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Distanza minima tra edifici derogabile solo con piano particolareggiato

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.236 del 04/01/2024

La distanza minima di dieci metri tra edifici antistanti aventi almeno una parete finestrata, prevista dall'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, può essere ridotta solo nel caso che sia stato approvato un apposito piano particolareggiato o di lottizzazione esteso alla intera zona, finalizzato a rendere esecutive le previsioni dello strumento urbanistico generale.

Lo ha stabilito dalla Sezione Seconda della Cassazione con l’ordinanza n. 236 del 4 gennaio 2024.

La Suprema Corte ha ricordato che in tema di distanze tra costruzioni, il citato art. 9 emanato su delega della legge urbanistica (legge n. 1150 del 1942), ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica.

Nel caso in esame, la Corte d'appello ha negato che si fosse in presenza di un gruppo di edifici inclusi in un medesimo piano particolareggiato, ovvero di costruzioni facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata.

Distanza fra costruzioni, deroghe, piano particolareggiato, necessarietà

Agli effetti dell'art. 9, comma 3, del d.m. n. 1444 del 1968, sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi di tale norma soltanto a condizione che sia stato approvato un apposito piano particolareggiato o di lottizzazione esteso alla intera zona, finalizzato a rendere esecutive le previsioni dello strumento urbanistico generale, contenente le disposizioni planivolumetriche degli edifici previsti nella medesima zona e avente ad oggetto la realizzazione contestuale di "gruppi di edifici", e cioè di una pluralità di nuovi febbricati, rimanendo perciò estranea a tale fattispecie l'ipotesi della realizzazione di un unico nuovo fabbricato che si sia inserito nel contesto di un isolato già edificato.

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Cassazione civile sez. II, ordinanza 04/01/2024 (ud. 21/12/2023) n. 236

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE


1. Gi.Gr. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 762/2020 della Corte d'appello di Reggio Calabria, depositata il 30 novembre 2020.

L'intimato En.In., erede di Fr.Zi., non ha svolto attività difensive.

2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4-quater, e 380-bis.1, c.p.c.

3. La Corte d'appello di Reggio Calabria ha respinto l'appello principale proposto da Gi.Gr. contro la sentenza pronunciata il 19 novembre 2009 dal Tribunale di Reggio Calabria. La sentenza di primo grado, accogliendo in parte la domanda spiegata con citazione del 14 aprile 2003 da Fr.Zi., aveva ordinato la demolizione o l'arretramento dei fabbricati eretti in V. S. Gi. da Gi.Gr. a distanza inferiore a quella minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, prevista dall'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, ed aveva altresì condannato il convenuto al risarcimento dei danni liquidati in Euro 2.000,00.

La Corte d'appello ha rilevato che i fabbricati costruiti dal Gi.Gr. insistono sulle part. 472 e 473, fl. 3, N.C.E.U. del Comune di V. S. Gi. e ricadono pertanto in zona B, sottozona B2 del P.R.G. di tale comune, ove sono previste dalle n.t.a. distanze inferiori a quella di dieci metri ex art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968. La deroga alla disciplina stabilita dalla normativa statale, apportata dagli strumenti urbanistici locali, non era tuttavia riconducibile, secondo la sentenza impugnata, ad un caso di gruppi di edifici oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche, sicché la costruzione doveva ritenersi illegittima.

4. Il primo motivo del ricorso di Gi.Gr. deduce la violazione dell'art. 9, ultimo comma, e la erronea applicazione del primo comma del d.m. 4 aprile 1968 n. 1444, assumendo che la zona B/2 del P.R.G. di V. S. Gi. identifica una zona speciale rispetto alla zona B, finalizzata alla realizzazione di "interventi per costruzioni di edilizia convenzionata e sovvenzionata", sicché all'interno di essa doveva ritenersi consentito al Comune di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa nazionale, ai sensi dell'ultimo capoverso del citato art. 9.

Il secondo motivo di ricorso lamenta l'omesso esame e l'omessa valutazione della relazione di consulenza tecnica d'ufficio e della consulenza tecnica di parte, sempre sul punto della qualificazione della sottozona B2 del P.R.G. come "piano particolareggiato".

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'art. 2043 c.c. sempre per l'erronea applicazione del terzo comma dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, quanto alla correlata ulteriore conseguenza del risarcimento dei danni riconosciuto all'attrice.

5. I tre motivi di ricorso possono esaminarsi insieme per la loro evidente connessione e sono infondati.

5.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di distanze tra costruzioni, l'art. 9, comma 2, del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, emanato su delega dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge urbanistica), aggiunto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica (Cass. Sez. Unite, n. 14953 del 2011; Cass. n. 8987 del 2023; n. 624 del 2021; n. 27558 del 2014).

Ne consegue che correttamente la Corte d'appello di Reggio Calabria ha concluso nel senso che l'art. 16 delle Norme tecniche di attuazione del P.R.G. e le previsioni del Regolamento edilizio del Comune di V. S. Gi., essendo in contrasto con le previsioni del citato art. 9, dovevano essere disapplicate dal giudice ordinario, a norma dell'art. 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E.

5.2. Il ricorrente sostiene, tuttavia, che fosse integrata nella specie l'ipotesi derogatoria contemplata dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, la quale consente ai comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale ove le costruzioni siano incluse nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione. Ciò in quanto la costruzione era compresa nella sottozona B/2 per gli "interventi per costruzioni di edilizia convenzionata e sovvenzionata".

5.2.1. La censura non ha fondamento.

L'art. 9, ultimo comma, del d.m. 4 aprile 1968 n. 1444, riguarda soltanto le distanze tra costruzioni insistenti su fondi che siano inclusi tutti in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni entrambe facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata (Cass. Sez. Unite, n. 1486 del 1997). Nel caso in esame, la Corte d'appello ha negato che si fosse in presenza di un gruppo di edifici inclusi in un medesimo piano particolareggiato, ovvero di costruzioni facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata (cfr. Cass. n. 798 del 2022

Non può seguirsi il ragionamento del ricorrente, secondo cui la previsione delle n.t.a. sarebbe comunque assimilabile alle ipotesi, aventi valida portata derogatoria, contemplate nel comma 3 dell'art. 9, d.m. n. 1444/1968, diverse essendo le norme tecniche di attuazione dei piani regolatori, le quali hanno natura regolamentare e danno luogo ad uno strumento meramente secondario e subalterno, rispetto ai piani particolareggiati ed alle lottizzazioni convenzionate, i quali danno luogo ad uno strumento urbanistico esecutivo.

Le censure poste nel ricorso incorrono in un erroneo presupposto interpretativo.

L'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. 444/1968 contempla, quale ipotesi di deroga alle distanze minime tra fabbricati, la realizzazione contestuale di "gruppi di edifici" e cioè di una pluralità di nuovi edifici inseriti in piani particolareggiati o in lottizzazioni convenzionate, ipotesi estranea al caso in esame, in cui si è avuta la realizzazione di un unico nuovo edificio che si è inserito nel contesto di un isolato già edificato.

Il ricorrente comunque neppure ha allegato: a) l'esistenza di un piano particolareggiato o di un piano di lottizzazione diretto all'attuazione dei programmi di edilizia convenzionata e sovvenzionata, avente funzione esecutiva della disciplina generale del P.R.G. e volto a garantire l'esistenza di un valido disegno urbanistico, nonché i tempi di realizzazione delle opere di urbanizzazione ; b) l'esistenza di tavole plano-volumetriche relative ad un gruppo di edifici tra i quali sia ricompreso quello eretto.

6. Può pertanto enunciarsi il seguente principio:

agli effetti dell'art. 9, comma 3, del d.m. n. 1444 del 1968, sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi di tale norma soltanto a condizione che sia stato approvato un apposito piano particolareggiato o di lottizzazione esteso alla intera zona, finalizzato a rendere esecutive le previsioni dello strumento urbanistico generale, contenente le disposizioni planivolumetriche degli edifici previsti nella medesima zona e avente ad oggetto la realizzazione contestuale di "gruppi di edifici", e cioè di una pluralità di nuovi febbricati, rimanendo perciò estranea a tale fattispecie l'ipotesi della realizzazione di un unico nuovo fabbricato che si sia inserito nel contesto di un isolato già edificato.

7. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Non occorre regolare le spese processuali del giudizio di cassazione, giacché l'intimato non ha svolto attività difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2024.

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