L’adesione del convenuto, nella comparsa di costituzione, alla domanda di divisione, va considerata come accettazione tacita dell'eredità ex art. 476 c.c.
È quanto stabilito dalla Sezione Seconda civile della Cassazione con l’ordinanza n. 10544 depositata il 18 aprile 2024.
La Suprema Corte ha precisato che l'assunzione in giudizio della qualità di erede di un originario debitore costituisce accettazione tacita dell'eredità, qualora il chiamato si costituisca dichiarando tale qualità senza in alcun modo contestare il difetto di titolarità passiva della pretesa. Peraltro l'accettazione tacita di eredità può essere desunta anche dalla partecipazione in contumacia a giudizi di merito concernenti beni del de cuius (Cass. n. 13384 del 2007).
Nel caso di specie, l'accoglimento della domanda da parte del giudice di merito è stato fondato anche sulle risultanze delle visure catastali, ovvero atti che non hanno natura meramente fiscale ma che rilevano anche dal punto di vista civile, per l'accertamento legale o semplicemente materiale della proprietà e dei relativi passaggi,
Cassazione civile, sez. II, ordinanza 18/04/2024 (ud. 09/04/2024) n. 10544
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 2904/2014 depositata in data 11-7-2014 il Tribunale di Lecce, non definitivamente pronunciando sulla domanda di divisione del compendio ereditario di Sa.Ga. proposta ai sensi dell'art. 599 cod. proc. civ. da Ci. Pneumatici Srl, ha dichiarato che la società attrice aveva diritto di chiedere la divisione degli immobili pignorati a Sa.Pa. e ha disposto procedersi alla divisione mediante vendita, stante la non comoda divisibilità, nominando il delegato alle operazioni di vendita.
2. Sa.Pa. ha proposto appello avverso la sentenza, al quale ha resistito Ci. Pneumatici Spa, mentre sono rimasti contumaci Europa 2000 Spa, Yo. Spa, Sa.Ga. + Altri Omessi.
Con sentenza n. 462/2018 depositata il 30-4-2018 la Corte d'appello di Lecce ha rigettato l'appello e ha condannato Sa.Pa. alla rifusione delle spese di lite del grado a favore di Ci. Pneumatici Spa liquidate in Euro 2.200,00 oltre accessori.
La sentenza ha rigettato l'unico motivo di appello, con il quale l'appellante si era lamentato del fatto che il Tribunale aveva ritenuto che egli avesse accettato tacitamente l'eredità paterna. Ha rilevato che il primo giudice aveva ritenuto l'avvenuta accettazione tacita dell'eredità, oltre che sulla base del possesso dei beni ereditari, suffragato da una serie di documenti aventi valore indiziario, sull'elemento inconfutabile del contegno tenuto da Sa.Pa.nel giudizio di primo grado; ciò perché lo stesso nella comparsa di costituzione e risposta aveva espressamente aderito alla domanda di divisione giudiziale, limitandosi a chiedere l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei nipoti subentranti in rappresentazione del fratello Gi. rinunciante.
3. Avverso la sentenza Sa.Pa. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi notificato, oltre che agli appellati indicati nella sentenza impugnata, anche ad Agenzia delle Entrate Riscossione.
Tutte le controparti sono rimaste intimate.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380 bis-1 cod. proc. civ., in prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato memoria illustrativa e con ordinanza interlocutoria n. 29721/2023 emessa all'esito dell'adunanza in camera di consiglio del 25-9-2023, dato atto che non vi era agli atti la prova della notifica a tutte le controparti, è stato fissato termine per produrre gli avvisi di ricevimento delle notifiche eseguite a mezzo posta non depositate, o per rinnovare le notifiche che non fossero state eseguite.
Depositati gli avvisi di ricevimento, è stata nuovamente fissata l'udienza per la trattazione camerale e all'esito della camera di consiglio del 9-4-2024 la Corte ha riservato il deposito dell'ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, rubricato "violazione e falsa applicazione degli artt. 476 e 485 c.c. mancato compimento di atti gestori, errata interpretazione dei fatti e circostanze di causa, violazione e falsa applicazione degli artt. 167 e 183 c.p.c. Error in iudicando e in procedendo", il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, dopo avere dichiarato che il giudice di primo grado aveva fatto riferimento a una "serie di documenti" per ritenere l'accettazione tacita di eredità, abbia poi omesso di individuare tali documenti, riferendosi esclusivamente al contegno processuale di Sa.Pa.
Evidenzia come, al fine di ritenere l'accettazione tacita di eredità, sia necessaria la prova del compimento di qualche atto di contenuto volontario, che lasci desumere la volontà di accettare l'eredità.
Sostiene che la presentazione della denuncia di successione non determini accettazione di eredità e che con riguardo alla voltura catastale gli effetti dell'accettazione tacita si producano solo a favore di colui che vi provvede, mentre per gli altri è necessario valutare se vi sia stata la spedita del nome, che nella fattispecie non risulta esservi stata. In ordine al contegno processuale che la sentenza gli ha attribuito, il ricorrente evidenzia che nella comparsa di costituzione nel giudizio di divisione egli aveva chiesto che il contraddittorio fosse esteso agli altri chiamati, all'udienza aveva dichiarato di non avere mai compiuto atto di accettazione dell'eredità, così precisando e modificando ancora prima della scadenza del termine ultimo di cui all'art. 183 co. 6 n.1 cod. proc. civ. le conclusioni esposte nella memoria di costituzione.
1.1. Il motivo è in primo luogo inammissibile perché elude la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Quest'ultima ha testualmente dichiarato che nella comparsa di costituzione e risposta innanzi al Tribunale "Sa.Pa. ha espressamente aderito alla domanda di divisione giudiziale ex adverso proposta, limitandosi a richiedere l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei nipoti subentranti". In questo modo la Corte d'appello ha interpretato il contenuto della comparsa di costituzione e risposta del debitore Sa.Pa., depositata entro il decennio dalla morte del padre, per cui non si poneva neppure questione di prescrizione del diritto di accettare l'eredità; al fine di sostenere che il debitore nella comparsa di risposta non avesse aderito alla domanda di divisione e perciò la Corte d'appello avesse erroneamente interpretato il contenuto dell'atto, il ricorrente non avrebbe potuto limitarsi a rilevare di avere chiesto nella comparsa di risposta l'integrazione del contraddittorio, perché tale elemento è stato considerato dalla Corte d'appello, ma avrebbe dovuto richiamare specificamente il contenuto della comparsa, dal quale risultasse esclusa l'adesione alla domanda di divisione affermata dalla Corte d'appello.
In mancanza di ciò, le ulteriori deduzioni del ricorrente sono irrilevanti perché la sentenza impugnata, a fronte del dato che il convenuto nella comparsa di costituzione aveva aderito alla domanda di divisione, ha ritenuto tale condotta accettazione tacita dell'eredità ex art. 476 cod. civ. Non sono pertinenti neppure gli ulteriori argomenti del ricorrente, secondo i quali già all'udienza di comparizione, e perciò prima del decorso del termine per la modificazione della domande, egli aveva negato di avere compiuto atti di accettazione dell'eredità: secondo la prospettazione della Corte d'appello l'accettazione tacita dell'eredità era avvenuta nel momento in cui Sa.Pa.si era costituito aderendo alla domanda di divisione e quindi la successiva condotta processuale non poteva incidere sull'accettazione già avvenuta.
Per il resto il motivo di ricorso è infondato, in quanto è già stato posto il principio secondo il quale l'assunzione in giudizio della qualità di erede di un originario debitore costituisce accettazione tacita dell'eredità, qualora il chiamato si costituisca dichiarando tale qualità senza in alcun modo contestare il difetto di titolarità passiva della pretesa (Cass. Sez. L 18-1-2017 n. 1183 Rv. 642519-01); è altresì stato posto il principio secondo il quale l'accettazione tacita di eredità può essere desunta anche dalla partecipazione in contumacia a giudizi di merito concernenti beni del de cuius (Cass. Sez. 3 8-6-2007 n. 13384 Rv. 597884-01). Per di più nella fattispecie, come pure risulta dalla sentenza impugnata, l'accoglimento della domanda è stato fondato anche sulle risultanze delle visure catastali e, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, non si trattava di elemento irrilevante: l'accettazione tacita di eredità può essere desunta dal comportamento del chiamato che ponga in essere atti che non abbiano natura meramente fiscale, quale la denuncia di successione, ma che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva anche dal punto di vista civile, per l'accertamento legale o semplicemente materiale della proprietà e dei relativi passaggi (Cass. Sez. 6-2 30-4-2021 n. 11478 Rv. 661054-01 e precedenti ivi richiamati). I precedenti sul significato dell'esecuzione delle volture catastali richiamati dal ricorrente, specificamente esaminati da Cass. 11478/2021 alla quale si rinvia, non pongono principi di segno diverso, ma evidenziano come alla richiesta di voltura non si possa attribuire significato allorché sia stata eseguita soltanto da un successibile senza elementi per ritenere il conferimento di delega o ratifica da parte degli altri, e perciò in un caso che non risulta essere quello all'esame della sentenza impugnata.
Posto che integrano accettazione tacita di eredità gli atti incompatibili con la volontà di rinunciare all'eredità e non altrimenti giustificabili se non con la veste di erede, mentre sono privi di rilevanza gli atti che, ammettendo come possibili altre interpretazioni, non denotano in maniera univoca una effettiva assunzione della qualità di erede, spetta al giudice di merito il relativo accertamento (cfr. Cass. Sez. 2 20-3-1976 n. 1021 Rv. 379676-01); nella fattispecie, per le ragioni svolte, l'accertamento eseguito dal giudice di merito si sottrae alle critiche del ricorrente.
2. Con il secondo motivo, rubricato "violazione e falsa applicazione dell'art. 360 c.p.c. comma 5 in relazione all'art. 2697 c.c. Mancato assolvimento dell'onus probandi, mancata motivazione in ordine a elementi decisivi del giudizio (non vi è cessione di alcun ramo di azienda, l'attività lavorativa del ricorrente è stata avviata autonomamente prima del decesso del padre, non vi è mai stato possesso dei beni, mancata valutazione delle attestazioni di possesso rinvenute in perizia). Error in iudicando e in procedendo", il ricorrente deduce la mancata prova da parte del creditore procedente dell'esistenza della qualità di erede in capo a Sa.Pa.; evidenzia che lo stesso non aveva ricevuto alcuna cessione di ramo di azienda dal padre e prima della morte del padre aveva avviato un'azienda autonoma.
3. Con il terzo motivo, rubricato "violazione e falsa applicazione art. 2740 c.c. violazione artt. 476 e 485 c.c. sotto altro profilo. Omessa pronuncia e/o mancata motivazione della sentenza in ordine alla improcedibilità del pignoramento e della successiva domanda dei beni pignorati. Error in iudicando e in procedendo", il ricorrente lamenta che, nonostante avesse chiesto la dichiarazione di improcedibilità del pignoramento e della domanda di divisione perché il debitore non era proprietario dei beni pignorati, sul punto non vi erano stati esame e pronuncia.
4. Il rigetto del primo motivo comporta l'assorbimento in senso improprio del secondo e del terzo motivo. A fronte del passaggio in giudicato dell'accertamento sull'accettazione tacita di eredità in ragione del rigetto del primo motivo, risultano irrilevanti le deduzioni con le quali il ricorrente nel secondo motivo nega l'esistenza di altre condotte di accettazione tacita dell'eredità; risulta irrilevante anche che la Corte d'appello non abbia pronunciato sull'improcedibilità, eccepita dal convenuto esclusivamente sulla base del fatto che egli non era proprietario dei beni pignorati perché non aveva accettato l'eredità del padre.
5. Con il quarto motivo, rubricato "violazione e falsa applicazione artt. 91 c.p.c. e 13 co.1-quater T.U. n. 115/2002 e s.m.i. Motivazione erronea e insufficiente sulla condanna alle spese e competenze di lite e sulla conseguente ulteriore condanna ex art. 13 co. 1-quater T.U. n. 115/2002 e S.M.I. Errore in iudicando e in procedendo", il ricorrente sostiene che la complessità della materia controversa, nonché la circostanza che la pronuncia oggetto di appello e quella di secondo grado si fondassero esclusivamente su elementi presuntivi in assenza di qualsiasi istruttoria, avrebbero giustificato la compensazione delle spese di lite e per l'effetto avrebbero comportato l'insussistenza dei presupposti per applicare la sanzione di cui all'art. 13 co. 1-quater T.U. 115/2002.
5.1. Il motivo è infondato, dovendosi fare applicazione del principio secondo il quale in tema di spese processuali la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione (Cass. Sez. 6-3 26-4-2019 n. 11329 Rv. 653610-01, Cass. Sez. U 15-7-2005 n. 14989 Rv. 582306-01).
È erronea anche l'affermazione secondo la quale, se fossero state compensate le spese, non vi sarebbe stata la pronuncia di raddoppio del contributo unificato, in quanto il relativo presupposto non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto o della dichiarazione di inammissibilità del gravame negativi per l'impugnante (Cass. Sez. 3 21-9-2023 n. 26981 Rv. 668786-01).
6. In conclusione il ricorso è integralmente rigettato, senza statuizione sulle spese del giudizio, essendo le controparti rimaste intimate.
In considerazione dell'esito del ricorso, ai sensi dell'art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono ex art.13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 9 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2024.