Come si applica la presunzione di colpa di cui all’art. 2054 c.c. nei casi di tamponamento a catena tra veicoli in movimento?
Si occupa del quesito la Terza Sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 15923 depositata il 7 giugno 2024.
Nel caso di specie, si verifica un tamponamento a catena nei pressi del casello autostradale di Catania, che coinvolge tre veicoli. Uno dei conducenti tcoinvolti nell'incidente avanza richiesta di risarcimento danni sostenendo che l'altra parte, introducendosi improvvisamente tra due veicoli, avesse causato il tamponamento. La controparte sostiene invece che la responsabilità era dell'attore che procedeva ad alta velocità.
La Corte d’Appello riconosce la fattispecie di tamponamento a catena e accglie la richiesta di risarcimento dell'intero danno del conducente tamponato.
La parte condannata propone ricorso in Cassazione per "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 149 Codice della Strada, 1223, 2043 e 2054 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1°, n. 3 c.p.c.", contestando il criterio di risarcimento applicato dalla Corte d'Appello. Il ricorrente sostiene che la condanna avrebbe dovuto limitarsi al solo danno subito alla parte posteriore del veicolo.
La Cassazione ricorda che l'art. 2054, secondo comma, cod. civ. stabilisce una presunzione "iuris tantum" di colpa equamente ripartita tra i conducenti coinvolti, a meno che uno dei due non dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Questa presunzione si applica specificatamente ai casi di tamponamento a catena con veicoli in movimento, differenziandoli dagli scontri fra veicoli fermi, dove la responsabilità è unicamente del conducente che ha causato il tamponamento iniziale.
La Suprema Corte quindi cassa la sentenza della Corte territoriale, sottolineando che la riduzione del risarcimento non può essere limitata ai danni della parte posteriore del veicolo, poiché la presunzione di responsabilità concerne l'intero danno subito dal conducente tamponato. In assenza di prove liberatorie, la responsabilità è comune, anche se può essere modificata qualora uno dei conducenti dimostri di non aver contribuito alla causazione del danno.
In caso di tamponamento a catena tra veicoli in movimento trova applicazione l'art. 2054, secondo comma, cod. civ., con conseguente presunzione "iuris tantum" di colpa in eguale misura di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), fondata sull'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Nella diversa ipotesi di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, invece, unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate, tamponando da tergo l'ultimo dei veicoli della colonna stessa.
Cassazione civile, sez. III, ordinanza 07/06/2024 (ud. 21/03/2024) n. 15923
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza 10 marzo 2020, n. 593, la Corte d'appello di Catania, in riforma della decisione 10 marzo 2018, n.1128 del Tribunale della stessa città, Sez. di Giarre, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta da Be.Eu. nei confronti di Sc.Ve. e della UnipolSai Spa, con riferimento ai danni patrimoniali e non patrimoniali derivatigli dall'incidente stradale verificatosi in data 11 settembre 2009, in prossimità del casello autostradale di Catania, e ha invece accolto la domanda risarcitoria proposta in via riconvenzionale da Sc.Ve. nei confronti di Be.Eu., con riferimento ai danni materiali da lui subìti in conseguenza dello stesso incidente.
2. La Corte territoriale ha anzitutto dato conto delle diverse versioni fornite dalle parti - e poste a fondamento delle rispettive domande risarcitorie -sulla dinamica dell'incidente: da un lato, la versione di Be.Eu., il quale aveva dedotto di essere incolonnato in movimento con la propria autovettura Audi A6 sulla corsia Telepass in uscita verso il casello alla distanza di sicurezza dalla vettura (una Fiat Stilo) che lo precedeva e che il sig. Sc.Ve., a bordo di una autovettura Y10, zigzagando tra i veicoli, con una repentina manovra di svolta a sinistra si era improvvisamente immesso nello spazio tra le due vetture già incolonnate, tamponando la Fiat Stilo e rendendo così inevitabile il successivo urto della Audi A6 con la Y10; dall'altro lato, la versione di Sc.Ve., il quale aveva dedotto che, invece, egli era già incolonnato tra le vetture che percorrevano la corsia Telepass dietro alla Fiat Stilo, allorché era sopraggiunta ad alta velocità l'Audi A6 guidata dal sig. Be.Eu. che, tamponandolo, lo aveva spinto a collidere con la Fiat Stilo.
3. Ciò posto, la Corte d'appello, rivalutando le risultanze istruttorie che avevano indotto il primo giudice ad accogliere la domanda principale del sig. Be.Eu. e a rigettare la domanda riconvenzionale del sig. Sc.Ve., ha ritenuto che la descrizione dei fatti fornita dal primo non trovasse conforto né nella espletata CTU cinematica, né nella deposizione dell'unico testimone escusso: la prima, infatti, consentiva di ritenere certa soltanto la "sequenza dei veicoli in fila dopo l'impatto" (p. 7 della sentenza), ma non anche il precedente improvviso inserimento della Y10 nello spazio tra la Fiat Stilo e l'Audi A6; la seconda - che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non era né inattendibile né generica - consentiva, invece, tutt'al contrario, di ritenere provato "che a muovere dietro l'autovettura Fiat Stilo era la Y10, che é(ra) stata tamponata dall'Audi che sopraggiungeva" (p. 7 della sentenza impugnata).
Alla luce di tali riscontri doveva quindi ritenersi integrata "la fattispecie del tamponamento a catena su autostrada di veicoli in movimento" (p.8 della sentenza d'appello), sicché, in conformità all'orientamento giurisprudenziale di legittimità, doveva trovare applicazione la presunzione iuris tantum di colpa a carico del conducente di ciascuno dei veicoli tamponanti, fondata sull'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, non essendo stata da essi fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
4. Sulla base di questi rilievi, la Corte di merito, in totale accoglimento della domanda di Sc.Ve., rigettata quella di Be.Eu. - ha condannato quest'ultimo a pagare al primo, a titolo risarcitorio, la somma di Euro 1.320,00, pari al complessivo danno patrimoniale da lui allegato, oltre interessi e rivalutazione dalla domanda al soddisfo, nonché al pagamento delle spese dei due gradi di merito.
5. Propone ricorso per cassazione Be.Eu., sulla base di sette motivi.
Risponde Sc.Ve. con controricorso.
La UnipolSai Assicurazioni Spa, sebbene ritualmente intimata, non svolge difese in sede di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell'art.380-bis.1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Sia il ricorrente che il controricorrente hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo viene sollevata l'eccezione di "illegittimità costituzionale degli artt. 65, 66, 67 e 68 della legge n. 98 del 9.8.2013 di conversione con modificazione del D.L. 21.6.2013 n. 69, in relazione ai parametri costituzionali previsti dagli artt. 102 e 106 Cost." e viene conseguentemente dedotta la "nullità della sentenza per vizio di costituzione del Giudice ex art. 158 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.".
Il ricorrente osserva che tra i membri del Collegio della Corte etnea che ha emesso la sentenza d' appello figurava un giudice ausiliario che aveva assunto anche la qualità di estensore, in violazione del divieto costituzionale di inserire i magistrati onorari negli organi giudicanti collegiali. Denuncia, dunque, l'incostituzionalità - in riferimento agli artt. 102 e 106 e 111 della Costituzione - delle norme di legge istitutive delle figure dei giudici ausiliari presso le Corti di appello.
1.1. Il motivo è infondato.
Come riconosciuto dallo stesso ricorrente nella memoria illustrativa depositata in vista dell'adunanza camerale, la questione della legittimità costituzionale delle norme di legge istitutive delle figure dei giudici ausiliari presso le Corti di appello è già stata decisa dalla Corte costituzionale, la quale, nel dichiarare l'incostituzionalità di quelle disposizioni, contenute nel decreto-legge n. 69 del 2013 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 98 del 2013), che conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi nelle sezioni delle Corti di appello, nella parte in cui non prevedono che esse si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall'art. 32 del decreto legislativo n. 116 del 2017, ha, peraltro, statuito che le Corti di appello potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari fino a quando, entro la data del 31 ottobre 2025, si perverrà, appunto, alla riforma complessiva della magistratura onoraria; fino a quel momento, infatti, la temporanea tollerabilità costituzionale dell'attuale assetto è volta ad evitare l'annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le Corti di appello dei giudici onorari, al fine di ridurre l'arretrato nelle cause civili (Corte cost. n. 41 del 2021).
Di conseguenza, per un verso, non sussiste il dedotto vizio di costituzione del giudice, mentre, per altro verso, una nuova questione di costituzionalità delle predette norme, la cui reductio ad legitimitatem è stata operata attraverso la richiamata sentenza additiva della Corte costituzionale, si palesa manifestamente infondata (ex aliis, Cass. 28/05/2021, n. 15045; Cass. 05/11/2021, n. 32065).
2. Con il secondo motivo viene denunciata la "Nullità della sentenza per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e dell'art. 111, comma 6, Cost., nonché dell'art. 115 c.p.c., per aver adottato la Corte d'Appello di Catania una motivazione sui fatti decisivi del giudizio totalmente contraddittoria, manifestamente illogica e meramente apparente, anche discostandosi radicalmente dall'esito della consulenza tecnica d'ufficio sulla ricostruzione cinematica del sinistro svolta nel giudizio di primo grado, mancando di adeguatamente spiegare le ragioni della decisione, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.".
3. Con il terzo motivo viene denunciata la "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 244 c.p.c., per avere la Corte d'Appello di Catania omesso di dichiarare l'inammissibilità della prova per testi ammessa ed escussa nel corso del giudizio di primo grado, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.".
4. Con il quarto motivo viene denunciata la "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 253 c.p.c., per avere la Corte d'Appello di Catania ritenuto non generiche, ma puntuali, le risposte fornite dal teste So.Se., nonché dell'art. 257 c.p.c., per non aver la stessa Corte d'Appello disposto, eventualmente, la rinnovazione dell'esame del testimone già interrogato, ed ancora nullità della sentenza per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e dell'art. 111, comma 6, Cost. sotto altro profilo, in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 4), c.p.c."
5. Con il quinto motivo viene denunciato l'"Omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per non aver la Corte d'Appello di Catania esaminato la circostanza che la vettura dello Sc.Ve., al momento dell'urto, era in movimento, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c.".
6. Con il sesto motivo viene denunciata la "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte d'Appello di Catania considerato come facenti piena prova, recependola sostanzialmente senza apprezzamento critico, le dichiarazioni testimoniali di So.Se., soggette invece a valutazione, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.".
6.1. I motivi dal secondo al sesto vanno esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione.
Essi sono inammissibili.
Ad onta della formale intestazione, attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l'accertamento dei fatti, quanto l'apprezzamento - ad esso funzionale - delle risultanze istruttorie sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
La Corte territoriale, con valutazione incensurabile in questa sede, ha motivatamente ritenuto che dalla CTU cinematica - reputata "contraddittoria e a tratti meramente assertiva", non potesse trarsi alcun elemento di prova delle circostanze di fatto poste a fondamento della domanda risarcitoria del ricorrente, mentre, al contrario, dalla prova testimoniale espletata dovevano desumersi elementi di prova che inducevano a ricostruire la dinamica del sinistro in senso a lui sfavorevole, quale fattispecie di tamponamento a catena tra veicoli in movimento.
Le doglianze con cui si censura l'omessa declaratoria della inammissibilità della prova testimoniale e l'omessa sua rinnovazione da parte del giudice d'appello non possono essere ammesse poiché la Corte territoriale non ha dichiarato ammissibile un mezzo istruttorio che il giudice di primo grado aveva giudicato inammissibile, ma ha mutato soltanto l'apprezzamento delle risultanze dell'espletamento di tale mezzo istruttorio, formulando un diverso giudizio di valutazione della prova e reputando, contrariamente al primo giudice, che le dichiarazioni rese dal teste escusso non erano né inattendibili né generiche ed assumevano invece inferenza probatoria in relazione alle circostanze di fatto dedotte dalle parti.
Proprio in ragione delle dette risultanze istruttorie, il giudice d'appello ha quindi ritenuto, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, "che a muovere dietro l'autovettura Fiat Stilo era la Y10, che é(ra) stata tamponata dall'Audi che sopraggiungeva" (p. 7 della sentenza impugnata).
Pertanto, del tutto inconferente è la doglianza veicolata con il quinto motivo, secondo cui la Corte etnea avrebbe omesso di esaminare "la circostanza che la vettura dello Sc.Ve., al momento dell'urto, era in movimento", atteso che, al contrario, proprio da tale circostanza, riferita in sede di esame testimoniale e reputata provata, il giudice d'appello ha tratto l'accertamento che nella vicenda in esame si fosse integrata la fattispecie del "tamponamento a catena tra veicoli in movimento"; fattispecie in relazione alla quale avrebbe dovuto trovare applicazione la presunzione iuris tantum di colpa in eguale misura dei conducenti - fondata sull'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante - in ordine ai danni subìti dal conducente del veicolo tamponato.
I motivi dal secondo al sesto, pertanto, vanno dichiarati inammissibili.
7. Con il settimo motivo viene denunciata la "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 149 Codice della Strada, 1223, 2043 e 2054 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1°, n. 3 c.p.c.".
II ricorrente Be.Eu. si duole che la Corte d'appello, dopo avere riconosciuto la sussistenza della fattispecie di tamponamento a catena tra veicoli in movimento (quale fattispecie governata dalla presunzione di pari responsabilità dei conducenti, ex art.2054, secondo comma, cod. civ., in ordine ai danni del veicolo tamponato), abbia nondimeno accolto integralmente la domanda formulata da Sc.Ve. nei suoi confronti, riconoscendo all'attore in riconvenzionale il risarcimento dell'intero danno materiale subito, mentre invece avrebbe dovuto circoscrivere la condanna al ristoro del solo danno inferto alla parte posteriore del veicolo.
7.1. Il motivo è fondato, nei limiti e con le precisazioni di cui appresso.
Invero, mentre nel caso di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate, tamponando da tergo l'ultimo dei veicoli della colonna stessa, invece, nella diversa ipotesi di tamponamento a catena tra veicoli in movimento trova applicazione l'art. 2054, secondo comma, cod. civ., con conseguente presunzione "iuris tantum" di colpa in eguale misura di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), fondata sull'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (ex aliis, Cass. 29/05/2003, n. 8646/2003; Cass. 19702/2013, n. 4021; Cass. 01/06/2022, n. 17896).
Nella vicenda in esame, la totale ed esclusiva responsabilità di Be.Eu. per i danni subiti da Sc.Ve. avrebbe potuto essere affermata solo se fosse stata accertata la fattispecie dello scontro successivo, tra veicoli incolonnati in sosta, innescato dal tamponamento della Audi A6 sulla Y10.
La Corte territoriale, però, ha accertato la diversa fattispecie del tamponamento a catena, che comportava, in applicazione della presunzione di colpa in egual misura del tamponante sig. Be.Eu. e del tamponato sig. Sc.Ve. rispetto ai danni subiti da quest'ultimo (e salva la possibilità, non integratasi, che il primo fornisse la prova liberatoria), la riduzione del risarcimento nella misura della metà.
La riduzione, però, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non avrebbe dovuto essere operata distinguendo i danni alla parte posteriore del veicolo da quelli alla parte anteriore, in quanto la presunzione di pari responsabilità di cui all'art.2054, secondo comma, cod. civ., concerne l'intero danno subìto dal conducente del veicolo tamponato, salva la prova liberatoria che determina l'attribuzione in via esclusiva all'altro conducente.
Nei limiti precisati, il settimo motivo di ricorso va dunque accolto.
8. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto.
Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto (art.384, secondo comma, cod. proc. civ.), questa Corte può decidere la causa nel merito, dimidiando, in applicazione della detta presunzione, l'ammontare del risarcimento, liquidato per intero dal giudice del merito, e condannando Be.Eu. a pagare a Sc.Ve. la somma di Euro 660,00.
Questa somma, vertendosi in materia di obbligazione risarcitoria, avente natura di debito di valore, deve essere annualmente rivalutata, secondo gli indici Istat, dal momento dell'illecito (11 settembre 2009) sino alla data di pubblicazione della presente sentenza e deve essere accresciuta degli interessi, nella misura legale, da calcolarsi sulla somma capitale annualmente rivalutata sino al saldo (v. già Cass., Sez. Un., 17/02/1995, n.1712; successivamente, Cass. 18/07/2011, n. 15709; Cass. 17/09/2015, n. 18243).
8. Le spese dei due gradi di merito seguono la soccombenza e vanno poste a carico di Be.Eu. nella misura liquidata in dispositivo; quelle del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il settimo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibili i motivi dal secondo al sesto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna Be.Eu. a pagare a Sc.Ve. la somma di Euro 660,00, da rivalutare annualmente, secondo gli indici Istat, dal momento del fatto (11 settembre 2009) sino alla data di pubblicazione della presente sentenza e da accrescere degli interessi, nella misura legale, da calcolarsi sulla somma capitale annualmente rivalutata sino al saldo.
Condanna Be.Eu. a rimborsare a Sc.Ve. le spese dei due gradi di merito, che liquida, per il primo grado, in Euro 1.215,00, oltre spese forfetarie e accessori e, per il grado d'appello, in Euro 915,00, oltre spese forfetarie e accessori; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 21 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2024.