L'onere di provare, ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'esistenza di una clausola invalida sugli interessi ultralegali, dedotti dall'attore in ripetizione d'indebito contro la banca come previsti in modo indeterminato secondo gli "usi di piazza", non grava sulla banca, cui non può essere imputato il mancato deposito del contratto scritto contenente la predetta clausola, ma sull'attore, quale fatto costitutivo della sua pretesa integrato dalla mancanza della causa debendi, che può essere assolto non soltanto con la produzione del contratto bancario, ma anche dimostrando l'esistenza e il contenuto della clausola mediante altri mezzi di prova.
Vedi anche:
Cassazione civile, sez. I, ordinanza 29/02/2024 (ud. 22/02/2024) n. 5369
FATTI DI CAUSA
È proposto dalla Banca del Fucino Spa ricorso, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della Corte d'appello dell'Aquila dell'11 ottobre 2019, che, in riforma parziale della decisione di primo grado, ha condannato la banca al pagamento della somma di Euro 538.293,87, oltre interessi legali dalla domanda, a titolo di ripetizione delle somme indebitamente versate dalla Casa di Cura Privata Di.Lo. Spa con riguardo al contratto di conto corrente, concluso fra le parti nel 1982 e chiuso nel 2005.
La società intimata ha depositato controricorso.
Le parti hanno depositato la memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi deducono:
1) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2697 c.c., perché la corte territoriale ha ritenuto provato l'indebito, nonostante la mancata produzione ad opera della correntista della intera serie degli estratti conto, invece necessaria a dimostrazione dei rapporti dare-avere tra le parti;
2) la violazione e falsa applicazione ancora degli artt. 2033 e 2697 c.c., perché la corte territoriale ha errato nel ritenere la banca onerata della produzione del contratto di conto corrente, nonostante sia stata la cliente ad avere agito per la ripetizione di quanto versato in esecuzione di clausola negoziale che prevedeva, nell'assunto della cliente stessa, gli interessi nella misura "uso piazza", onde era onere di questa provare l'invalida pattuizione nel contratto, la cui conclusione per iscritto non era mai stata posta in dubbio;
3) la violazione e falsa applicazione dell'art. 117, comma 7, t.u.b., c.p.c., perché la corte territoriale avrebbe dovuto, in ogni caso, non applicare gli interessi nella misura legale, ma in quella prevista dalla disposizione richiamata, quale tasso sostitutivo, come doveva chiedere al c.t.u. di ricalcolare.
2. – Il primo motivo è inammissibile, ai sensi dell'art. 360-bis, comma 1, n. 1, c.p.c.
La corte d'appello ha rilevato che la correntista ha prodotto gli estratti conto dal 1988 alla chiusura del contratto ed ha ritenuto corretto partire dal credito a favore della banca, come risultante dal primo estratto, in quanto ammesso dalla cliente.
In tal modo, essa ha seguito il principio, più volte affermato in sede di legittimità, secondo cui, a fronte della produzione non integrale degli estratti conto, è possibile, per il giudice del merito, ricostruire i saldi attraverso altri elementi di prova (Cass. 2 maggio 2019, n. 11543; Cass. 4 aprile 2019, n. 9526), in particolare potendo il giudice, per far fronte alla necessità di elaborazione di dati incompleti, avvalersi di un consulente tecnico d'ufficio, essendo consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto comunque emergente dai documenti prodotti in giudizio (Cass. 1° giugno 2018, n. 14074, ove il richiamo a Cass. 15 marzo 2016, n. 5091; nel medesimo senso anche, fra le molte, Cass. 3 dicembre 2018, n. 31187; Cass. 19 maggio 2020, n. 9140).
Si è ancora precisato come, qualora il correntista depositi solo alcuni degli estratti, da un lato non adempie al suo onere, per la parte di rapporto non documentata, ma, dall'altro lato, tale omissione non costituisce fatto impediente l'accertamento giudiziale del dare-avere fra le parti, a partire dal primo saldo dal cliente documentalmente riscontrato (Cass. 7 dicembre 2022, n. 35979).
In tal caso, ove il correntista, agendo in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca, ometta di depositare tutti gli estratti conto periodici e non sia possibile accertare l'andamento del conto mediante altri strumenti rappresentativi delle movimentazioni, va assunto, come dato di partenza per il ricalcolo, il saldo iniziale a debito, risultante dal primo estratto conto disponibile o da quelli intermedi dopo intervalli non coperti, che, nel quadro delle risultanze, è il dato più sfavorevole al cliente, sul quale si ripercuote tale incompletezza, in quanto gravato dall'onere della prova degli indebiti pagamenti (cfr., nella motivazione, Cass. 6 novembre 2023, n. 30789; Cass. 15 maggio 2023, n. 13231; Cass. 27 dicembre 2022, n. 37800; Cass. 21 dicembre 2020, n. 29190).
Non vi è dunque ragione per negare che il ricalcolo del dare-avere, depurato degli illegittimi addebiti dedotti dall'attore, possa partire dal primo saldo degli estratti conto acquisiti in giudizio.
Restano, naturalmente, a carico dell'attore le conseguenze negative della eventuale produzione non integrale (ossia non riferita all'intera durata del rapporto di conto corrente) degli estratti, ma solo nel senso che, per il periodo non coperto dalla produzione, mancherà la prova degli illegittimi addebiti, il cui ammontare non potrà dunque essere dedotto dal dovuto come indicato dalla banca nel primo degli estratti stessi; non potrà invece farsi scaturire da tale mancata produzione l'integrale rigetto della domanda, come invece preteso dal motivo.
3. – Il secondo motivo è fondato.
La corte territoriale ha ritenuto che, non essendo stato prodotto dalla banca il contratto di conto corrente redatto per iscritto, la cui clausola sugli interessi "uso piazza" la correntista aveva dedotto essere nulla, la clausola dovesse ritenersi senz'altro esistente ed invalida, con la conseguente espunzione dell'interesse applicato e il necessario calcolo dei meri interessi legali.
Tale ragionamento vìola le regole sull'onere della prova, dal momento che compete all'attore, che agisca per la ripetizione dell'indebito, compete l'onere di provare l'invalida causa debendi, regola che non trova deroga, in particolare, allorché l'assunto concerna l'esistenza della clausola di determinazione degli interessi ultralegali "uso piazza". Ed invero, spetta al correntista l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto fatto valere, e, quindi, anche l'illegittimità delle clausole di applicazione degli interessi ultralegali, che non è assolto – in mancanza di ogni altra prova – se non siano stati versati in atti i contratti bancari, che il correntista ha facoltà di richiedere ed acquisire con lo strumento all'uopo previsto dall'art. 119, comma 4, t.u.b.
Questa Corte ha precisato che, in tema di conto corrente bancario, ove il cliente agisca per la restituzione degli importi illegittimamente addebitatigli sulla base di clausole contrattuali nulle, grava sull'attore l'onere di fornire la prova dell'inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati, mediante la produzione del contratto contenente le predette clausole, non potendo egli invocare il principio di vicinanza della prova al fine di trasferire detto onere a carico della banca, dal momento che tale principio non opera quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione (cfr. Cass. 29 agosto 2023, n. 25417; Cass. 7 dicembre 2022, n. 35979; Cass. 19 gennaio 2022, n. 1550; Cass. 31 dicembre 2019, n. 33009; v., altresì, Cass. 21 settembre 2023, n. 27018).
A tali principî, costituenti ius receptum nella giurisprudenza di legittimità, non si è correttamente attenuta la sentenza impugnata, la quale non ha correttamente applicato la regola di giudizio enunciata dall'art. 2697 c.c., allorché ha individuato nella banca la parte gravata dell'onere della prova dei fatti costitutivi della domanda, ponendo a carico dell'istituto la dimostrazione dell'esistenza del contratto di conto corrente, contenente una valida clausola di determinazione degli interessi ultralegali.
A ciò si aggiunga che nessun rilievo può assumere, in proposito, l'obbligo della banca di conservare la documentazione relativa al contratto di conto corrente, dal momento che lo stesso, oltre a non estendersi alle operazioni compiute nel periodo anteriore agli ultimi dieci anni, ai sensi dell'art. 119 del D.Lgs. n. 385 del 1993, non esclude l'operatività del generale onere di conservazione della documentazione rappresentativa dei propri diritti, il quale, però, gravando in modo indifferenziato su tutte le parti del rapporto, non può essere fatto valere, come pretenderebbe la ricorrente, al fine di trasferire sulla controparte l'onere di fornire la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della propria pretesa (cfr. Cass. 29 agosto 2023, n. 25417; Cass. 29 novembre 2022, n. 35039).
Peraltro, la produzione del contratto scritto, contenente la clausola sospettata di indeterminatezza, non è il solo mezzo di prova consentito al correntista attore in ripetizione d'indebito.
Questa Corte ha già chiarito che la produzione del contratto posto a base del rapporto bancario è, a tal fine, non indispensabile, perché anche altri mezzi di prova possono valere allo scopo di dimostrare l'assenza dei fatti costitutivi del debito dell'attore (Cass. 19 gennaio 2022, n. 1550): l'ordinanza appena ricordata menziona le presunzioni, gli argomenti di prova ricavabili dal comportamento processuale della controparte, ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c. e il giuramento.
In termini generali non si dubita che anche con altri mezzi di prova, quali le presunzioni o gli argomenti di prova ricavabili dal comportamento processuale della controparte, valorizzabile ai sensi dell'art. 116 c.p.c., sia possibile raggiungere lo scopo di dimostrare l'assenza dei fatti costitutivi del diritto azionato (Cass. n. 1550/2022, n. 33874/2022, n. 35258/2022).
La non indispensabilità riposa, appunto, nell'evenienza che con altri mezzi di prova sia possibile affermare che è dimostrato il contenuto delle pattuizioni, e di conseguenza la loro invalidità ai fini della insussistenza del presupposto costitutivo del debito (cfr. Cass. 29 novembre 2023, n. 33159; Cass. 4 aprile 2023, n. 9295; Cass. 3 aprile 2023, n. 9213).
4. – Il terzo motivo è infondato, per il condivisibile principio, già affermato dalla S.C., secondo cui la disposizione di cui all'art. 117, comma 7, t.u.b., che determina il tasso sostitutivo in ipotesi di tassi ultralegali, non è retroattiva, onde la disciplina ivi prescritta non si estende ai contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della detta norma (Cass. 24 novembre 2022, n. 34600).
5. – In accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata innanzi alla Corte d'appello dell'Aquila, in diversa composizione, perché, in applicazione del principio di séguito enunciato, rivaluti il materiale istruttorio in atti, al fine della decisione sul primo motivo di appello.
Si enuncia il seguente principio di diritto:
"L'onere di provare, ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'esistenza di una clausola invalida sugli interessi ultralegali, dedotti dall'attore in ripetizione d'indebito contro la banca come previsti in modo indeterminato secondo gli "usi di piazza", non grava sulla banca, cui non può essere imputato il mancato deposito del contratto scritto contenente la predetta clausola, ma sull'attore, quale fatto costitutivo della sua pretesa integrato dalla mancanza della causa debendi, che può essere assolto non soltanto con la produzione del contratto bancario, ma anche dimostrando l'esistenza e il contenuto della clausola mediante altri mezzi di prova".
Alla corte del merito si demanda la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il primo e respinge il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d'appello dell'Aquila, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio il 22 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 29 febbraio 2024.