Giurisdizione italiana, Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, convenuto non domiciliato in uno Stato membro dell'Ue, criteri applicabili

Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.29569 del 18/11/2024

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Giurisdizione italiana, Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, convenuto non domiciliato in uno Stato membro dell'Ue, criteri applicabili

In caso di controversia su materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ove il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro dell'UE, la giurisdizione italiana sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, che ha sostituito il Regolamento (CE) n. 44 del 2001, a sua volta sostitutivo della predetta convenzione, stante la natura "mobile" del rinvio a quest'ultima ex art. 3, comma 2, della legge n. 218 del 1995.

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Cassazione civile sez. un., ordinanza 18/11/2024 (ud. 08/10/2024) n. 29569

RITENUTO IN FATTO


1. Con sentenza n. 4085/2019 del 13.2.2019, il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento delle domande risarcitorie proposte da Fa.Il. e Ta.Al., condannava la società IL DIAMANTE Blu Srl al pagamento, in favore del Ta.Al., della somma di Euro 79.415,68 e di quella di 20.437,05 dollari namibiani (con l'aggiunta di interessi e rivalutazione), nonché, a vantaggio della Fa.Il., dell'importo di Euro 32.935,30 (oltre rivalutazione ed interessi), a titolo di risarcimento - per ognuno - dei danni conseguenti al sinistro verificatosi l'8.9.2013, in Namibia, durante una escursione a bordo di un veicolo 4X4, programmata all'interno del pacchetto di viaggio "Panorama Namibiano con gli Himba" acquistato presso la suddetta società "IL DIAMANTE blu". L'adito Tribunale condannava, altresì, la NAMIB WILDERNESS SAFARIS (PTY) LTD (quale società ausiliaria che aveva materialmente eseguito la prestazione scelta dagli attori), Da chiamata in garanzia dalla convenuta (ai fini dell'eventuale rivalsa in caso di sua condanna), a tenere indenne la citata società "IL DIAMANTE Blu" dagli oneri derivanti a qualunque titolo dal giudizio in danno della medesima parte convenuta, previo rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dalla suddetta terza chiamata in causa.

2. Decidendo sull'appello formulato dalla NAMIB WILDERNESS SAFARIS (PTY) LTD e nella costituzione di tutte le parti appellate, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2966/2020 (pubblicata il 17 novembre 2020), rigettava il gravame e confermava la sentenza impugnata, dichiarando l'intervenuto passaggio in giudicato dei capi di quest'ultima contenenti la condanna nei confronti della società "IL DIAMANTE blu" ed in favore dei citati originari attori Fa.Il. e Ta.Al.

In particolare, la Corte di appello ravvisava l'infondatezza di tutti i motivi di impugnazione dell'appellante relativi alla prospettata illegittimità dell'affermazione - operata con la sentenza di prime cure - della sussistenza della giurisdizione italiana relativamente alla su richiamata domanda di manleva, alla ritenuta applicabilità in via sostanziale della legge namibiana (previo accertamento della responsabilità di essa appellante, quale terza chiamata in causa, per violazione del vincolo contrattuale senza esserne stato accertato compiutamente il suo contenuto) e, infine, per aver rilevato - pur nella dichiarata applicabilità della legge namibiana - il suo inadempimento, determinandolo, però, in base al solo diritto italiano.

Con la sentenza qui impugnata la Corte di appello di Milano - per quanto rileva direttamente nella presente Da sede - ha confermato la declaratoria, compiuta dal giudice di primo grado, relativa alla ritenuta sussistenza della giurisdizione del giudice italiano in relazione alla domanda di garanzia svolta dalla società "IL DIAMANTE blu" nei confronti di NAMIB WILDERNESS SAFARIS LTD, dando atto -in virtù della mancata impugnazione degli altri capi dell'appellata sentenza del Tribunale - del loro intervenuto passaggio in giudicato - riguardanti le pronunce condannatorie. Ha osservato, in particolare, che la condanna della società Namib era da considerarsi legittima "partendo dal presupposto della riconosciuta responsabilità contrattuale dell'appellata IL DIAMANTE blu nei confronti dei coniugi Ta.Al. posto che la Namib non spiegava alcuna difesa per sostenere la sua assenza di colpe".

La Corte di appello ha ritenuto, in punto giurisdizione sulla domanda di manleva proposta dalla società "IL DIAMANTE blu" nei confronti della società organizzatrice namibiana, in tal senso confermando la sentenza di primo grado, che:

a) la disciplina contenuta nella convenzione di Bruxelles del 1968 è integrata dai regolamenti comunitari che ne hanno, di fatto, ripreso i contenuti, oltre a completarli;

b) l'art. 6 n. 2 del Reg. 44/2001 (Bruxelles Ibis) prevede che esista la giurisdizione italiana laddove il soggetto straniero sia convenuto, a titolo di garanzia, in un giudizio già radicato in Italia;

c) nel caso concreto, non sussistendo una convenzione internazionale con lo Stato namibiano, i criteri attributivi della giurisdizione devono essere valutati ai sensi del disposto dell'art. 3 della legge 218/95 e, segnatamente, dalla seconda parte dello stesso articolo, dove è stabilito che sussiste la giurisdizione italiana non solo nel caso in cui soggetto convenuto ha la residenza o rappresentanza in Italia ma anche in base ai criteri indicati nella convenzione di Bruxelles del 1968, come integrati dai successivi regolamenti;

d) qualora non si tratti di alcuna delle materie (stato e capacità delle persone fisiche, regime patrimoniale fra coniugi, testamenti e successioni; fallimenti, concordati ed altre procedure affini; sicurezza sociale; arbitrato) escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles, ai fini di determinare l'ambito della giurisdizione italiana rispetto al convenuto non domiciliato né residente in Italia, occorre applicare i criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo 2 della citata Convenzione, anche quando il convenuto stesso sia domiciliato in uno Stato non contraente della Convenzione e ciò perché il rinvio ai criteri indicati è destinato ad operare oltre la sfera dell'efficacia personale della Convenzione;

e) dalla conferma della sussistenza della giurisdizione italiana derivava la legittimità dell'accoglimento della domanda di manleva esercitata dalla società "IL DIAMANTE blu" (domanda avverso la quale la chiamata in garanzia non aveva dedotto alcuna eccezione oppositiva, limitandosi a opporre l'insussistenza della giurisdizione italiana, eccezione già respinta dal Tribunale);

f) in base al disposto dell'art. 43 del Codice del Turismo, la società Namib, quale vettore del quale la società "IL DIAMANTE blu" si era avvalsa per fornire ai clienti i servizi connessi al tour venduto, era obbligata a tenere indenne la stessa da tutte le conseguenze dannose conseguenti alla pronuncia di condanna, una volta accertata la responsabilità del vettore medesimo nella causazione del sinistro;

g) che il principio sancente la responsabilità per i danni causati dalla violazione del vincolo contrattuale -riconosciuto anche tanto dal sistema romano storico quanto da quello common law, a cui è ispirato la legislazione dello Stato namibiano - costituisce un principio di diritto basilare che andrebbe comunque applicato dal giudice italiano, rappresentando l'espressione del fondamentale principio di diritto privato dell'autonomia negoziale, costituente principio di ordine pubblico internazionale che, ai sensi dell'art. 16 della legge n. 218/1995, renderebbe inapplicabile l'eventuale legge straniera con esso confliggente.

3. Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la società NAMIB WILDERNESS SAFARIS formulando due motivi.

La Srl "IL DIAMANTE blu" ha resistito con controricorso, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso.

Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del primo motivo, con l'affermazione della giurisdizione del giudice nazionale, e per la rimessione della causa alla III Sezione civile per la decisione del secondo motivo. Le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia difetto di giurisdizione ex art. 360,1 comma, n. 1, c.p.c. e impugna la sentenza n. 2966/2020 della Corte di appello di Milano nella parte in cui ha, per l'appunto, affermato la giurisdizione italiana sulla base di una errata interpretazione dell'art. 3 della legge n. 218/1995, perché in contrasto con la normativa comunitaria oggi vigente e con i principi applicabili alla fattispecie, anche alla luce Data della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce - ai sensi dell'art. 360, comma 1, c.p.c. - la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 16 della legge n. 218/1995, confutando la sentenza impugnata nella parte in cui non è stato considerato che spetta al giudice compiere d'ufficio l'accertamento della legge straniera (ritenuta nel caso di specie applicabile) anche avvalendosi di convenzioni internazionali, strumenti ed esperti preposti, dovendosi applicare la legge italiana solo "in ultima analisi"; da qui sarebbe scaturita la mancata osservanza e falsa applicazione del citato art. 14 per effetto della quale la Corte di appello ha condiviso integralmente il percorso motivazionale e decisionale del giudice di prime cure, portando altresì alla violazione e falsa applicazione dell'indicato art. 16, essendo stata ravvisata in ipotesi una teorica violazione dell'ordine pubblico che un'accertata conoscenza della legge straniera avrebbe escluso.

3. Il primo motivo, concernente la contestazione circa l'affermata sussistenza della giurisdizione italiana, è infondato.

3.1. Giova, anzitutto, rammentare che la Corte di cassazione quando decide una questione di giurisdizione "statuisce" su di essa ex art. 382, comma primo, c.p.c., individuando - alla luce del criterio del c.d. petitum sostanziale, da identificarsi in funzione, soprattutto, della causa petendi e, dunque, in base ai fatti allegati dall'attore (tra le altre: Sez. Un., n. 2360 del 9.2.2015; Sez. Un., n. 13702 del 29.4.2022) - il giudice fornito di potere giurisdizionale in relazione a quella specifica controversia, e, se riscontra il vizio denunciato, sostituisce la propria alla statuizione cassata, procedendo ad una Data diretta applicazione nel caso concreto della legge processuale, anche attraverso il diretto esame degli atti di causa (tra le molte: Sez. Un., n. 20349 del 31.7.2018; Sez. Un., n. 19571 del 10.7.2023).

3.2. Ciò premesso, si osserva che l'articolo 3 della legge n. 218 del 31.5.1995 in tema di "ambito della giurisdizione", dopo aver affermato, al comma 1, che la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante autorizzato a stare in giudizio a norma dell'articolo 77 c.p.c. e negli altri casi previsti dalla legge, al comma 2, riconosce inoltre la sussistenza della giurisdizione italiana in base ai criteri stabiliti dalle sezioni II, III e IV del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27.9.1968, resi esecutivi con la legge 21.6.1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. L'art. 6, comma 1, n. 2, della predetta Convenzione (contenuto appunto nella Sezione 2 del Titolo II) prevede che il convenuto domiciliato o residente all'estero di cui all'articolo precedente possa inoltre essere citato "qualora si tratti di un'azione di garanzia o di una chiamata di un terzo nel processo, davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale, sempreché quest'ultima non sia stata proposta per distogliere il convenuto dal giudice naturale del medesimo".

3.3. L'art. 3, secondo comma, della stessa legge 31.5.1995 n. 218, reca la disciplina della giurisdizione, stabilendo la sussistenza della giurisdizione italiana in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles del 27.9.1968 anche allorché il convenuto (come nel caso della ricorrente società Namib) non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando non si tratti, come in questo caso, di una delle materie escluse dal campo di applicazione della Convenzione (stato e capacità delle persone fisiche, regime patrimoniale fra coniugi, testamenti e successioni; fallimenti, concordati ed altre procedure affini; sicurezza sociale; arbitrato). Come prospettato anche dal Procuratore Generale, l'applicabilità del Regolamento UE n. 1215/2012 (e, segnatamente, dell'art. 8.2), in luogo della disciplina della Convenzione di Bruxelles (e, nella specie, dell'art. 6.2) corrisponde all'orientamento più recente di questa Corte, secondo il quale, in tema di giurisdizione dei giudici italiani nei confronti di soggetti stranieri, ai sensi del citato art. 3, comma 2, della legge n. 218/1995, allorché il convenuto, per l'appunto, non sia domiciliato in uno Stato membro dell'Unione europea, la giurisdizione italiana, quando si tratti di una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27.9.1968, sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, che ha sostituito il Regolamento (CE) n. 44 del 2001, a sua volta sostitutivo della predetta convenzione (Sez. Un., n. 32362 del 13.12.2018; Sez. Un., n. 18299 del 25.6.2021; Sez. Un., n. 19571 del 10.7.2023 e, da ultimo, Sez. Un., n. 9971 del 12.4.2024).

Deve, perciò, essere riaffermato il principio secondo cui, in caso di controversia su materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ove il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro dell'UE, la giurisdizione italiana sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, che ha sostituito il Regolamento (CE) n. 44 del 2001, a sua volta sostitutivo della predetta convenzione, stante la natura "mobile" del rinvio a quest'ultima ex art. 3, comma 2, della legge n. 218 del 1995.

Tale indirizzo, infatti, ha valorizzato sia la portata dinamica dell'art. 68 del Reg. CE n. 44/2001, prima, e dell'art. 68 del Reg. UE n. 1215/2012, poi, con i quali si è specificato che le disposizioni della Convenzione di Bruxelles sono sostituite, tra gli Stati membri, dal rispettivo regolamento e che "ogni riferimento a tale convenzione si intende fatto al presente regolamento", sia le caratteristiche materiali della norma di rinvio di cui all'art. 3, comma 2, della legge n. 218/1995, per darsi, quindi, "attuazione ad un processo comunitario di uniformazione del diritto internazionale privato sia per le controversie intracomunitarie che per le controversie denotanti elementi di estraneità rispetto all'Unione, perché collegate a Stati terzi" (così la citata Sez. Un., n. 18299/2021).

3.4. Come sottolineato pure dal Procuratore Generale, il più recente indirizzo rispetta sia la lettera dell'art. 3 della legge n. 218/1995, sia l'intenzione del legislatore e la ratio normativa.

Il testo della legge si riferisce a "successive modificazioni in vigore per l'Italia" della Convenzione di Bruxelles, come sono evidentemente i Regolamenti CE n. 44/2001 e um n. 1215/2012.

D'altro canto, il legislatore del 1995 ha operato una chiara scelta nel senso di estendere l'applicabilità della Convenzione di Bruxelles, allora unico testo vigente nel regolare la giurisdizione in materia civile e commerciale fra gli Stati aderenti, così operando una "nazionalizzazione" del trattato internazionale, per esigenze di uniformità di disciplina e di rafforzamento della semplicità e della certezza normativa. Sarebbe, quindi, contrario alla voluntas legis e alla ratio sottesa ritenere che la sostituzione della Convenzione di Bruxelles con uno strumento di diritto dell'Unione europea, espressione di una più forte armonizzazione del diritto internazionale privato europeo, comporti il venir meno dell'uniformità normativa perseguita dal legislatore italiano della riforma di diritto internazionale privato del 1995.

3.5. In particolare, il Regolamento 22.12.2000 n. 44, 2001/44/CE, applicabile ratione temporis ai fatti di causa, all'art.6 n. 2, esattamente come la Convenzione di Bruxelles, prevedeva che la persona di cui all'articolo precedente potesse inoltre essere convenuta, qualora si trattava di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti al giudice presso il quale era stata proposta la domanda principale, sempre che quest'ultima non fosse stata avanzata solo per distogliere colui che era stato chiamato in causa dal suo giudice naturale. Analogamente dispone ora il vigente art. 8, n.2, del Regolamento 12.12.2012 n. 1215, secondo il quale una persona domiciliata in uno Stato membro può, inoltre, essere convenuta qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti all'autorità giurisdizionale presso la quale è stata proposta la domanda principale, a meno che quest'ultima non sia stata proposta solo per distogliere colui che è stato chiamato in causa dalla sua autorità giurisdizionale naturale.

3.6. La più recente giurisprudenza di queste Sezioni Unite, superando il più risalente orientamento restrittivo (Sez. U., n. 5978 del 15.3.2007; Sez. Un., n. 10891 del 7.8.2001), ritiene inoltre che - ai fini della applicazione dell'articolo 6, comma 1, n. 2, del Regolamento Ce 44/2001 (identico all'articolo 6.2. della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968) - sia irrilevante la distinzione tra garanzia propria e impropria e che l'indagine, pertanto, debba essere circoscritta al solo accertamento della non pretestuosità della chiamata in causa (Sez. Un., n. 5965 del 12.3.2009; Sez. Un., n. 7991 del 2.4.2009; Sez. Un., n. 8404 del 28.5.2012; Sez. Un., n. 485 del 10.1.2019 e, da ultimo, Sez. Un., n. 613 dell'8.1.2024).

Nello stesso senso è orientata la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (CGUE, sentenza 15 maggio 1990, in C-365/88, Hagen, par. 10-12, 18-21, 23; CGUE, sentenza 26 maggio 2005, in C-77/04, GIE, par. 25-36; CGUE, Sovag, citata, par. 26, 32-47; CGUE, sentenza 10 marzo 2022, in C-498/20, ZK, par. 44-48), la quale ritiene che la chiamata in garanzia sia istituto processuale omologo alla chiamata di terzo nel medesimo procedimento nel quale è stata proposta la domanda principale e che la deroga alla competenza generale del foro del domicilio del convenuto (art. 2 Convenzione di Bruxelles; art. 2 Reg. CE n. 44/2001; art. 4 Reg. UE n. 1215/2012) si giustifica proprio in funzione dello stretto collegamento tra le due domande che deve decidere il medesimo giudice al fine di evitare contrasti di giudicati e di individuare un foro caratterizzato proprio in base a un collegamento stretto tra il giudice e la controversia al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia (12 Considerando Reg. CE n. 44/2001 e 16 Considerando Reg. UE n. 1215/2012).

3.7. Nella fattispecie oggetto della controversia che viene qui in rilievo, la domanda proposta dalla Srl "IL DIAMANTE blu" contro la NAMIB WILDERNESS SAFARIS LTD è volta a far valere la pretesa della società italiana di essere tenuta indenne dalle conseguenze pregiudizievoli del giudizio risarcitorio intentato, nei suoi confronti, dai due su indicati turisti - ai quali, come tour operator, aveva venduto un pacchetto turistico - e rimasti danneggiati in occasione del servizio di trasporto fatto eseguire dalla Namib in forza di un contratto a tal fine intercorso con la stessa società "IL DIAMANTE blu".

Sicché, quest'ultima società ha azionato in giudizio nei confronti della Namib una pretesa fondata su un rapporto c.d. di garanzia, che - più genericamente - ricorre in tutti quei casi in cui, per legge o per contratto, un soggetto (c.d. garantito) chieda di essere tenuto indenne da altro soggetto (il garante) in ordine alle perdite patrimoniali derivanti dall'accoglimento della domanda contro di lui proposta da un altro soggetto ancora (Sez. Un., n. 24707 del 4.2.2015).

Viceversa, è stato chiarito che l'art. 8, n. 2, Reg. Ue n. 1215 del 2012, cui rinvia l'art. 3, comma 2, prima parte, della legge n. 218 del 1995, non trova applicazione nel caso in cui l'azione di garanzia, propria o impropria, sia stata esperita in via autonoma e non già nell'ambito dello stesso giudizio già pendente relativo al rapporto Date principale, come è, invece, accaduto nella presente causa (Sez. Un., n. 613 dell'8.1.2024, che implicitamente, ma inequivocabilmente, ribadisce il principio della giurisdizione italiana allorché la domanda di garanzia sia fatta valere nell'ambito dello stesso giudizio).

4. Pertanto, alla stregua delle svolte argomentazioni, il primo motivo deve essere rigettato confermandosi la sussistenza della giurisdizione italiana, come dichiarata nella sentenza impugnata.

5. La decisione del secondo motivo, come in precedenza riportato, non rientrante nella competenza delle Sezioni Unite, va rimessa alla Terza Sezione civile, competente tabellarmente, ai sensi dell'art. 142 disp. att. c.p.c., la quale provvederà anche a regolare le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte di cassazione, a Sezioni unite, rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano.

Rimette la decisione del secondo motivo alla III Sezione civile, tabellarmente competente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili l'8 ottobre 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 novembre 2024.

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