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Licenziamento, l’immediatezza della contestazione è relativa

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.16088 del 10/06/2024

In tema di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo. Occorre perciò considerare vari fattori che possono giustificare un ritardo, come il tempo necessario per l'accertamento dei fatti e la complessità della struttura organizzativa dell'azienda.

È quanto ribadito dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 16088 del 10 giugno 2024.

Il caso di specie riguardava il licenziamento per giusta causa di una lavoratrice derivante dall'accusa di esercizio di attività in concorrenza con la sua azienda. il giudice del merito aveva rigettato la domanda della lavoratrice che contestava la legittimità del licenziamento sulla base della violazione deiprincipi di immediatezza ed immutabilità della contestazione disciplinare.

La Cassazione, esaminata la vicenda, ha ritenuto che la Corte territoriale avesse ampiamente esaminato i fatti, sulla base degli elementi istruttori acquisiti e del tenore delle lettere di contestazione disciplinare e di licenziamento. In particolare veniva accertato il lasso temporale tra la conoscenza, da parte della società, delle attività di concorrenza svolte concretamente dalla lavoratrice e la contestazione disciplinare.

L'analisi e la valutazione sui fatti è riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici.

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Cassazione civile, sez. lav., ordinanza 10/06/2024 (ud. 08/05/2024) n. 16088

RILEVATO CHE


1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato, seppur con diverse argomentazioni, la sentenza del Tribunale della stessa sede ed ha rigettato la domanda di Tr.An. proposta, nei confronti di EOS EUROPEAN OPTICAL SERVICE Srl, per la declaratoria di illegittimità (per violazione dei principi di immediatezza ed immutabilità della contestazione disciplinare) del licenziamento intimato per giusta causa il 5.2.2018, ritenendo assorbita la domanda riconvenzionale (proposta dalla società in via subordinata) di accertamento della natura autonoma del rapporto di lavoro.

2. La Corte territoriale - ritenuta ammissibile la domanda della lavoratrice posto che i termini di decadenza ex art. 6 legge n. 604 del 1966 come novellato dalla legge n. 183 del 2010 non si applicano ai dirigenti, qualifica rivestita dalla ricorrente - ha esaminato i fatti addebitati alla lavoratrice (consistenti nell'esercizio di attività in concorrenza con la società) ed ha ritenuto specifica e tempestiva la lettera di contestazione disciplinare e il successivo provvedimento di licenziamento; ha, infine, ritenuto assorbita la domanda riconvenzionale proposta "solo in via subordinata" dalla società.

3. La società ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a un motivo, a sua volta sub articolato. La lavoratrice ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi, illustrati da memoria.

4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nei successivi sessanta giorni.

CONSIDERATO CHE

1. Con una prima censura si lamenta, con il ricorso principale, "violazione o falsa applicazione di norme di diritto" avendo, la Corte di appello, soprasseduto sulla decisione della domanda riconvenzionale espressamente subordinata al mancato accoglimento dell'eccezione di inammissibilità del ricorso dimenticando che, secondo giurisprudenza consolidata, la domanda riconvenzionale ha carattere autonomo di contro domanda; la società ricorrente ha aggiunto che la Corte territoriale non ha seguito un corretto iter logico-giuridico per addivenire alla pronuncia di merito.

2. Con il primo motivo di ricorso incidentale la lavoratrice denunzia violazione dell'art. 7 della legge n. 300 del 1970, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. avendo, la Corte territoriale, ritenuto sussistente il requisito della immediatezza con un accertamento illogico, erroneo e immotivato rispetto alla documentazione acquisita e al tenore sia della lettera di contestazione disciplinare sia del licenziamento.

3. Con un secondo motivo di ricorso incidentale si deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo posto che la relatività del principio di immediatezza della contestazione va commisurato alla complessità della struttura organizzativa mentre la società datrice di lavoro occupava meno di 20 dipendenti ed era quindi in grado di esercitare un penetrante controllo dei propri dipendenti.

4. Il ricorso principale non merita accoglimento.

4.1. Soprassedendo al mancato rispetto dei paradigmi normativi dettati dall'art. 360 c.p.c. (che non sono nemmeno evocati nella rubrica del motivo, a fronte del giudizio di legittimità a "carattere vincolato") ed avendo riguardo al contenuto del motivo (che delinea un error in procedendo della Corte di appello), questa Corte ha affermato che nel caso in cui il giudice di primo grado non abbia esaminato una domanda riconvenzionale condizionata all'accoglimento della domanda principale, ritenendola assorbita dal rigetto di quest'ultima, non è richiesto l'appello incidentale ai fini della devoluzione nel giudizio di secondo grado della medesima domanda condizionata, essendo necessaria e sufficiente la sua mera riproposizione a norma dell'art. 346 cod. proc. civ.; viceversa, qualora in primo grado la domanda riconvenzionale, avanzata condizionatamente all'accoglimento della domanda principale, non sia stata dichiarata assorbita dalla pronuncia di rigetto della principale, ma, a seguito di espresso esame, il giudice ne abbia dichiarato l'inammissibilità in rito ovvero l'infondatezza nel merito, l'appellato vincitore in primo grado, che intenda reiterare in secondo grado la domanda riconvenzionale subordinatamente all'accoglimento dell'appello principale, ha l'onere di proporre appello incidentale condizionato (Cass. n. 4212 del 2002). Erra, pertanto, il controricorrente a ritenere inammissibile la riproposizione della domanda riconvenzionale in grado di appello, correttamente esaminata dalla Corte territoriale ritenendola (al pari del Tribunale) assorbita.

4.2. Questa Corte ha, peraltro, altresì affermato il principio secondo cui, proposta dal convenuto domanda riconvenzionale subordinata al rigetto della principale, è viziata da ultrapetizione la pronuncia con cui il giudice, respinta la principale, pronunci altresì sulla riconvenzionale (Cass. n. 33361 del 2018). Il Collegio ritiene di condividere e confermare il suddetto principio di diritto in considerazione del potere dispositivo delle parti (Cass. n. 455 del 2011; Cass. n. 18868 del 2015) che impone al giudice di rispettare l'ordine gradato che le parti hanno voluto dare alle domande (ponendo in posizione di subordinazione l'una rispetto ad altra domanda propria o della controparte). In ossequio al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato è stato, dunque, affermato che l'esame della domanda, che la parte abbia proposto in via espressamente subordinata al rigetto di altra domanda avanzata in via principale, trova ostacolo nell'accoglimento di quest'ultima, e ciò indipendentemente da ogni indagine sull'effettiva ricorrenza di detta relazione di subordinazione (Cass. n. 4498 del 1984). Nel caso di specie, dalle stesse conclusioni rassegnate dalla società appellata e riportate in sentenza, si evince che la domanda riconvenzionale - tesa ad accertare la natura autonoma del rapporto di lavoro intercorso tra le parti - è stata riproposta "in subordine" alla mancata conferma della sentenza di primo grado, sicché correttamente la Corte territoriale, una volta rigettato l'appello della lavoratrice, ha ritenuto assorbito l'esame della domanda riconvenzionale proposta appunto solo in via subordinata.

5. I motivi di ricorso incidentale sono inammissibili.

5.1. Le censure formulate come violazione di legge e come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio mirano in realtà alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito non consentita in sede di legittimità. Inammissibile deve ritenersi la censura con la quale si deduce il vizio di omesso esame di un fatto storico decisivo ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., atteso che il fatto indicato dalla ricorrente si sostanzia nella riproduzione della visura storica CCIAA della struttura organizzativa della società: difetta il presupposto del "fatto storico" dimostrato in giudizio, che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare e che se valutato avrebbe determinato un diverso esito della lite, risolvendosi la esposizione del motivo nell'inammissibile richiesta di rivalutazione nel merito delle risultanze istruttorie, preclusa dai limiti dell'oggetto del giudizio di legittimità, circoscritto al solo controllo di legalità del provvedimento impugnato che è privo dei caratteri propri di un terzo grado di giudizio diretto al riesame del compendio probatorio in funzione di un nuovo accertamento in fatto della fattispecie controversa.

5.2. Questa Corte ha affermato che in tema di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo (quali il tempo necessario per l'accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell'impresa), con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici (Cass. n. 16841 del 2018).

5.4. La Corte territoriale ha ampiamente esaminato i fatti, sulla base degli elementi istruttori acquisiti e del tenore delle lettere di contestazione disciplinare e di licenziamento, accertando, secondo valutazione insindacabile, il lasso temporale tra la conoscenza, da parte della società, delle attività di concorrenza svolte concretamente dalla lavoratrice e la contestazione disciplinare.

6. In conclusione, il ricorso principale va rigettato e il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile e le spese del presente giudizio di legittimità sono compensate tra le parti ex art. 92 cod. proc. civ.

7. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato - se dovuto - previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese di lite.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell'8 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2024.

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