Pubblicato il

Conflittualità tra i coniugi non preclude l’affidamento condiviso

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.26517 del 11/10/2024

La conflittualità tra genitori impedisce sempre l'affidamento condiviso dei figli?

La Cassazione civile, sez. I, con l'ordinanza n. 26517 dell'11 ottobre 2024, ha ribadito che la mera conflittualità tra i coniugi, che spesso accompagna i procedimenti di separazione, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso se si mantiene nei limiti di un tollerabile disagio per la prole.

Tuttavia, la Suprema Corte precisa che l'affido condiviso deve essere escluso quando la conflittualità fra i coniugi si esprime in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.

Nel caso esaminato, la Corte d'Appello di Palermo ha disposto l'affidamento esclusivo al padre di una minore, a causa della grave conflittualità tra i genitori e delle fragili condizioni psicologiche della madre. La CTU psicologica ha rilevato che il padre è una "buona figura paterna, tutelante e rispondente, equilibrata con la bambina e presente nelle diverse fasi della crescita", mentre la madre presenta "forti carenze nella sintonizzazione e nella comprensione emotiva".

La Corte ha ritenuto che, in tali circostanze, l'affidamento condiviso non fosse nell'interesse superiore della minore, in conformità con l'art. 337-ter c.c., che dispone che il giudice adotti i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa.

La giurisprudenza ha chiarito che l'affidamento esclusivo è giustificato non solo dalla verifica dell'idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche dalla considerazione delle ricadute che la decisione sull'affidamento avrà sulla vita dei figli (Cass. 21425/2022).

Pertanto, la mera conflittualità tra i coniugi non preclude l'affidamento condiviso se rimane entro limiti tollerabili per i figli. Ma quando tale conflittualità diventa così intensa da mettere a rischio l'equilibrio psico-fisico dei minori, l'affidamento esclusivo a uno dei genitori può essere la soluzione più adeguata per tutelare il loro superiore interesse.

Affidamento condiviso, conflittualità tra i coniugi, limiti, tollerabile disagio per la prole, pericolo per l'equilibrio psico-fisico dei figli

In tema di separazione personale, la mera conflittualità tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre assume connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 11/10/2024 (ud. 12/09/2024) n. 26517

FATTI DI CAUSA


La Corte d'appello di Palermo, con decreto n. cronol. 4570/2023, pubblicato il 27/12/2023, ha parzialmente riformato la decisione dell'agosto 2021 del Tribunale di Palermo, con la quale, in un procedimento, ex art. 337 bis c.c., avente ad oggetto la regolamentazione dell'affido e del mantenimento di De.Lo., nata, a P il (Omissis), dalla relazione sentimentale, ormai conclusa, tra Lo.Ma. e Lo.Fr., si era disposto l'affidamento condiviso della minore ad entrambi i genitori con domicilio prevalente presso la casa paterna, nonché obbligo per la madre di versare l'importo mensile di Euro 150,00 mensili, a titolo di contributo al mantenimento della figlia, e di partecipare nella misura del 50% alle spese straordinarie da affrontare nell'interesse della medesima; inoltre, si era disciplinato il diritto di incontro tra mamma e figlia e disposto la presa in carico del nucleo familiare della Lo. da parte del Servizio Sociale di appartenenza, anche mediante l'attivazione di un Sostegno Educativo domiciliare, durante la permanenza della bambina presso l'abitazione materna.

In particolare, i giudici di appello, acquisite le relazioni aggiornate del Consultorio Familiare e dei Servizi Sociali competenti territorialmente in ordine ai nuclei familiari di entrambe le parti ed alle capacità genitoriali della Lo. e del Lo. e disposta una CTU psicologica, al fine di vagliare la capacità genitoriale di entrambi i genitori, hanno disposto l'affidamento esclusivo al padre della piccola De., con limitazione, in ambiente protetto, degli incontri tra la minore e la madre, hanno rilevato che: a) mentre il padre, dagli accertamenti eseguiti dal consulente tecnico, è risultato essere "una buona figura paterna, tutelante e rispondente, equilibrata con la bambina e presente nelle diverse fasi della crescita, responsabile e accorto ai bisogni della stessa, capace anche di posticipare i propri bisogni per la serenità della minore", la madre, già provata dal proprio rapporto con la propria madre, ha "forti carenze nella sintonizzazione e nella comprensione emotiva", "non riesce a codificare il malessere della bambina che percepisce unicamente come un rifiuto e gestisce attraverso dinamiche più vicine alla gelosia che alla costruzione di una relazione esclusiva basata sull'affetto; b) la minore, mentre ha un rapporto sereno con il padre e la famiglia paterna, "prova paura nei confronti della madre e del suo contesto familiare", "percepisce il contesto materno pericoloso per la propria sicurezza e teso a portarla via dal proprio ambiente sicuro che per lei è la casa paterna, dove sta bene ed è serena e dove si sente protetta e amata", ma la relazione con la madre non risulta alterata dalla famiglia del padre; c) dovevano essere condivise le conclusioni del consulente tecnico, del tutto in linea con le valutazioni dei Servizi incaricati, in ordine all'opportunità di un affido esclusivo della minore al padre, non sussistendo, allo stato, i presupposti per un affidamento condiviso della minore in ragione sia dell'estrema conflittualità nella coppia che si riverserebbe negativamente sulla minore, sia di una oggettiva difficoltà nei processi di accudimento complessi da parte della figura materna, "posto che la Lo. fatica a sintonizzarsi con il disagio della bambina legato proprio al suo comportamento", essendo necessario che la bambina continui a vivere con il padre, mantenendo tutte le sue abitudini e la propria serenità onde non pregiudicare la sua crescita psicologica, con disciplina degli incontri tra la minore e la madre in situazione protetta presso il Servizio Spazio Neutro, in presenza di uno psicologo onde agevolare la ripresa dei rapporti e non rischiare la rottura definitiva del legame; d) doveva condividersi anche la necessità di un monitoraggio degli incontri tra madre e figlia da parte di personale specializzato, sia per una tutela della piccola De., sia al fine di agevolare la relazione madre - figlia, attualmente incrinata, con conferma dell'incarico al Servizio Spazio Neutro del Comune di Carini di stabilire il calendario e la modalità degli incontri secondo l'interesse prioritario della bambina con cadenza almeno settimanale.

Avverso la suddetta pronuncia, Lo.Ma. propone ricorso per cassazione, notificato il 18/1/2024, affidato a unico motivo, nei confronti di Lo.Fr. (che resiste con controricorso). La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex art.360 n. 5 c.p.c., in quanto la Corte d'appello, nel rigettare le richieste avanzate dalla madre e nel disporre l'affido esclusivo della minore al padre, ha ritenuto che "le allegazioni in ultimo svolte dalla Lo., inerenti a comportamenti inadeguati assunti dal padre del Lo. nei suoi confronti, in tesi idonei a squalificarla agli occhi della figlia e ad ingenerare in questa un rifiuto nei suoi confronti (alienazione parentale), anche qualora veritiere non sarebbero idonee a screditare le conclusioni della C.T.U. che si basano su una valutazione della capacità genitoriale di entrambi i genitori e non di certo sulla considerazione che ha la bambina della figura materna, ragione per cui non pare ammissibile la richiesta probatorio avanzata sul punto".

La ricorrente lamenta che, da alcuni video - messaggi pubblicati sui "social network" dal nonno paterno e prodotti in giudizio, emergeva, oltre all'astio del Lo. e della sua famiglia nei confronti della Lo., pesantemente offesa ed ingiuriata, che la piccola De. fosse oggetto di manipolazioni, da parte del nucleo paterno che la coinvolgeva in dinamiche psicologiche disfunzionali, la cui conseguenza è quella della sindrome da alienazione parentale, dalla quale va senz'altro protetta e tutelata. Altro fatto trascurato dalla Corte d'appello sarebbe la documentazione relativa a procedimento penale a carico di Lo.Ma., Lo.An., Za.An. e Lo.Fr. per i fatti di reato di cui agli artt. 572 e 609 bis c.p., in danno della Lo.

Del pari, sarebbe stato trascurato come il disturbo dell'adattamento con ansia e deflessione timica, di cui era affetta la ricorrente, sarebbe reattivo alla traumatica separazione dalla figlia, secondo quanto emerso dalle relazioni degli operatori.

2. La censura è inammissibile, non rispondendo ai requisiti del vizio motivazionale ex art. 360 n. 5 c.p.c.

Si invoca, invero, l'insufficienza motivazionale, che non rientra più nel vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.; nel mezzo di ricorso, non si indicano fatti storici (della cui deduzione nel giudizio di merito venga dato conto nel rispetto del canone dell'autosufficienza del ricorso per cassazione) il cui esame, effettivamente omesso nella sentenza gravata, avrebbe portato ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa, ma ci si limita a criticare l'apprezzamento delle risultanze processuali operato dal giudice di merito, contrapponendo a tale apprezzamento quello ritenuto più corretto dalla parte e sviluppando argomenti di mero fatto che non possono essere scrutinati in sede di legittimità.

In realtà, si sollecita la Corte di legittimità alla rivalutazione dell'accertamento del fatto compiuto dal giudice del merito, e al riesame delle risultanze istruttorie (Sez. U, n. 34476 del 27.12.2019).

Quanto al video messaggio del nonno paterno della minore (contenente parole offensive nei confronti della Lo.), la Corte d'appello ha esaminato l'allegazione ma ne ha motivatamente escluso la decisività ai fini del decidere e quindi l'ammissibilità della correlata richiesta istruttoria, affermando che "le allegazioni in ultimo svolte dalla Lo., inerenti a comportamenti inadeguati assunti dal padre del Lo. nei suoi confronti, in tesi idonei a squalificarla agli occhi della figlia e ad ingenerare in questa un rifiuto nei suoi confronti (alienazione parentale), anche qualora veritiere, non sarebbero idonee a screditare le conclusioni della C.T.U. che si basano su una valutazione della capacità genitoriale di entrambi i genitori e non di certo sulla considerazione che ha la bambina della figura materna, ragione per cui non pare ammissibile la richiesta probatorio avanzata sul punto".

Inoltre, va ribadito il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla sua formazione, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell'esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga - in maniera concisa ma logicamente adeguata - gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo svolto (Cass. n. 29730 del 29.12.2020).

Nella specie, l'affidamento al padre, rafforzato, è stato giustificato sia dalla grave conflittualità ancora esistente tra i genitori sia dalla fragilità delle condizioni psicologiche della Lo., dai limiti delle sue capacità genitoriali, dalla sua incapacità di instaurare un dialogo con il Lo. ed i suoi familiari, dell'assenza di valide figure familiari che possano esserle di supporto. La giurisprudenza di questa Corte in materia di affidamento dei figli minori ha mancato evidenziato che il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice nel fissarne le relative modalità di esercizio è quello del superiore interesse della prole, atteso il diritto preminente dei figli a una crescita sana ed equilibrata (Cass. 21916/2019, Cass. 12954/2018).

Pertanto, la scelta dell'affidamento a uno solo dei genitori, da effettuarsi in base all'interesse prevalente morale e materiale della prole, deve essere sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche, e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la decisione sull'affidamento avrà, nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli (Cass. 21425/2022).

All'esito di simili verifiche il perseguimento dell'obiettivo di assicurare l'esclusivo interesse morale e materiale della prole può comportare anche l'adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori (quale l'affidamento c.d. super esclusivo del figlio a un genitore, all'esito dell'accertamento dell'inidoneità genitoriale dell'altro), senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l'interesse superiore del minore (Cass. 4056/2023; cfr. anche Cass. 32876/2022).

Questa Corte (Cass. 5108/2012) ha poi chiarito che "In tema di separazione personale, la mera conflittualità tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre assume connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse" (conf. Cass. 6535/2019).

Nel caso di specie la Corte distrettuale si è posta nel solco dei principi appena richiamati, facendone puntuale applicazione.

3. Per quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Essendo il procedimento esente, non si applica l'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, in complessivi Euro 3.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma il 12 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria l'11 ottobre 2024.

©2022 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472