecie esaminata, si verte nell'ipotesi di recesso legale, invocabile ed esperibile dal conduttore, proprio perché si tratta di una facoltà di svincolarsi dal contratto che la legge gli riconosce a prescindere dagli accordi assunti con il locatore, allorquando ricorrano determinati presupposti che non gli consentano l'ulteriore prosecuzione della locazione (gravi motivi);

la valutazione circa la ricorrenza di tali gravi motivi è una valutazione di fatto, rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non sotto il profilo motivazionale;

il giudice di merito è chiamato a tener conto di tutte le caratteristiche del caso concreto e, in particolare, delle caratteristiche soggettive del conduttore e della sua specifica organizzazione aziendale, dovendosi precisare che la ratio della norma è quella di verificare la sussistenza anche solo potenziale dei gravi motivi, sulla base dell'argomento che, diversamente, si negherebbe al conduttore/imprenditore, che si trovasse dinanzi una grave ed imprevista crisi economica, la facoltà di esercitare il recesso sino a quando non venga a trovarsi in stato di decozione, altrimenti ne risulterebbe frustrato lo scopo della norma che è evidentemente quello di prevenire la crisi del conduttore: cfr. Cass. 27/03/2014 n. 7217 che ha ritenuto irrilevante, al fine di escludere la legittimità del recesso anticipato, il fatto che altri rami dell'azienda del conduttore conseguissero risultati economici favorevoli;

le ragioni che danno concretezza alla gravità dei motivi devono essere determinate da avvenimenti: a) sopravvenuti rispetto alla costituzione del rapporto locatizio; b) estranei alla volontà del recedente; c) imprevedibili, cioè eccedenti l'ambito della normale alea contrattuale, tali non solo da determinare un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie non altrimenti rimediabile (Cass. 13/06/2017, n. 14623; Cass. 27/03 2014, n. 7217), ma anche da incidere significativamente sull'andamento dell'azienda globalmente considerata;

ribadito che i gravi motivi non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla opportunità o meno di continuare a godere dell'immobile locato - in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso ad nutum, contrario alla interpretazione letterale oltre che allo spirito della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c.; tale recesso costituisce, infatti, un'eccezione al principio generale posto dall'art. 1372 c.c. da interpretarsi rigorosamente, onde evitare che la scelta di proseguire il rapporto di locazione derivi dalla mera volontà del conduttore - giova aggiungere, con riferimento all'andamento dell'attività aziendale, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, può integrare grave motivo, legittimante il recesso del conduttore, un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all'attività di impresa), sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile (quando fu stipulato il contratto), che lo obblighi ad ampliare o ridurre la struttura aziendale in misura tale da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo (Cass. 13/12/2011, n. 26711).

applicando i suddetti principi alla fattispecie per cui è causa, deve ritenersi che la sentenza impugnata sia immune dagli errores in iudicando che le sono stati attribuiti; è appena il caso di ribadire che la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni, come riferito, consentito di valutare la scelta imprenditoriale di una struttura imprenditoriale, articolata in più unità operative, con riferimento al contratto di locazione per cui viene esercitato il recesso, come innegabilmente ha fatto il giudice a quo riferendosi ai progressivi cali di fatturato negli anni precedenti al recesso per la struttura alberghiera di Vicenza (p. 13) e che, ove venga addotta la non remuneratività dell'attività (a p. 12 la sentenza riforma quella di prime cure per non avere ritenuto sufficiente per legittimare il recesso il fatto che la crisi economica del settore alberghiero avesse provocato reiterate e consistenti perdite di esercizio per la struttura alberghiera di Vicenza e la sua improduttività) o addirittura la chiusura del ramo di azienda che utilizzava l'immobile interessato dal recesso, non possa tenersi conto dell'eventuale aumentata redditività di altre attività (la sentenza riformata aveva infatti attribuito rilievo al fatto che la casa madre Nh Hoteles S.A. presentasse un quadro di espansione, con l'ingresso di nuovi investitori e nuovo capitale, che la casa madre avesse realizzato un utile operativo nel 2012 nonché ricavi), tale da assorbire le perdite o anche da determinare un miglioramento complessivo delle condizioni economiche del conduttore" (Cass. 27/03/2014, n. 7217; cui adde Cass. 14/07/2016, n. 14365; Cass. 24/09/2019, n. 23639, secondo cui: "In tema di recesso del conduttore di immobile adibito ad uso non abitativo, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi in anticipo del vincolo contrattuale, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., devono essere determinate da avvenimenti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, che ne rendano oltremodo gravosa la prosecuzione. La gravosità di tale prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal medesimo conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve non solo eccedere l'ambito della normale alea contrattuale, ma consistere, altresì, ove venga in rilievo l'attività di un'azienda, in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie idoneo ad incidere significativamente sull'andamento dell'azienda stessa globalmente considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali");

parte ricorrente nel contestare che i gravi motivi dovessero essere valutati in relazione al contratto di locazione per cui è causa, pur lamentando una violazione di legge, nella sostanza pretende un diverso accertamento delle condizioni che a giudizio della Corte territoriale hanno giustificato, nell'ottica di un bilanciamento fra l'interesse del locatore alla prosecuzione del rapporto fino alla sua naturale scadenza e quello del conduttore a non essere vincolato dal contratto ove l'attività per cui l'immobile è stato locato divenga antieconomica, lo scioglimento ante tempus del contratto;

la valutazione imposta dalla L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c. è stata condotta infatti con riferimento al contratto di locazione per cui è causa, senza attribuire rilievo ad una situazione complessiva della casa madre che si presentava ancora complessivamente florida, perché ha reputato che non si potesse pretendere dalla locatrice di restare vincolata ad un contratto rivelatosi antieconomico che avrebbe finito con il penalizzare i risultati conseguiti in altri rami dell'attività aziendale;

la prospettazione della ricorrente, ancorché non riconduca formalmente la prospettazione censoria ad uno dei due paradigmi normativi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, non si presta ad integrare, giusta le svolte considerazioni, né la violazione né la falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c.;

sotto questo secondo profilo la corte veneziana ha ben sussunto la fattispecie concreta: non evidenzia in alcun modo un vizio di falsa applicazione (o vizio di sussunzione) l'assunto della ricorrente - ribadito anche nella memoria - secondo cui risulterebbe "evidentemente errata l'affermazione di controparte secondo cui sarebbe incensurabile la decisione con cui il conduttore-imprenditore, che in ipotesi sia titolare di una pluralità di contratti di locazione, scelga di rinegoziarne taluni e recedere da altri" e che altresì risulterebbe "palesemente in contrasto con la richiamata giurisprudenza la determinazione della Corte d'Appello", là dove ha affermato "che in applicazione dei principi che attengono al riconoscimento ed alla tutela della libertà di iniziativa economica dell'imprenditore ai sensi dell'art. 41 Cost., deve "ritenersi che una volta accertata l'esistenza per cause sopravvenute ed imprevedibili, di una situazione di grave crisi di un'azienda e che questa configuri i gravi motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27 che possono giustificare il recesso anticipato dal rapporto di locazione, non sia sindacabile sotto i profili di congruità e opportunità la scelta organizzativa imprenditoriale che abbia comportato la soppressione di alcune soltanto o di una in particolare delle strutture operative facenti capo a quell'impresa (cfr. pag. 12, doc. A)"";

invero, l'assunto della ricorrente si risolve nella pretesa di attribuire al paradigma normativo dei gravi motivi e, dunque, all'apprezzamento in iure della loro sussistenza un valore non già correlato alla valutazione della possibile permanenza del rapporto locativo, bensì un valore che, nonostante l'esistenza di una situazione oggettiva esistente con riferimento all'attività esercitata nell'immobile tale da giustificare la cessazione del rapporto, dovrebbe giustificare, in dipendenza della circostanza, esterna al contratto locativo, che il conduttore sia titolare di altre attività in altri luoghi, un ulteriore apprezzamento che non si limiti alla valutazione dell'assenza di convenienza della prosecuzione del rapporto dando rilievo al complesso delle attività della conduttrice, ma si estenda ad una valutazione comparativa in termini di convenienza economica tra il mantenere la perdita derivante dalla continuazione dell'attività nell'immobile locato di cui trattasi ed il trasferimento del valore della perdita ad un'altra attività con interventi sulla sua gestione;

il Collegio ritiene che una siffatta pretesa, pur dovendo, secondo il principio giurisprudenziale richiamato, farsi riferimento, nell'apprezzamento dei gravi motivi, al complesso dell'attività della conduttrice, si risolverebbe nel pretendere che la situazione di difficoltà non sia eliminata con la cessazione del rapporto locativo, pur giustificata in termini economici dalla ricorrenza di elementi oggettivi concernenti l'attività esercitata nell'immobile, bensì con un intervento su un'altra attività, il quale, però, risulterebbe dare rilievo alla dimensione della conduttrice del tutto al di là di quanto la vede impegnata dal sinallagma contrattuale;

il fatto che la conduttrice svolga attività similari in tal modo non rileverebbe per stimare - come è nella logica dell'orientamento giurisprudenziale prima richiamato - se la cessazione dell'attività nell'immobile locato sia dettata da un grave motivo inerente anche alla complessiva situazione economica del conduttore, bensì solo come se essa sia conveniente rispetto alle altre attività del conduttore;

in questo secondo modo, come si è detto, si attribuirebbe rilievo alla complessiva dimensione imprenditoriale del conduttore come se essa fosse coinvolta direttamente nel godimento dell'immobile locato, il che è estraneo al sinallagma contrattuale;

invece, pur dovendo, secondo il principio giurisprudenziale richiamato, l'apprezzamento giudiziale tener conto del complesso dell'attività della conduttrice, non si può esigere che la conduttrice continui a farsi carico del rapporto locatizio, nonostante la ricorrenza di elementi oggettivi che ne dimostrano l'insostenibilità economica, esternalizzando le perdite su un'altra sua attività, in alcun nesso di sinallagmaticità con il contratto locatizio;

2) con il secondo motivo la ricorrente rimprovera alla Corte d'Appello, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, "Violazione e falsa applicazione degli artt. 1321,1372 e 2697 c.c., L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., errata valutazione in ordine alla sussistenza dei gravi motivi di recesso";

la tesi rappresentata è che la conduttrice avrebbe dovuto dimostrare la sopravvenienza di motivi oggettivi che avessero provocato la gravosità della prosecuzione dell'attività di impresa a Vicenza, a prescindere dall'andamento generale del conto economico di NH Italia;

NH Italia, invece, avrebbe addotto a giustificazione del recesso la crisi economica del 2008, senza alcun riferimento specifico alla struttura alberghiera di Vicenza, non potendosi considerare, a tal fine, i doc. 27 (il quale riepilogava gli indicatori di bilancio), e 28 (che indicava il fatturato, costante, e l'occupazione dell'hotel, che risultava persino in crescita), i quali, per un verso, documentavano, per giunta cinque anni dopo lo scoppio della crisi del 2008, un peggioramento delle condizioni economiche, ma non una perdita di esercizio che dimostrasse l'antieconomicità della prosecuzione dell'attività di impresa a Vicenza e, per altro verso, essendo solo specchietti riepilogativi privi di sottoscrizione, non le erano opponibili;

nemmeno sarebbe stato dimostrato che la prosecuzione dell'attività a Vicenza avrebbe avuto ripercussioni sull'andamento generale di NH, essendo stato il recesso motivato solo adducendo la scelta strategica della capogruppo di non investire più nell'albergo di Vicenza, ma in altre attività più redditizie;

anche le censure mosse con questo mezzo cassatorio alla sentenza impugnata sollecitano un riesame delle ragioni giustificative sottese all'esercizio del recesso, senza individuare come è imposto a chi denunci una violazione di legge le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa tra opposte soluzioni;

ne costituisce conferma l'affermazione contenuta alle pp. 31-32 del ricorso: "occorre che i fatti sopravvenuti, imprevedibili e non dipendenti dalla determinazione degli organi gestori ineriscano all'unità di Vicenza, ma il grave pregiudizio economico della prosecuzione dell'attività dell'hotel di Vicenza produca effetti sull'andamento generale di NH, che ci pare fosse stata la prospettiva interpretativa proposta dal Tribunale di Vicenza.

Non vi è dubbio alcuno che in questo caso non c'e' il fatto "imprevedibile" perché la scelta di chiudere Vicenza era una scelta imprenditoriale";

detta affermazione è seguita da un rinvio alla lettera di recesso ove la casa madre affermava di non poter più coprire i risultati negativi della struttura in crisi e che la situazione imponeva quale unica scelta la chiusura di quest'ultima;

la conseguenza che la ricorrente ne trae è che non fosse dimostrata la gravosità della prosecuzione dell'unità di Vicenza, secondo un rapporto di causa/effetto;

il motivo non può essere accolto, perché si concretizza in una sollecitazione a rivalutare la quaestio facti, attraverso l'evocazione di una serie di risultanze documentali, così collocandosi al di fuori dei limiti entro i quali quel controllo è ristretto dal vigente n. 5, dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

3) con il terzo motivo la ricorrente lamenta, invocando l'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, "Omessa disamina logica e giuridica degli elementi posti a sostegno della decisione, motivazione apparente e conseguente nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4" nonché "Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti e ciò ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in particolare omesso esame delle circostanze addotte da Alpis in relazione alla condizione economica di NH e dell'unità produttiva di Vicenza al momento del recesso";

la Corte d'Appello avrebbe ritenuto giustificato il recesso, avendo accertato, sulla scorta dei bilanci della società, delle note integrative e dei tabulati allegati, che Nh Italia S.p.A., nell'esercizio 2012, aveva un fatturato insoddisfacente con perdite per circa 72,5 milioni di Euro, che aveva ridotto il numero dei posti di lavoro e che aveva subito progressivi cali di fatturato per la struttura alberghiera di Vicenza anche negli anni precedenti, omettendo di indicare gli elementi da cui aveva tratto il proprio convincimento ovvero indicandoli senza farli oggetto di approfondita disamina;

in particolare, la sentenza impugnata avrebbe solo evidenziato il dato costituito dalla perdita di 72,5 milioni di Euro nel 2012, senza prendere in considerazione anche la lettura del bilancio NH e in particolare la relazione sulla gestione da cui si evincerebbe che: i) nel 2012 NH aveva iniziato a redigere il bilancio secondo i principi contabili internazionali; ii) la perdita di esercizio si riferiva per 63,44 milioni di Euro a svalutazioni di immobilizzazioni materiali e immateriali e ad accontamenti effettuati a seguito dei risultati emersi dal test impairment effettuato secondo quanto previsto dallo AS 35; iii) l'utile operativo lordo era passato da 15.733 milioni di Euro del 2011 a 13,48 milioni di Euro nel 2012; iv) il risultato operativo era passato da una perdita di 13,931 di milioni di Euro nel 2011 ad una perdita di 14,682 milioni di Euro nel 2012; v) nel 2012 risultavano pagate imposte per oltre 22 milioni di Euro;

la conclusione di parte ricorrente è che se la Corte territoriale avesse tenuto conto di ciò avrebbe accertato che: NH nel 2011 produceva utili, tant'e' che il primo recesso era stato basato su asseriti vizi dell'immobile; solo nel 2013 il recesso aveva fatto leva sulle svalutazioni straordinarie attuate nel 2012; il bilancio del 2013 indicava un miglioramento dell'Ebitda di 13,48 milioni di Euro nel 2012 e di 21,050 milioni di Euro nel 2013; due mesi prima del recesso, NH aveva deliberato un aumento di capitale di 234 milioni di Euro, sottoscritto e versato da una società cinese; nel 2012 NH aveva acquisito nuove strutture alberghiere ed aveva creato una struttura organizzativamente più pesante, con rischi di sovrapposizione di funzioni, di concorrenza interna, di scarsa riconoscibilità del marchio; i licenziamenti erano stati 497, ma nessuno aveva riguardato la struttura di Vicenza;

il motivo non è meritevole di accoglimento;

la violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, - secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte - deve ricavarsi dalla motivazione della sentenza in sé e per sé considerata e non dal confronto tra la stessa ed elementi estrinseci (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054 e successiva giurisprudenza conforme);

la violazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non è sorretta dal soddisfacimento degli oneri di allegazione del dato extratestuale dal quale evincere la esistenza del fatto omesso nonché il come e il quando tale fatto fosse stato oggetto di discussione tra le parti (ancora Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054/2014); ciò non consente di attribuire ai fatti asseritamente omessi i caratteri del tassello mancante alla plausibilità cui è giunta la sentenza rispetto a premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario;

peraltro, ma lo si aggiunge ad abundantiam, data l'assorbenza di quanto appena rilevato, non costituisce omissione censurabile, ai sensi della norma richiamata, il mancato esame di elementi istruttori precostituiti o costituendi qualora il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (cfr. pp. 1011), ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (così da ultimo Cass. 27/01/2023, n. 2595);

4) ne consegue che il ricorso deve essere rigettato;

5) le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

6) seguendo l'insegnamento di Cass., Sez. Un., 20/02/2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 13.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2023.

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