In caso di revoca dell'assegnazione della casa familiare, il coniuge beneficiario può ottenere l’aumento dell’importo dell'assegno divorzile?
La questione è affrontata dalla Cassazione, sez. I civile con la sentenza n. 9500 del 6 aprile 2023.
Il caso di specie riguardava una decisione del Tribunale di Velletri, che aveva ridotto l'importo mensile dell'assegno divorzile all'ex coniuge rispetto a quanto concordato in sede di separazione. La Corte d'appello aveva successivamente incrementato parzialmente l'importo dell'assegno.
Il coniuge beneficiario ricorre in Cassazione, sostenendo che l'importo dell'assegno divorzile fosse stato determinato in maniera incongrua, poiché non si era tenuto conto della perdita del diritto all'assegnazione della casa coniugale, a seguito dell'indipendenza economica della figlia. Secondo il ricorrente, la casa coniugale rappresenta un bene economico valutabile e, pertanto, il coniuge che perde l'assegnazione della stessa avrebbe diritto a un aumento del versamento mensile dell'assegno divorzile.
La Corte di Cassazione tuttavia ribadisce il principio secondo cui la revoca dell'assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell'assegno divorzile non giustifica un aumento automatico di tale assegno.
La decisione si basa sul fatto che tale provvedimento ha come unico presupposto l'accertamento del venir meno dell'interesse dei figli alla conservazione dell'"habitat" domestico, a causa del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell'autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario.
Pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso.
La revoca dell'assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell'assegno divorzile non giustifica l'automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l'accertamento del venir meno dell'interesse dei figli alla conservazione dell'"habitat" domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell'autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n. 9500 del 06/04/2023
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Velletri, nel procedimento per la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, determinava nell'importo mensile di Euro 350,00 l'assegno divorzile dovuto dal sig. S.S. alla ex coniuge sig.ra B., riducendo così l'importo dell'assegno concordato in sede di separazione in Euro 500,00.
Il gravame della B., che chiedeva l'incremento dell'assegno divorzile nella misura di Euro 1.100,00, è stato parzialmente accolto dalla Corte d'appello di Roma, con sentenza del 9 luglio 2021, che ha rideterminando l'assegno in Euro 550,00 mensili, tenendo conto dell'importo riconosciutole in sede di separazione e del suo adeguamento al costo della vita.
Avverso tale pronuncia la B. ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi ad un motivo di ricorso. Il S. non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, imputando alla sentenza gravata di avere incongruamente determinato la misura dell'assegno divorzile, trascurando di considerare la perdita - a seguito della raggiunta indipendenza economica della figlia V. - del diritto alla assegnazione della casa coniugale. Ed infatti, a suo avviso, atteso che la casa coniugale rappresenta una utilità suscettibile di valutazione economica, il coniuge che perde l'assegnazione della stessa avrebbe il diritto di vedere riparametrato in aumento il versamento mensile di cui è beneficiario.
Il motivo è infondato, avendo la Corte territoriale deciso conformemente al principio secondo cui la revoca dell'assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell'assegno divorzile non giustifica l'automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l'accertamento del venir meno dell'interesse dei figli alla conservazione dell'"habitat" domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell'autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario (cfr. Cass. 20452-2022).
Con riferimento alla doglianza secondo cui la sentenza impugnata avrebbe erroneamente determinato l'assegno divorzile in misura (quasi) corrispondente all'assegno di mantenimento conseguente al regime di separazione, non è chiaro come la ricorrente possa dirsi pregiudicata da una quantificazione dell'assegno divorzile operata, in tesi, secondo i criteri relativi all'assegno di separazione che postulano la permanenza del vincolo coniugale, diversamente dall'assegno divorzile che ne postula la definitiva cessazione.
Il ricorso è rigettato. Non si deve provvedere sulle spese, essendo il S. rimasto intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2023.