In tema di provvedimenti riguardo ai figli, qualora la madre abbia un rapporto iperprotettivo con il figlio, tale da impedirgli di crescere ed emanciparsi, è preferibile disporre la collocazione del minore presso il padre.
Lo ha stabilito la Prima sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 3465 depositata il 7 febbraio 2024.
Il caso di specie nasce dalla sentenza di separazione personale dei coniugi emessa dal Tribunale di Catania, che aveva disposto l'affido condiviso del figlio minore, con collocazione presso il padre.
La madre presentava appello presso la Corte distrettuale di Catania, che lo rigettava, ritenendo che il disturbo della condotta presentato dal bambino, scarsamente capace di adattarsi alla società, fosse dovuto in particolare a una relazione simbiotica con la madre, solo protettiva ed affettiva, che non aveva permesso al minore di divenire autonomo ed essere capace di controllarsi.
La madre presentava ricorso in Cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 337-ter cod. civ., lamentando una mancata valutazione comparativa delle capacità genitoriali.
La Suprema Corte ha chiarito che il motivo del ricorso si è rivelato in parte infondato e in parte inammissibile. Secondo l'art. 337-ter, comma 2, cod. civ., il giudice deve basare i suoi provvedimenti sull'esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni legati alla disgregazione familiare e a promuovere lo sviluppo ottimale della personalità del minore.
Nel dettaglio, la Corte ha evidenziato seri profili di criticità nella figura materna, caratterizzati da un'iperprotezione e da un comportamento regressivo e non orientato all'autonomia, oltre a una conflittualità marcata nei confronti del coniuge e a un approccio educativo inadeguato. Invece, è stato riconosciuto al padre un approccio non oltranzista e flessibile, nonostante le ritrosie manifestate dal figlio, le quali non erano riconducibili a suo carico.
La decisione di privilegiare la collocazione presso il padre è stata quindi giudicata preferibile, alla luce della sua maggiore capacità di rispondere al concreto interesse del minore. La valutazione complessiva ha permesso di identificare nella figura paterna quella più idonea a garantire il benessere e lo sviluppo del figlio, tenendo conto di tutti gli aspetti della relazione genitore-figlio e delle dinamiche familiari.
Cassazione civile, sez. I, ordinanza 07/02/2024 (ud. 23/01/2024) n. 3465
RILEVATO CHE:
1. Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 2079/2019, pronunciava la separazione personale dei coniugi Ga.Ol. e Lo.Pr., disponendo l'affido condiviso del figlio minore Lu. (nato nel omissis) ad entrambi i genitori, con collocamento presso il padre.
2. La Corte distrettuale di Catania, a seguito dell'impugnazione presentata da entrambi i coniugi, rigettava - fra l'altro e per quanto qui di interesse - l'appello principale proposto dalla Ga.Ol., ritenendo che il disturbo della condotta presentato dal bambino, scarsamente capace di adattarsi alla società, fosse dovuto in particolare a una relazione simbiotica con la madre, solo protettiva ed affettiva, che non aveva permesso a Lu. di divenire autonomo ed essere capace di controllarsi.
Osservava che nessuna particolare situazione riferibile al padre era stata segnalata o accertata dai servizi sociali e dagli organi scolastici, così come non erano emersi specifici e comprovati episodi pregiudizievoli o allarmanti durante il soggiorno di Lu. con il padre.
Valutava come non genuine le dichiarazioni accusatorie del figlio nei confronti del genitore, perché ispirate dalla figura materna.
Reputava, del pari, che le rimostranze esteriori del bambino fossero ascrivibili a modalità educative inadeguate poste in essere dalla madre, che si acuivano ogni qual volta il minore si trovava con lei a causa del legame simbiotico e non sano che la Ga.Ol. continuava a instaurare con il figlio durante i loro incontri.
3. Ga.Ol. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, pubblicata in data 3 agosto 2022, prospettando cinque motivi di doglianza.
L'intimato Lo.Pr. non ha svolto difese.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
4.1 Il primo motivo di ricorso assume, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., la nullità del procedimento e del provvedimento impugnato e denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione ai sensi dell'art. 78, comma 2, cod. proc. civ., perché il Tribunale di Catania prima e la Corte d'Appello di Catania poi non hanno proceduto alla nomina di un curatore speciale per il minore, nonostante l'elevata conflittualità dei genitori coinvolti nel procedimento separativo dovesse far ritenere gli stessi, almeno temporaneamente, inadeguati a garantire al figlio una consona rappresentanza processuale.
Si rendeva così necessario - a dire della ricorrente - consentire al minore di essere adeguatamente rappresentato nel corso del giudizio per il tramite di un soggetto nominatogli ad hoc.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la nullità del procedimento e del provvedimento impugnato conseguente alla violazione e falsa applicazione degli artt. 351-bis, comma 3, 336-bis, commi 1 e 2, e 337-octies, comma 1, cod. civ., 12, comma 2, della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 176/1991) e 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo sull'esercizio dei diritti dei fanciulli del 25 gennaio 1996 (ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 77/2003), questi ultimi anche da intendersi quali parametri interposti di violazione dell'art. 117 Cost., perché la Corte d'Appello di Catania ha omesso di procedere all'adempimento obbligatorio dell'ascolto del figlio minore della coppia, malgrado questo incombente fosse necessario, poiché il thema decidendum concerneva il regime di collocamento del bambino e l'esercizio del diritto di visita rispetto al genitore non prevalente collocatario.
I giudici distrettuali, nell'escludere la necessità di procedere all'audizione del minore, non hanno effettuato un reale giudizio relativo alla sua capacità di discernimento, dato che la motivazione riportata all'interno della decisione impugnata si risolve - in tesi - in un'apodittica affermazione, non suffragata da alcun riscontro probatorio o razionale, della sua incapacità di discernimento e del suo turbamento quale ragione ostativa all'ascolto.
5. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, non sono fondati.
5.1 La giurisprudenza di questa Corte ha avuto occasione di chiarire che "in tutti i procedimenti che riguardano minori, deve essere loro garantito il contraddittorio, attraverso la nomina di un tutore provvisorio o di un curatore speciale del minore, ex art. 78 c.p.c., tutte le volte in cui si profili un conflitto di interessi tra il minore e i suoi rappresentanti legali, genitori o tutore, o attraverso l'ascolto del minore. La qualità di parte in senso formale, in aggiunta a quella di parte in senso sostanziale, va poi attribuita al minore in presenza di specifiche disposizioni normative recanti previsione della nomina di un curatore speciale per rappresentarlo nella sede processuale (sicuramente, azioni di status e procedimenti di adottabilità); in dette ipotesi, rispetto alla previsione generale dettata dall'art. 78 c.p.c., il conflitto di interessi tra il minore ed i suoi rappresentanti può ritenersi presunto, in ragione delle questioni oggetto del giudizio. Laddove, invece, difettino predeterminazioni in tal senso (si pensi ai giudizi di separazione personale, divorzio, regolamentazione dell'affidamento e del mantenimento dei figli), deve ritenersi che il contraddittorio possa essere garantito attraverso la previsione che il minore, parte in senso sostanziale ma che non acquisisce anche la qualità di parte in senso formale, debba essere ascoltato" (si veda, in questi espressi termini, Cass. 38719/2021, pagg. 7 e 8; nello stesso senso, Cass. 1471/2021, Cass. 16410/2020).
Sulla base di questi principi, che il collegio condivide e a cui vuole dare continuità, si deve escludere che i giudici di merito, nel caso di specie, dovessero procedere alla nomina di un curatore speciale del minore ai sensi dell'art. 78 cod. proc. civ., pur in presenza di una situazione di conflittualità fra i genitori.
5.2 Giova precisare che non trovavano applicazione né il disposto dell'art. 78, comma 4, cod. proc. civ. introdotto dall'art. 1, comma 30, l. 206/2021, dato che il successivo comma 37 prevede che la norma trovi applicazione ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge", mentre nel caso di specie il giudizio di separazione risale al 2011, né l'art. 473-bis.8 cod. proc. civ., giacché questa disposizione si applica, a norma dell'art. 35, comma 1, D.LGS. 149/2022, ai procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023.
Non è dunque possibile fare riferimento alle norme di più recente conio per invocare la nomina di un curatore speciale al minore.
5.3 Non vi è dubbio che, in tema di provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l'audizione del minore infradodicenne capace di discernimento costituisca un adempimento previsto a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo, in relazione al quale incombe sul giudice che ritenga di ometterlo un obbligo di specifica motivazione, se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore (cfr., per tutte, Cass. 1474/2021).
Il particolare valore di questa audizione in termini di contraddittorio sostanziale, nel senso illustrato al punto precedente, impone al giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l'età del minore si approssima a quella dei dodici anni, non solo se egli ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell'ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato a un esperto al di fuori di detto incarico (Cass. 12957/2018).
Si deve, tuttavia, ritenere che nel caso di specie il mancato ascolto del minore sia stato giustificato da un'espressa e adeguata motivazione, poiché la Corte di merito non si è affatto limitata a ricordare di non aver ascoltato il minore (nato il omissis e dunque infradodicenne nel corso dell'intero procedimento di appello) a seguito del ricorso presentato ai sensi dell'art. 709-ter cod. proc. civ., ma ha precisato che ciò è avvenuto "in considerazione del suo palese stato di turbamento e di disagio" (pag. 15), aggiungendo, poi, che anche nella successiva fase del processo persistevano le medesime ragioni per non disporre l'audizione (pag. 18).
Questa spiegazione, infatti, non può essere considerata come avulsa dal contesto motivazionale in cui è inserita, tramite il quale la Corte territoriale ha abbondantemente spiegato in cosa consisteva lo stato di turbamento e disagio addotto a ragione della mancata audizione, laddove a più riprese ha rappresentato che il bambino si era dimostrato fortemente influenzato dalle "modalità educative inadeguate" della madre, che avevano non solo ostacolato il suo sviluppo, ma anche provocato comportamenti respingenti nei confronti del padre non imputabili a quest'ultimo.
Il puntuale riferimento al "comportamento possessivo ed escludente" tenuto dall'odierna ricorrente, determinante la mancanza di un autonomo e spontaneo discernimento del bambino (influenzato dalla madre al punto da rendere non genuine dichiarazioni accusatorie nei confronti del padre; cfr. pag. 17), assolve, dunque, l'obbligo di motivazione a cui i giudici distrettuali erano tenuti per giustificare la sua mancata audizione.
6. Il terzo motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 337-ter cod. civ., in quanto il Tribunale di Catania prima e la Corte d'Appello di Catania - in tesi - non hanno proceduto, nell'individuazione del genitore collocatario prevalente, a una valutazione comparativa delle capacità genitoriali di entrambe le parti, soprattutto laddove la decisione impugnata ha ritenuto di individuare nel padre il genitore collocatario prevalente solo sulla base di pretese inadeguatezze riscontrate in capo alla madre, senza un adeguato approfondimento delle capacità, delle caratteristiche e delle risorse della persona dell'altro genitore.
I giudici distrettuali avrebbero ragionato - sostiene la ricorrente -sempre e solo sulla madre, omettendo un giudizio sulla figura paterna, che avrebbero giudicato maggiormente tutelante "per differenza".
La decisione impugnata sarebbe così viziata da un'assoluta mancanza di un giudizio di comparazione fra i genitori e di un qualsivoglia bilanciamento da porre alla base delle scelte effettuate in ordine al genitore da individuare come collocatario prevalente.
7. Il motivo risulta in parte infondato, in parte inammissibile.
Il criterio fondamentale, cui deve attenersi il giudice a mente dell'art. 337-ter, comma 2, cod. civ. nell'adottare i provvedimenti relativi alla prole, è costituito dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l'apprezzamento della personalità del genitore (Cass. 19323/2020, Cass. 14728/2016, Cass. 18817/2015, Cass. 14480/2006).
La comparazione fra le figure genitoriali assume così un rilievo non in sé o in funzione della valutazione della fondatezza delle contrapposte pretese sul collocamento del minore, ma "con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale" della prole, vale a dire nell'ottica e allo scopo di individuare la soluzione che riesca ad assicurare al meglio il concreto interesse, morale e materiale, del figlio minore.
Il che è quanto ha fatto la Corte territoriale che, in funzione dell'individuazione del miglior interesse del minore, si è spesa non solo nell'individuare una pluralità di seri profili di criticità nella figura materna (la quale, stando agli accertamenti dei giudici di merito, aveva un rapporto con il figlio improntato a iperprotezione, comunicava in modo regressivo e non orientato all'autonomia, avvertiva una smodata conflittualità nei confronti del marito, aveva modalità educative inadeguate e un legame simbiotico e non sano con il minore), ma anche nel porre in evidenza che la soluzione che prevedeva una collocazione presso il padre fosse preferibile in ragione della sua maggiore adeguatezza.
In particolare, la Corte di merito ha sottolineato, da una parte, come il padre non avesse adottato un atteggiamento oltranzista e rigido a fronte delle ritrosie del figlio nei suoi confronti, benché questi respingimenti non fossero a lui imputabili; dall'altra, come non si fossero mai verificati specifici e comprovati episodi pregiudizievoli o allarmanti durante la permanenza con lui.
In questo modo la Corte di merito ha compiutamente assolto il compito che la norma che si assume violata le demandava individuando, attraverso l'analisi delle figure dei due genitori e delle caratteristiche delle frequentazioni che il bambino aveva con loro, la soluzione che maggiormente si prestava al perseguimento del suo interesse.
8.1 Il quarto motivo lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 337-ter cod. civ. e 8CEDU, perché il Tribunale di Catania prima e la Corte d'Appello di Catania poi, nel confermare la decisione di primo grado, hanno realizzato una profonda modifica del regime di collocamento del minore, incidente sulla sua vita privata e familiare e sui legami maturati nel tempo, compiendo deliberatamente, con la collocazione del minore presso il padre, una rescissione potenzialmente irreparabile del legame familiare.
8.2 Il quinto motivo di ricorso denuncia, a mente dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 337-ter cod. civ., anche con riferimento all'art. 6 CEDU: il Tribunale di Catania prima e, soprattutto, la Corte d'Appello di Catania, poi, interpretando erroneamente questa norma, hanno inteso attribuire alla possibilità di modificare il regime di collocamento del minore un carattere sanzionatorio non previsto dalla legge, anziché di misura da assumere esclusivamente in funzione delle esigenze del minore, allorché la decisione di modificare il regime di collocamento è stata adottata quale sanzione per le condotte processuali tenute dalla Ga.Ol.
9. I motivi, da esaminarsi congiuntamente perché entrambi volti a stigmatizzare la scelta compiuta dalla Corte di merito in ordine alla collocazione del minore, risultano l'uno (il quarto) in parte infondato, in parte inammissibile, l'altro inammissibile.
9.1 La Corte di merito, nel confermare la collocazione del minore presso il padre, non ha mancato di riconoscere che questo cambiamento è stato un evento che il bambino ha subito, ma ha evidenziato che lo stesso era "stato correttamente stabilito proprio perché la relazione con la madre non (aveva) permesso a Lu. di raggiungere le autonomie ed il controllo regolativo di sé stesso che sarebbe stato auspicabile per la sua età" (pag. 12), era stato ripristinato nel corso del giudizio di appello perché costituiva "l'unico modo idoneo ad assicurare il corretto sviluppo del minore" (pag. 15) e continuava a rimanere, al momento della decisione sull'impugnazione, "la soluzione migliore per il minore", come emergeva dalle risultanze della C.T.U. (pag. 17).
9.2 Le valutazioni sopra riportate danno conto della consapevolezza, da parte dei giudici di merito, della necessità di disporre cambiamenti nella consolidata vita del minore con la necessaria precauzione e cautela, ma spiegano anche come una simile scelta sia stata adottata al fine di evitare che il protrarsi della collocazione presso la madre e delle precedenti abitudini di vita arrecassero un pregiudizio irreparabile al minore, in ragione degli accertamenti compiuti nel corso delle indagini peritali.
Si è dunque verificata — secondo le valutazioni della Corte distrettuale, rientranti nell'ambito dei giudizi di fatto e non sindacabili in questa sede di legittimità — quella situazione di assoluta e strettissima necessarietà dell'intervento per il perseguimento del migliore interesse del minore che lo stesso motivo di ricorso in esame riconosce come evenienza idonea a giustificare un mutamento radicale nelle sue pregresse abitudini di vita.
Giova, poi, sottolineare come la Corte di merito abbia accompagnato questa determinazione con l'individuazione di un regime di visita giudicato idoneo a garantire il mantenimento di una continuità di relazione fra il bambino e la madre.
9.3 Le giustificazioni addotte dai giudici di merito per la conferma della collocazione presso il padre e il richiamo alle valutazioni espresse all'esito delle indagini peritali spiegano a chiare lettere che una simile statuizione è stata adottata per perseguire la migliore soluzione per il minore.
Il quinto mezzo risulta così inammissibile, perché intende attribuire alla stigmatizzazione del comportamento processuale dell'appellante compiuta dalla Corte distrettuale un significato che altera e stravolge l'inequivoco contenuto della statuizione impugnata, la quale ha disposto in ordine all'affidamento del minore non a titolo di sanzione per la condotta processuale tenuta dalla madre, ma al fine di perseguire l'esclusivo interesse morale e materiale del minore.
10. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
La mancata attività difensiva in questa sede da parte dell'intimato esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite. Il procedimento è esente dal versamento del contributo unificato, ai sensi dell'art. 10, comma 2, D.P.R. 115/2002, di modo che non trova applicazione il disposto dell'art. 13, comma 1-quater, del medesimo decreto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell'art. 52 D.LGS. 196/2003 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma in data 23 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria il 07 febbraio 2024.