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Mantenimento dei figli, l'obbligo grava anche sul genitore disoccupato

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.12283 del 07/05/2024

Il genitore separato o divorziato deve versare l'assegno di mantenimentoper i figli anche se è disoccupato, sussistendo il dovere dell'obbligato di attivarsi ed impegnarsi ulteriormente nella ricerca di una occupazione, per essere in condizione di fare fronte agli impegni intrinseci alla scelta della genitorialità.

Lo ha ribadito la Prima Sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 12283 depositata il 7 maggio 2024.

La Suprema Corte ricorda che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall'art. 147 cod. civ., obbliga i coniugi secondo i parametri previsti nel nuovo testo dell'art. 155 cod. civ., come sostituito dall'art. 1 legge 8 febbraio 2006, n. 54, il quale, nell'imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.

Nel caso di specie, la figlia di 13 anni era collocata presso la madre e, a tale proposito, proprio sulla madre cade il maggior carico derivante dal soddisfacimento delle quotidiane necessità della figlia con lei convivente per cui il contributo gravante sul padre non appariva suscettibile di essere, allo stato degli atti, diminuito secondo la valutazione dei giudici di merito, adeguatamente motivata.

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Cassazione civile, sez. I, ordinanza 07/05/2024 (ud. 21/03/2024) n. 12283

FATTI DI CAUSA

il Tribunale di Patti, su ricorso proposto da Ma.Ma. ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio con Am.Am. ed ha disposto l'affidamento congiunto della figlia Ma. (nata il omissis), con collocamento presso la madre, disponendo in ordine al diritto di visita del padre e, con riferimento all'obbligo di mantenimento della minore, disponendo la corresponsione a carico del padre di un assegno di euro 200,00 mensili e la contribuzione alle spese straordinarie nella misura del 50%, ponendo quelle per le trasferte a carico del padre.

Ma.Ma. proponeva appello avverso la suddetta sentenza censurando l'ammontare dell'assegno di mantenimento, fissato nella misura di Euro. 200,00, anziché di Euro.100,00, come disposto nella sentenza di separazione e ciò, a suo dire, in maniera contrastante con il principio di proporzionalità. Secondo l'appellante, infatti, la quantificazione non terrebbe conto della profonda sperequazione economica esistente tra la situazione reddituale del Signor Ma.Ma. e quella della Signora Am.Am.

Sullo stesso, in sostanza, peserebbe la scelta della madre di trasferirsi a 1000 km di distanza con la bambina, costringendolo a sobbarcarsi le spese di trasferta, pur di assolvere al proprio ruolo genitoriale. Egli lamentava altresì di essere al momento privo di redditi, non avendo trovato un lavoro consono alle sue condizioni fisiche (nonostante l'impegno profuso in tal senso), soffrendo di lombosciatalgia, tanto da aver deciso di fare rientro in C (PU) presso l'abitazione materna, al fine di poter accantonare le somme utili ai viaggi della figlia.

Al contrario la signora Am.Am. avrebbe una posizione più solida, atteso che risulta occupata - part time - presso uno studio con la qualifica di segretaria e, nel tempo libero, svolge la professione di commercialista, avendo riallacciato contatti con la vecchia clientela e inoltre beneficerebbe di un immobile ceduto in comodato gratuito dalla madre in P, ove avrebbe trasferito la propria residenza.

Con l'atto di appello, il Ma.Ma. lamentava anche che, nonostante le prescrizioni impartite dal Tribunale, la signora Am.Am. impediva il regolare esercizio del diritto di visita paterno, ignorando le richieste del padre di prendere la figlia, da ultimo non rispondendo alla e-mail datata 02.09.2021 con la quale aveva comunicato le date concordate con la minore per trascorrere insieme i periodi previsti per i mesi a venire. La Corte di Appello di Messina rigettava l'impugnazione, con sentenza in data 28/2/2023.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina ha proposto ricorso in cassazione Ma.Ma. chiedendo di annullare la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Messina affidato a tre motivi. Am.Am. è rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso sono i seguenti:

1. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1. n. 3) c.p.c., con riferimento alle disposizioni di cui all'art 337-ter comma 4 c.c. per aver la Corte territoriale omesso di concretamente considerare "le risorse economiche di entrambi i genitori".

2. Error in procedendo per violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c. per avere la Corte territoriale posto a fondamento della decisione circostanze non provata e, per di più, contraria a quanto, invece, già non contestato dalla parte appellata.

3. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., con riferimento alle disposizioni di cui all'art 337-ter comma c.c. per avere la Corte territoriale omesso di tenere concretamente in considerazione l'interesse della prole al rapporto effettivo con il padre.

II ricorso è fondato e deve essere accolto in ordine al terzo motivo, essendo inammissibili solo i primi due perché censurano accertamenti di merito insindacabili in questa sede.

In ordine ai primi due motivi, la Corte di merito così ha motivato: "Né nel caso in esame, come già rilevato dal Giudice di prime cure, l'appellante non è stato in grado di dimostrare il proprio impedimento allo svolgimento di attività lavorativa, non apparendo dirimente la certificazione medica prodotta che, nell'attestare le problematiche legate alla lombosciatalgia, non esclude di per sé l'abilità al lavoro, specie ove si consideri che come - in maniera condivisibile - affermato dal Tribunale di Patti, "il limite a svolgere eventuali mansioni che comportino sforzo fisico e di carico alla schiena non è pertinente alle specifiche competenze del ricorrente medesimo il quale ha sempre svolto lavori di grafico ovvero di imprenditore nel campo dell'informatica e quindi involgenti uno sforzo prettamente intellettivo".

Parametrate le due modeste situazioni economiche, del resto, non emerge dal lato della madre una floridità di posizione tale da poter sorvolare sulla necessaria contribuzione del padre al fine di consentire un'adeguata crescita della minore, o da modificare l'assetto relativo alla contribuzione alle spese straordinarie e a quelle di trasferta per l'esercizio del diritto di visita, queste ultime da mantenere inalterate, onde compensare la modesta entità dell'assegno periodico." (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).

Sulla base di questi fatti, emersi pacificamente e riconosciuti da parte dei Giudici di Appello, come correttamente statuito dai Giudice di primo grado (che richiamano gli stessi principi stabiliti da questo Supremo Collegio) occorre osservare che la giurisprudenza è costante nel ritenere che anche il genitore disoccupato è obbligato a mantenere i figli.

Neanche la perdita del lavoro costituisce oggettiva impossibilità di fare fronte alle obbligazioni economiche (Cass. sent. n. 39411/17 del 24.08.17). La Corte di Cassazione, infatti, ha stabilito il principio secondo il quale "il genitore separato o divorziato deve versare l'assegno di mantenimento per i figli anche se è disoccupato", sussistendo il dovere dell'obbligato di attivarsi ed impegnarsi ulteriormente nella ricerca di una occupazione, per essere in condizione di fare fronte agli impegni intrinseci alla scelta della genitorialità.

Ciò premesso nel caso concreto, la censura risulta infondata posto che questa Corte ha più volte affermato che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall'art. 147 cod. civ., obbliga i coniugi secondo i parametri previsti nel nuovo testo dell'art. 155 cod. civ., come sostituito dall'art. 1 legge 8 febbraio 2006, n. 54, il quale, nell'imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.

Ebbene nel caso in esame la minore di anni 13 convive con la madre e, a tale proposito, proprio sulla madre cade il maggior carico derivante dal soddisfacimento delle quotidiane necessità della figlia con lei convivente per cui il contributo gravante sul padre non appare suscettibile di essere, allo stato degli atti, diminuito secondo la valutazione dei giudici di merito. La pronuncia è adeguatamente motivata sul punto e non può questa Corte operare una rivalutazione degli elementi probatori già acquisiti.

Il terzo motivo è invece fondato in quanto il trasferimento della madre con la bambina in Sicilia, a parecchi chilometri di distanza dalla residenza del padre, oggettivamente ostacola il rapporto con il medesimo e la Corte di Appello di Messina non ha motivato, come necessario, adeguatamente ed esaurientemente sul punto, anche tenendo conto della giurisprudenza della Corte EDU così come considerata da questa stessa Corte.

La lontananza della minore dal padre rischia di configurare una violazione dei principi di diritto inerenti alla bigenitorialità e la decisione in questa sede impugnata va cassata, in relazione al motivo proposto, in quanto la Corte di merito non ha valutato in alcun modo la questione né vi ha dato risposta in considerazione dei principi giuridici richiamati.

Perciò il ricorso deve essere accolto in ordine al terzo motivo e dichiarato inammissibile in ordine ai primi due motivi.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Messina in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2024.

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