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Canna fumaria rileva ai fini delle distanze fra le costruzioni?

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26042 del 04/10/2024

La canna fumaria deve essere considerata nel calcolo delle distanze legali tra edifici?

La Cassazione, con l'ordinanza n. 26042 del 4 ottobre 2024, ha ribadito che le canne fumarie rientrano tra gli sporti non computabili ai fini delle distanze legali.

Nel caso di specie, una società proprietaria di un immobile era stata condannata in primo grado e in appello per aver installato una canna fumaria sul confine, a una distanza inferiore ai 3 metri prescritti dalla normativa vigente.

La società ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell'art. 873 c.c., sostenendo che la canna fumaria non dovrebbe essere considerata una costruzione a causa delle sue dimensioni limitate (sporgenza di 86 cm e larghezza di 40 cm) e della sua funzione accessoria.

La Cassazione ha ricordato che, secondo l'art. 873 c.c., esiste una nozione unica di costruzione, non modificabile dai regolamenti comunali (Cass. n. 23843/2018; n. 144/2016; n. 19530/2005). Questa nozione comprende qualsiasi opera non completamente interrata con caratteri di solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva utilizzata (Cass. n. 345/2024; Cass. n. 23856/2018; Cass. n. 15972/2011).

Tuttavia, non tutte le sporgenze sono computabili. Sporgenze come i balconi di notevole profondità e ampiezza sono considerate nel calcolo delle distanze, poiché estendono la consistenza dei fabbricati. Al contrario, elementi con funzione meramente artistica, ornamentale o accessoria, come mensole, lesene, cornicioni e canalizzazioni di gronda, non vengono considerati (Cass. n. 25191/2021; Cass. n. 18282/2016; Cass. n. 17242/2010; Cass. n. 12964/2006; Cass. n. 1556/2005).

Le canne fumarie rientrano tra gli sporti non computabili, avendo una funzione accessoria e non costituendo una costruzione autonoma. Questo è stato affermato anche in precedenti sentenze riguardanti la distanza delle vedute ai sensi dell'art. 907 c.c. (Cass. n. 10618/2016; Cass. n. 2741/2012).

Nel caso specifico, la Corte d'Appello aveva considerato solo la sporgenza della canna fumaria, senza valutarne le caratteristiche costruttive dettagliate, come se fosse un semplice tubo di ferro o un manufatto in muratura.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d'Appello di Salerno per un nuovo esame.

In conclusione, le canne fumarie, essendo elementi accessori con funzione specifica, non devono essere computate nel calcolo delle distanze legali tra edifici secondo l'art. 873 c.c. È essenziale valutare le caratteristiche specifiche dell'opera per determinare se rientra nella nozione di costruzione ai fini della normativa sulle distanze.

Distanze legali, canne fumarie, costruzione, computabilità ai fini delle distanze, esclusione

In tema di distanze legali, tra gli sporti non computabili rientrano anche le canne fumarie, ancorché infisse al suolo e aventi i caratteri della solidità e stabilità, avendo esse valenza di mero accessorio di un impianto e non costituendo perciò costruzione.

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Cassazione civile, sez. II, ordinanza 04/10/2024 (ud. 11/09/2024) n. 26042

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato il 15/05/2002, Mo.An. e De.Hi., premesso di essere proprietari e possessori rispettivamente di un appartamento al secondo e al primo piano dello stabile sito in V, via (Omissis), chiesero di essere reintegrati nel possesso delle rispettive unità immobiliari, mediante abbattimento di tutte le opere eseguite al confine dalla Costruzioni Ru.To. Sas di Ru.To. E c. in violazione delle norme urbanistiche sulla distanza dei fabbricati e dai confini.

Con ordinanza ex art. 1170 cod. civ. del 12/5/2003, il Tribunale di Vallo della Lucania rigettò il ricorso proposto dalla De.Hi. e accolse parzialmente quello proposto dal Mo.An., mentre nel successivo giudizio di merito pronunciò la sentenza n. 250/2010, pubblicata il 31/03/2010, con la quale confermò l'accoglimento parziale del ricorso di Mo.An., condannando la società ad eliminare l'intercapedine esistente tra il primo piano del manufatto edificato dalla società stessa e il primo piano dell'immobile del ricorrente, attraverso la realizzazione di una parete in aderenza a quella esistente, e ad arretrare il pilastro c.d. A) di cui alla consulenza tecnica a distanza non inferiore a 3 mt. dal corpo avanzato (canna fumaria) del medesimo fabbricato, e al risarcimento dei danni, liquidati nella misura di Euro. 2.500,00, mentre dichiarò estinta ex art. 306 cod. proc. civ. la domanda proposta da De.Hi. per rinuncia agli atti, con condanna della predetta al pagamento delle spese di lite.

Il giudizio di gravame, incardinato dalla Costruzioni Ru.To. Sas si concluse con la sentenza n. 795/2018, pubblicata il 4 giugno 2018, con la quale la Corte d'Appello di Salerno accolse l'appello principale limitatamente alla condanna al risarcimento del danno, che revocò, e rigettò quello incidentale del Mo.An., affermando che il pilastro individuato nella c.t.u. con la lettera A), appartenente al fabbricato dell'appellante, si trovava a una distanza inferiore a quella prescritta nella misura di 3 mt. in caso di assenza di pareti finestrate o altre aperture; che la canna fumaria, costruita a tutta altezza con una sporgenza di circa 86 cm., costituiva sicuramente corpo di fabbrica computabile ai fini delle distanze; osservò inoltre che il Mo.An. non aveva proposto alcuna azione risarcitoria, e, osservò altresì che la modestissima intercapedine creatasi non violava il principio di prevenzione, ma costituiva una non perfetta aderenza eliminabile a spese dell'autore con la tecnica e l'accorgimento indicati in sentenza.

2. Contro la predetta sentenza, la Costruzioni Ru.To. Sas di Ru.To. E c. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Il Mo.An. resiste con controricorso, illustrato anche con memoria, proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 Con l'unico motivo di ricorso principale, si lamenta l'error in iudicando e, in particolare, la violazione e falsa applicazione dell'art. 873 cod. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito computato, ai fini delle distanze, la canna fumaria insistente sull'immobile di proprietà dell'attore Mo.An., considerandola costruzione, e per essere pertanto giunti alla conclusione che il pilastro del fabbricato della società si trovava a distanza inferiore a mt. 3.00 da essa, così da dovere essere arretrato, senza considerare, invece, che la canna fumaria non poteva essere considerata "costruzione" ai fini del calcolo delle distanze a causa delle sue limitatissime dimensioni (sporgenza di appena cm. 86,00 e larghezza di cm. 40,00) e della sua funzione accessoria, priva di autonoma funzionalità, mentre le due pareti frontistanti non presentavano alcuna apertura, sicché la distanza di mt. 3,00 non andava computata dalla canna fumaria, ma dal muro perimetrale che distava appunto mt. 3,11. Inoltre, secondo la ricorrente, non era stato esaminato il fatto decisivo costituito dalle caratteristiche dimensionali, strutturali e funzionali della canna fumaria.

1.2 Il motivo è fondato.

Esiste, infatti, ai sensi dell'art. 873 cod. civ., esiste una nozione unica di costruzione, non modificabile neppure dai regolamenti comunali, stante la loro natura di norme secondarie (Cass. n. 23843 del 2018; n. 144 del 2016; n. 19530 del 2005), la quale non si identifica in quella di edificio, ma consiste in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa e dalla tecnica costruttiva adoperata (Cass., Sez. 2, 5/1/2024, n. 345; Cass., Sez. 2, 2/10/2018, n. 23856; Cass., Sez. 2, 20/7/2011, n. 15972).

Anche le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi sostenuti da solette aggettanti, anche se scoperti, ove siano di apprezzabile profondità e ampiezza, costituiscono corpo di fabbrica computabile ai fini del calcolo delle distanze, giacché, pur non corrispondendo a volumi abitativi coperti, rientrano nel concetto civilistico di costruzione, in quanto destinati ad estendere ed ampliare la consistenza dei fabbricati, mentre non sono computabili le sporgenze esterne del fabbricato che abbiano funzione meramente artistica, ornamentale, di rifinitura od accessoria, come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili (Cass., Sez. 2, 17/9/2021, n. 25191; Cass., Sez. 2, 19/9/2016, n. 18282; Cass., Sez. 2, 22/7/2010, n. 17242; Cass., Sez. 2, 31/5/2006, n. 12964; Cass., Sez. 2, 26/1/2005, n. 1556).

In linea di principio, secondo la giurisprudenza di questa Corte, tra gli sporti non computabili rientrano, ad avviso del collegio, anche le canne fumarie, ancorché infisse al suolo e aventi i caratteri della solidità e stabilità, avendo esse valenza di mero accessorio di un impianto e non costituendo perciò costruzione, come già chiarito da questa Corte sia pure in tema di distanza delle vedute ai sensi dell'art. 907 cod. civ. (in tal senso vedi Cass., Sez. 2, 23/5/2016, n. 10618; Cass., Sez. 2, 23/2/2012, n. 2741).

Nel caso in esame, la Corte d'Appello ha verificato solo la sporgenza della canna fumaria, mentre avrebbe dovuto verificarne anche le precise caratteristiche costruttive, visto che dalla sentenza non risulta neppure se si tratta di un mero tubo di ferro oppure di un manufatto in muratura.

Quindi si rende necessario un nuovo esame.

2.1 Con l'unico motivo di ricorso incidentale, si lamenta l'error in iudicando e, in particolare, la violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nel piano particolareggiato vigente presso il Comune di Vallo della Lucania, nonché nel D.M. n. 1444/68, nella legge n. 1684 del 1962 e negli artt. 873 e 877 cod. civ., perché i giudici di merito, a fronte della domanda volta ad ottenere l'arretramento del fabbricato a una distanza non inferiore a mt. 10,00, avevano ritenuto applicabile l'art. 873 cod. civ. sull'errato presupposto che le pareti dei due immobili non fossero finestrate e non presentassero aperture di sorta e, pur avendo accertato la non perfetta aderenza tra i fabbricati, avevano altresì reputato di non poter disporre l'arretramento, senza però previamente accertare la presenza nei due edifici di pareti finestrate sia lungo il muro quasi in aderenza, sia sulla facciata frontista del fabbricato del Mo.An. (come il balcone insistente proprio sulla parete frontista il fabbricato della società e il locale a magazzino sito al piano terra del fabbricato Mo.An., sul quale vi erano finestre che erano state parzialmente occluse dal muro non in aderenza realizzato dalla società), e senza verificare la possibilità di colmare facilmente l'intercapedine, anche da un punto di vista tecnico onde evitare spinte in danno del muro del vicino. Peraltro, ad avviso del ricorrente, il rigetto della richiesta di nomina di un c.t.u. onde accertare se e come fossero stati adottati gli accorgimenti per colmare l'aderenza e l'omessa qualificazione in termini di vedute delle aperture esistenti sui muri frontisti, costituiva in sé omesso esame di un fatto decisivo.

2.2 La censura è fondata.

Occorre, innanzitutto, prendere le mosse dalla sentenza dei giudici di merito, i quali hanno ritenuto di applicare, alla specie, il principio, affermato da questa Corte, secondo cui il giudice, in caso di non perfetta aderenza della costruzione del prevenuto a quella del preveniente, deve disporre l'arretramento della costruzione del vicino previamente accertando se l'intercapedine possa essere colmata mediante opportuni accorgimenti tecnici atti a perfezionare l'aderenza senza determinare spinte in danno del muro del vicino, sostenendo che, in tale caso, non si verifica alcuna violazione del principio di prevenzione, poiché il prevenuto esercita, sia pure con l'adozione di necessarie cautele, una delle facoltà concessagli dalla legge. Secondo la Corte di merito, la società, aveva realizzato soltanto una non perfetta aderenza, eliminabile a sue spese con la tecnica e l'accorgimento indicato in sentenza.

La conclusione non è giuridicamente condivisibile.

La costruzione in aderenza al muro posto sul confine, ai sensi dell'art. 877 cod. civ., deve essere ravvisata anche in presenza di modeste intercapedini, ove queste derivino da mere anomalie edificatorie e siano, altresì, agevolmente colmabili senza appoggi o spinte sul manufatto preesistente (v. Sez. 2, Sentenza n. 3601 del 07/03/2012).

Nella specie, i giudici di merito si sono discostati dal principio suddetto, perché avrebbero dovuto svolgere in concreto accertamenti sulla sicurezza del vicino, indispensabili proprio sulla scorta della citata giurisprudenza.

Inoltre, non hanno verificato esattamente quale fosse la normativa locale sulle distanze (eppure nel controricorso a pag. 17 si richiama uno strumento urbanistico che prevede un distacco di dieci metri tra pareti prospicienti).

Inoltre, non risulta approfondita l'indagine sull'esistenza di pareti finestrate (e il ricorso incidentale richiama accertamenti peritali che davano atto di esistenza di vedute). Ed in proposito va osservato che la distanza minima di dieci metri è richiesta anche nel caso in cui una sola delle pareti fronteggiantisi sia finestrata e che è indifferente se tale parete sia quella del nuovo edificio o quella dell'edificio preesistente, essendo sufficiente, per l'applicazione di detta distanza, che le finestre esistano in qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro edificio, benché solo una parte di essa si trovi a distanza minore da quella prescritta, con la conseguenza che il rispetto della distanza minima è dovuto pure per i tratti di parete parzialmente privi di finestre (tra le varie, Cass., Sez. 2, 17/5/2018, n. 12129).

3. In conclusione, vanno dichiarati fondati tanto il ricorso principale, quanto quello incidentale, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Salerno, che, in diversa composizione, dovrà statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale e quello incidentale, cassa a sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell'11 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2024.

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