Va escluso la possibilità per le banche di procedere all'adeguamento contrattuale mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e la comunicazione al correntista non già in ragione di una valutazione comparativa espressiva del carattere peggiorativo delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, esito della nullità di queste ultima e, dunque, dell'assenza di una valida ed efficace pattuizione anatocistica, quanto in virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale.
Vedi anche:
Cassazione civile, sez. I, sentenza 04/11/2024 (ud. 11/10/2024) n. 28215
FATTI DI CAUSA
1. La Meccanica Va. di Va.Al. E C. Sas propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata il 17 settembre 2019, di reiezione dell'appello per la riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arstizio che aveva respinto la sua domanda di condanna della Banca Popolare di Bergamo Spa (ora, Unione di Banche Italiane Spa) alla restituzione delle somme indebitamente versate nell'esecuzione di un contratto di conto corrente acceso con la Banca Popolare Commercio e Industria Spa, dante causa della convenuta.
2. La Corte di appello ha riferito che la domanda attorea si fondava sull'allegazione della indebita applicazione di interessi, spese e commissioni e che il giudice di primo grado aveva respinto tale domanda sia in ragione dell'accoglimento dell'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca convenuta, sia, quanto alle operazioni non interessate dall'operatività della prescrizione, della infondatezza della pretesa esercitata.
3. Ha, quindi, disatteso il gravame evidenziando, in particolare, l'assenza di elementi a sostegno dell'asserita natura ripristinatoria delle rimesse in oggetto, dedotta ai fini di una diversa individuazione del dies a quo dell'eccepita prescrizione, la lacunosità della documentazione prodotta dalla correntista, tale da non consentire una compiuta ricostruzione dell'andamento del rapporto, la ammissibilità della capitalizzazione periodica degli interessi a far data dal 1 luglio 2000 e la irrilevanza, ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia in materia di usura, dell'addebito di costi a titolo di commissione di massimo scoperto in epoca antecedente al 31 dicembre 2009 e, comunque, dell'eventuale superamento di tale tasso nel corso del rapporto.
4. Il ricorso è affidato a due motivi.
5. Resiste con controricorso la Unione di Banche Italiane Spa
6. Le parti costituite depositano memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
7. Con ordinanza interlocutoria n. 13167 del 14 maggio 2024 la causa è rimessa all'odierna udienza pubblica in ragione della particolare rilevanza della questione relativa all'interpretazione dell'art. 7, secondo comma, della delibera C.I.C.R. 9 febbraio 2000 e, in particolare, alle condizioni in presenza delle quali le clausole anatocistiche inserite nei contratti di conto corrente conclusi prima dell'entrata in vigore di tale delibera possano essere ritenute valide per il periodo successivo.
8. Il pubblico ministero deposita conclusioni scritte e la ricorrente memoria ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
9. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033,2697,2934,2935,2709 e 2711 cod. civ., 119t.u.b. e 115, 116, 166, 167, 183, 210, 212 e 215 cod. proc. civ., nonché l'omessa motivazione su una circostanza controversa e decisiva, per aver la sentenza impugnata ritenuto che la mancata produzione degli estratti analitici impediva l'accertamento della natura ripristinatoria delle controverse rimesse.
10. Evidenzia, sul punto, la presenza di elementi obiettivi idonei a consentire il ricalcolo dei saldi e la determinazione dell'importo indebitamente versato dalla correntista.
11. Lamenta, infine, la mancata acquisizione da parte del giudice degli estratti conto analitici relativi all'ultimo decennio, che la banca aveva riconosciuto essere in suo possesso e, comunque, aveva l'obbligo legale di conservare.
12. Il motivo è inammissibile.
13. Giova rammentare che a fronte dell'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca avverso la domanda di ripetizione dell'indebito proposta dal correntista, grava su quest'ultimo l'onere della prova della natura ripristinatoria e non solutoria delle rimesse indicate (Cass. 6 dicembre 2019, n. 31927; Cass. 30 gennaio 2019, n. 2660; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27704).
14. Se è vero che gli estratti conto consentono di avere un appropriato riscontro dell'identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto, non può escludersi che l'andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni (quali, ad esempio, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni, le risultanze delle scritture contabili, gli estratti conto scalari) ovvero della condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova (cfr. Cass. 17 gennaio 2024, n. 1763).
15. Spetta, tuttavia, al giudice di merito la concreta valutazione di idoneità di tali elementi a dimostrare l'esistenza e la natura di tali operazioni e tale valutazione, investendo un accertamento a lui riservato, non è censurabile in questa sede in relazione al paradigma della violazione o falsa applicazione della legge (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476).
16. Non è, poi, prospettabile con riferimento a tale statuizione neanche una censura per vizio motivazionale, stante la preclusione derivante dalla regola della cd. "doppia conforme" di cui all'art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ. e il mancato assolvimento da parte della ricorrente dell'onere di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, finalizzato alla dimostrazione che esse sono tra loro diverse e che, dunque, non trova applicazione la regola preclusiva della censura per omesso esame di fatti decisivi e controversi (cfr. Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774);
17. In ordine alla mancata adozione da parte del giudice di merito dell'ordine di esibizione degli estratti conto a norma dell'articolo 210 cod. proc. civ., deve rammentarsi che il ricorso a tale mezzo istruttorio non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova a carico della parte istante (Cass. 8 agosto 2006, n. 17948; Cass. 25 maggio 2004, n. 10043), per cui non può essere disposto allorquando l'interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa (Cass. 6 ottobre 2005, n. 19475).
18. Poiché l'art. 119, quarto comma, t.u.b., riconosce al correntista e ai suoi aventi causa il diritto di ottenere copia della documentazione inerente a singole operazioni la proposizione di un'istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. della documentazione relativa alle operazioni dell'ultimo decennio richiede che tale documentazione sia stata precedentemente fatta oggetto di richiesta e siano decorsi novanta giorni senza che l'istituto di credito abbia proceduto alla relativa consegna (cfr. Cass. 1 agosto 2022, n. 23861; Cass. 13 settembre 2021 n. 24641).
19. Sul punto, la ricorrente nulla deduce, per cui la censura si presenta priva della necessaria concludenza.
20. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 117,118 e 120 t.u.b., 1283, 1284, 1325, 1346, 1350, 1418, 1419, 1842, 1846, 1852, 1858, 2697 e 2727 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ., nonché l'omessa motivazione su una circostanza controversa e decisiva, per aver la Corte di appello ritenuto che la comunicazione inviata dalla banca alla correntista dell'avvenuta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del sistema di pari periodicità degli interessi attivi e passivi adottati dalla banca medesima era idonea a rendere lecita la capitalizzazione degli interessi, pur in assenza della prova della conoscenza da parte della correntista di tale comunicazione (avvenuta mediante invio dell'estratto conto) e in virtù di una determinazione unilaterale della banca.
21. Evidenzia, inoltre, che sul conto corrente in oggetto la banca aveva concesso un'apertura di credito ordinaria e un fido su anticipazioni bancarie di ricevute e s.b.f. le cui condizioni economiche non erano pattuite, per cui i relativi interessi andavano riconosciuti nella misura prevista dalla legge ovvero, laddove ritenuti validi quelli applicati al conto corrente, nella misura originariamente pattuita, stante la illegittimità della loro variazione in pejus.
22. Da ultimo, lamenta la mancata dichiarazione di nullità della clausola relativa all'applicazione della commissione di massimo scoperto, in quanto indeterminata.
23. Il motivo è, nei limiti che seguono, fondato.
24. Con riferimento alla efficacia, per il periodo successivo al 1 luglio 2000, delle clausole dei contratti di conto corrente stipulati anteriormente che prevedono la capitalizzazione degli interessi passivi, giova rammentare che, secondo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, è nulla la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario avente ad oggetto la capitalizzazione degli interessi dovuti dal cliente, poiché si basa su un mero uso negoziale e non su di una vera e propria norma consuetudinaria ed interviene anteriormente alla scadenza degli interessi (cfr. Cass. 16 marzo 1999, n. 2374, che ha inaugurato tale orientamento; Cass. 30 marzo 1999, n. 3096; Cass. 11 novembre 1999, n. 12507; successivamente, vedi anche Cass., Sez. Un., 4 novembre 2004, n. 21095, e, con riferimento alla capitalizzazione annuale, Cass., Sez. Un., 2 dicembre 2010, n. 24418).
25. L'art. 25, secondo comma, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, aggiungendo un secondo comma all'art. 120 t.u.b., ha introdotto il principio della pari periodicità nella contabilizzazione degli interessi sia debitori che creditori maturati in relazione ad operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria regolate in conto corrente, affidando al CICR il potere di stabilire modalità e criteri per l'attuazione di tale principio.
26. Il successivo terzo comma del predetto art. 25, senza formalmente modificare il testo unico bancario, ha, poi, stabilito che le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della suddetta delibera del CICR sono valide ed efficaci sino a tale data, mentre, successivamente, debbono essere adeguate, a pena di inefficacia da farsi valere solo dal cliente, al disposto della menzionata delibera, secondo modalità e tempi in essa previsti.
27. Tale ultima disposizione è stata oggetto dichiarato incostituzionale per eccesso di delega con sentenza della Corte Costituzionale del 17 ottobre 2000, n. 425.
28. Nelle more il CICR, con delibera del 9 febbraio 2000, in virtù del potere regolamentare conferitogli dal richiamato secondo comma dell'art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999, non travolto dalla declaratoria di illegittimità costituzionale, aveva dettato modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria e finanziaria.
29. Tale delibera ha, tra l'altro, introdotto il principio per cui nell'ambito di ogni singolo conto corrente può essere pattuita la capitalizzazione degli interessi alla condizione che la stessa presenti la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori e ha previsto, all'art. 7, quale disposizione transitoria, l'obbligo di adeguamento dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000, con effetti decorrenti dal successivo 1 luglio (primo comma), specificando che qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, possono provvedere all'adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e informativa alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000 (secondo comma), mentre qualora le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela (terzo comma).
30. Questa Corte ha avuto modo di esaminare la questione controversa con la sentenza n. 9140 del 19 maggio 2020, con la quale è osservato che "sebbene il potere regolamentare del CICR di cui al secondo comma dell'art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999 non sia stato messo in discussione dalla nominata pronuncia di incostituzionalità ciò non implica, però, che quest'ultima abbia mancato di incidere sulla portata della delibera del 9 febbraio 2000, che di tale potere regolamentare ha costituito espressione", avuto riguardo al fatto che "tale delibera, in quanto anteriore alla sentenza di incostituzionalità, si colloca in un quadro storico contrassegnato dal dato della conformità al diritto delle clausole anatocistiche, che dunque presuppone". Ne consegue che è "alla nullità delle clausole anatocistiche che bisogna guardare quando si prendono in considerazione le disposizioni transitorie di cui all'art. 7 della delibera"
31. Con riferimento specifico alle condizioni in presenza delle quali l'adeguamento delle condizioni dei contratti di conto corrente in essere alle disposizioni della delibera medesima – tra cui, quelle concernenti l'applicazione del principio di pari periodicità nella capitalizzazione degli interessi attivi e passivi – può validamente realizzarsi mediante relativa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, unitamente alla opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000, la richiamata sentenza di questa Corte ha affermato che l'operazione di raffronto tra le condizioni anteriori e quelle nuove, imposta dalla delibera ai fini della valutazione del carattere peggiorativo delle seconde, ostativo della possibilità di provvedere all'adeguamento contrattuale mediante tale foma, è "inattuabile". Infatti, "le condizioni indicate dalla disposizione della delibera CICR circa la pari periodicità del conteggio degli interessi stessi non possono essere confrontate con una valida disposizione anatocistica, contenuta nel contratto di conto corrente, da considerarsi tamquam non esset".
32. Ha aggiunto che l'unico raffronto teoricamente possibile, in un contesto giuridico in cui le clausole anatocistiche pattuite nel passato sono da considerarsi nulle, potrebbe riguardare la capitalizzazione con eguale periodicità, da un lato, e la totale assenza di capitalizzazione (derivata dalla nullità), dall'altro, ma la delibera CICR non prende però in considerazione una tale giustapposizione, alludendo a vere e proprie "condizioni", e dunque a quanto le parti avessero puntualmente stabilito in punto di capitalizzazione, sul presupposto della precorsa valida stipulazione di clausole anatocistiche.
33. Ha concluso, conseguentemente, nel senso che, stante l'inapplicabilità della modalità di adeguamento contrattuale prevista dall'art. 7 della delibera per inapplicabilità del raffronto tra le pattuizioni pregresse e quelle nuove in ragione della invalidità delle prime, siffatto adeguamento richiede, in applicazione dei principi generali in materia contrattuale, una nuova pattuizione avente ad oggetto la capitalizzazione degli interessi osservante l'art. 2 della delibera medesima.
34. Tale orientamento è stato ripetutamente ribadito nella giurisprudenza di legittimità successiva (cfr., tra le altre, Cass. 12 marzo 2020, n. 7105 del 2020; Cass. 10 maggio 2020, n. 3861; Cass. 10 settembre 2020, n. 23852; Cass. 23 dicembre 2020, n. 29240; Cass. 5 maggio 2021, n. 23489; Cass. 1 marzo 2023, n. 19396; Cass. 18 ottobre 2023, n. 35210).
35. Con la memoria depositata ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ., la controricorrente deduce che la opposta tesi secondo cui il raffronto tra le condizioni anteriori e quelle nuove è sempre praticabile e, quanto alle prime, deve avere riguardo alle condizioni concretamente applicate al rapporto, così come pattuite tra le parti, e non già gli effetti giuridici delle relative pattuizioni, così come disciplinati dall'ordinamento, e invoca, a sostegno di tale tesi, il precedente di questa Corte rappresentato dall'ordinanza n. 5064 del 26 febbraio 2024.
36. Tale pronuncia – in sintonia con la coeva ordinanza n. 5054 – sembra affermare la possibilità dell'adeguamento contrattuale alle nuove condizioni mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e comunicazione al correntista all'esito di una "valutazione relazionale tra le nuove e le vecchie condizioni del contratto, non anche invece... tra le nuove condizioni e quelle anteriori epurate da ogni forma di capitalizzazione".
37. Evidenzia che la tesi, esposta nel caso in esame, secondo una siffatta valutazione, ritenuta implicitamente possibile, condurrebbe a ritenere che le nuove condizioni applicate dalla banca sono sempre peggiorative, avuto riguardo alla mancanza totale di capitalizzazione, quale effetto della nullità della clausola originaria, "sarebbe priva di senso logico, visto che, rispetto a un effetto di nullità del tipo di quello sopra considerato (incentrato sul correttivo del calcolo degli interessi a debito senza alcuna capitalizzazione), mai si potrebbe discorrere di prassi anatocistica non peggiorativa".
38. Le richiamate ordinanze nn. 5054 e 5064 del 2024 non prendono, tuttavia, in considerazione il diverso orientamento giurisprudenziale espresso dalla sentenza n. 9140 del 2020 (e dalle conformi successive ordinanze) che hanno escluso la possibilità per le banche di procedere all'adeguamento contrattuale mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e la comunicazione al correntista non già in ragione di una valutazione comparativa espressiva del carattere peggiorativo delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, esito della nullità di queste ultima e, dunque, dell'assenza di una valida ed efficace pattuizione anatocistica, quanto in virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale.
39. Tali pronunce, dunque, non offrono utili elementi di critica del consolidato orientamento giurisprudenziale – peraltro, ribadito dalla successiva ordinanza del 2 maggio 2024, n. 11725 – da cui la sentenza impugnata si discosta, né elementi di siffatta natura sono dedotti dalla controricorrente.
40. Deve, pertanto, darsi seguito al consolidato precedente orientamento giurisprudenziale, non ravvisandosi ragioni per doversene discostare.
41. Inammissibile è, invece, la censura nella parte in cui investe la quantificazione degli interessi relative alle operazioni regolate sui conti accessori, non confrontandosi con la ratio decidendi espressa dalla sentenza della impossibilità di pervenire a una ricostruzione esatta dell'andamento dei rapporti per mancata di idonei elementi probatori.
42. Del pari inammissibile è la doglianza nella parte in cui contesta la mancata rilevazione della indeterminatezza della clausola avente a oggetto la commissione di massimo scoperto, investendo un profilo che non risulta essere stato esaminato dalla Corte territoriale e di non cui vi è allegazione di una sua prospettazione in sede di appello (cfr., in tema, da ultimo, Cass. 1 luglio 2024, n. 18018).
43. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con riferimento al motivo del ricorso accolto e rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma l'11 ottobre 2024.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2024.