Pubblicato il

Scuola laica o religiosa? Come risolvere il contrasto fra i genitori

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.13570 del 16/05/2024

Come si risolve il contrasto tra i genitori sulla scelta della scuola del figlio fra pubblica o privata religiosa?

È il quesito di cui si occupa la Sezione Seconda civile della Cassazione con l’ordinanza n. 13570 del 16 maggio 2024.

Nel caso di specie, un padre si era rivolto al tribunale (e poi alla Corte d'Appello) contro la decisione della madre di iscrivere il loro figlio minore in una scuola privata religiosa. 

Dopo il rigetto della domanda nei giudizi di merito, il padre ricorreva in Cassazione lamentando:

  • il mancato adeguato confronto con l'offerta formativa della scuola pubblica;
  • l'imposizione al minore una determinata religione, violando così il principio di laicità e la libertà di autodeterminazione religiosa del minore.

La Cassazione, esaminato il ricorso, ricorda che il contrasto tra genitori separati deve essere risolto valutando il preminente interesse del minore a una crescita sana ed equilibrata. Tale decisione deve tenere conto della necessità di garantire continuità e stabilità nella vita del minore, specialmente in una fase già caratterizzata dalla separazione dei genitori.

Sul punto anche la la CEDU (sentenza n. 54032/22), ha stabilito che alcune limitazioni sulle modalità di coinvolgimento del minore in una pratica religiosa scelta da uno dei genitori non costituiscono una discriminazione se sono funzionali a garantire il superiore interesse del minore.

Nella vicenda in esame, la Corte di appello ha ritenuto che la scelta di continuare il ciclo scolastico in una scuola privata rispondesse al miglior interesse del minore, che aveva espresso il desiderio di rimanere nella stessa scuola privata dove aveva costruito amicizie e rapporti con gli insegnanti. La decisione è stata supportata da una relazione psicodiagnostica che sottolineava il bisogno di stabilità del minore.

La decisione del giudice del merito non può quindi essere interpretata come una violazione del principio di laicità, ma piuttosto come un bilanciamento tra questo principio e la tutela degli interessi del minore.

In definitiva, la Corte ha rigettato il ricorso, confermando che il superiore interesse del minore deve prevalere su altre considerazioni, inclusa la scelta tra una scuola pubblica laica e una scuola privata religiosa.


Vedi anche:

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 16/05/2024 (ud. 21/03/2024) n. 13570

RILEVATO CHE

In data 19.1.23, Mo.Ch. presentava ricorso urgente ex art. 709-ter, c.p.c., al Tribunale di Milano, nell'ambito della causa di divorzio pendente nei confronti del marito Sa.Al., chiedendo l'autorizzazione all'iscrizione del figlio minorenne, Sa.An., di 10 anni, per il ciclo di scuola secondaria di primo grado, presso l'istituto scolastico attualmente frequentato, Gonzaga di Milano. A seguito dell'audizione del minore, il Tribunale, con ordinanza del 29.3.23, autorizzava, salvo diverso espresso accordo dei genitori, Mo.Ch. a procedere, anche senza il consenso del padre, all'iscrizione del minore Sa.An. alla scuola secondaria in Milano, osservando che: in mancanza di un'intesa tra i genitori a favore di qualsivoglia istituto scolastico privato, e non emergendo evidenti controindicazioni all'interesse del minore, la decisione non poteva che essere a favore dell'istruzione pubblica, salva l'esistenza di elementi precisi da cui desumere un concreto interesse del minore a frequentare una scuola diversa da quella pubblica, come nella specie, considerando altresì l'interesse del ragazzo a proseguire il percorso scolastico presso lo stesso istituto a oggi frequentato, elemento di stabilità e di continuità relazionale e sociale, anche alla luce della forte conflittualità tra i genitori.

La Corte d'appello ha rigettato il reclamo proposto da Sa.Al., padre del minore, osservando che: premessa l'ammissibilità dell'impugnativa ex art. 709-ter c.p.c., trattandosi di provvedimento adottato al fine di dirimere la questione di rilevante importanza insorta tra i genitori, venuti in conflitto circa la scelta dell'istituto scolastico da far frequentare al figlio Sa.An. per lo svolgimento del ciclo della scuola primaria, riguardante il regime dell'affidamento del figlio, dall'audizione del minore era emerso il suo desiderio di poter continuare a frequentare, come fatto nel ciclo della scuola elementare, l'istituto Gonzaga in Milano, dove aveva numerose amicizie e buoni rapporti con gli insegnanti. Dalla relazione psicodiagnostica preventivamente richiesta da entrambi i genitori, emergeva che il minore aveva bisogno di stabilità e conservazione dei riferimenti acquisiti, anche alla luce del disturbo non specificato, di cui soffriva.

Avverso tale decreto Sa.Al. ricorre in cassazione con due motivi. Mo.Ch., madre del minore, e il curatore speciale, Sa.An., resistono con distinti atti di controricorso; la Mo.Ch. ha depositato memoria.

RITENUTO CHE

Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 2,3,30,31,111, c.6, Cost., 147, 315 bis, 337 ter, c.c., 132, n.4, c.p.c., 118 disp, att., c.p.c., per aver la Corte d'appello ritenuto di autorizzare l'iscrizione del minore in una scuola privata, senza compararne l'offerta formativa, gli ambienti scolastici, la collocazione logistica e i costi.

Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 3,7,8,9,10,19,30,33,39,111, c.6, Cost., 8,9 e 14, Cedu, 337 ter, c.c., 132, n.4, c.p.c., 118 disp. att., c.p.c., per aver la Corte d'appello adottato una pronuncia che vanifica la laicità delle scuole pubbliche, dato che l'autorizzazione in questione riguardava l'iscrizione ad un istituto di matrice cattolica, implicando, così, una coazione del minore verso una determinata religione, condizionando la sua libertà di autodeterminazione in tema di confessione religiosa.

Al riguardo, il ricorrente lamenta che i desideri espressi dal minore non avrebbero dovuto assumere un rilievo decisivo circa la scelta in questione, così importante per la crescita dello stesso.

In definitiva, il ricorrente lamenta che la pronuncia impugnata non poteva dirsi sorretta da adeguata motivazione in quanto fondata su un'erronea ricostruzione dei fatti storici, sfociata in errore di diritto.

Anzitutto, va osservato che i provvedimenti de potestate adottati ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c. dalla corte d'appello in sede di reclamo, al fine di risolvere l'intervenuto contrasto genitoriale, hanno natura stabile e carattere decisorio, pertanto nei loro confronti è ammesso ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., anche se siano destinati ad avere un'efficacia circoscritta nel tempo, come avviene in riferimento alla scelta della scuola presso cui iscrivere il figlio per un anno scolastico (Cass., n. 21553/21; n. 6802/23).

Premesso ciò, i due motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono infondati e vanno respinti.

Il contrasto insorto tra genitori legalmente separati, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, in ordine alla scelta della scuola (se d'ispirazione "religiosa" o "laica") presso cui iscrivere i figli, deve essere risolto in considerazione dell'esigenza di tutelare il preminente interesse dei minori a una crescita sana ed equilibrata, e importa una valutazione di fatto, non sindacabile nel giudizio di legittimità, che può ben essere fondata sull'esigenza, in una fase esistenziale già caratterizzata dalle difficoltà conseguenti alla separazione dei genitori, di non introdurre fratture e discontinuità ulteriori, come facilmente conseguenti alla frequentazione di una nuova scuola, assicurando ai figli minori la continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativa (Cass., n. 21553/21).

Secondo l'orientamento della CEDU (sentenza n. 54032/22), alcune limitazioni sulle modalità di coinvolgimento del minore in una pratica religiosa scelta da uno dei genitori non costituiscono una discriminazione se funzionali a garantire e preservare il superiore interesse del minore.

E' stato altresì affermato che, in caso di contrasto tra genitori in ordine a questioni di maggiore interesse per i figli minori, la relativa decisione, ai sensi dell'art. 337-ter, comma 3, c.p.c., è rimessa al giudice, il quale, chiamato, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia attraverso l'adozione dei provvedimenti relativi in luogo dei genitori, deve tener conto esclusivamente del superiore interesse, morale e materiale, del minore a una crescita sana ed equilibrata, con la conseguenza che il conflitto sulla scuola primaria e dell'infanzia, pubblica o privata, presso cui iscrivere il figlio, deve essere risolto verificando non solo la potenziale offerta formativa, l'adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l'assolvimento dell'onere di spesa da parte del genitore che propugna la scelta onerosa ma, innanzitutto, la rispondenza al concreto interesse del minore, in considerazione dell'età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell'istituto scolastico rispetto all'abitazione del bambino, onde consentirgli di avviare e/o incrementare rapporti sociali e amicali di frequentazione extrascolastica, creando una sua sfera sociale, e di garantirgli congrui tempi di percorrenza e di mezzi per l'accesso a scuola e il rientro alla propria abitazione (Cass., n. 26820/23: nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, in quanto, nella scelta tra la scuola pubblica e privata, aveva considerato criterio dirimente l'assolvimento dell'esborso economico da parte di uno dei due genitori).

Nella fattispecie, la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato nel senso che la scelta della prosecuzione del ciclo scolastico secondario (dopo la scuola elementare) rispondeva all'esigenza di preservare il miglior interesse del minore il quale aveva espresso il desiderio di continuare a frequentare l'istituto privato Gonzaga in Milano dove aveva numerose amicizie e buoni rapporti con gli insegnanti; come desumibile dalla relazione psicodiagnostica preventivamente richiesta da entrambi i genitori: il minore aveva bisogno di stabilità e conservazione dei riferimenti acquisiti, anche alla luce del disturbo non specificato, di cui soffriva.

Pertanto, la Corte territoriale - con ragionamento conforme ai principi già elaborati da questa Corte - ha correttamente ritenuto che l'esigenza di garantire la piena liberà di credo religioso a favore del minore era da ritenere recessiva rispetto al superiore interesse di quest'ultimo di soddisfare i propri desideri di continuare la frequentazione della scuola privata e di garantirne la crescita equilibrata e stabile, fondata sui riferimenti sociali acquisiti.

Né può, infine, obiettarsi che la decisione impugnata possa essere intesa come una violazione del principio di laicità del nostro ordinamento costituzionale, in quanto essa esprime, di fatto, un plausibile giudizio di bilanciamento dello stesso con i principi di rango costituzionale afferenti alla cura e alla tutela dei minori, in ogni loro declinazione.

In conclusione, il detto principio di laicità non può essere invocato in termini assoluti, né esso può assurgere a valore tiranno, rispetto agli altri, pure in gioco, la cui portata è stata legittimamente limitata in ragione della tutela degli interessi del minore e dei limiti strettamente indispensabili per realizzare tale tutela sì che la complessiva ponderazione giudiziale risulta immune dai pretesi vizi logici e giuridici. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 4.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

Dispone che ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso nella camera di consiglio del 21 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2024.

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472