Con riferimento ad un accertamento delle imposte sui redditi nei confronti di una società di capitale a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione (semplice) di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati; resta salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova contraria, anche solo attraverso la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria (che consente di superare la presunzione fondata sulla massima di comune esperienza, per la quale dalla ristrettezza della base sociale deriva un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi), senza necessità di dimostrare sempre, eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva, che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società e che quest’ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto.
Cassazione civile, sez. trib., sentenza 10/10/2024, (ud. 02/10/2024) n. 26473
FATTI DI CAUSA
1. L'Agenzia delle entrate notificava a Co.Gi. avviso di accertamento per l'anno di imposta 2007, per un maggior reddito di capitale pari a Euro 161.285, recuperandolo a tassazione per l'imposta non versata.
A fondamento dell'atto impositivo, l'ufficio poneva la partecipazione del contribuente, nella misura del 10%, al capitale sociale della società Casasonica Srl, compartecipata da altri due soci - Ca.Ma. e Ch.Al., quest'ultimo amministratore unico - nella misura, rispettivamente, del 50 e del 40 per cento. Con apposito avviso di accertamento - che risultava non impugnato - l'ufficio aveva infatti contestato alla società partecipata l'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per il 2008 e, di conseguenza, l'omessa dichiarazione del reddito d'impresa conseguito nell'anno 2007 e quantificato in Euro 1.612.849.
2. Il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Torino, che lo rigettava.
3. La relativa decisione era impugnata in appello deducendo: 1) l'omessa pronuncia sul motivo di ricorso proposto in relazione alla violazione dell'art. 6 della legge n. 212 del 2000, per omessa notifica ai soci dell'avviso di accertamento contro la società; 2) l'errata o falsa applicazione dell'articolo 2729 c.c. in relazione alla presunzione di effettiva percezione di utili extra bilancio da parte dei soci, semplicemente in considerazione della ristretta base partecipativa della società; 3) l'errata quantificazione della base imponibile del maggior reddito di capitale accertato in capo al contribuente, in quanto la società risultava "inattiva".
4. La CTR - non senza prima aver rilevato l'avvenuta allegazione anche all'atto impositivo notificato al contribuente Co.Gi. dell'avviso di accertamento a carico della società - escludeva sia la sussistenza di un litisconsorzio necessario fra società di capitali e soci, sia la possibilità dei soci stessi di contestare il merito della pretesa relativa alla società, divenuta definitiva per mancata impugnazione.
Tuttavia, accoglieva il ricorso, ritenendo "convincente" la difesa del contribuente, nella parte in cui aveva argomentato e documentato (depositando atti bancari) "circa la sua estraneità all'esercizio dell'attività d'impresa", in particolare: 1) di essersi occupato esclusivamente di musica come tecnico del suono; 2) di non avere alcuna "competenza in ordine a qualsivoglia aspetto economico e di gestione"; 3) di essersi disinteressato dell'attività della società, costituita per gestire i rapporti del gruppo musicale Subsonica con le case discografiche; 4) di ritenere non operativa la Casasonica Srl "a seguito del passaggio in epoca precede(nte) della gestione della totalità degli interessi economici del gruppo alla società Lo Sai Srl", di cui il contribuente non era socio.
5. Contro questa decisione l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
6. Resiste con controricorso il contribuente, illustrato da successiva memoria.
7. Il Pubblico Ministero ha ribadito in udienza le conclusioni anticipate con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si lamenta la violazione degli articoli: 132, comma 1, n. 4, c.p.c.; 118 disp. att. c.p.c.; 36, comma 2, n. 4, e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992.
1.1. Per l'Agenzia delle entrate ricorrente, la motivazione della CTR conterrebbe argomentazioni intrinsecamente contraddittorie e, comunque, apodittiche.
Dopo aver richiamato i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione ai presupposti necessari e sufficienti per l'applicazione della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extra bilancio in presenza di società a ristretta base, nonché in relazione all'onere della prova gravante sul contribuente, consistente nella dimostrazione che i maggiori ricavi siano stati accantonati oppure reinvestiti o diversamente distribuiti, i giudici di secondo grado non ne avrebbero fatto corretta applicazione. Infatti, pur avendo considerato pacifiche la ristretta base societaria e l'esistenza di redditi non dichiarati dalla società Casasonica per l'anno 2007, hanno ritenuto questi ultimi non percepiti dal contribuente, e non perché il Co.Gi. avesse fornito la prova che tali ricavi fossero stati accantonati o reinvestiti o diversamente distribuiti dalla società, ma solo in ragione di una asserita sostanziale inoperatività della società (circostanza contrastante insanabilmente con il contenuto dell'avviso di accertamento emesso nei confronti della società - non impugnato da quest'ultima e allegato all'avviso notificato al contribuente - e con le fatture rinvenute, riprodotte in ricorso) nonché, comunque, di un preteso disinteresse del contribuente all'attività della Casasonica Srl, che sarebbe stato peraltro comprovato solo da "documentazione bancaria", le cui risultanze non sarebbero state in alcun modo illustrate, impedendo così il controllo sul percorso logico seguito per la formazione del convincimento.
2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si lamenta la violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., 38 e 41-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, 67 del D.P.R. n. 917 del 1986.
2.1. Per l'Agenzia ricorrente, avrebbe errato il giudice di secondo grado nel disapplicare il principio secondo cui, ove il reddito nei confronti della società a ristretta base risulti accertato in maniera definitiva, il giudizio nei confronti del socio, per quanto attiene all'esistenza degli utili extracontabili realizzati dalla società, è pregiudicato dall'esito dell'accertamento effettuato nei confronti della società stessa.
La CTR avrebbe quindi erroneamente escluso la produzione di redditi da parte della società Casasonica Srl, nonostante la stessa fosse stata destinataria di un avviso di accertamento - contenente la determinazione in via induttiva del reddito di impresa - non impugnato nei termini di legge.
Avrebbe, altresì, errato nel ritenere il contribuente adempiente rispetto all'onere probatorio contrario alla presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, non già attraverso la dimostrazione che i maggiori ricavi fossero stati accantonati o reinvestiti dalla società, bensì attraverso l'allegazione del suo sostanziale disinteresse per l'attività concretamente svolta dalla società, allegazione sorretta dalla semplice produzione in giudizio della documentazione bancaria personale, nella quale non risultava traccia dell'effettiva riscossione degli utili extra contabili prodotti dalla società.
3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si lamenta l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
3.1. Secondo l'Agenzia ricorrente, la CTR avrebbe omesso di esaminare il fatto decisivo "rappresentato dalla destinazione dei redditi accertati in capo alla società Casasonica Srl e di cui, in ragione della sua ristretta compagine sociale, era legittimo presumere la distribuzione ai soci, pro quota, sotto forma di utili".
4. Il primo motivo è fondato e riveste carattere assorbente.
5. Possono considerarsi acclarati - perché documentati o non contestati - i seguenti fatti storici, indicati nell'avviso di accertamento contro la società Casasonica riprodotto in ricorso.
5.1. La società Casasonica Srl è stata costituita il 19.2.2003 e il Co.Gi. (come il Ca.Ma., cantante del gruppo) ha ceduto la sua quota al Ch.Al. (manager del gruppo) il 28 dicembre 2009.
5.2. La società non ha mai presentato dichiarazione dei redditi tra il 2003 e il 2009, nonostante sui suoi conti correnti - i cui estratti pure sono riprodotti in ricorso - siano transitati consistenti somme, derivanti dall'attività del gruppo musicale.
5.3. Non è mai stata convocata alcuna assemblea né è mai stato approvato alcun bilancio e neppure risulta mai redatta alcuna scrittura contabile.
5.4. Sono state reperite, per il solo anno 2007, ventinove fatture, del pari riprodotte in ricorso, per un imponibile superiore a un milione di Euro e con numerazione che arriva fino al numero 56, emesse pure nei confronti della soc. "Lo Sai Srl".
5.5. Il Co.Gi., per il 2007, non ha presentato alcuna dichiarazione dei redditi.
6. Ciò posto, va innanzitutto ribadito il principio secondo cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi nel caso di società di capitali che presenti una ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione (semplice) di attribuzione ai soci partecipanti alla società degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova contraria e senza che ciò integri applicazione di una doppia presunzione.
Tale principio va confermato, non potendosi condividere la tesi espressa dal controricorrente nella memoria illustrativa, secondo cui la ristretta compagine societaria non può più essere considerata elemento sufficiente a legittimare tale presunzione, in considerazione della modifica dell'art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992, operata dalla legge n. 130 del 2022.
6.1. A tale riguardo, questa Corte ha recentemente affermato che "In tema di onere probatorio gravante in giudizio sull'amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali non vi siano presunzioni legali che comportino l'inversione dell'onere probatorio, l'art. 7, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall'art. 6 della L. n. 130 del 2022, non stabilisce un onere probatorio diverso, o più gravoso, rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all'istruttoria dibattimentale un ruolo centrale" (Sez. 5, Ordinanza n. 31878 del 27/10/2022; in senso conforme, tra le ultime, Sez. 5, 8/5/2024, n. 12575), sicché il principio innanzi indicato mantiene intatta la sua valenza, poiché la legge n. 130 del 2022 si è limitata a registrare una ricorrente modalità di valutazione, in applicazione dei principi generali, degli elementi presuntivi che devono essere comunque essere accertati in relazione alla vicenda concreta (di recente, Sez. 5, Sentenze n. 19409 e n. 19357 del 15/7/2024).
7. La sentenza impugnata, che pure afferma la sussistenza del presupposto fattuale per l'operatività dell'illustrata presunzione (ossia la ristrettezza della base partecipativa della società in esame), non esibisce alcuna reale motivazione in ordine al raggiungimento della prova contraria incombente sul contribuente.
7.1. In un primo tempo, questa Corte ha individuato il contenuto della prova contraria a carico dei soci nella (sola) dimostrazione che i maggiori ricavi dell'ente siano stati accantonati o reinvestiti (ex plurimis, Cass. n. 18032/2013, Cass. n. 24534/2017, Cass. n. 29412/2017, Cass. n. 32959/2018), prova che il contribuente può fornire anche nel suo ruolo di titolare meramente formale delle quote, ma estraneo di fatto alla gestione societaria, perché comunque il ruolo formale permetterebbe, se del caso, di accedere ai libri sociali per acquisire elementi a tal fine.
7.2. Successivamente, si è riconosciuta la possibilità per il socio di vincere la presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, dando la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, avendo ricoperto un ruolo meramente formale di semplice intestatario delle quote sociali, senza avere concretamente svolto alcuna delle attività di gestione e controllo riservate dalla legge (e dallo statuto) al socio della società a responsabilità limitata (ex plurimis, Sez. 5, Ordinanza n. 15991 del 7/6/2024; Sez. 6-5, Ordinanza n. 7170 del 04/03/2022, rv. 664082-01; Sez. 5, Ordinanza 15/9/2021, n. 24870; Sez. 5, Ordinanza 1/12/2020, n. 27445; Sez. 5, Ordinanza 24/7/2020, n. 15895; Sez. 6-5, Ordinanza n. 18042 del 09/07/2018, rv. 649406-01; Sez. 5, Sentenza 14/7/2017, n. 17461; Sez. 6-5, Ordinanza 22/12/2016, n. 26873; Sez. 6-5, Ordinanza 2/2/2016, n. 1932).
7.3. Il collegio è consapevole dell'esistenza di arresti anche recenti (Sez. 5, Sentenza n. 21158 del 29/07/2024, Rv. 671650-01) che ribadiscono la tesi tradizionale - sostenuta nelle sue conclusioni anche dall'Ufficio del Pubblico Ministero - secondo cui il contribuente non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma può solo dimostrare, eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva, che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società e che quest'ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto, perché una ulteriore "agevolazione probatoria" colliderebbe con le ragioni che legittimano la presunzione posta dalla ristretta base sociale e ne svuoterebbe il contenuto.
7.4. Tuttavia, in questa sede, si intende ribadire la tesi emersa più di recente - da ultimo confermata da Sez. 5, Ordinanza n. 18764 del 09/07/2024, Rv. 671633-01 - e che ammette, come prova contraria alla presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, anche la dimostrazione dell'assoluta estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria. Ciò, infatti, non collide affatto con la ragione dell'operatività della presunzione in parola, che si fonda appunto sulla massima di comune esperienza che, dalla ristrettezza della base sociale, inferisce un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi. Una volta dimostrata, a dispetto della ristretta base sociale, l'assoluta estraneità del socio alla gestione e alla vita stessa della società, la suddetta massima di esperienza perde il suo rilievo probatorio e non consente più di ritenere legittima la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili in favore di tutti i soci.
7.5. Il problema, dunque, si sposta sul piano della prova dell'estraneità assoluta del socio alla gestione e alla vita della società, che deve essere precisa e rigorosa.
8. Sotto questo profilo, le critiche mosse alla sentenza impugnata si rivelano fondate.
9. La CTR, infatti, si limita ad esporre le argomentazioni addotte dal contribuente in ordine alla sua estraneità alla gestione e conduzione societaria, ricordando come egli abbia sostenuto di occuparsi esclusivamente di musica come tecnico del suono, di non avere alcuna competenza in ordine a qualsivoglia aspetto economico e di gestione e di essersi disinteressato dell'attività della società, avendola ritenuta inoperativa.
Si tratta, però, di allegazioni "descrittive" di ciò che dovrebbe costituire oggetto di prova.
A tale proposito, il giudice di secondo grado si limita ad enunciare, persino in forma dubitativa, il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, affermando che "Il ricorrente pare convincente", senza in alcun modo descrivere il processo logico seguito in base alla valutazione del complessivo compendio probatorio.
9.1. La mole dei documenti prodotti dall'ufficio finanziario - che li ha anche, in larga parte, trascritti integralmente in ricorso, con particolare riferimento alle fatture emesse dalla società Casasonica Srl nell'anno d'imposta in esame e alla movimentazione finanziaria sul conto corrente ad essa intestato - dimostra senza dubbio alcuno che la società era certamente operativa, che aveva percepito ingenti somme non contabilizzate e che non aveva presentato alcuna dichiarazione fiscale, producendo considerevoli utili la cui destinazione normale, secondo l'id quod plerumque accidit nell'ambito di società di capitali a ristretta base, è la distribuzione tra i soci.
A fronte di ciò, la prova dell'estraneità totale del contribuente alla gestione e conduzione societaria avrebbe dovuto essere molto rigorosa e soprattutto, quel che in questa sede conta, di ciò avrebbe dovuto dare specifico conto la CTR nella sua motivazione, senza limitarsi a richiamare genericamente una non meglio precisata "documentazione bancaria", rispetto alla quale, peraltro, l'Agenzia ricorrente ha buon gioco nel sostenere (pag. 15 del ricorso) che "secondo l'id quod plerumque accidit essi (utili extracontrabili) non transitano attraverso conti correnti bancari o, comunque, non vengono percepiti in forme e secondo modalità tracciabili".
10. La laconica (e dubitativa) affermazione in cui si sostanzia, e si esaurisce, il dictum giudiziale appare dunque come una mera petizione di principio, priva di una effettiva (e necessaria) motivazione, assumendo i contorni di un vuoto simulacro. Ciò si pone in palese contrasto con i parametri legislativi evocati a sostegno del motivo articolato dalla ricorrente, anche all'esito della riduzione del sindacato di legittimità sulla motivazione al "minimo costituzionale", la cui soglia - come costantemente confermato a partire dall'arresto delle Sezioni Unite n. 8053 del 2014 - non è raggiunta in caso di motivazione sostanzialmente mancante. Come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, rv. 641526-01), "la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture" (in tal senso, Sez. 5, Sentenza n. 9830 del 11/04/2024, rv. 670874-01).
11. La decisione, pertanto, conformemente alle conclusioni presentate dal Pubblico Ministero, va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per i necessari accertamenti in fatto e per provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, il 2 ottobre 2024.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2024.