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Matrimonio di breve durata, può escludersi l’assegno di mantenimento?

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.20507 del 24/07/2024

In caso di matrimonio di breve durata può escludersi in sede di separazione il riconoscimento del diritto di mantenimento?

Sul quesito interviene la Prima Sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 20507 del 24 luglio 2024.

La Suprema Corte ricorda che la durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio sono elementi valutabili al fine di stabilire l'importo dell'assegno di mantenimento.

Nonostante la brevità del matrimonio non precluda automaticamente il diritto all'assegno di mantenimento, i giudici di legittimità chiariscono che l'assenza di una comunione materiale e spirituale tra i coniugi può effettivamente influenzare tale diritto.

Nel caso di specie, la durata del matrimonio era stata estremamente contenuta, in quanto la moglie si era allontanata dalla casa coniugale dopo pochi mesi dalle nozze.

Tale circostanza non era stata presa adeguatamente in considerazione dal giudice di merito, né sotto il profilo della spettanza dell'assegno, né sotto il profilo della sua quantificazione.

Per questi motivi la Suprema Corte accoglie il ricorso del marito cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello.

Assegno divorzile, quantificazione, durata del matrimonio, incidenza

La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge, ovvero di quello comune, integrano parametri utilizzabili in occasione della quantificazione dell'assegno divorzile e non possono valere al fine di escludere la spettanza dell'assegno di mantenimento in caso di separazione personale, essendo tuttavia siffatti elementi valutabili in quest'ultima sede, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, cod. civ., allo scopo di stabilire l'importo di detto assegno, in quanto la durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge sono elementi valutabili al fine di stabilire l'importo dell'assegno di mantenimento.

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Cassazione civile, sez. I, ordinanza 24/07/2024 (ud. 29/05/2024) n. 20507

RILEVATO CHE:

1. - Nel giudizio di separazione giudiziale introdotto con ricorso depositato da Za.La.il 13 dicembre 2018, concernente il matrimonio contratto tra Tu.Ro. e Za.La. il 23 dicembre 2016, senza che dall'unione nascessero figli, la Corte di appello di Trieste, con la sentenza n. 299/2022, ha respinto l'appello proposto dal marito, gravato dell'onere di contribuire al mantenimento della moglie con assegno mensile di Euro 3.000,00, con conseguente condanna alle spese di giudizio.

La Corte territoriale, confermando la già disattesa domanda di porre l'addebito della separazione a carico della moglie, dopo avere delimitato il tema in discussione alla spettanza o meno a Za.La. di un assegno di mantenimento per il periodo intercorrente dalla data della domanda di separazione (13 dicembre 2018) alla data della pronuncia di scioglimento del matrimonio (11 marzo 2020), ha rammentato i principi in tema di assegno di separazione ed ha confermato la previsione dell'assegno in favore di Za.La., come sopra quantificato, avendo rilevato il rilevante squilibrio economico tra le parti, attesi, tra l'altro, gli altri ampi proventi reddituali ed il vasto patrimonio immobiliare del marito a fronte dei modesti introiti provenienti a Za.La. dalla limitata attività di fotografa.

Tu.Ro. ha proposto ricorso con quattro mezzi, illustrati con memoria, chiedendo la cassazione della sentenza della Corte triestina. Za.La. ha replicato con controricorso.

È stata disposta la trattazione camerale.

CONSIDERATO CHE:

Nel ricorso sono svolti i seguenti quattro motivi:

I) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell'art. 156, comma 1 c.c. in riferimento agli artt. 143, comma 2 c.c., ovvero subordinatamente ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio (id est: condotte di appropriazione indebita contrarie ai doveri nascenti dal matrimonio poste in essere dalla moglie);

II) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per violazione o falsa applicazione degli artt. 156, comma 1 e 2697 c.c., per riconoscimento di un assegno di contributo al mantenimento in assenza di prova, da parte del coniuge richiedente, della "mancanza di adeguati redditi propri" (sotto il profilo della mancata dimostrazione dello stato di incolpevolezza della richiedente in ordine alla sua doverosa attivazione per il reperimento di un'occupazione lavorativa);

III) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell'art. 156, comma 1 c.c. in riferimento agli artt. 143 e 144 c.c., ovvero subordinatamente ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame di un duplice fatto storico decisivo per il giudizio (id est: breve durata del matrimonio e giovane età del coniuge richiedente) ai fini della spettanza (ovvero della concreta determinazione) del "quantum" dell'assegno di mantenimento ex art. 156 c.c.;

IV) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in riferimento all'art. 156, comma 1, c.c. ovvero subordinatamente ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (mancata ammissione di prova testimoniale ed indagine di polizia tributaria, ritualmente formulate, sull'accertamento delle concrete capacità lavorative del coniuge richiedente).

3. - Il primo motivo è inammissibile. È, invero, assolutamente generico circa le condotte distrattive asseritamente compiute dalla moglie ed il loro accertamento; non è chiaro nemmeno il contenuto della documentazione alla quale il ricorrente fa riferimento, senza esporne, nemmeno in sintesi, il contenuto a suo parere determinante, sicché trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l'avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. n. 6089/2018, Cass. n. 23675/2013).

4. - Il secondo motivo è affetto da pregiudiziale inammissibilità in quanto, in linea generale, inteso a censurare l'apprezzamento di fatto operato dal giudice di merito, notoriamente non sindacabile in questa sede sotto il profilo qui denunciato, atteso che la Corte di merito ha accertato le capacità lavorative e reddituali della moglie, compiendo una articolata, anche se con condivisa dal ricorrente, valutazione.

5. - Il terzo motivo è fondato e va accolto.

Con riferimento al tema del mantenimento del coniuge ed ai recenti approdi giurisprudenziali riguardanti, tra l'altro l'assegno separatizio, è possibile richiamare quanto, su questi aspetti, ricordato, in motivazione, dalla pronuncia resa da Cass. sez. U. n.32914/2022, che, nello svolgere alcune considerazioni generali in ordine agli effetti della separazione e del divorzio (e della crisi del rapporto di coppia, avuto riguardo alle unioni civili) sui rapporti patrimoniali fra i coniugi, con riguardo all'assegno di mantenimento del coniuge (e dei figli), ha osservato, tra l'altro, che "La separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta significati mutamenti: a) il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall'altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell'obbligato, che può essere liquidato in via provvisoria nel corso del giudizio, ai sensi dell'art.708 c.p.c.; b) il coniuge separato cui è addebitata la separazione perde, invece, il diritto al mantenimento e può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare se versa in stato di bisogno.".

Il dovere reciproco di assistenza materiale, dopo la separazione, va, quindi, declinato tenendo conto della pluralità di parametri prima sinteticamente ricordati.

Tra le circostanze da considerare, ex art.156 c.c., rientra anche la durata del matrimonio.

Quanto al rilievo da attribuire a detta circostanza, questa Corte lo ha inizialmente circoscritto al profilo della quantificazione dell'assegno, avendo affermato che "La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge, ovvero di quello comune, integrano parametri utilizzabili in occasione della quantificazione dell'assegno divorzile e non possono valere al fine di escludere la spettanza dell'assegno di mantenimento in caso di separazione personale, essendo tuttavia siffatti elementi valutabili in quest'ultima sede, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, cod. civ., allo scopo di stabilire l'importo di detto assegno." (Cass. n. 20638/2004), ciò in quanto "La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge sono elementi valutabili al fine di stabilire l'importo dell'assegno di mantenimento." (Cass. n.25618/2007), tanto è vero che - come è stato rimarcato - "In tema di separazione personale dei coniugi, alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all'assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti. Al più, alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell'assegno di mantenimento." (Cass. n. 1622/2017).

Non di meno, con successivi approfondimenti e puntualizzazioni, è stato anche messo in luce, per le ipotesi di matrimoni di durata molto breve, che "... nell'ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come "affectio coniugalis", non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento." (Cass. n.402/2018) e che "Se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all'assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituire una causa di esclusione." (Cass. n. 16737/2018).

La decisione impugnata non ha preso in alcuna considerazione la circostanza della durata estremamente contenuta del matrimonio, né sotto il profilo della spettanza dell'assegno, né sotto il profilo della sua quantificazione, pur avendo accertato che la Za.La. si era allontanata dalla casa coniugale nella primavera del 2017, dopo pochi mesi di matrimonio (fol. 16 della sent. imp.) e va cassata affinché la Corte di appello proceda al riesame alla luce ed in applicazione degli anzidetti principi, in sede di rinvio.

6. - Il quarto motivo è inammissibile. In tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 27000 del 27/12/2016; Cass. n. 1229 del 17/01/2019). Nella specie, invece, la censura involge un apprezzamento di merito circa la rilevanza dei mezzi istruttori sollecitati a fronte della circostanza incontestata, perché riconosciuta dalla stessa moglie, dell'effettivo svolgimento da parte sua di attività lavorativa in epoca successiva alla separazione personale.

7. - In conclusione, va accolto il terzo motivo del ricorso, inammissibili gli altri; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, per il riesame alla luce dei principi enunciati e la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

P.Q.M.

- Accoglie il terzo motivo del ricorso, inammissibili gli altri;

- Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;

- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 29 maggio 2024.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2024.

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