Un'associazione impegnata contro gli abusi e le violenze psichiatriche, può proporre opposizione contro il provvedimento di convalida del trattamento sanitario obbligatorio (TSO)?
Risponde alla domanda la Prima Sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 4000 del 13 febbraio 2024.
Il caso di specie riguardava la legittimitimaazione dell'Associazione Telefono Viola ad opporsi alla convalida di un TSO disposto dal Comune di Fano nei confronti di un uomo. Il Tribunale di Pesaro aveva inizialmente dichiarato il ricorso dell'Associazione inammissibile, per mancanza di legittimazione ad agire, un criterio confermato dalla Corte d'appello di Ancona. Quest'ultima aveva precisato che l'opposizione al TSO riguarda direttamente i diritti del destinatario del trattamento, richiedendo così un'utilità immediata ed esclusiva per quest'ultimo.
L'Associazione ricorreva in Cassazione sostenendo che, in base al proprio statuto e impegno contro gli abusi psichiatrici, avrebbe avuto un interesse proprio a contestare l'applicazione errata del TSO, invocando la tutela dei diritti ed interessi concreti e attuali.
Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, sottolineando che l'oggetto del giudizio di opposizione al TSO è la verifica dell'intervento coattivo a tutela della salute del destinatario, quindi l'interesse ad agire deve configurarsi come un'utilità per il destinatario stesso, sotto l'aspetto immediato ed esclusivo.
La normativa di riferimento, l'art. 35, comma 8, l. 833/1978, prevede che possa opporsi al TSO non solo chi vi è stato sottoposto ma anche chiunque abbia un interesse. La Corte ha chiarito che tale "interesse" deve essere interpretato come concreto e attuale, emergente da un legame diretto e personale con il paziente, al fine di garantire l'effettiva tutela della sua salute mentale.
In conclusione, la Suprema Corte esclude che le associazioni possano agire in opposizione alla convalida del TSO per tutelare interessi statutari generali, rimarcando che l'interesse qualificato deve derivare da un rapporto personale con il soggetto interessato dal trattamento.
In tema di TSO, l'art. 35, comma 8, l. 833/1978, laddove dispone che può proporre opposizione contro il provvedimento di convalida del trattamento non solo chi vi è stato sottoposto ma anche chiunque vi abbia interesse, si riferisce a colui che abbia un concreto e attuale interesse, in ragione di uno stretto e personale rapporto che lo lega direttamente al paziente, tale da far valere l'interesse di quest'ultimo al controllo dell'avvenuta corretta applicazione della misura, finalizzata alla tutela della salute mentale del soggetto che ad essa è sottoposto, in presenza delle necessarie condizioni di legge.
Pertanto, si deve escludere che un simile interesse qualificato sussista in capo ad associazioni che intendano far valere un diritto proprio a impugnare il trattamento sanitario obbligatorio perché lesivo del loro statuto, in quanto la compromissione di un simile interesse esula dall'oggetto del giudizio di opposizione alla convalida.
Cassazione civile, sez. I, ordinanza 13/02/2024 (ud. 23/01/2024) n. 4000
RILEVATO CHE:
1. Il Tribunale di Pesaro, con ordinanza in data 15 settembre 2021, dichiarava inammissibile, per difetto di legittimazione ad agire, il ricorso proposto dell'Associazione Telefono Viola avverso l'ordinanza dal giudice tutelare del Tribunale di Pesaro con cui era stata convalidata l'ordinanza del Sindaco del Comune di Fano che aveva disposto, in data 5 maggio 2021, il trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di Te.Va..
2. La Corte d'appello di Ancona, a seguito dell'impugnazione presentata dall'Associazione Telefono Viola, riteneva che l'oggetto del giudizio di opposizione alla convalida di un trattamento sanitario obbligatorio sia costituito dalla verifica sull'intervento coattivo previsto dalla legge a tutela del diritto alla salute del destinatario, venendo così in esame un rapporto i cui effetti giuridici si producono in capo a quest'ultimo, così come gli effetti modificativi o confermativi del giudizio di opposizione.
Osservava che, di conseguenza, l'interesse all'opposizione e la legittimazione ad agire per contestare il provvedimento di convalida non possono che configurarsi se non come prospettazione di un'"utilità" per il destinatario del trattamento e a tutela dei diritti dello stesso, in via immediata ed esclusiva, trattandosi di un procedimento afferente alla tutela di diritti personalissimi ed implicante l'esame e la valutazione di dati sensibili.
Reputava, di conseguenza, che la dizione "chiunque vi abbia interesse" prevista dall'art. 35, comma 8, l. 833/1978 debba rapportarsi a una simile struttura del procedimento e del rapporto, cosicché al ricorrente è dato invocare tutela rispetto alla posizione giuridica del destinatario del trattamento prefigurando legami per ragioni di parentela o assistenza, mentre va escluso un potere generalizzato di impugnazione in capo a soggetti giuridici o enti per la salvaguardia di interessi e posizioni proprie che si assumono lese.
Negava, di conseguenza, la legittimazione dell'associazione appellante ad agire in giudizio prospettando unicamente il proprio diritto di ottenere una pronuncia di nullità del trattamento sanitario obbligatorio disposto nei confronti di Te.Va. e basando la propria legittimazione sulla necessità di tutelare l'interesse statutario "contro gli abusi e le violenze psichiatriche".
3. L'Associazione Telefono Viola ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 14 luglio 2022, prospettando un articolato motivo di doglianza, al quale ha resistito con controricorso l'Azienda Sanitaria Territoriale di Pesaro e Urbino (già Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Marche Nord).
L'intimato Sindaco del Comune di Fano non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE:
4. Il motivo di ricorso proposto assume l'esistenza di una differenza fra l'espressione "e chiunque vi abbia interesse" di cui all'art. 35, comma 8, l. 833/1978 e l'espressione "chiunque" utilizzata, invece, dal precedente art. 33; la Corte d'appello, individuando nella tutela del diritto alla salute del destinatario del trattamento sanitario obbligatorio l'esclusivo diritto meritevole di tutela, avrebbe attribuito alla norma un significato che porta a riconoscere nella sola persona sottoposta al trattamento l'unico soggetto legittimato ad agire, fornendo – in tesi - un'interpretazione contraria al suo contenuto letterale e svuotandola di significato.
Sussisterebbe, invece, un interesse ad agire dell'Associazione Telefono Viola, ai sensi del combinato disposto degli artt. 100 e 81 cod. proc. civ. e 24 Cost. e quale portatrice di diritti ed interessi concreti e attuali propri, ad impugnare un trattamento sanitario obbligatorio erroneamente applicato in ragione del contenuto del suo statuto, dato che l'associazione è impegnata contro gli abusi e le violenze psichiatriche, ha un interesse proprio affinché non si verifichino trattamenti sanitari obbligatori illegittimi e otterrebbe utilità teoriche e pratiche nell'introdurre il giudizio di cui all'art. 35, comma 8, l. 833/1978.
5. Il motivo è inammissibile.
5.1 Secondo la decisione impugnata il nucleo fondante del giudizio di opposizione alla convalida di un trattamento sanitario obbligatorio, "afferente la tutela di diritti personalissimi", sta nella "verifica sull'intervento coattivo previsto dalla legge a tutela del diritto alla salute del destinatario", cosicché "l'interesse alla opposizione e la legittimazione ad agire per contestare il provvedimento non potranno configurarsi se non come prospettazione di "utilità" per il destinatario ed a tutela dei diritti dello stesso, in via immediata ed esclusiva" (pag. 7).
Alla luce di queste considerazioni la Corte distrettuale ha ritenuto che l'espressione "chiunque vi abbia interesse" contenuta all'interno dell'art. 35, comma 8, l. 833/1978 imponga che, colui che si assume legittimato, faccia riferimento, nella sua prospettazione, "alla struttura del procedimento e del rapporto" ed "alla posizione giuridica per la quale si invoca tutela", come accade per colui che prefiguri "legami per ragioni di parentela, assistenza o altro con il destinatario" e per tale ragione intenda sollecitare la verifica della legittimità del trattamento sanitario obbligatorio adottato, dovendosi, per contro, escludere la legittimazione di enti o soggetti giuridici che adducano interessi e posizioni giuridiche proprie (pag. 8).
Si tratta di un'interpretazione che intende il disposto normativo non certo nel senso di ricondurre la legittimazione all'opposizione al solo destinatario del trattamento sanitario obbligatorio, ma anche a colui che prospetti un'utilità per il medesimo ed agisca a tutela dei suoi diritti.
5.2 Il ricorso, laddove sostiene (a pag. 13) che la Corte d'appello abbia inteso affermare che l'unico soggetto legittimato ad agire sia la persona già sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio, attribuisce al provvedimento impugnato un'interpretazione che questo non ha affatto inteso fornire e fraintende, piuttosto che criticare efficacemente, il contenuto della decisione.
Il tenore della doglianza in esame risulta così inammissibile perché privo di riferibilità alla decisione impugnata, dato che pone una questione di diritto che si astrae dal contenuto del decisum piuttosto che spiegare in qual modo le reali affermazioni in diritto contenute all'interno della sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della materia.
5.3 Il ricorso, inoltre, dà conto (a pag. 14) che la Corte d'appello aveva individuato "nella sola tutela del diritto alla salute del destinatario il rapporto sostanziale del giudizio di opposizione alla convalida del TSO".
La censura, pur sostenendo che una simile affermazione non è condivisa dalla difesa, non fornisce alcuna spiegazione al riguardo e si limita a riportare la motivazione di una decisione del Tribunale di Avezzano in una causa di impugnativa di un provvedimento di convalida di un trattamento sanitario obbligatorio, affermando poi, in conclusione, che la duplice considerazione "dell'interesse dell'individuo alla salute e, dall'altro, di quello della collettività" renderebbe evidente come le argomentazioni della Corte di merito non siano condivisibili.
La strutturazione di una simile critica comporta un'ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso.
Il vizio della sentenza previsto dall'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., infatti, dev'essere dedotto, a pena d'inammissibilità del motivo, giusta la disposizione dell'art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non solo con l'indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni, intellegibili ed esaurienti, intese a dimostrare motivatamente in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, senza limitarsi a giustapporre alle argomentazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata quelle sostenute dal ricorrente; diversamente verrebbe ad essere impedito alla Corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass., Sez. U., 23745/2020, Cass. 16700/2020, Cass. 24298/2016).
La trascrizione del contenuto di una decisione di merito (soprattutto se la stessa non affronti una questione coincidente con quella in esame ma discetti su altri profili dell'istituto) non è certo utile, di per sé, a fornire specifiche argomentazioni, intellegibili ed esaurienti, capaci di illustrare le ragioni per cui la statuizione impugnata debba ritenersi in contrasto con il contenuto delle norme denunciate come violate, perché costituisce una tecnica di impugnazione che affida a questa Corte il compito di individuare quali asserzioni della pronuncia evocata si pongano in contrasto con la sentenza impugnata e le motivazioni per cui quest'ultima debba ritenersi errata.
Quanto appena detto vale, a maggior ragione, ove si consideri che l'attuale disposto dell'art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., (applicabile al caso di specie, dato che il ricorso è stato notificato dopo il 1° gennaio 2023) prescrive che il ricorso debba contenere "la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione", mentre la strutturazione della doglianza nei termini sopra riportati (oltre a non essere sintetica) si risolve in una critica generica della sentenza impugnata e in una palese negazione della regola della chiarezza.
6. La sentenza impugnata sostiene che il tenore dell'art. 35, comma 8, l. 833/1978 non riconosca un potere generalizzato di impugnazione della convalida del trattamento sanitario obbligatorio in capo a soggetti giuridici o enti per la tutela di interessi e posizioni giuridiche proprie.
La Corte ritiene di trarre spunto da una simile affermazione allo scopo di enunciare, ai sensi dell'art. 363, comma 1, cod. proc. civ., i principi di diritto che governano questa peculiare fattispecie.
6.1 Questa Corte ha avuto recentemente occasione di precisare (con l'ordinanza n. 509/2023) che il trattamento sanitario obbligatorio è un evento straordinario - finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente - che non deve essere considerato una misura di difesa sociale.
Esso può essere legittimamente disposto solo dopo aver esperito ogni iniziativa concretamente possibile — sia pur compatibilmente con le condizioni cliniche di volta in volta accertate e certificate in cui versa il paziente ed ove queste lo rendano possibile — per ottenere il consenso del paziente ad un trattamento volontario.
Si può intervenire con un trattamento sanitario obbligatorio anche a prescindere dal consenso del paziente se sono contemporaneamente presenti tre condizioni: a) l'esistenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici; b) la mancata accettazione da parte dell'infermo degli interventi terapeutici proposti; c) l'esistenza di condizioni e circostanze che non consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extra-ospedaliere.
6.2 Il trattamento sanitario obbligatorio richiede una specifica procedura, che viene attivata da parte di un medico (art. 33, comma 3, l. 833/1978), la cui proposta è convalidata da parte di un altro medico, dipendente pubblico, generalmente specialista in psichiatria (art. 34, comma 4); il provvedimento del sindaco con cui viene disposto il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro quarantotto ore dalla convalida (art. 35, comma 1), è poi notificato al giudice tutelare (entro quarantotto ore dal ricovero), che provvede (nelle successive quarantotto ore) a convalidare o meno il provvedimento, comunicandolo al sindaco (art. 35, comma 2).
La durata del provvedimento è di sette giorni, con possibilità di proroga se persistono le tre condizioni necessarie (da comunicare al sindaco ed al giudice tutelare ex art. 35, comma 4) o di cessazione se anche solo una delle condizioni viene meno (da comunicare al sindaco ed al giudice tutelare ex art. 35, comma 5).
6.3 L'art. 35, comma 8, l. 833/1978 prevede che "chi è sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare".
L'oggetto di questo giudizio di opposizione "contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare" è costituito, come rende evidente la collocazione della norma in esame all'interno di un articolo che regola le modalità di disposizione del trattamento sanitario obbligatorio, dalla verifica del fatto che la misura sia stata disposta in presenza di tutte le condizioni indispensabili per la sua adozione e nel rispetto dei tempi previsti.
Se il giudizio di opposizione è volto a una simile verifica, allora la locuzione utilizzata dal legislatore ("e chiunque vi abbia interesse") deve essere intesa come funzionale a un controllo della legittimità dell'imposizione delle limitazioni conseguenti all'applicazione della misura (in una situazione in cui "l'ospedalizzazione in regime di trattamento sanitario obbligatorio per un disturbo mentale costituisce un evento intriso di problematicità, essendo associato ad una presumibile condizione di incapacità del paziente a prestare un valido consenso"; cfr. Cass. 509/2023, par. 5.2), onde evitare ogni abuso.
Si tratta, dunque, di una norma di ausilio, al paziente in situazione di difficoltà, con cui si vuole consentire, anche se la persona interessata si trovi in uno stato di eventuale incapacità e attraverso l'intervento di soggetti a lui vicini, l'espletamento di un controllo effettivo sul ricorrere delle condizioni per l'applicazione della misura restrittiva in discorso.
È così prevista una sostituzione processuale perché chiunque abbia un interesse concreto e attuale, derivante da uno stretto e personale legame con il paziente, tale da giustificare un intervento in suo ausilio, possa proporre opposizione alla convalida sollecitando una puntuale verifica delle condizioni applicative del disposto trattamento sanitario obbligatorio.
La norma, essendo ricollegata a una vicenda personale e al diritto alla salute del soggetto coinvolto, non riconosce, invece, un interesse diffuso, a prescindere da un legame diretto con il paziente, ad opporsi alla convalida in capo a chiunque intenda contestare ad altri fini l'applicazione del trattamento sanitario obbligatorio.
Tanto meno la norma deve essere intesa in un senso che stravolgerebbe l'oggetto del giudizio di opposizione (perché – come si è detto – esso è volto a verificate la legittima applicazione di uno specifico trattamento sanitario obbligatorio), dandogli un'ampiezza che non ha, come succederebbe nel caso in cui si ritenesse che sia legittimata a proporre opposizione anche una singola associazione affinché si verifichi se la singola fattispecie abbia violato i suoi interessi statutari (siano essi di carattere generale o consistano nell'autoattribuzione di un diritto alla tutela della salute altrui).
Nell'interesse della legge, dunque, deve essere fissato il seguente principio: In tema di TSO, l'art. 35, comma 8, l. 833/1978, laddove dispone che può proporre opposizione contro il provvedimento di convalida del trattamento non solo chi vi è stato sottoposto ma anche chiunque vi abbia interesse, si riferisce a colui che abbia un concreto e attuale interesse, in ragione di uno stretto e personale rapporto che lo lega direttamente al paziente, tale da far valere l'interesse di quest'ultimo al controllo dell'avvenuta corretta applicazione della misura, finalizzata alla tutela della salute mentale del soggetto che ad essa è sottoposto, in presenza delle necessarie condizioni di legge.
Pertanto, si deve escludere che un simile interesse qualificato sussista in capo ad associazioni che intendano far valere un diritto proprio a impugnare il trattamento sanitario obbligatorio perché lesivo del loro statuto, in quanto la compromissione di un simile interesse esula dall'oggetto del giudizio di opposizione alla convalida.
7. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso ed enuncia, ai sensi dell'art. 363 c.p.c., il principio di diritto di cui in motivazione; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/2003.
Così deciso in Roma in data 23 gennaio 2024.
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2024.