Qualora un consumatore, convenuto in giudizio da un professionista, si sia costituito in giudizio ed abbia eccepito tempestivamente la carenza di giurisdizione del giudice adito invocando la sua qualità di consumatore ed il suo domicilio in altro Stato membro, non è necessario che egli deduca espressamente ed immediatamente nelle sue difese l’eccezione relativa al fatto “che le attività del professionista siano dirette, con qualsiasi mezzo, presso lo Stato del suo domicilio” di cui all’art. 17 comma 1 lett. c) Reg. UE 1215/2012, dovendo il giudice esaminare la propria competenza internazionale in base agli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo, ivi incluse le prove costituende, che devono essere ammesse, onde assicurare una verifica circa la ricorrenza degli elementi che fondano la competenza in favore della giurisdizione del luogo di domicilio del consumatore.
Cassazione civile, sez. un., sentenza 03/06/2024 (ud. 12/03/2024) n. 15364
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Gli avvocati Ma.We. e Ma.Ga. convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Bolzano la cliente Ma.Ki., cittadina tedesca, chiedendone la condanna al pagamento del compenso professionale per l'attività difensiva da essi svolta in
sede civile e penale a seguito di un sinistro verificatosi su una pista da sci in Alta Val B.
La convenuta eccepì preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in applicazione dell'art. 5 del regolamento UE n. 44/2001, ed il Tribunale adito, con sentenza n. 780/2018, respinta l'eccezione di difetto di giurisdizione, decise la causa nel merito, accogliendo la domanda dei professionisti nei limiti della somma di Euro. 7.531,57.
La Corte d'Appello di Bolzano, con sentenza n. 74/2021 resa pubblica il 14.5.2021, ha respinto il gravame proposto dalla soccombente Ma.Ki., rilevando, quanto all'eccepito difetto di giurisdizione del giudice italiano (oggetto del primo motivo di gravame): - che l'argomento della "direzione" delle attività dei legali verso la Germania (che renderebbe applicabile l'art. 17 del regolamento UE n. 1215/2012 e quindi porterebbe a radicare la giurisdizione del giudice dello Stato membro di domicilio del consumatore) era stato tardivamente introdotto nel dibattito, essendo stato affrontato solo nella comparsa conclusionale nel giudizio di appello, sicché trovava applicazione la preclusione dell'art. 345 cpc; - che la convenuta non aveva assolto all'onere probatorio posto a suo carico (sulla specifica circostanza dell'attività professionale dei due legali diretta verso la Germania); - che la mancata dimostrazione della sussistenza delle condizioni di applicabilità dell'art. 17 Reg. UE n. 1215/2012 rendeva applicabile al caso di specie l'art. 7 del citato Regolamento (sulla devoluzione della causa al giudice del luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio), in linea con un precedente di questa Corte (Sez. U -, Ordinanza n. 6001 del 04/03/2021).
2. Avverso la predetta sentenza Ma.Ki. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi illustrati da memoria, contrastato con controricorso dallo studio legale We. & Ma. (già studio legale We.- Ma.Ga.) il quale ha a sua volta depositato memoria in prossimità dell'adunanza camerale, mentre l'avvocato Ma.Ga. è rimasto intimato.
3. Con ordinanza interlocutoria n. 28945 del 18 ottobre 2023 la Corte ha ritenuto opportuno, in relazione ai temi posti dal primo motivo di ricorso, rinviare la causa alla pubblica udienza, in prossimità della quale parte controricorrente ha depositato memoria.
4. Con il primo motivo si denunzia la violazione dell'art. 17 comma 1 lett. c) Reg. UE n. 1215/2012 in tema di competenza giurisdizionale, di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza 7.12.2010 in cause C-585/08 e C-144/09), per avere la Corte d'Appello ritenuto non dedotta la circostanza - necessaria per l'applicazione dell'art. 18 sulla competenza in materia di contratti conclusi dal consumatore -della direzione dell'attività difensiva verso la Germania, benché agli atti vi fossero plurimi elementi indiziari a tal fine (capitoli di prova per testi, lettera a firma dell'avvocato We., pagina estratta dal sito Internet con indicazione del numero telefonico dello studio legale preceduto da prefisso internazionale).
Con il secondo motivo si denunzia violazione dell'art. 101 c.p.c. per avere la Corte altoatesina omesso di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado che, a sua volta, aveva adottato una decisione a sorpresa, rilevando di ufficio la questione della necessità che l'attività professionale degli avvocati fosse diretta verso la Germania, Stato membro di domicilio del consumatore, senza concedere il termine previsto dal secondo comma della disposizione, necessario per porre la convenuta in condizioni di integrare la sue difese.
5. La Corte d'Appello nella sentenza impugnata, dopo aver rilevato che nella fattispecie, ratione temporis, trovava applicazione la previsione di cui all'art. 7 del Regolamento UE n. 1215/2012, entrato in vigore in data anteriore alla proposizione della domanda, ha rilevato che solo in appello la convenuta aveva evidenziato che l'attività professionale delle controparti fosse diretta verso la Germania, come comprovato anche dal fatto che l'estratto del sito web dello studio professionale era stato prodotto per la prima volta in appello.
Ha quindi osservato che il divieto di nova di cui all'art. 345 c.p.c. si estendeva anche alle contestazioni nuove, tra le quali rientrava anche l'allegazione circa il fatto che l'attività professionale fosse diretta verso lo stato di appartenenza della ricorrente, occorrendo in ogni caso escludere l'ammissibilità della prova nuova in appello.
Per l'effetto, doveva escludersi che fosse stata offerta la dimostrazione del fatto che gli avvocati avevano rivolto la loro attività professionale verso la Germania.
6. Il primo motivo è fondato, e risulta quindi meritevole di accoglimento.
La giurisprudenza di questa Corte ha già affermato che, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 206 del 2005, nei rapporti tra avvocato e cliente quest'ultimo riveste la qualità di consumatore, ma ciò non comporta, ai fini dell'individuazione del giudice al quale spetta la giurisdizione sulle relative controversie, l'automatica applicabilità della regola contenuta nell'art. 16 della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 (che individua il giudice della causa promossa contro il consumatore, in quello dello Stato in cui il consumatore è domiciliato), atteso che il precedente art. 15 distingue tra contratti con consumatori che ricadono "sic e simpliciter" nell'ambito di applicazione della convenzione (vendita a rate di beni mobili o prestiti connessi con finanziamenti per tali vendite) e contratti con consumatori per i quali è richiesto che il professionista svolga la sua attività nello Stato vincolato in cui è domiciliato il consumatore oppure che tale attività sia diretta, con qualsiasi mezzo, verso di esso, vale a dire che sia offerta alla potenziale clientela di quello Stato (Cass. S.U. n. 6001/2021).
Ancorché il precedente citato sia relativo ad una controversia che involgeva la giurisdizione nei confronti della Svizzera, stato non appartenente all'Unione Europea, tuttavia deve reputarsi che si riveli pertinente, atteso che, come sottolineato in motivazione, il testo della Convenzione di Lugano, applicabile nel caso deciso, è il medesimo del corrispondente articolo del Regolamento n. 44/2001, Bruxelles I, e del successivo Regolamento n. 1215/2012, Bruxelles I bis.
Tuttavia, come si ricava sempre dalla motivazione della decisione citata, il rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione in quella sede sollevata dal convenuto è stata argomentata in ragione del fatto che l'attività professionale era stata svolta in Italia (come anche riscontrabile nel caso in esame), e che mancavano sia la prova che l'allegazione che l'attività professionale del legale italiano fosse diretta verso lo stato estero, elemento questo di differenziazione rispetto alla controversia in esame, in cui, come sottolineato nel primo motivo, si assume che lo studio controricorrente avesse specificamente diretto la propria attività verso la Germania.
Né può essere invocata a sostegno della tesi della giurisdizione italiana, come invece vorrebbe parte controricorrente nelle memorie, il precedente di questa Corte n. 29575/2023, atteso che nello stesso non si poneva la questione della qualità di consumatore dell'utente delle prestazioni professionali. 7. Sul piano normativo viene in gioco il testo degli artt. 17 e 18 del Reg. UE n. 1215/2012, che nel sostituire il precedente Regolamento n. 44/2001, così dispongono: Articolo 17
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6 e dall'articolo 7, punto 5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione:
a) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali;
b) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un'altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni; o
c) in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell'ambito di dette attività.
2. Qualora la controparte del consumatore non abbia il proprio domicilio in uno Stato membro ma possieda una succursale, un'agenzia o qualsiasi altra sede d'attività in uno Stato membro, essa è considerata, per le controversie relative al loro esercizio, come avente domicilio in quest'ultimo Stato membro.
3. La presente sezione non si applica ai contratti di trasporto che non prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale.
Articolo 18
1. L'azione del consumatore contro l'altra parte del contratto può essere proposta davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui è domiciliata tale parte o, indipendentemente dal domicilio dell'altra parte, davanti alle autorità giurisdizionali del luogo in cui è domiciliato il consumatore.
2. L'azione dell'altra parte del contratto contro il consumatore può essere proposta solo davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro nel cui territorio è domiciliato il consumatore.
3. Le disposizioni del presente articolo non pregiudicano il diritto di proporre una domanda riconvenzionale davanti all'autorità giurisdizionale investita della domanda principale in conformità della presente sezione.
Le norme, come già ricordato dal precedente del 2021, sono sostanzialmente riproduttive di quelle dei precedenti artt. 15 e 16 del Reg. n. 44/2001, il che consente di poter avvalersi dell'interpretazione che di queste ultime è stata offerta dalla Corte di Giustizia, onde inferire i principi suscettibili di applicazione anche nella vicenda oggetto di causa.
Risulta evidente che, avendo gli attori espletato la loro attività difensiva nell'interesse della Ma.Ki. in Italia, ed esulando il contratto d'opera professionale dal novero delle previsioni di cui alle lett. a) e b) dell'art. 17 (che radicano sempre la giurisdizione nel luogo di domicilio del consumatore), è possibile affermare la giurisdizione presso l'autorità giudiziaria straniera solo nel caso in cui si dimostri che l'attività professionale sia diretta, con qualsiasi mezzo, verso lo Stato membro di domicilio del consumatore o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell'ambito di dette attività, essendo tale requisito (come confermato dalla disgiuntiva "o", alternativo al fatto che l'attività professionale sia svolta in altro Stato membro).
8. Ai fini della corretta esegesi delle norme, occorre far richiamo a quanto precisato dalla Corte di Giustizia UE grande sezione, 07/12/2010, n.585, nei procedimenti riuniti C-585/08 e C-144/09, che, sebbene riferita alle previgenti disposizioni del Reg. n. 44/2001, stante l'identità del suo contenuto rispetto al Reg. n. 1215/2012, si pone come essenziale anche ai fini della decisione della controversia in esame.
La Corte di Giustizia, dopo aver evidenziato (§55) che il regolamento n. 44/2001 non contiene alcuna definizione della nozione di attività "diretta verso" lo Stato membro sul territorio del quale il consumatore è domiciliato, ha precisato che tale nozione dev'essere interpretata in maniera autonoma, facendo principalmente riferimento al sistema e alle finalità del regolamento medesimo, al fine di garantirne la piena efficacia. In tale prospettiva è stato sottolineato come la norma assolve la funzione di tutela della parte più debole, onde garantire un'adeguata protezione del consumatore in quanto parte contrattuale ritenuta più debole e giuridicamente meno esperta della sua controparte professionale (v., in particolare, sentenze Gruber, cit. supra, punto 34, e 20 gennaio 2005, causa C-27/02, Engler, Racc. pag. I-481, punto 39).
Avuto quindi riguardo alle differenze con l'art. 13 della Convenzione di Bruxelles, è stato affermato (§ 61) che il testo dell'art. 15, n. 1, lett. c), dev'essere letto nel senso che comprende e sostituisce le precedenti nozioni di "proposta specifica" e di "pubblicità", ricomprendendo, come emerge dall'utilizzazione dei termini "ogni mezzo", una gamma di attività più ampia, e ciò in un'evidente ottica di rafforzamento della tutela del consumatore, imposta dallo sviluppo delle comunicazioni Internet, che rende più difficile la determinazione del luogo in cui sono stati compiuti gli atti necessari ai fini della conclusione del contratto, aumentando la vulnerabilità del consumatore rispetto alle offerte dei commercianti.
Ha altresì precisato che non necessariamente il fatto che il professionista effettui la pubblicità della propria attività a mezzo Internet deponga per la specifica volontà di indirizzare la stessa all'estero, e ciò in ragione del fatto che tale forma di comunicazione ha per sua natura portata mondiale, e che quindi una pubblicità effettuata su un sito Internet da parte di un commerciante è accessibile, in linea di principio, in tutti gli Stati e, conseguentemente, in tutta l'Unione europea senza necessità di un dispiego di risorse supplementari e indipendentemente dalla volontà del commerciante di rivolgersi o meno a consumatori al di fuori dello Stato membro in cui sia stabilito.
Poiché, ai fini dell'applicabilità della giurisdizione in favore del foro del consumatore è necessario che il commerciante o il professionista debbano aver manifestato la propria volontà di stabilire rapporti con i consumatori di uno o più altri Stati membri, tra cui quello sul territorio del quale il consumatore è domiciliato, si impone la verifica se, prima dell'eventuale conclusione del contratto con il consumatore medesimo, vi fossero indizi che evidenziavano che il primo intendeva trattare con consumatori residenti in altri Stati membri, tra i quali quello sul territorio del quale il consumatore stesso è domiciliato, nel senso che fosse disposto a concludere un contratto con tali consumatori.
Al § 77 è stato precisato che "Tra tali indizi non figura la menzione su un sito Internet dell'indirizzo elettronico o geografico del commerciante né tantomeno l'indicazione dei suoi recapiti telefonici privi di prefisso internazionale. Infatti, l'indicazione di tali informazioni non evidenzia che il commerciante dirige la propria attività verso uno o più altri Stati membri, considerato che tale genere di informazioni è, in ogni caso, necessario per consentire ad un consumatore, residente sul territorio dello Stato membro nel quale il commerciante stesso è stabilito, di avviare rapporti con quest'ultimo" anche alla luce del fatto che alcune di queste informazioni sono divenute obbligatorie (per effetto delle Direttive relative a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno).
La Corte di Giustizia ha perciò concluso che (§ 80) "Tra gli indizi che consentono di stabilire se un'attività sia "diretta verso" lo Stato membro sul territorio del quale il consumatore risiede figurano tutte le espresse manifestazioni di volontà di avviare rapporti commerciali con i consumatori di detto Stato membro" e che (§ 81) "Tra le altre espresse manifestazioni di tale volontà del commerciante figura l'indicazione secondo cui questi offre i propri servizi ovvero i propri beni in uno o più Stati membri specificamente indicati. Ciò vale anche per quanto attiene all'impegno di risorse finanziarie per un servizio di posizionamento su Internet presso il gestore di un motore di ricerca al fine di facilitare ai consumatori domiciliati in Stati membri differenti l'accesso al sito del commerciante, cosa che dimostra parimenti l'esistenza di una siffatta volontà".
Tali elementi però non sono stati reputati avere carattere esaustivo, in quanto (§ 82) la qualificazione di un'attività come "diretta verso" altri Stati membri non dipende unicamente dall'esistenza di indizi così evidenti (che equivarrebbero a pretendere che l'attività debba essere intenzionalmente verso altri Stati membri o verso più paesi, tra i quali lo Stato membro sul territorio del quale il consumatore è domiciliato), ma la Corte di Giustizia ha affermato che (§ 83) vi sono anche altri indizi, eventualmente combinati gli uni con gli altri, idonei a dimostrare l'esistenza di un'attività "diretta verso" lo Stato membro di domicilio del consumatore, indizi che la Corte ha elencato in maniera espletamento non esaustiva, e sempre con riserva di verifica della loro sussistenza da parte del giudice nazionale. A tal fine è stata richiamata la natura internazionale dell'attività de qua, quali talune attività turistiche, la menzione di recapiti telefonici con indicazione del prefisso internazionale, l'utilizzazione della denominazione di un sito di primo livello diverso da quello dello Stato membro in cui il commerciante è stabilito, ad esempio ".de" o, ancora, l'utilizzazione di denominazioni di siti di primo livello neutri quali ".com" o ".eu", l'indicazione di itinerari a partire da uno o più altri Stati membri verso il luogo della prestazione dei servizi nonché la menzione di una clientela internazionale composta da clienti domiciliati in Stati membri diversi, in particolare mediante la presentazione di testimonianze provenienti dai clienti medesimi.
Ancora la lingua o la moneta utilizzata non costituiscono elementi pertinenti ai fini della valutazione se un'attività sia diretta verso uno o più altri Stati membri, soprattutto nel caso in cui esse corrispondano alle lingue abitualmente utilizzate nello Stato membro a partire dal quale il commerciante esercita la propria attività e alla moneta dello Stato membro medesimo. Per contro, se il sito Internet consenta ai consumatori di utilizzare lingue o monete diverse, la lingua e/o la moneta possono assumere rilevanza e costituire un indizio che consenta di ritenere che l'attività del commerciante sia diretta verso altri Stati membri. L'individuazione degli indizi idonei a radicare il convincimento circa la volontà del professionista di dirigere la propria attività all'estero, che risulta sempre in via esemplificativa e non esaustiva compiuta dalla citata sentenza al §93, sono stati poi confermati da Corte giustizia UE sez. IV, 06/09/2012, n.190, che ha altresì aggiunto che è irrilevante ai fini dell'applicazione della norma la circostanza che il contratto non sia stato concluso a distanza.
9. Una volta richiamata l'interpretazione delle norme offerta dalla Corte di Giustizia, alla quale questa Corte è tenuta a dare continuità e concreta applicazione, deve sicuramente essere rilevata l'erroneità dell'affermazione della Corte d'Appello nella parte in cui ha affermato che era preclusa per la ricorrente la possibilità di invocare in appello la circostanza che l'attività dei professionisti fosse diretta verso la Germania, in quanto impedita dal dettato dell'art. 345 c.p.c.
Il richiamo a tale norma, se risulta effettivamente incensurabile quanto alla produzione, avvenuta peraltro solo con la comparsa conclusionale in appello, della stampa di alcune pagine del sito internet dello studio professionale, non lo è quanto all'affermazione che sarebbe preclusa anche la possibilità di far rilevare in appello la presenza di una delle ipotesi che, ai sensi della lett. c) dell'art. 17 del Reg. n. 1215/2012, radica la giurisdizione nello Stato del consumatore.
È infatti pacifico che l'eccezione di difetto di giurisdizione sia stata sollevata dalla convenuta già in primo grado, e che la stessa si fondi proprio sulla qualità di consumatrice, così che a fronte di tale rilievo, al giudice era in ogni caso sollecitata la verifica circa la sussistenza dei requisiti che, in base alla norma su cui si fondava l'eccezione, avrebbero potuto portare al suo accoglimento.
Anche laddove il profilo della direzione dell'attività non sia stato specificamente allegato in primo grado, assume però la ricorrente che sia in base alle prove precostituite (missiva del 7 febbraio 2011 prodotta dalla controparte), sia in base alle prove costituende, di cui era stata richiesta l'ammissione in primo grado, sarebbe emersa la sussistenza di una serie di indizi che, ai sensi della giurisprudenza unionale, avrebbero permesso di ravvisare il carattere estero - diretto dell'attività professionale degli intimati.
La sollecitazione al giudice di appello di rivalutare la correttezza del rigetto dell'eccezione del difetto di giurisdizione sulla base di alcuni elementi, già facenti parte del materiale probatorio veicolato nel corso del giudizio di primo grado, oltre che non costituire all'evidenza proposizione di un'eccezione nuova ex art. 345 c.p.c. (essendo stato il difetto di giurisdizione già ritualmente eccepito in primo grado), costituisce invito al giudice di appello a rivalutare la correttezza della decisione del Tribunale, alla luce di quanto comunque risultava già versato in atti (cfr. Cass. n. 5249/2016, secondo cui le eccezioni in senso lato sono rilevabili d'ufficio o proponibili dalla parte interessata anche in appello, ove i fatti sui quali si fondano, sebbene non precedentemente allegati dalla stessa parte, emergano dagli atti di causa; Cass. n. 9810/2023; Cass. n. 26118/2021; dovendo perciò reputarsi che il principio valga anche nel caso in cui l'eccezione di giurisdizione rimessa all'iniziativa del convenuto sia stata già sollevata, ed in appello si solleciti solo la sua rivalutazione alla luce del materiale probatorio già in atti).
Rilevano a tal fine, come suggerito dal Pubblico Ministero, anche le specificazioni che sono state di recente offerte dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 9 marzo 2023, nella causa C-177/2022, che, con specifico riferimento al riscontro della giurisdizione in materia di controversie che vedano come parte un consumatore, al punto 31 ha affermato che :"a tal fine, detto giudice (nazionale) deve fondarsi in primo luogo sugli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo, cosicché, se tali elementi sono sufficienti per consentire al giudice di dedurne la finalità del contratto, sarà inutile ricercare se l'uso professionale o privato potesse essere o meno conosciuto dalla controparte (v., per analogia, sentenza del 20 gennaio 2005, Gruber, C-464/01, EU:C:2005:32, punti 48 e 49).
Il successivo punto 44 aggiunge che: "Tuttavia, in caso di contestazione degli argomenti del ricorrente da parte del convenuto, sia l'obiettivo di buona amministrazione della giustizia, sottostante all'applicazione del regolamento n. 1215/2012, sia il rispetto dovuto all'autonomia del giudice nell'esercizio delle sue funzioni impongono che il giudice adito possa esaminare la propria competenza internazionale alla luce di tutte le informazioni di cui dispone, comprese, eventualmente, le contestazioni del convenuto (v., per analogia, sentenza del 16 giugno 2016, Universal Music International Holding, C-12/15, EU:C:2016:449, punto 45 e giurisprudenza ivi citata corte giustizia europea sentenza del 28 gennaio 2015, Kolassa, C-375/13, EU:C:2015:37)".
Deve quindi reputarsi, come sottolineato dal Pubblico Ministero, che alla luce della giurisprudenza della CGUE il giudice nazionale, nel contesto dell'analisi della nozione di "consumatore", ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n.1215/2012, deve poter esaminare la propria competenza internazionale "sugli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo" ed "alla luce di tutte le informazioni di cui dispone, comprese, eventualmente, le contestazioni del convenuto", così che, una volta che sia stato eccepito il difetto di giurisdizione da parte del consumatore, non è necessario che questi debba sviluppare delle specifiche deduzioni in relazione a tutti i possibili profili di cui al richiamato articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n.1215/2012, poiché è dato al giudice ricavare ogni elemento utile alla decisione dagli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo e da tutte le informazioni di cui dispone, comprese, eventualmente, le contestazioni del convenuto (e ciò in consonanza con le esigenze di effettività della tutela del consumatore che si ricavano dalla complessiva interpretazione che la Corte di Giustizia ha offerto nell'interpretazione della Direttiva n. 93/131 CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, in materia di clausole vessatorie predisposte nei contratti conclusi con i consumatori).
Conforta poi tale assunto anche il rilievo del Pubblico Ministero che ha richiamato il disposto dell'art. 26 § 2 del Regolamento 1215/2012, che esplicitamente prevede, in materia di proroga tacita di competenza giurisdizionale, al fine di meglio attuare la tutela della parte debole, sia esso il consumatore, l'assicurato o il lavoratore, che, nelle materie di cui alle sezioni 3, 4 o 5 dello stesso regolamento se il contraente debole è convenuto, l'autorità giurisdizionale prima di dichiararsi competente, si debba assicurare che il convenuto sia informato del suo diritto di eccepire l'insussistenza della competenza nonché "delle conseguenze della comparizione o della mancata comparizione".
La formulazione della norma impone di ritenere che sarebbe del tutto incongruo sostenere che in caso di proroga tacita di competenza giurisdizionale il giudice debba d'ufficio assicurarsi che il convenuto sia informato del suo diritto di eccepire l'insussistenza della competenza, mentre, in ogni altro caso (in cui si controverta, sempre, di competenza internazionale), ove lo stesso consumatore abbia eccepito l'incompetenza internazionale, non possa liberamente attingere a tutto il materiale probatorio in atti, a prescindere dall'eventuale proposizione di una specifica eccezione relativa ad uno dei profili disciplinati dall'art. 17 paragrafo 1.
Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: "Qualora un consumatore, convenuto in giudizio da un professionista, si sia costituito in giudizio ed abbia eccepito tempestivamente la carenza di giurisdizione del giudice adito invocando la sua qualità di consumatore ed il suo domicilio in altro Stato membro, non è necessario che egli deduca espressamente ed immediatamente nelle sue difese l'eccezione relativa al fatto "che le attività del professionista siano dirette, con qualsiasi mezzo, presso lo Stato del suo domicilio" di cui all'art. 17 comma 1 lett. c) Reg. UE 1215/2012, dovendo il giudice esaminare la propria competenza internazionale in base agli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo, ivi incluse le prove costituende, che devono essere ammesse, onde assicurare una verifica circa la ricorrenza degli elementi che fondano la competenza in favore della giurisdizione del luogo di domicilio del consumatore".
10. In considerazione degli indizi individuati dalla giurisprudenza unionale (che la stessa CGUE ritiene non avere carattere esaustivo, ma meramente esemplificativo), dalla missiva recante la data del 7/2/2011, indirizzata alla ricorrente dai professionisti, si ricava che il loro numero di telefono risulta sempre preceduto dal prefisso internazionale, e che la sigla "I" precede il codice di avviamento postale. Quanto al contenuto della missiva, nella stessa si riferisce che i mittenti rappresentano ".... alcune migliaia di clienti in Italia, quasi tutti provenienti dalla Germania.". Inoltre, nella capitolazione della prova per interrogatorio formale e per testimoni di cui alla memoria istruttoria del 15/7/2016, il capo 3 riferisce della messa in contatto della Ma.Ki. con lo studio professionale, attraverso la propria compagnia di assicurazione per la malattia, HUK Coburg.
La sentenza gravata ha del tutto pretermesso l'esame di tali elementi, alcuni dei quali rientranti nell'esemplificazione effettuata dalla Corte di Giustizia (che ha ribadito che la loro disamina non deve avvenire in maniera atomistica, ma previa eventuale combinazione degli uni con gli altri), arrestandosi ad una insussistente preclusione erroneamente ricavata dal disposto dell'art. 345 c.p.c.
Peraltro, ad avviso della Corte, che sulle questioni di giurisdizione è anche giudice del fatto (cfr. da ultimo Cass. S.U. n. 567/2024, a mente della quale, in ordine alle questioni di giurisdizione, le Sezioni Unite sono anche giudice del fatto, sicché possono e devono esaminare l'atto negoziale la cui valutazione incida sulla determinazione della giurisdizione, anche quando tale titolo sia già stato apprezzato col provvedimento impugnato, perché la decisione sulla corretta individuazione del giudice munito di competenza giurisdizionale dipende da quella circostanza fattuale; conf. Cass. S.U. n. 34851/2023; Cass. S.U. n. 8074/2015), il solo contenuto della citata missiva del 7/2/2011, con il riferimento all'elevato numero di clienti provenienti dalla Germania, offre la prova tranquillante dell'indirizzamento all'estero dell'attività dei professionisti, e consente, unitamente agli altri elementi indiziari, di affermare la giurisdizione del giudice tedesco. Il motivo deve pertanto essere accolto, e la sentenza deve essere cassata senza rinvio, stante il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
11. L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento del secondo motivo di ricorso.
12. Attesa la particolare complessità della questione e la assenza di specifici precedenti di questa Corte sulla stessa, ricorrono i presupposti per compensare le spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione e, assorbito il secondo motivo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano; compensa le spese dell'intero giudizio.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 12 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2024.