Pubblicato il

Revocazione della sentenza di cassazione esclusa per errore di diritto e di giudizio

Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.29571 del 18/11/2024

L'errore di diritto, sostanziale o processuale, e l'errore di giudizio o di valutazione, non costituiscono cause di revocazione della sentenza di cassazione.

Lo hanno ribadito le Sezioni Unite civili della Cassazione con l'ordinanza n. 29571 depositata il 18 novembre 2024.

Nel caso di specie, due società chiedevano la revocazione di una precedente ordinanza delle Sezioni Unite. Le aziende sostenevano che la decisione fosse basata sulla supposizione di un fatto inesistente: la presunta richiesta di un provvedimento amministrativo da parte della Regione Abruzzo nell'esercizio dei suoi poteri autoritativi.

La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, chiarendo che l'errore prospettato non rientra nell'errore di fatto revocatorio previsto dall'art. 395, n. 4, c.p.c.. Questo tipo di errore si verifica quando la decisione è basata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa o quando si presume l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita.

Nella vicenda in esame, le contestazioni delle società riguardavano un'errata interpretazione della domanda giudiziale e possibili errori di giudizio relativi alla normativa applicata. Tali errori non configurano un errore di fatto revocatorio ma rientrano negli errori di diritto o negli errori di valutazione, che non sono motivo di revocazione secondo il combinato disposto degli artt. 391-bis e 395, n. 4, c.p.c.

La Corte ha ribadito che il sistema delle impugnazioni, così come delineato dalla Costituzione e dal legislatore ordinario, prevede limitazioni ragionevoli ai motivi di revocazione, escludendo gli errori giuridici e quelli di valutazione. Questo per garantire la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l'ordinata amministrazione della giustizia, in linea con la giurisprudenza europea e costituzionale.

Revocazione della sentenza di cassazione, cause, errore di diritto e errore di giudizio o di valutazione, esclusione

Il combinato disposto dell'art. 391-bis e dell'art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l'errore di diritto, sostanziale o processuale, e l'errore di giudizio o di valutazione.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione civile sez. un., 18/11/2024 (ud. 08/10/2024) n. 29571

RITENUTO IN FATTO


1. La SYNERGO Srl e la VITTORIA SPE Srl, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, con ricorso iscritto al n. R.G. 5579/2023, proponevano regolamento preventivo di giurisdizione dinanzi a questa Corte in pendenza del giudizio incardinato dinanzi al Tribunale di L'Aquila (avente il n. R.G. 934/2021) dalle stesse instaurato contro la Regione Abruzzo, l'ASL di Pescara, l'ASL di Teramo, l'ASL 1 Avezzano-Sulmona-L'Aquila e l'ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti. Con l'atto introduttivo (la prima quale cedente e la seconda quale cessionaria "sub condicione") avevano chiesto, in via principale, che la suddetta Regione venisse condannata al pagamento del credito, maturato in favore di SYNERGO Srl, per le prestazioni svolte "extra budget", nei limiti delle somme rese disponibili dai risparmi realizzati dalla stessa Regione a causa della cessata attività di talune strutture accreditate; in via subordinata, invocavano il risarcimento del danno da perdita della "chance" di incremento dell'attività di impresa, in conseguenza della mancata ripartizione, da parte della medesima Regione, delle somme risparmiate; in via ulteriormente gradata, instavano per la condanna della citata Regione ai sensi dell'art. 2041 c.c.

La Regione Abruzzo si costituiva in giudizio eccependo, in linea pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, chiamando in cause tutte le ASL della stessa Regione per essere dalle medesime manlevata in caso di accoglimento della domanda formulata nei suoi confronti. Fissata l'udienza di precisazione delle conclusioni sulla richiamata questione pregiudiziale di rito, le due società attrici - prima che si provvedesse a tanto - proponevano regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo che venisse dichiarata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario (come dalle stesse invero adito).

2. Le Sezioni unte di questa Corte, con ordinanza n. 31021/2023 (pubblicata il 7 novembre 2023), dichiaravano la giurisdizione del giudice amministrativo e ciò sia perché le società attrici avevano invocato - quale "causa petendi" tanto della domanda di condanna, quanto di quella di risarcimento del danno - la mancata adozione da parte della Regione Abruzzo di un provvedimento amministrativo (così lamentando un cattivo uso del potere), sia perché difettava la sussistenza dell'altro presupposto individuato dalla stessa Regione (ricondotto al coacervo normativo di cui all'art. 27, comma 14, del D.Lgs. n. 68/2011, all'art. 13 del D.Lgs. n. 502/1992 e all'art. 8 quinquies, comma 1, lette (d) di quest'ultimo D.Lgs.), relativo all'esistenza in capo alla medesima Regione di un'obbligazione scaturente dalla legge, avente ad oggetto una prestazione di dare pronta, perfetta e definita nei suoi termini e nelle sue condizioni.

3. Le società SYNERGO s.r.l e VITTORIA SPE Srl hanno, quindi, proposto ricorso per revocazione avverso la citata ordinanza delle Sezioni unite ai sensi dell'art. 391-bis e 395, nn. 4 e 5, c.p.c., sulla base di due motivi.

Hanno resistito, con distinti controricorsi, l'ASL di Pescara, l'ASL di Teramo, l'ASL 1 Avezzano-Sulmona-L'Aquila e l'ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti.

Non ha svolta attività difensiva in questa sede l'altra intimata Regione Abruzzo.

Il P.G., in persona del Sostituto P.G. Alessandro Pepe, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso per revocazione. Tutte le parti, ad eccezione della controricorrente l'ASL 1 Avezzano-Sulmona-L'Aquila, hanno depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo le ricorrenti hanno chiesto - ai sensi che degli artt. 391-bis e 395 n. 4) c.p.c. - la revocazione della suddetta ordinanza n. 31021/2023 di queste Sezioni unite, ritenendo la decisione fondata sulla supposizione di un fatto, costituito dall'asserita richiesta di un provvedimento amministrativo, da parte della Regione nell'esercizio dei suoi poteri autoritativi, volto alla redistribuzione, nei confronti delle case di cura accreditate, degli avanzi di cassa conseguenti all'intervenuta chiusura di alcune strutture sanitarie, quando, viceversa, siffatta circostanza era incontrastabilmente esclusa dall'essersi limitato l'istante a chiedere il pagamento dei corrispettivi maturati per complessivi Euro 46.770.756,80 sulle prestazioni rese al di fuori del "budget" individuale, ma all'interno di quello generale rappresentato dai finanziamenti annuali per i livelli essenziali assistenziali (LEA).

2. Con il secondo motivo le ricorrenti hanno invocato - con riferimento agli artt. 391-bis e 395 n. 5 c.p.c. - la revocazione dell'impugnata ordinanza per essere la stessa contraria ad altra sentenza tra le parti avente autorità di cosa giudicata e, specificamente, alla sentenza n. 1030/2015, con la quale il Consiglio di Stato - decidendo sulla medesima domanda presentata, tra le altre, dalle case di cura Pierangeli e Spatocco, facenti capo al Gruppo SYNERGO, a seguito di attivato procedimento pretensivo, ai sensi della legge n. 241/1990, volto ad ottenere l'adempimento, da parte dell'ente pubblico, del pagamento proporzionale degli avanzi di cassa secondo quanto disposto dall'art 8-quinquies, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 502/1992 e succ. modif. e integr. - aveva esplicitamente affermato che, a tale richiesta, non corrispondeva un interesse legittimo spendibile dinanzi al giudice amministrativo. Con ciò era stata negata, sotto quest'altro profilo (difforme da quello a cui ha aderito la pronuncia delle Sezioni unite impugnata in questa sede), la possibilità per la casa di cura di ottenere soddisfazione indirettamente rispetto al diritto soggettivo fatto valere con la nuova azione intentata oggetto della decisione dell'ordinanza impugnata, da ricondursi alle ragioni creditorie pretese in relazione a prestazioni sanitarie eseguite in supplenza pubblicistica e, soprattutto, in luogo di altre strutture non più operanti, così contribuendo alla copertura della domanda sanitaria del territorio, non altrimenti soddisfabile.

3. Il primo motivo è inammissibile poiché il prospettato errore non configura affatto un vizio revocatorio riconducibile all'ipotesi prevista dal n. 4 dell'art. 395 c.p.c., dal momento che, con la relativa denuncia, si fanno, in effetti, valere presunti vizi nell'interpretazione della domanda giudiziale (anche ai fini del relativo inquadramento del petitum sostanziale in correlazione alla causa petendi) in sede di regolamento preventivo di giurisdizione ovvero possibili vizi implicanti errori di giudizio ricollegabili alla normativa applicata e alla conseguente affermazione della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (escludendosi, perciò, la configurabilità di una posizione giuridica ricollegabile ad un interesse legittimo), basata nell'ordinanza qui impugnata su due essenziali rationes decidendi, ovvero che: a) la causa petendi della formulata domanda ineriva la mancata adozione da parte della Regione Abruzzo di un provvedimento amministrativo e, quindi, denuncia un cattivo uso del potere pubblicistico; b) la sussistenza, in capo alla Regione Abruzzo di un'obbligazione scaturente dalla legge, avente ad oggetto una prestazione di dare pronta, perfetta e definita nei suoi termini e nelle sue condizioni.

L'errore di fatto revocatorio - come è noto e per quanto risulta dalla inequivocabile descrizione emergente dal disposto del n. 4) dell'art. 395 c.p.c. - ricorre "quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita": l'errore, cioè, deve sostanziarsi in un oggettiva svista di percezione da parte del giudice di legittimità della ricostruzione fattuale siccome operata dalla pronuncia impugnata o rappresentata dai documenti esaminabili (allorquando la Corte di cassazione è eccezionalmente giudice del fatto). Da tanto consegue che tale non può certamente considerarsi - come verificatosi nel caso di specie - un apprezzamento o una conseguenza giuridica derivante dall'inquadramento del petitum sostanziale della domanda esercitata nel giudizio di merito in pendenza del quale è stato proposto regolamento preventivo di giurisdizione, non potendo il giudice di legittimità essere chiamato a decidere nuovamente la causa in una sorta di anomalo nuovo giudizio, a seguito di una impropria opposizione (cfr., tra le tante, Cass. SU n. 3187/1989; Cass. SU n. 1666/2009; Cass. SU n. 5326/2023 e Cass. SU n. 20013/2024).

Deve, perciò, essere ribadito il consolidato principio in base al quale il combinato disposto dell'art. 391-bis e dell'art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l'errore di diritto, sostanziale o processuale, e l'errore di giudizio o di valutazione.

È, al riguardo, opportuno ribadire che, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione non impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall'art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non può considerarsi irragionevole la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell'appello e del ricorso per cassazione. Del resto, quanto all'effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l'ordinata amministrazione della giustizia.

4. Anche il secondo motivo proposto con riferimento all'art. 395, n. 5, c.p.c., è inammissibile trattandosi di motivo di revocazione formulato avverso un'ordinanza decisoria pronunciata dalla Corte di cassazione non contemplato dalla disciplina positiva (cfr. Cass. SU n. 17557/2013; Cass. SU n. 23833/2015; Cass. SU n. 8630/2019).

In particolare, la giurisprudenza di queste Sezioni unite (v., soprattutto, l'ordinanza n. 23355/2023) ha chiarito che, in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l'omesso esame di sentenze, allegate nel giudizio di merito ed invocate quale giudicato esterno tra le parti su un punto decisivo della controversia, non è deducibile ai sensi dell'art. 395, n. 5), c.p.c., poiché l'art. 391-bis c.p.c. consente la revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento, solo per errore materiale o di calcolo o per errore di fatto (ove ne sussistano i relativi presupposti) , ai sensi del n. 4) dell'art. 395 c.p.c. e non ai sensi del n. 5) del medesimo articolo.

Anche a tal proposito appare opportuno rimarcare che l'inammissibilità della revocazione delle decisioni della Corte di cassazione ai sensi dell'art. 395 n. 5 c.p.c. non si pone in contrasto - oltre che con i principi di cui agli artt. 3,24 e 111 Cost. - con il diritto dell'Unione europea, non recando alcun "vulnus" al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, atteso che la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia riconosce l'importanza del principio della cosa giudicata, rimettendone la concreta attuazione all'autonomia processuale dei singoli Stati membri (cfr. Cass. SU n. 8630/2019).

5. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano - tenendo conto del rilevante valore della causa e delle distinte attività processuali poste in essere dalle parti controricorrenti - nei termini di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle stesse ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, dichiara l'inammissibilità del ricorso.

Condanna le ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano - in favore di ciascuna delle controricorrenti ASL Pescara, ASL Teramo e ASL Lanciano-Vasto-Chieti - in complessivi Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e c.p.a. nella misura e sulle voci come per legge, nonché, in favore della controricorrente ASL Avezzano-Sulmona-L'Aquila, in complessivi Euro 13.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e c.p.a. nella misura e sulle voci come per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni unite in data 8 ottobre 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 novembre 2024.

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472