In materia di rapporti di vicinato, la previsione speciale dell'art. 843 c.c. configura un'obbligazione propter rem, cui corrisponde l'obbligo per il vicino di versare un'adeguata indennità, da liquidare in via equitativa, quale conseguenza presunta della raggiunta prova del danno da occupazione temporanea dell'area in cui è avvenuto l'accesso, anche per il solo fatto della preclusione della potenziale facoltà di uso del fondo.
Cassazione civile, sez. II, sentenza 16/12/2024 (ud. 12/11/2024) n. 32707
FATTI DI CAUSA
1.- Con decreto ingiuntivo n. 263/2002 del 25 gennaio 2002, il Tribunale di Napoli ingiungeva il pagamento, a carico del Condominio (Omissis) in I e a favore della Costruzioni Generali CONTINI Srl, della somma di Euro 43.020,86, oltre accessori, a titolo di saldo dell'appalto eseguito presso la struttura condominiale, consistito nella manutenzione straordinaria delle facciate di tre fabbricati, delle scale esterne e dei muretti di recinzione delle aree scoperte.
Con atto di citazione notificato il 28 marzo 2002, il Condominio (Omissis) proponeva opposizione avverso l'emesso provvedimento monitorio, eccependo preliminarmente la pendenza inter partes, innanzi alla Sezione distaccata di Ischia, di altra lite promossa dai condomini Te.Di. e Te.Da., con atto di citazione notificato il 29 novembre 2001, in opposizione al decreto ingiuntivo n. 60/2001 per Euro 7.460,78, emesso su istanza del Condominio per il recupero delle quote dovute dai predetti condomini per i lavori eseguiti dall'appaltatrice, la quale - a sua volta - aveva spiegato domanda riconvenzionale per il pagamento di somme aggiuntive rispetto a quelle invocate in via monitoria, ossia di Euro 19.406,80 per lavori extracontrattuali e di Euro 17.730,32 per lo svincolo dell'importo trattenuto dal committente a garanzia della regolarità dell'opera.
Attraverso tale opposizione (avverso il decreto ingiuntivo n. 263/2002) il Condominio contestava le pretese della società appaltatrice e chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo opposto, in ragione della sussistenza di vizi dell'opera, che avevano impedito il collaudo finale dell'appalto.
Si costituiva in giudizio Costruzioni Generali CONTINI Srl, la quale chiedeva che l'opposizione fosse respinta.
Invece, con l'altra opposizione (avverso il decreto ingiuntivo n. 60/2001), Te.Di. e Te.Da. chiedevano che fosse revocato il decreto ingiuntivo che aveva disposto la condanna a loro carico e in favore del Condominio per la quota dovuta in ordine ai lavori relativi all'appalto e spiegavano domanda riconvenzionale con cui chiedevano che il Condominio e la Costruzioni Generali CONTINI Srl fossero condannati, in solido, al risarcimento del danno per l'illegittima occupazione del loro giardino e per l'impossibilità di avere accesso nella loro abitazione, in conseguenza dei lavori svolti, nonché per il nocumento materiale patito dal loro appartamento per effetto dei lavori realizzati.
I due giudizi erano riuniti.
In corso di causa era assunta la prova orale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d'ufficio.
Quindi, il Tribunale di Napoli (Sezione distaccata di Ischia), con sentenza n. 11077/2014, depositata il 24 luglio 2014, rigettava l'opposizione spiegata da Te.Di. e Te.Da. contro il decreto ingiuntivo n. 60/2001 mentre, in accoglimento dell'opposizione proposta dal Condominio avverso il decreto ingiuntivo n. 263/2002, sul rilievo dell'esito negativo del collaudo, revocava il provvedimento monitorio opposto e condannava l'opponente al pagamento della minor somma di Euro 6.125,45, all'esito della compensazione tra l'importo ancora dovuto per i lavori eseguiti, nella misura di Euro 13.143,58, e la penale dovuta per i ritardi nell'ultimazione dei lavori per Euro 7.018,13, compensando integralmente tra le parti le spese di lite.
2.- Con atto di citazione notificato l'11 marzo 2015 (notifica perfezionatasi solo verso Te.Di. e Te.Da.), Costruzioni Generali CONTINI Srl proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l'erronea valutazione in ordine al punto decisivo della controversia, rappresentato dalla perfetta autonomia tra le somme ingiunte al Condominio e quelle reclamate in sede di riconvenzionale, anche in danno dei Te.Di. e Te.Da.; 2) l'erronea valutazione delle risultanze peritali, stante che, in ordine alla penale, il consulente d'ufficio aveva concluso per l'impossibilità di determinare il momento in cui l'appaltatrice avesse avuto l'effettiva disponibilità delle aree; 3) l'omessa pronuncia sugli interessi; 4) l'omessa pronuncia sui rapporti diretti tra l'appaltatrice e i condomini Te.Di. e Te.Da., dei quali era stata chiesta la condanna al pagamento delle somme pro quota da essi dovute per i lavori.
Con provvedimento del 27 luglio 2015, la Corte - verificato che la notifica verso il Condominio dell'atto di appello non si era perfezionata, in quanto il domicilio era stato erroneamente indicato, anziché presso lo studio del difensore domiciliatario, presso la sede del Condominio - autorizzava l'appellante a provvedere ad una nuova notificazione.
All'esito, si costituiva nel giudizio di impugnazione il Condominio (Omissis), il quale instava per l'inammissibilità o il rigetto del gravame e spiegava appello incidentale, con cui chiedeva che la sentenza impugnata fosse riformata, nella parte in cui aveva riconosciuto la debenza di somme residue in favore dell'appaltatrice ed aveva compensato integralmente tra le parti le spese di lite, nonostante la conferma del decreto ingiuntivo in danno di Te.Di. e Te.Da. e il sostanziale accoglimento dell'opposizione nei confronti della società Contini.
Si costituivano anche Te.Di. e Te.Da., i quali resistevano all'impugnazione e spiegavano appello incidentale, atto ad ottenere la riforma della sentenza impugnata, nella parte in cui aveva disatteso le istanze risarcitorie articolate in via riconvenzionale con l'opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 60/2001.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'Appello di Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe, dichiarava l'inammissibilità dell'appello principale perché tardivo e, per l'effetto, dichiarava l'inefficacia dell'appello incidentale tardivo spiegato dal Condominio (Omissis) e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale proposto da Te.Di. e Te.Da. nonché in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava la Costruzioni Generali CONTINI Srl al risarcimento dei danni, in favore di detti condomini, nella misura di Euro 8.150,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali, confermando nel resto l'impugnata pronuncia.
A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che, nel caso di specie, non ricorreva affatto un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra il Condominio e i condomini Te.Di. e Te.Da., dal momento che, con i motivi di gravame articolati dalla società appaltatrice, si era inteso censurare la sentenza impugnata limitatamente al secondo e terzo capo della stessa, ossia con riferimento alla revoca del decreto ingiuntivo n. 263/2002, e non anche quanto all'implicito rigetto della domanda riconvenzionale a suo tempo esperita dalla società Contini, volta ad ottenere la condanna degli opponenti Te.Di. e Te.Da. e/o del Condominio al pagamento delle somme ulteriori dovute per i lavori extracontrattuali eseguiti e delle somme trattenute a titolo di garanzia per la regolare esecuzione dell'opera; b) che, in definitiva, risultando i capi della sentenza impugnata dotati di autonoma portata decisionale, gli stessi si palesavano suscettibili di altrettanto singolo e autonomo giudicato, come effettivamente intervenuto con riferimento al rigetto implicito della domanda riconvenzionale spiegata in primo grado dalla società Contini nei confronti dei Te.Di. e Te.Da. e del Condominio nell'ambito dell'opposizione al decreto ingiuntivo n. 60/2001; c) che i motivi di gravame principale proposti dall'appaltatrice investivano, invece, direttamente (ma anche esclusivamente) la sola posizione del Condominio con riferimento alla domanda monitoria avente ad oggetto il pagamento dei SAL, per come certificati dal direttore dei lavori, in forza del decreto ingiuntivo n. 263/2002; d) che, per l'effetto, i due giudizi, seppure riuniti, avevano continuato a conservare una perfetta autonomia, integrando gli estremi delle cause scindibili tra loro; e) che conseguentemente, in ragione della perfetta autonomia delle cause e dei capi di sentenza impugnati, la tempestiva notifica del gravame rispetto ai condomini Te.Di. e Te.Da. - nei confronti dei quali l'appellante principale non aveva articolato alcuna domanda - non esplicava alcuna valenza rispetto alla tardiva notifica dell'appello dell'appaltatrice nei confronti del Condominio; f) che, poiché l'erronea notifica presso la sede dell'amministrazione condominiale, in luogo del domicilio eletto presso il procuratore del Condominio, era senz'altro imputabile al notificante, questi si sarebbe dovuto attivare con immediatezza e tempestività, nel termine massimo di 15 giorni dalla scoperta dell'errore, per riprendere il processo notificatorio iniziato con il primo tentativo, senza attendere l'autorizzazione alla notifica del gravame, la quale, peraltro, non valeva a sostituirsi alla prima, ancorché eseguita nel termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c.;
g) che l'avvio del procedimento d'appello manifestava la conoscenza legale della sentenza ad opera dell'impugnante, con la conseguenza che la notifica, ad opera del medesimo appellante, di un nuovo appello, anteriore alla declaratoria di inammissibilità o improcedibilità del primo, sarebbe stata tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data del primo appello; h) che, quindi, il gravame proposto dall'appellante principale era inammissibile, perché tardivo, declaratoria di inammissibilità che finiva per travolgere, ai sensi dell'art. 334, secondo comma, c.p.c., quello incidentale tardivo proposto dal Condominio, né tale potere di impugnazione incidentale sarebbe, a monte, sorto; i) che era invece ammissibile l'appello incidentale improprio, tempestivamente proposto da Te.Di. e Te.Da.; l) che l'obbligo di cui all'art. 843 c.c. aveva natura di obbligazione propter rem, sicché l'indennità sarebbe stata dovuta dall'occupante se e in quanto l'intrusione nella proprietà altrui fosse stata foriera di danni, quale presupposto indefettibile per il sorgere dell'obbligazione indennitaria, che gli appellanti avevano ricondotto, sic et simpliciter, al fatto dell'occupazione, peraltro parametrandone il quantum all'indennità di occupazione del suolo pubblico, di ben altra natura e funzione; m) che anche la censura relativa al mancato riconoscimento dell'istanza risarcitoria, conseguente all'impossibilità di utilizzare l'immobile di proprietà esclusiva dei condomini per i 5 mesi necessari all'esecuzione dei lavori, era infondata, benché gli appellanti avessero rimandato per la quantificazione dei danni alla perizia di parte - che aveva determinato il valore locativo dell'immobile in Euro 450,00 mensili -, poiché i Te.Di. e Te.Da. non avevano offerto idoneo riscontro in ordine all'an debeatur, risultando, peraltro, del tutto irrilevanti le istanze istruttorie disattese in primo grado e reiterate in appello (quanto ai capitoli nn. 7 e 8), come articolate a detti fini; n) che, infatti, l'occupazione del giardino (area, dunque, esterna all'appartamento) non era risultata pregiudizievole all'accesso nell'immobile, atteso altresì che lo stesso Condominio aveva opposto, senza specifica smentita, che il ritardo nell'esecuzione dei lavori era imputabile agli stessi Te.Di. e Te.Da., rei di avere indebitamente ritardato l'accesso al giardino della ditta appaltatrice; o) che era, invece, fondato il terzo motivo di gravame - con il quale i condomini Te.Di. e Te.Da. avevano lamentato l'erroneo rigetto dell'istanza risarcitoria inerente ai danni materiali subiti a causa dell'esecuzione dei lavori da parte della società Contini -, poiché, a fronte del giudicato formatosi sull'an debeatur, in ordine al quantum potevano essere utilizzate le dichiarazioni rese dal teste Ni.Ma., quale direttore dei lavori, che aveva confermato che detti lavori avevano provocato danni alla pavimentazione della proprietà Te.Di. e Te.Da. e che l'impresa Contini, ai fini dell'accesso nella proprietà Te.Di. e Te.Da., aveva tagliato una grata di recinzione del giardino; p) che dalla perizia di parte risultava che, per la voce relativa al ripristino della grata in ferro, il costo da sostenere ammontava ad Euro 650,00 e, per la voce relativa al ripristino della pavimentazione, ad Euro 7.500,00, con esclusione della maggiorazione del 30% indicata a titolo di aggravio dei costi per i lavori eseguiti sul territorio isolano.
3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, la Costruzioni Generali CONTINI Srl
Ha resistito, con controricorso, il Condominio (Omissis) in I, via (Omissis), che - a sua volta - ha proposto ricorso incidentale condizionato, articolato in un unico motivo.
Hanno resistito, con controricorso, anche Te.Di. e Te.Da., che - a loro volta - hanno spiegato ricorso incidentale, sviluppato in due motivi.
Avverso il ricorso incidentale interposto da Te.Di. e Te.Da. il Condominio (Omissis) ha resistito con ulteriore controricorso.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
All'esito, le parti hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell'art. 378, secondo comma, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., l'errata interpretazione degli artt. 291, 330 e 358 c.p.c., per l'errata declaratoria di inammissibilità del gravame principale, allorché rinotificato nel termine perentorio concesso, con violazione dell'art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che fosse maturata la decadenza nella proposizione del gravame verso il Condominio, benché tutte le parti avessero dovuto partecipare al giudizio di impugnazione in ragione di un litisconsorzio necessario processuale, il che avrebbe determinato la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti delle parti non evocate.
Osserva l'istante che, a fronte della nullità della notificazione dell'atto introduttivo del gravame e della fissazione di un nuovo termine per la rinnovazione, la detta nuova notifica, regolarmente effettuata nel termine perentorio assegnato, avrebbe impedito ogni decadenza, anche all'esito della successiva costituzione del Condominio, che aveva pacificamente accettato il contraddittorio.
1.1.- Il motivo è infondato.
Le ragioni della decisione sono infatti basate sul dato riscontrato secondo cui, all'esito delle due opposizioni proposte avverso i due distinti decreti ingiuntivi emessi, si sono ingenerate due cause scindibili: la prima derivante dall'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 60/2001, con cui il Condominio ha chiesto il pagamento della quota dovuta dai condomini Te.Di. e Te.Da. per i lavori di appalto approvati, con domanda riconvenzionale di questi ultimi volta ad ottenere il risarcimento dei danni procurati alla loro proprietà dall'esecuzione dei lavori; la seconda dipendente dall'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 263/2002, con cui l'appaltatrice ha chiesto il pagamento del residuo corrispettivo dovuto per i lavori eseguiti.
Senonché la società appaltatrice ha proposto impugnazione in appello solo contro i capi della sentenza di primo grado che hanno definito l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 263/2002 (e non contro i capi che hanno definito l'opposizione contro il decreto ingiuntivo n. 60/2001).
Nondimeno, la società appaltatrice, pur avendo interposto gravame verso i capi della sentenza di prime cure che hanno definito l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 263/2002, non ha perfezionato la notifica dell'atto introduttivo del gravame verso il Condominio (essendo invece avvenuta la notifica in favore dei soli condomini Te.Di. e Te.Da., quali parti del rapporto relativo all'opposizione al decreto ingiuntivo n. 60/2001).
La relativa notifica non si è perfezionata (in quanto indirizzata al difensore domiciliatario del Condominio, non già nell'indirizzo corrispondente al domicilio eletto, bensì presso la sede del Condominio).
Si tratta pacificamente di notifica tentata ma non perfezionata (con restituzione del plico al destinatario), come tale radicalmente inesistente.
Senonché, in tema di litisconsorzio processuale in cause scindibili, la sentenza che le definisce è solo formalmente unica ma, in realtà, consta di tante pronunce quante sono le cause riunite, che conservano la loro autonomia anche in sede di impugnazione.
Pertanto, l'appello proposto da una parte nei confronti di un litisconsorte, anche se non venga esteso alle altre parti e alle connesse pronunce contenute nell'unica sentenza, non può determinare l'inammissibilità del gravame.
Inoltre, non possono produrre effetti preclusivi o limitativi sul giudizio in corso in sede di impugnazione le pronunce non impugnate e divenute, quindi, irrevocabili, a ciò opponendosi la scindibilità e la conseguente indipendenza delle une rispetto alle altre.
Ne discende che, a fronte della disposta rinnovazione della notifica (in realtà dell'autorizzazione ad effettuare per la prima volta la notifica), il suo perfezionamento in epoca successiva al decorso del termine di impugnazione ha determinato il passaggio in giudicato della decisione sulla causa scindibile relativa alla definizione dell'opposizione al decreto ingiuntivo n. 263/2002, con la conseguente declaratoria di inammissibilità dell'appello principale per tardività.
Ed invero, solo nell'ipotesi prevista dall'art. 331 c.p.c. l'inammissibilità dell'appello può derivare dall'inosservanza dell'ordine di integrazione del contraddittorio emesso dal giudice.
Non si può, dunque, discorrere di litisconsorzio necessario processuale, che presuppone che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti ex art. 331 c.p.c., nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado (Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 8790 del 29/03/2019; Sez. 5, Ordinanza n. 26433 del 08/11/2017; Sez. 3, Sentenza n. 1535 del 26/01/2010).
Ebbene, la notifica avvenuta, anziché all'indirizzo corrispondente al domicilio eletto, presso il luogo in cui insiste il Condominio, ha importato un vulnus insanabile nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), con l'effetto che l'atto è stato restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26511 del 08/09/2022; Sez. 5, Ordinanza n. 3816 del 16/02/2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 2174 del 27/01/2017; Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016).
Il che, a monte, avrebbe impedito la rinnovazione, che comunque non ha sanato il difetto della notifica, posto che la notifica valida è avvenuta dopo la scadenza del termine breve di impugnazione decorrente dalla prima impugnazione (tentata) spiegata, senza che assuma sul punto rilievo il fatto che il Condominio, costituendosi in sede di gravame, si sia difeso nel merito.
Infatti, il principio di consumazione dell'impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di appello, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, sempre che la seconda impugnazione risulti tempestiva, dovendo la tempestività valutarsi, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non in relazione al termine annuale, bensì in relazione al termine breve ex art. 325 c.p.c. decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell'impugnante.
In tal caso l'inammissibilità della seconda impugnazione è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio e non è sanata dalla costituzione dell'appellato, in quanto la tardività dell'appello comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2990 del 31/01/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 4754 del 28/02/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 17309 del 13/07/2017; Sez. 6-L, Ordinanza n. 2478 del 08/02/2016; Sez. 1, Sentenza n. 18604 del 03/09/2014; Sez. 3, Sentenza n. 9058 del 15/04/2010; Sez. U, Ordinanza n. 21864 del 19/10/2007; Sez. 2, Sentenza n. 15082 del 30/06/2006).
Neppure rileva, al riguardo, un'eventuale rinnovazione della notifica entro un termine ragionevolmente contenuto (Cass. Sez. L, Sentenza n. 8299 del 23/04/2015).
Pertanto, l'impugnazione della sentenza di primo grado, unicamente sui capi di rigetto delle domande della ditta appaltatrice formulate verso il Condominio (Omissis) nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 263/2002, essendo stata tardivamente notificata al Condominio (Omissis), risulta inammissibile, come correttamente rilevato dalla Corte d'Appello.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., l'errata revoca, da parte del Tribunale, del provvedimento monitorio, con errata sua interpretazione degli artt. 1661, 1666 e 1667 c.c. in tema di appalto e, in particolare, con riferimento ai punti relativi al pagamento dei S.A.L., alla funzione delle trattenute a garanzia e al collaudo, con errata applicazione dell'art. 2697 c.c. in tema di prova.
3.- Con il terzo motivo la ricorrente principale prospetta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., l'errata mancata condanna del committente al pagamento delle maggiori opere, l'errata valutazione in riferimento agli artt. 1661,1662,1664,1667 e 1668 c.c. anche in tema di collaudo, l'errata declaratoria di esistenza dei vizi, la mancata applicazione del concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c.
4.- Con il quarto motivo la ricorrente principale contesta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., l'errata mancata applicazione dell'art. 1224 c.c. in tema di danno da obbligazione pecuniaria, per la mancata corresponsione degli interessi sulla somma riconosciuta.
5.- Con il quinto motivo la ricorrente principale deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., l'errata applicazione in tema di clausola penale dell'art. 1382 c.c. e dell'art. 2697 c.c. in tema di prova, per avere la Corte territoriale ritenuto che sussistessero i presupposti per la condanna al pagamento della penale per il ritardo nella consegna delle opere, benché il consulente tecnico d'ufficio avesse ritenuto che i ritardi non erano determinabili.
5.1.- I precedenti quattro motivi sono inammissibili.
Essi aggrediscono, infatti, le statuizioni della sentenza di prime cure, a fronte dell'inammissibilità del gravame interposto su tali punti, come confermato dal rigetto del primo motivo di ricorso in cassazione.
6.- Il sesto motivo del ricorso principale investe, ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., l'errata applicazione dell'art. 100 c.p.c. in tema di interesse ad agire o ad impugnare, l'errata applicazione dell'art. 2697 c.c. in tema di prova, l'errata applicazione dell'art. 246 c.p.c. in tema di capacità a testimoniare, per avere la Corte distrettuale accolto la domanda risarcitoria proposta dai condomini Te.Di. e Te.Da., nonostante la mancata impugnativa dell'an, l'inesistenza delle prove su cui tale accoglimento è stato fondato, attesa l'inattendibilità del teste le cui deposizioni sono state utilizzate e la sua incapacità a deporre.
6.1.- Il motivo è inammissibile.
La censura difetta infatti di specificità, riferendosi genericamente all'inattendibilità del teste escusso Ni.Ma. e alla sua asserita incapacità a deporre, senza fornire dettagli sulle ragioni poste a fondamento di tali obiezioni.
La valutazione della prova non può peraltro essere sindacata in sede di legittimità.
In specie, il ricorrente aveva l'onere, anche in virtù dell'art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., di indicare che detta eccezione di incapacità a deporre fosse stata sollevata tempestivamente ai sensi dell'art. 157, secondo comma, c.p.c. subito dopo l'assunzione della prova e, se disattesa, riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello ex art. 346 c.p.c., dovendo, in mancanza, ritenersi irrituale la relativa eccezione e pertanto sanata la nullità, avendo la stessa carattere relativo (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 10120 del 10/04/2019; Sez. 2, Sentenza n. 23896 del 23/11/2016; Sez. U, Sentenza n. 21670 del 23/09/2013).
7.- Passando al ricorso incidentale condizionato proposto dal Condominio (Omissis), con la doglianza articolata, è contestata la dichiarata inefficacia dell'appello incidentale tardivo, collegata alla declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione principale proposta dalla società appaltatrice.
Sicché il Condominio, nell'ipotesi in cui venga riformata la declaratoria di inammissibilità dell'appello principale, deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 334 c.p.c., con riferimento alla dichiarata conseguente inefficacia dell'appello incidentale, appello incidentale rispettivamente sviluppato sui seguenti due profili: A) violazione e falsa applicazione degli artt. 1657,1665,1667 e 1668 c.c., per avere il Tribunale, attenendosi alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, riconosciuto il pagamento, in favore dell'appaltatore, della somma di Euro 13.153,58 per intonaci e pitture, per la schermatura del ponteggio e per i lavori aggiuntivi, senza esaminare l'obiezione secondo cui il direttore dei lavori, in sede di redazione dello stato finale, aveva ritenuto di non poter emettere il certificato di collaudo, sostenendo che la ditta appaltatrice non aveva eseguito a regola d'arte tutte le opere commissionate; B) violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere il Tribunale disposto la compensazione delle spese processuali, senza osservare puntualmente il criterio della soccombenza.
7.1.- Il ricorso incidentale condizionato è assorbito dal rigetto del ricorso principale.
8.- Quanto al ricorso incidentale spiegato da Te.Di. e Te.Da., esso è anzitutto ammissibile.
Si tratta, infatti, di ricorso incidentale in senso proprio, avendo i ricorrenti incidentali, in primo luogo, censurato le ragioni poste a fondamento del ricorso principale e, in particolare, gli argomenti posti a fondamento del sesto motivo e, successivamente, proposto autonome censure avverso la sentenza impugnata.
Tanto premesso, le censure consistono:
A) Ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nella violazione e/o falsa applicazione dell'art. 843 c.c. nonché degli artt. 1176,1218,1223,1226 e 2043 e ss. c.c. e dell'art. 91 c.p.c., per avere la Corte di merito disatteso la richiesta condanna del Condominio e/o della società appaltatrice al pagamento di un'indennità per l'occupazione per cinque mesi del loro giardino, utilizzato per la costruzione dell'andito necessario ad eseguire i lavori condominiali di manutenzione straordinaria, ritenendo che i danneggiati non avessero dato la prova del danno e che comunque per la liquidazione di tale pregiudizio non si potesse ricorrere al regolamento sull'occupazione di suolo pubblico, utilizzato per altri fini, mentre l'indennità sarebbe spettata anche in assenza della prova del danno.
In conseguenza di ciò, la Corte avrebbe dovuto accogliere le ragioni rivendicate sull'indennità in questione e tale accoglimento avrebbe dovuto determinare la condanna delle controparti al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
B) Ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nell'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con violazione dell'art. 91 c.p.c., per avere la Corte distrettuale disatteso la richiesta di condanna del Condominio e/o della società appaltatrice al risarcimento dei danni subiti a causa del montaggio dell'andito, che avrebbe ostruito tutti i balconi, non consentendo il passaggio dall'interno dell'appartamento sul giardino, e viceversa, e rendendo di fatto inutilizzabile l'appartamento durante il periodo primaverile ed estivo.
Assumono gli istanti che, a differenza di quanto affermato dalla sentenza impugnata, non avrebbero mai dedotto che non si potesse avere accesso al loro immobile, in quanto le porte di ingresso non erano ostruite, bensì che la costruzione dell'andito su tre lati fosse tale da impedire di accedere direttamente dall'appartamento al giardino e viceversa.
8.1.- Il primo motivo è fondato.
Infatti, all'esito della ritenuta occupazione del giardino (con inibizione della facoltà di uso nella sua interezza), quale conseguenza dell'accesso nell'area, il danno-evento avrebbe dovuto essere identificato nel fatto stesso dell'occupazione, e quindi nella sua impossibilità di utilizzazione, quale circostanza legittimante del diritto al conseguimento di un'adeguata indennità ex art. 843, secondo comma, c.c. (secondo cui "se l'accesso cagiona danno, è dovuta una adeguata indennità").
La responsabilità da atto lecito avrebbe, dunque, dovuto ritenersi integrata per il fatto stesso che il transito e l'accesso (obligatio propter rem) avessero determinato un concreto pregiudizio al fondo interessato (danno-evento), consistente nella persistente occupazione dell'area per tutto il corso dei lavori (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20540 del 29/09/2020; Sez. 2, Sentenza n. 1908 del 27/01/2009; Sez. 3, Sentenza n. 4944 del 27/09/1982; Sez. 2, Sentenza n. 1670 del 14/05/1969; Sez. 2, Sentenza n. 3796 del 22/11/1968), indipendentemente dalla dimostrazione della sua entità (danno-conseguenza), alla cui determinazione si sarebbe dovuto procedere in via equitativa, in mancanza di elementi obiettivi da cui desumerne la misura (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19849 del 18/07/2024).
Nella specie la possibilità, andata perduta, di esercizio del diritto di godimento diretto è suscettibile di tutela indennitaria, in ragione della dimostrazione del fatto stesso dell'occupazione per un tempo significativo dell'intera superficie, senza che sia necessario fornire la prova - anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza - del concreto godimento che il proprietario ne avrebbe esercitato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 33645 del 15/11/2022).
Tale maggiore aggravio probatorio non riguarda le ipotesi speciali di imposizioni di limitazioni legali alla proprietà, in cui il legislatore prescrive il riconoscimento di un'indennità per il solo fatto che sia cagionato un danno (danno-evento che esige di essere dimostrato), qualsiasi esso sia, ivi compresa la "potenziale" privazione della facoltà di godere del fondo in conseguenza dell'occupazione.
In tali casi la realizzazione della condotta lesiva (quand'anche riconducibile ad un atto lecito dannoso) legittima una presunzione (iuris tantum) di integrazione del danno-conseguenza (in tema di violazione delle distanze legali Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23404 del 01/08/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 5864 del 27/02/2023), la cui quantificazione può essere ammessa in via equitativa.
La tematica del danno presunto (più che in re ipsa) manifesta allora la sua massima espressione nell'ambito della lesione del diritto di proprietà derivante dall'esercizio di "poteri" compressivi prescritti dalla legge, in quanto ciò che viene in evidenza in questo ambito è la primaria esigenza di protezione conseguente alla "consentita" contrazione del diritto di godimento del bene e, quindi, una limitazione all'esercizio di una delle facoltà riconnesse al diritto stesso.
In queste ipotesi il danno è espresso dallo stesso evento lesivo, già in forza della speciale previsione normativa a mente della quale, se la limitazione del diritto cagiona un danno (danno-evento), è dovuta un'adeguata indennità (ex art. 843, secondo comma, c.c.), la quale sembra discendere ex lege in via inferenziale dalla realizzazione dell'evento lesivo.
L'equivoco sulla prova del danno si annida, in conseguenza, nella discriminazione tra danno-evento (che deve essere provato) e danno-conseguenza (che è ricavabile in via presuntiva), così spiegandosi l'apparente antinomia tra le pronunce di Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20540 del 29/09/2020 (che si riferisce al danno-evento: occupazione per un periodo limitato di una parte ridotta del cortile, senza alcun pregiudizio per le facoltà di uso dell'area da parte degli altri comproprietari) e di Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1908 del 27/01/2009 (che si riferisce al danno-conseguenza: indennità spettante come preventiva liquidazione del danno che potrebbe derivare al proprietario del fondo dal passaggio e dal protrarsi dell'occupazione).
Pertanto, tornando al caso in disputa, la raggiunta prova dell'occupazione temporanea del giardino, in conseguenza dell'accesso, per il tempo necessario all'esecuzione dei lavori indispensabili sui beni condominiali, avrebbe giustificato il riconoscimento di una "adeguata indennità" (più che di un risarcimento del danno in senso stretto), per il solo fatto che fosse stata preclusa la "potenziale" facoltà di uso a proprio vantaggio dell'area per il periodo emarginato, ricorrendo, all'uopo, ad una ponderazione equitativa.
L'occupazione del fondo in conseguenza dell'esercizio dell'accesso integra in sé un nocumento indennizzabile.
8.2.- Il secondo motivo è infondato.
Infatti, non ricorre l'omissione di alcun accadimento storico-naturalistico dirimente ed oggetto di discussione, già alla stregua dei termini di esplicitazione della doglianza.
Secondo la stessa ricostruzione dei ricorrenti incidentali, l'accesso e l'occupazione del giardino per l'esecuzione dei lavori non avevano impedito di utilizzare il bene principale cui il giardino accedeva (ossia l'appartamento), il cui ingresso poteva avvenire da altre porte.
Né il nocumento avrebbe potuto identificarsi in sé nella sola impossibilità transitoria di avere diretto accesso all'abitazione dal giardino, una volta salvaguardata la facoltà di godimento dell'appartamento.
Ipotesi che peraltro integrerebbe una mera duplicazione dell'indennità spettante per l'occupazione del fondo, all'esito dell'accesso avvenuto ai sensi dell'art. 843 c.c.
9.- In definitiva, il ricorso principale deve essere respinto, il ricorso incidentale condizionato proposto dal Condominio (Omissis) va dichiarato assorbito, il primo motivo del ricorso
incidentale spiegato da Te.Di. e Te.Da. deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, mentre il restante motivo va rigettato.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d'Appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
"In materia di rapporti di vicinato, la previsione speciale dell'art. 843 c.c. configura un'obbligazione propter rem, cui corrisponde l'obbligo per il vicino di versare un'adeguata indennità, da liquidare in via equitativa, quale conseguenza presunta della raggiunta prova del danno da occupazione temporanea dell'area in cui è avvenuto l'accesso, anche per il solo fatto della preclusione della potenziale facoltà di uso del fondo".
Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dal Condominio (Omissis), accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso incidentale proposto da Te.Di. e Te.Da., rigetta il rimanente motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 12 novembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2024.