È possibile revocare una donazione per ingratitudine se il beneficiario non fornisce l'assistenza promessa al donante?
Questa è la domanda al centro della sentenza n. 3811 della Cassazione, sez. II, depositata il 12 febbraio 2024.
Il caso di specie ha avuto origine quando l'amministratore di sostegno del donante ha presentato ricorso al Tribunale di Treviso, chiedendo la risoluzione per inadempimento di un contratto stipulato da quest'ultimo. Nel contratto il donante aveva trasferito una proprietà immobiliare alla sorella, che si era impegnata ad assisterlo senza corrispettivo. L'amministratore ha poi richiesto, in subordine, la revoca della donazione per ingratitudine, dato che la beneficiaria non aveva fornito alloggio né sostentamento al fratello, oltre a farlo indebitare con un finanziamento per coprire le proprie esigenze.
La Corte d'Appello di Venezia, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha accolto la richiesta di revoca per ingratitudine, ritenendo che la beneficiaria non avesse rispettato gli impegni presi con l'atto di donazione e avesse compromesso il fratello con un finanziamento per interesse personale.
La sorella ha successivamente impugnato la decisione, argomentando una violazione dell'art. 801 c.c. e sostenendo che per la revoca per ingratitudine è necessario un comportamento del donatario che leda l'onore e il decoro del donante, dimostrando un sentimento di avversione. Ha inoltre sottolineato che il suo inadempimento derivava da tensioni familiari e che il finanziamento non aveva danneggiato il patrimonio del donante.
La Cassazione ha accolto il ricorso, sottolineando che per la revoca per ingratitudine è richiesto un comportamento del donatario che esprima una profonda disistima delle qualità morali del donante e manchi di rispetto alla sua dignità. Il mero inadempimento degli obblighi previsti dall'atto di donazione e l'accensione di un mutuo, senza un sottostante sentimento di avversione, non soddisfano questi criteri.
Pertanto, la sentenza della Corte d'Appello è stata cassata, e il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.
In conclusione, la Corte di Cassazione chiarisce che, per la revoca di una donazione per ingratitudine, è necessario che il comportamento del donatario leda in maniera grave l'onore o il decoro del donante, oltre a dimostrare un sentimento di avversione.
L'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e mancare rispetto alla dignità del donante.
Cassazione civile, sez. II, sentenza 12/02/2024 (ud. 14/12/2023), n. 3811
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda proposta innanzi al Tribunale di Treviso da Mo.Re., quale amministratore di sostegno di Pe.Se., con la quale chiese, in via principale, dichiararsi la risoluzione per inadempimento delle obbligazioni contenute nel contratto del 7.10.2002; con tale atto, Pe.Se. aveva trasferito un'immobile di sua proprietà alla sorella Pe.An., che si era obbligata ad assisterlo senza alcun corrispettivo; in via subordinata, qualora l'atto fosse stato qualificato come donazione modale, chiese la revoca della donazione per ingratitudine.
L'attore lamentò che Pe.An. non gli aveva concesso l'alloggio, né somministrato gli alimenti; inoltre, in data 7.10.2002, aveva fatto accendere al fratello un finanziamento presso Banco Posta dell'importo di Euro 20.000.,00, che aveva utilizzato per far fronte alle proprie necessità.
Il Tribunale di Treviso rigettò le domande.
La Corte d'appello di Venezia, con sentenza del 31.7.2017, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, accolse la domanda subordinata di revoca della donazione per ingratitudine.
La Corte d'appello ritenne che Pe.An. non solo non avesse adempiuto agli oneri previsti nell'atto di donazione ma aveva esposto il fratello al rischio di una situazione debitoria, facendogli accendere un finanziamento per soddisfare un proprio interesse personale; per la Corte distrettuale, tale comportamento era sufficiente ad integrare un atteggiamento irrispettoso della dignità del donante.
Pe.An. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Mo.Re. ha resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria del 9.12.2020 la Sesta Sezione Civile ha ritenuto che non sussistesse l'evidenza decisoria ed ha rimesso la causa alla pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'art.801 c.c., in relazione all'art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d'appello ritenuto sussistenti i requisiti di per la revoca della donazione per ingratitudine sulla scorta di una mera valutazione oggettiva dei comportamenti tenuti da Pe.An., ovvero per il mancato adempimento degli oneri previsti dall'atto di donazione e per aver fatto accendere al fratello un finanziamento, laddove l'ingiuria grave verso il donante consisterebbe nel comportamento del donatario con il quale si rechi pregiudizio all'onore ed al decoro del donante. La ricorrente richiama diverse pronunce di legittimità per sostenere che, ai fini della revoca, deve essere colpire la sfera morale e spirituale del donante con un comportamento del donatario che dimostri un sentimento di avversione tale da ripugnare alla coscienza comune. Il comportamento della ricorrente non sarebbe lesivo della dignità del donante tanto piche il suo inadempimento agli obblighi previsti nell'atto di donazione sarebbe stato dovuto dall'inasprimento dei rapporti familiari, che le avrebbero impedito di prestare assistenza morale e materiale al fratello; quanto all'accensione del mutuo, sottolineava che non aveva arrecato alcun pregiudizio al donante poiché aveva adempiuto al pagamento delle rate.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l'omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio con riferimento alle circostanze familiari che non avrebbero consentito alla ricorrente di prendersi cura del fratello.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
L'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e mancare rispetto alla dignità del donante (Cassazione civile, sez. 2, 24/06/2008, n. 17188; Cassazione civile, sez. 2, 31/10/2016, n. 22013) L'ingiuria deve, pertanto, essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosità verso il donante.
Il comportamento del donante va valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella sua potenzialità offensiva del patrimonio morale del donante, perché espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l'atteggiamento del donatario.
Si tratta, evidentemente di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine è segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale.
Nel caso di specie, la Corte d'appello di Venezia ha ritenuto integrati i requisiti della revoca per ingratitudine dal mero inadempimento della donataria dell'obbligo di somministrazione degli alimenti al donante, dalla violazione dell'obbligo di prestargli assistenza nell'abitazione trasferita con l'atto di donazione e nell'accensione di un mutuo per far fronte alle proprie esigenze e non a quelle del fratello.
Si tratta di comportamenti che, da soli, non esprimono profonda e radicata avversione verso il donante, né un sentimento di disistima delle sue qualità morali, presupposti necessari per la revoca della donazione per ingratitudine.
Anche l'accensione del mutuo doveva essere supportata da un sentimento di avversione verso il donante e caratterizzata da un danno effettivo del suo patrimonio.
La Corte d'Appello, per ritenere integrati i requisiti di cui all'art. 801 c.c., avrebbe dovuto indagare e valutare se detti comportamenti fossero asseritamente ingiuriosi, alla luce dell'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.
La sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione in data 14 dicembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2024.