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Avviso di accertamento, è valida la delega di firma in forma meccanica?

Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31928 del 11/12/2024

È valida la delega di firma dell’avviso di accertamento rilasciata con sottoscrizione in forma meccanica?

La Cassazione, con l'ordinanza n. 31928 dell'11 dicembre 2024, ha fornito una risposta chiara, stabilendo che la sottoscrizione meccanica non compromette l'esistenza e la validità degli atti amministrativi, compresi gli avvisi di accertamento.

Il caso in esame

La vicenda trae origine da due avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle Entrate per il recupero di imposte e sanzioni relative agli anni 2003 e 2004. Il contribuente ha contestato la validità degli atti, sollevando dubbi sulla regolarità della delega di firma apposta in calce.

Il caso ha visto un primo pronunciamento della Commissione Tributaria Regionale (CTR) a favore dell'Agenzia, poi annullato dalla Cassazione per motivazione insufficiente. Nella fase rescissoria, la CTR ha dichiarato la nullità degli avvisi per l'assenza di una sottoscrizione autografa, ritenendo che la firma meccanica violasse i requisiti previsti dall'art. 42, comma 1, del D.P.R. 600/1973 e dall'art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. 165/2001.

L'Agenzia ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la validità della delega e contestando l'interpretazione della CTR.

Le norme rilevanti

L'art. 42 del D.P.R. 600/1973 stabilisce che gli avvisi di accertamento devono essere sottoscritti dal capo dell'ufficio o da un delegato. Inoltre, l'art. 17, comma 1-bis, del D.Lgs. 165/2001 regola la delega di funzioni amministrative, richiedendo un atto scritto e motivato.

Sul tema, la giurisprudenza ha chiarito che la delega di firma non equivale a una delega di funzioni e rappresenta un mero decentramento burocratico interno. La firma meccanica è quindi idonea a garantire la riferibilità dell'atto all'organo titolare.

L’applicazione della normativa

Nel caso di specie, la Cassazione ha ribadito che:

  • La firma meccanica non è causa di nullità degli avvisi di accertamento, in quanto conforme al principio di tassatività delle nullità.

  • La delega di firma è valida anche se non sottoscritta autograficamente, purché il contenuto consenta di verificare la legittimazione del delegato.

  • L’onere della prova circa la validità della delega grava sull’Amministrazione finanziaria, ma ciò non preclude al giudice di apprezzare la delega prodotta in appello.

La Corte ha inoltre richiamato il principio della presunzione di riferibilità dell’atto all’organo competente, già affermato in numerose sentenze precedenti.

Conclusione

La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha confermato la validità degli avvisi di accertamento sottoscritti meccanicamente. Il giudice d’appello non avrebbe dovuto dichiarare la nullità degli atti basandosi esclusivamente sulla forma della sottoscrizione.

Questa pronuncia rafforza l’interpretazione secondo cui, nel processo tributario, la forma della firma non può prevalere sulla sostanza, se il contenuto della delega è idoneo a dimostrare il corretto esercizio del potere.

In sintesi, la sottoscrizione meccanica non solo è ammessa, ma si inserisce in un quadro normativo e giurisprudenziale che mira a garantire efficienza amministrativa senza compromettere i diritti del contribuente.

Avviso di accertamento, delega di firma, sottoscrizione meccanografica e non autografa, nullità, esclusione

In base al combinato disposto degli articoli 21 septies, L. 07/08/1990, n. 241, 42, primo e terzo comma, D.P.R. 29/09/1973 n. 600 e 17, comma 1 bis, D.Lgs. 30/03/2001 n. 165, ratione temporis vigenti, la delega di firma alla sottoscrizione dell'avviso di accertamento non rilasciata in firma autografa bensì meccanografica non è nulla, stante il principio di tassatività delle relative cause.

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Cassazione civile, sez. trib., ordinanza 11/12/2024 (ud. 27/09/2024) n. 31928

RILEVATO CHE:


Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia veniva accolto l'appello proposto da Ri.Iv. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 72/16/10 con la quale il giudice aveva riunito e respinto i ricorsi proposti avverso gli avvisi di accertamento nn. (Omissis)/2008 e (Omissis)/2008. Con tali atti l'Agenzia delle Entrate recuperava ad imposizione nei confronti del contribuente per gli anni di imposta 2003 e 2004 II.DD., IVA, sanzioni ed interessi.

Il giudice di prime cure, riuniti i ricorsi, rigettava la prospettazione difensiva del contribuente, già titolare della ditta individuale Stampa Inedita di Ri.Iv., sia quanto alla preliminare questione del difetto di legittima sottoscrizione degli avvisi ai sensi dell'art. 42, comma 1, del D.P.R. 600/73, sia circa il merito. Il giudice d'appello confermava tale esito decisorio, ma la Corte di Cassazione con la decisione n. 23853/19 annullava la sentenza della CTR per motivazione apparente, in quanto non espressione di un autonomo processo deliberativo, e rinviava alla CTR della Lombardia per il prosieguo del giudizio.

Il giudice della fase rescissoria accoglieva la prospettazione del contribuente con riferimento alla questione preliminare, dichiarando che le deleghe di firma prodotte nel giudizio non erano autografe, ma meccaniche e, dunque, prive dei profili di legittimità prescritti dal comma 1-bis all'art. 17 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, con conseguente nullità degli atti impositivi.

Avverso tale sentenza l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, articolato in tre censure, cui replica il contribuente con controricorso.

Il sostituto Procuratore della Repubblica Stefano Pepe ha depositato requisitoria scritta chiedendo l'accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo l'Agenzia ricorrente prospetta, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. poiché il giudice si sarebbe pronunciato sulla tipologia della firma apposta in calce all'atto di conferimento della delega senza che il contribuente avesse in realtà mai ritualmente sollevato il profilo di illegittimità accertato dal giudice.

2. Il motivo è infondato, per le ragioni che seguono.

2.1. L'Amministrazione finanziaria evidenzia che il motivo di doglianza dedotto dal contribuente ha riguardato esclusivamente la mancanza di sottoscrizione dell'atto da parte del direttore dell'Ufficio, circostanza che avrebbe comportato l'illegittimità dell'avviso per mancanza di un elemento costitutivo rappresentato dalla firma del titolare dell'Ufficio, secondo quanto previsto dall'art. 42, comma 1, del D.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600, a norma del quale "Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato".

La particolarità della fattispecie è data dal fatto che la sentenza impugnata accerta che la delega è stata prodotta nei due giudizi celebrati davanti al giudice d'appello, la prima volta in impugnazione della sentenza di primo grado, e poi nel giudizio rescissorio successivo alla cassazione della prima sentenza di appello.

La ricorrente lamenta il fatto che, nonostante le difese svolte dall'Ufficio e il deposito delle deleghe di firma degli avvisi impugnati, la Commissione tributaria regionale ha motivato l'accoglimento del ricorso osservando: "Nel caso che qui ci occupa, le deleghe prodotte in atti non essendo autografe, ma meccaniche, sono prive dei profili di legittimità prescritti dal comma 1-bis all'art. 17 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ribaditi, ex plurimis, da Cass. 22803/2015 e, pertanto tale illegittimità si riflette sulla nullità dell'atto impositivo".

Tale profilo di illegittimità, o di invalidità, dell'atto impugnato, secondo l'Agenzia, non sarebbe mai stato ritualmente dedotto dal contribuente nei due ricorsi introduttivi e riuniti nel corso del giudizio, unica sede legittima di delimitazione del petitum.

2.2. Siffatta interpretazione dall'art. 42, comma 1, cit. e delle norme sul processo tributario, in particolare dell'art. 18, comma 1, lett. d) del D.P.R. 31 dicembre 1992 n. 546, con riferimento alla necessaria indicazione nel ricorso introduttivo dell'oggetto della domanda, non è condivisibile.

Questa Corte ha affermato, in tema d'imposte sia sui redditi sia sul valore aggiunto (Cass. Sez. 5, n.24492 del 02/12/2015), che l'avviso di accertamento, a norma degli artt. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del D.P.R. n. 633 del 1972, è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, in caso di contestazione del contribuente, incombe sull'Amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere. Inoltre, in plurime pronunce di questa Corte è stato anche chiarito che, alla luce del principio della tassatività delle nullità, in mancanza di una disposizione espressa, tale sanzione non trova applicazione per l'attribuzione di rendita (Cass. n. 8248 del 2006), l'avviso di mora (Cass. n. 4283 del 2010) la cartella di pagamento (Cass. Cass. n. 13461 del 2012), il diniego di condono (Cass. Cass. n. 220 del 2014), e l'omessa sottoscrizione del ruolo (Cass. n. 24322 del 2014), fattispecie nelle quali opera la presunzione di riferibilità dell'atto all'organo amministrativo titolare del potere.

Ciò non vale per l'avviso di accertamento, ossia l'atto impugnato alla base del presente processo, fattispecie con riferimento alla quale gli artt. 42, D.P.R. n. 600/73 e 56, D.P.R. n. 633/72 comminano espressamente la nullità dell'atto in difetto di sottoscrizione da parte del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.

2.3. Nel ragionare sull'applicazione di quest'ultima previsione normativa con riferimento all'impugnazione di un avviso di accertamento, la Sezione ha anche stabilito (ad. es., cfr. Cass. 17/07/2019, n. 19190) che se il contribuente contesta la legittimazione del soggetto, diverso dal dirigente, alla sottoscrizione dell'atto, l'Amministrazione finanziaria ha l'onere di dimostrare, in applicazione del principio di cd. vicinanza della prova, il corretto esercizio del potere producendo, anche nel corso del secondo grado di giudizio, la relativa delega, che pure è solo di firma e non di funzioni (cfr., in tal senso, tra le molte, Cass. n. 5200/2018, Cass. n. 12781/2016; Cass. n. 18758/2014).

2.4. Infatti, la delega non è necessariamente allegata all'avviso di accertamento notificato dall'Amministrazione finanziaria (v. Cass. n. 4884 del 2022) ed è principio acquisito quello secondo il quale l'Agenzia ben può produrla anche nel secondo grado di giudizio (v. tra le molte, Cass. n. 15781/2017; Cass. n. 12781/2016), in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell'avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale. Ne deriva che il giudice nel presente processo bene ha fatto ad esaminare la delega, prodotta dall'Amministrazione finanziaria nel corso del giudizio d'appello, sia incardinato per l'impugnazione della sentenza di primo grado, sia in fase rescissoria a seguito della cassazione con rinvio della prima sentenza resa dalla CTR.

2.5. La giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di sottoscrizione "delegata" degli atti impositivi ha anche affermato che "in caso di contestazione del contribuente, incombe sull'Amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere (fra le tante, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24492 del 02/12/2015 e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27871 del 31/10/2018)".

Il principio di non contestazione va poi coordinato con quello acquisitivo, tenendo presente (v. Cass. Sez. 3, sentenza n. 9863 del 13/04/2023) che le regole sull'onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria - secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) - e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie. Nel caso in esame non vi è dubbio che la questione della delega di firma è stata posta con il ricorso introduttivo, e che il contenuto concreto della delega era ignoto nel momento dell'incardinamento del processo in primo grado, ulteriore elemento che concorre a far ritenere che dovesse esse valutato dal giudice.

Ciò è coerente con l'interpretazione offerta dalle Sezioni Unite in materia di prova documentale nel processo civile (Sez. U, sentenza n. 4835 del 16/02/2023), e che investe anche il processo tributario in forza del rinvio previsto dall'art. 1, comma 2, del D.P.R. n. 546 del 1992 alle norme del codice di procedura civile compatibili con quelle del processo tributario. L'autorevole consesso nella pronuncia da ultimo citata ha stabilito che il giudice d'appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni. Tanto più si deve ritenere che tale potere-dovere in capo al giudice tributario d'appello sussista quando l'istanza è già stata avanzata in primo grado in relazione al documento per la prima volta prodotto in appello dall'Amministrazione finanziaria.

2.6. I principi giurisprudenziali sopra riportati, condivisi dal Collegio, vanno assimilati in relazione alla presente fattispecie nel senso che, a seguito della introduzione da parte del contribuente, con il ricorso in primo grado , della questione dell'illegittima sottoscrizione dell'avviso di accertamento per assenza di rituale delega di firma e, dunque, carenza di legittimazione in capo al soggetto che abbia sottoscritto l'atto impositivo impugnato, il giudice d'appello davanti al quale la delega è finalmente prodotta è investito dal potere-dovere di esaminarne il contenuto, se questo sia idoneo ad assolvere alla funzione di delega di firma e non di funzioni.

La contestazione sull'esistenza della delega riguarda la valutazione del documento in funzione del suo contenuto, ossia i requisiti minimi di validità ed efficacia.

Diventa perciò irrilevante, a seguito della produzione in giudizio della delega da parte dell'Amministrazione finanziaria, se la contestazione contenuta nel ricorso introduttivo ab origine investisse o meno specificamente anche un determinato profilo del contenuto della delega qual è la sottoscrizione meccanografica. Del resto, ragionare diversamente non terrebbe conto del fatto che al momento della preparazione del ricorso introduttivo la parte non poteva esaminare il contenuto della delega poiché questa non era ancora stata esibita dall'Amministrazione finanziaria, ai fini del rispetto dei diritti della difesa e di parità delle armi (Artt. 111 Cost., 47 CDFUE, 6 par. 1 CEDU).

Dunque, una volta indicata la questione nel ricorso introduttivo, il giudice d'appello davanti al quale la delega sia prodotta è investito del potere-dovere di valutare ogni profilo relativo al difetto di legittimazione del sottoscrittore, quanto al suo contenuto e alla sua idoneità ad assolvere lo scopo di delega di firma e non di funzioni. La deduzione introduttiva della questione sposta a carico dell'Amministrazione finanziaria la prova della sussistenza della delega e dei relativi tali requisiti in capo al sottoscrittore.

2.7. Quale ulteriore conseguenza, dal fatto che la contestazione della delega reca con sé quella della idoneità del suo contenuto a dispiegare gli effetti, deriva anche che, se la delega è stata prima posta a base del gravame avverso la sentenza di primo grado e poi a base del ricorso in riassunzione, è compito del giudice verificare che la delega prodotta sia valida e idonea a conferire in capo al delegato il potere di firma, cosicché non incorre in ultrapetizione la pronuncia del giudice che si sia pronunciata a riguardo.

Infatti, una volta tempestivamente introdotta la questione, è demandato al giudice del merito, non solo in primo, ma anche in secondo grado se la questione è posta a base dell'appello e della riassunzione, verificare che la delega prodotta in giudizio sia valida e idonea a spiegare effetti. Il corretto esercizio del potere di delega si estrinseca infatti attraverso l'emanazione di una delega valida ed efficace, che il giudice è tenuto ad accertare in caso di contestazione.

Come già il giudice di prime cure, il giudice d'appello investito della questione sulla delega di firma ha il potere-dovere di apprezzamento del documento prodotto, per verificarne la validità ed efficacia e anche esaminarne la sua completezza, incluso il profilo della sottoscrizione autografa o meccanografica.

2.8. Dev'essere perciò affermato il seguente principio di diritto di specie:

"In tema di processo tributario, a seguito della introduzione da parte del contribuente con il ricorso in primo grado della questione dell'illegittima sottoscrizione dell'avviso di accertamento per assenza di rituale delega di firma ai sensi dell'art. 42, comma 1, D.Lgs. 29/09/1973 n.600 e, dunque, carenza di legittimazione in capo al soggetto che abbia sottoscritto l'atto impositivo impugnato, il giudice è investito del potere-dovere di esaminare il contenuto della delega prodotta in giudizio, se questo sia idoneo ad assolvere alla funzione di delega di firma e non di funzioni; pertanto, non incorre in ultra petizione il giudice d'appello che si pronunci sullo specifico contenuto della delega già depositata in sede di gravame contro la sentenza di primo grado e poi nella fase rescissoria in conseguenza della cassazione con rinvio della prima sentenza d'appello.".

In applicazione del principio, il Collegio constata che, nel caso di specie, la questione del contenuto concreto della delega, compreso il profilo della sottoscrizione meccanografica e non autografa ai fini del comma 1-bis all'art. 17 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, doveva essere esaminata dal giudice, in presenza di delega di firma prodotta davanti al giudice d'appello. Va dunque escluso che la decisione del giudice sullo specifico contenuto della delega di firma sia stata resa ultra petita in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., perché ciò rientrava nel perimetro dei suoi poteri.

3. Con il secondo motivo l'Agenzia ricorrente prospetta, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'articolo. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 39/93, con riferimento al capo della decisione in cui si afferma "la sottoscrizione autografa dell'atto - non automatizzato - di conferimento delle deleghe di firma al funzionario direttivo/dirigente per la sottoscrizione di atti a rilevanza esterna, nei limiti in cui le attività delegate rientrino nel relativo profilo professionale, non può essere sostituita dalla formula ("firma autografa sostituita dall'indicazione a mezzo stampa, ai sensi dell'art. 3, comma 2, D.Lgs. 39/93") poiché essa può essere apposta solo sugli atti di liquidazione, accertamento e riscossione emessi con sistemi automatizzati dalle Agenzie fiscali (art. 15, comma 7, D.L. 78/2009)", e che "le deleghe prodotte in atti non essendo autografe, ma meccaniche, sono prive dei profili di legittimità prescritti".

4. La terza censura prospetta anche la violazione e falsa applicazione dell'art. 42 del D.P.R. n.600/73 in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., con riferimento al medesimo capo della decisione di appello.

5. I due motivi, connessi, sono da trattare congiuntamente e sono fondati.

5.1. In sintesi, l'Agenzia si duole del fatto che il giudice abbia dichiarato la nullità degli avvisi in quanto le deleghe di firma al sottoscrittore non erano autografe ma meccanografiche, ritenendo non applicabile il disposto di cui all'art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 39 del 1993.

5.2. Una breve disamina del quadro normativo applicabile e del suo assestamento giurisprudenziale è utile a governare la fattispecie. La Sezione (a partire da Cass. n. 8814/2019 e Cass. n. 11013/2019) ha reiteratamente affermato che la delega alla sottoscrizione dell'avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma e non di funzioni. Infatti, realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l'atto firmato dal delegato imputabile all'organo delegante, con la conseguenza che, nell'ambito dell'organizzazione interna dell'ufficio, l'attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l'individuazione della qualifica rivestita dall'impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa.

È per tali ragioni che (tra le molte, si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n.8814 del 29/03/2019) il relativo provvedimento non richiede l'indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l'impiegato legittimato alla firma mediante l'indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, ex post, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l'atto.

5.3. Ciò premesso, il Collegio osserva che l'art. 3, comma 2, D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, come afferma anche la CTR, è norma generale in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell'art. 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e non può trovare applicazione con riferimento all'avviso di accertamento di cui agli artt. 42, D.P.R. n. 600/73 e 56, D.P.R. n. 633/72. In ambito tributario, È infatti previsto che la sottoscrizione dell'atto impositivo, nel caso in cui l'avviso sia prodotto mediante sistemi informativi automatizzati, sia legittimamente sostituita dall'indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile (v. Cass. n. 26694/2022 e Cass. n. 27871/2018).

5.4. In ogni caso non può trovare applicazione la norma di cui all'art. 15, comma 7, del D.L. 1 luglio 2009 n. 78, a norma del quale "La firma autografa prevista sugli atti di liquidazione, accertamento e riscossione dalle norme che disciplinano le entrate tributarie erariali amministrate dalle Agenzie fiscali e dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nonché sugli atti in materia di previdenza e assistenza obbligatoria può essere sostituita dall'indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile dell'adozione dell'atto in tutti i casi in cui gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati". Si tratta di una disciplina dettata specificamente per la fase della riscossione, come si evince anche dalla rubrica dell'articolo, mentre nella fattispecie è impugnato un avviso di accertamento e di questa distinzione dev'essere tenuto conto ai fini della presente controversia.

5.5. All'interpretazione giurisprudenziale sopra richiamata e, in particolare, espressa da Cass. n. 26694 del 2022, il Collegio intende dare ulteriore continuità, condividendo l'identificazione della delega di firma di cui agli artt. 42, D.P.R. n. 600/73 e 56, D.P.R. n. 633/72 in un atto amministrativo a rilievo meramente interno, inquadramento che induce a lasciare la regolamentazione dell'istituto nell'alveo della generale normativa amministrativa. Ciò comprende sia la presunzione generale di riferibilità dell'atto all'organo amministrativo titolare del potere da cui esso promana, sia l'art. 3 del D.Lgs. n. 39/1993 che stabilisce, per gli atti amministrativi, l'equivalenza alla firma autografa dell'indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile, escludendosi l'applicabilità della disciplina prevista per l'avviso di accertamento.

5.6. Del resto, la Corte di cassazione ha più volte affermato la non essenzialità del requisito della sottoscrizione degli atti amministrativi ai fini della loro esistenza e validità (v. Cass., 12 giugno 2024, n. 16310; Cass., 27 ottobre 2020, n. 23254; Cass., 22 novembre 2004, n. 21954; Cass., 5 maggio 2000, n. 5684; Cass., 24 settembre 1997, n. 9394). L'evoluzione giurisprudenziale in materia, nel completare un processo di svalorizzazione della sottoscrizione autografa come dichiarazione della provenienza dell'atto dalla persona del titolare dell'organo, e come prova scritta di tale provenienza, ha rilevato che "l'atto amministrativo esiste come atto di un certo tipo se esso proviene dall'organo oggettivamente inteso e reca contrassegni che impegnano la responsabilità della persona titolare dell'organo" (cfr. Cass., 6 luglio 2012, n. 11458; v., altresì, Cass., 10 giugno 2009, n. 13375).

Sul piano normativo, il punto di partenza è la L. 7 agosto 1990, n. 241, il cui art. 21 septies, rubricato "nullità del provvedimento", recita: "È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.".

L'addentellato normativo va poi posto in relazione al principio di tassatività delle nullità (v., tra le molte, Cass., 29 maggio 2019 n.14638; Cass., 18 maggio 2018 n.12243; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24492; Cass., 9 novembre 2015, n. 22810; v., altresì, Corte Cost., 21 aprile 2000, n. 117), principio generale che vale con riferimento all'atto amministrativo e, ai fini della presente decisione, alla delega di firma dell'avviso di accertamento.

5.7. Infine, il Collegio osserva che non solo l'art. 42, primo e terzo comma, D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo ratione temporis applicabile, non impone, a pena di nullità, che la delega di firma sia rilasciata in forma autografa, ma tale obbligo non si evince neppure dall'art. 17, comma 1 bis, D.Lgs. n. 165 del 2001. Infatti, il testo ratione temporis vigente del comma 1-bis cit. dispone: "I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze comprese nelle funzioni di cui alle lettere b), d) ed e) del comma 1 a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell'ambito degli uffici ad essi affidati. Non si applica in ogni caso l'articolo 2103 del codice civile.".

Alla luce della ricostruzione che precede, dev'essere precisato il seguente principio di diritto di sintesi:

"In base al combinato disposto degli articoli 21 septies, L. 07/08/1990, n. 241, 42, primo e terzo comma, D.P.R. 29/09/1973 n. 600 e 17, comma 1 bis, D.Lgs. 30/03/2001 n. 165, ratione temporis vigenti, la delega di firma alla sottoscrizione dell'avviso di accertamento non rilasciata in firma autografa bensì meccanografica non è nulla, stante il principio di tassatività delle relative cause".

La decisione del giudice d'appello nel caso in esame non è conforme e quindi le due censure in disamina trovano accoglimento.

6. Per l'effetto, la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria l'11 dicembre 2024.

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