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Vaccinazione senza consenso informato, quando scatta il risarcimento dei danni?

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.28691 del 07/11/2024

In caso di somministrazione di vaccino non obbligatorio in assenza di un valido consenso informato, scatta il risarcimento dei danni?

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 28691 del 7 novembre 2024, ha affrontato un caso complesso riguardante la somministrazione di vaccini e la tutela del consenso informato del paziente.

Nel caso di specie, si trattava della somministrazione ad un bambino di 13 mesi di un vaccino non obbligatorio contro morbillo, rosolia e parotite, senza un'adeguata informazione dei genitori sui rischi e benefici del trattamento, a un minore poi colpito da una grave regressione psicofisica.

I genitori del minore, già riconosciuti destinatari di un indennizzo per i danni da vaccinazione ex legge n. 210/1992, avevano agito in giudizio contro l'ASL per ottenere il risarcimento dei danni. Essi lamentavano sia la mancanza di un consenso informato valido sia l'insorgenza di gravi patologie nel minore a seguito della somministrazione del vaccino. Dopo una prima sentenza negativa del Tribunale, la Corte d'Appello di Bari aveva parzialmente accolto la loro richiesta, riconoscendo che il consenso informato non fosse stato adeguatamente acquisito in relazione alla vaccinazione non obbligatoria.

La Corte di Cassazione ha ribadito che il consenso informato rappresenta un diritto fondamentale del paziente. Secondo la giurisprudenza consolidata, tale consenso deve essere espresso sulla base di una piena comprensione dei rischi e dei benefici del trattamento medico, e la sua assenza può costituire una violazione dei diritti del paziente, comportando l'obbligo per l'ASL di risarcire i danni subiti.

In questo caso, la Corte ha evidenziato che la mancanza di adeguata informazione riguardo alla vaccinazione non obbligatoria ha impedito ai genitori del minore di prendere una decisione consapevole, configurando una violazione del diritto al consenso informato. Tuttavia, nonostante tale riconoscimento, la Corte ha escluso ogni nesso causale tra la vaccinazione e le gravi condizioni psicofisiche manifestatesi nel minore, rigettando così le ulteriori richieste risarcitorie avanzate.

La Corte d'Appello aveva già riconosciuto un deficit informativo da parte dell'ASL, ma non aveva rilevato prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra la somministrazione del vaccino e l'insorgenza delle patologie, ritenendo che tali patologie fossero riconducibili allo spettro autistico e non legate alla vaccinazione. In linea con la giurisprudenza scientifica accreditata, la Cassazione ha confermato tale impostazione, stabilendo che l'ASL risponda esclusivamente per la violazione del consenso informato e non per i danni successivi.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei genitori del minore, confermando l'assenza di nesso causale tra la vaccinazione e le condizioni del bambino. Ha comunque sancito che la violazione del diritto al consenso informato impone all'ASL un obbligo risarcitorio, seppur limitato, a favore dei genitori, per la somma di 10.000 euro.

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Cassazione civile, sez. III, ordinanza 07/11/2024 (ud. 20/09/2024) n. 28691

FATTI DI CAUSA


1. - Am.Ma. e Ca.An., in proprio e n.q. di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore Am.Vi., nonché Am.Fe., sorella del minore, propongono ricorso per cassazione articolato in cinque motivi nei confronti della ASL BA per la cassazione della sentenza n. 1342/2020 emessa dalla Corte d'Appello di Bari in data 22.7.2020.

2. - Resiste la ASL BA con controricorso.

3 - Sia i ricorrenti che la ASL hanno depositato memorie. Con la memoria, si è costituito in proprio Am.Vi., divenuto maggiorenne nel corso del giudizio. 4. - Questa la vicenda, per quanto ancora di interesse:

- i signori Am.Vi. nel 2013 convenivano in giudizio la ASL di Bari, chiedendone al condanna del risarcimento dei danni causati dall'aver somministrato al minore Am.Vi. di 13 mesi per la vaccinazione esavalente obbligatoria un farmaco Infarix hexa che gli provocava una elevata reazione febbrile, e poi a 35 giorni di distanza altro farmaco Morupar, successivamente ritirato dal commercio, per la vaccinazione non obbligatoria contro morbillo, rosolia e parotite, a seguito del quale nell'immediato si verificavano reazioni avverse e nell'arco di breve tempo il bimbo, nato sano, risultava colpito da una progressiva grave regressione psico fisica;

- i genitori dapprima intraprendevano una causa chiedendo l'indennizzo ex lege 210 del 1992 che veniva riconosciuto loro con sentenza del 2011 passata in giudicato in cui, nella ricostruzione dei ricorrenti, si accertava il nesso causale tra la vaccinazione e il danno alla salute consistente in una malattia neurologica permanente ed invalidante;

- agivano quindi in giudizio nei confronti della ASL chiedendo il risarcimento sia sotto il profilo della insussistenza di un valido consenso informato, sia per aver causato con le vaccinazioni, ad un bimbo nato sano, una progressiva regressione, che lo portava alla perdita del linguaggio, del controllo corporeo e a sviluppare una significativa aggressività con conseguente danno patrimoniale e non patrimoniale a carico del minore, dei genitori e della sorella, in quanto il normale assetto della vita familiare risultava completamente sconvolto dalla necessità di privilegiare le esigenze di cura, di accudimento e di sorveglianza del minore.

5. - Il Tribunale rigettava la domanda.

6. - La Corte d'Appello di Bari accoglieva solo in minima parte la domanda risarcitoria, in relazione alla sola mancanza di una adeguata informazione circa i rischi connessi alla vaccinazione non obbligatoria, ai fini della formazione del consenso informato, liquidando in favore dei ricorrenti n.q. di genitori del minore la somma di Euro 10.000.

6.1. - Rigettava tutte le altre domande proposte, affermando che mancasse ogni prova del nesso causale tra la vaccinazione, sia pur effettuata con un farmaco poi ritirato dal commercio, e le patologie manifestate dopo poco tempo dal minore, riconducibili allo spettro autistico del quale le pubblicazioni scientifiche accreditate escludevano che potesse essere riconducibile causalmente alle vaccinazioni. Compensava le spese di lite nella misura della metà, ponendole per il residuo a carico della ASL appellata.

7. - La causa è stata avviata alla trattazione nell'adunanza camerale del 20 settembre 2024, all'esito della quale il Collegio ha riservato il deposito della decisione nei successivi sessanta giorni.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del principio del giudicato formale esterno sia in merito alla legittimazione passiva della Asl sia in merito all'esistenza del nesso causale tra la somministrazione vaccinale e i gravi disturbi autistici manifestatisi nel minore poco dopo nonché la violazione dell'articolo 324 c.c..

Sostengono che la legittimazione passiva della ASL BA sarebbe stata già affermata, con sentenza del Tribunale di Trani tra le stesse parti del 2011, passata in giudicato, volta al riconoscimento del diritto all'indennizzo ma avente ad oggetto l'accertamento dei medesimi fatti, prodotta in allegato al ricorso.

In disparte l'esame della fondatezza del motivo, in ordine alla quale comunque si rileva la diversità di causa petendi e di petitum, tra il giudizio avente ad oggetto l'indennizzo per le eventuali conseguenze pregiudizievoli delle vaccinazioni obbligatorie o raccomandate, in cui la sottoposizione del singolo alla vaccinazione integra un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale, bilanciato, nella ripartizione dei rischi da esso eventualmente derivanti, dalla previsione di un indennizzo a carico dello Stato, e il giudizio avente ad oggetto il risarcimento di tutti i danni eventualmente provocati dalla vaccinazione, deve ritenersi il motivo del tutto inammissibile, perché gli attuali ricorrenti non hanno formulato uno specifico motivo di appello sul punto della intervenuta formazione del giudicato interno, sulla base del precedente, definitivo riconoscimento del diritto all'indennizzo da vaccinazione, ex lege n. 210 del 1992 operato con sentenza del 2011 passata in giudicato. Neppure il giudicato si è formato successivamente alla definizione del giudizio di merito, e pertanto la relativa eccezione non può essere dedotta, per la prima volta, in sede di legittimità (v. Cass. n. 5370 del 2024, secondo la quale "L'eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta per la prima volta in cassazione se il giudicato si è formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove; se, invece, il giudicato esterno si è formato dopo la conclusione del giudizio di merito (e, cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello), la relativa eccezione è opponibile nel giudizio di legittimità"). La questione non è mai stata introdotta nel giudizio di merito e pertanto non può essere esaminata, per la prima volta, in sede di legittimità. I ricorrenti avrebbero caso mai avuto l'onere, per far valere la contraddittorietà della pronuncia con un precedente giudicato, di proporre la specifica ipotesi di revocazione di cui all'art. 395 n.5 c.p.c.

2. - Con il secondo motivo denunciano l'esistenza di una motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria e la violazione dell'articolo 132 secondo comma numero 4 c.p.c. nonché dell'articolo 115 c.p.c.

Lamentano che la Corte d'Appello abbia accolto solo il motivo di impugnazione relativo al consenso informato e non anche quello relativo al risarcimento dei danni da somministrazione del vaccino senza tener conto del fatto che se adeguatamente informati dei rischi i genitori non avrebbero fatto somministrare il vaccino al minore.

Il motivo è del tutto infondato. La Corte d'Appello ha riconosciuto un deficit informativo in capo alla Asl sui rischi di eventuali reazioni fisiche conseguenti all'esecuzione della vaccinazione, ma ha negato l'esistenza della prova di alcun nesso causale tra la somministrazione del vaccino e tutti i problemi fisici e psicofisici che di lì a poco si sono manifestati a carico del minore, che non pone in relazione di causalità con la somministrazione del vaccino in quanto riconducibili allo spettro dell'autismo, accertando che l'autismo debba ritenersi privo di alcuna connessione causale con la somministrazione di vaccini sulla base delle più accreditate ricerche scientifiche.

3. - Con il terzo motivo denunciano l'omesso esame di elementi istruttori aventi carattere decisivo.

Lamentano in particolare che non siano state valutate le prove documentali prodotte, relative a una corretta quantificazione del danno, e neppure le prove orali richieste a supporto di essa.

Il motivo è del tutto inammissibile perché, come detto, la Corte d'Appello ha escluso ogni nesso causale tra la vaccinazione e la sindrome di autismo riportata dal bambino e quindi, avendo negato radicalmente l'an del diritto al risarcimento, non ha poi - correttamente - sviluppato l'istruttoria sul quantum né preso in considerazione la documentazione relativa alla quantificazione del danno.

4. - Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la sentenza impugnata in relazione al punto della regolamentazione delle spese di lite.

La sentenza ha compensato le spese di lite al 50% ponendole per il restante 50% a carico della Asl soccombente. Il motivo di ricorso non sviluppa in effetti alcuna censura in termini di violazione di legge, e come tale può ritenersi inammissibile.

I ricorrenti avrebbero auspicato che la ASL fosse stata integralmente condannata a sostenere le spese di lite. Giacché la domanda dei ricorrenti è stata accolta solamente in minima parte, la decisione di compensazione parziale da un lato è pienamente corretta dall'altro è anche ampiamente favorevole agli attuali ricorrenti, la cui domanda, per oltre un milione di euro, è stata accolta solamente per 10.000 euro: la Corte d'Appello, nella sua discrezionalità, avrebbe potuto legittimamente compensare le spese di giudizio anche in misura più consistente e maggiormente proporzionale con la misura della effettiva soccombenza.

Con il quinto motivo i ricorrenti, testualmente, affermano di riproporre le argomentazioni di diritto già esposte in primo e in secondo grado, che riportano.

Il motivo è del tutto inammissibile.

Nel ricorso per cassazione, che è una impugnazione a critica vincolata, le censure possono essere articolate solo all'interno di specifici motivi di ricorso, riconducibili all'una o all'altra delle ipotesi tassative di cui all'art. 360 c.p.c. È inammissibile quindi il motivo di ricorso che si risolva in una critica libera avverso il provvedimento impugnato e consti esclusivamente della esplicita riproposizione delle argomentazioni già oggetto di esame nel giudizio di merito, non ricondotte all'una o all'altra delle specifiche ipotesi di censura dettate dall'art. 360 c.p.c. (Cass. n. 1479 del 2018).

Il ricorso va pertanto complessivamente rigettato. In considerazione della particolarità della vicenda, le spese del presente giudizio possono essere compensate.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 20 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2024.

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