Il difensore d'ufficio ha diritto al compenso per l'attività svolta nella fase introduttiva?
La Cassazione, sezione II civile, con l'ordinanza n. 5807 del 5 marzo 2024, risponde affermativamente.
Il caso di specie riguarda un'avvocata che aveva chiesto la liquidazione dei compensi per l'attività svolta nel corso di un processo penale, in cui era stata nominata difensore d'ufficio. La sua partecipazione includeva assistenza in due udienze specifiche, con particolare attenzione alla notifica del verbale ai querelanti e alla gestione delle remissioni della querela.
Nonostante il magistrato procedente avesse riconosciuto una parte dei compensi, basandosi sullo studio e sulla fase decisoria del processo e liquidando un totale di €650, l'avvocata aveva contestato questa valutazione. La sua opposizione era diretta alla richiesta di un ulteriore compenso per le fasi introduttiva e istruttoria dibattimentale, che non erano state considerate nel calcolo iniziale.
La Cassazione, investita della vicenda, stabilisce che anche la fase introduttiva deve essere adeguatamente remunerata.
Tale conclusione, secondo la Corte, si evince dalla esemplificazione degli atti contenuta nel comma 3 dell'art. 12 del d.m. 55/2014 ("gli atti introduttivi quali esposti, denunce, querele, istanze, richieste, dichiarazioni, opposizioni, ricorsi, impugnazioni, memorie, intervento del responsabile civile e la citazione del responsabile civile").
Per quanto riguarda la fase istruttoria, la Cassazione precisa che, sebbene quest'ultima comprenda attività importanti per la raccolta e formazione delle prove, non era pertinente al caso specifico, terminato con una pronuncia di non luogo a procedere.
Cassazione civile sez. II, ordinanza 05/03/2024 (ud. 19/10/2023) n. 5807
PREMESSO CHE
1. L'avvocata Tr.Ma. ha presentato istanza di liquidazione in proprio favore dei compensi per l'attività prestata in un processo penale. La ricorrente ha dedotto di essere stata nominata difensore d'ufficio e di avere assistito l'imputato partecipando a due udienze, nella prima delle quali era stato chiesto che si procedesse alla notifica del verbale ai querelanti, con l'avvertimento che, non comparendo all'udienza successiva, il loro comportamento sarebbe stato valutato quale remissione tacita della querela e nella seconda delle quali, preso atto della intervenuta remissione espressa da parte di un querelante e dell'assenza non giustificata dell'altro querelante, si procedeva alla discussione e alla contestuale lettura del dispositivo, con pronuncia di non doversi procedere per venire meno della condizione di procedibilità. Il magistrato procedente ha liquidato le spettanze, riconoscendo i compensi inerenti alla fase di studio, pari ad Euro 300, e alla fase decisoria, pari ad Euro 675, ridotti di 1/3 ex art. 106-bis del d.P.R. n. 115/2002, così condannando il Ministero della giustizia a pagare la complessiva somma di Euro 650. Tr.Ma. ha proposto opposizione al decreto e ha chiesto la liquidazione degli ulteriori compensi relativi alla fase introduttiva e a quella istruttoria, nella misura di Euro 360 per la fase introduttiva ed Euro 540 per la fase istruttoria dibattimentale, con la riduzione di 1/3, oltre al rimborso forfettario degli accessori previsti dalla legge e ad Euro 4,26 per spese vive.
Con ordinanza depositata il 15 settembre 2020, il Tribunale di Venezia ha ritenuto che la quantificazione delle spettanze fosse stata fatta "nel rispetto dei principi di legge e dei parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014". In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la mancata liquidazione della fase introduttiva e di quella istruttoria fosse condivisibile, considerata la durata del procedimento e dell'impegno professionale, che il magistrato procedente non si era discostato in maniera apprezzabile dai parametri medi e che comunque l'attività professionale si era di fatto concretizzata in due sole udienze, nelle quali non erano state assunte prove testimoniali, né tantomeno erano stati compiuti atti introduttivi del giudizio, avendo l'attività svolta natura meramente interlocutoria e dunque riconducibile nell'alveo della fase decisionale; ha poi considerato che le istanze inoltrate al Comune di Chioggia per avere notizie sulle residenza del proprio assistito erano state presentate dall'avvocata a ridosso dell'ultima udienza; ha reputato infine che la censura relativa alla mancata liquidazione "della irrisoria somma pari ad Euro 4,26", ancorché documentata, non potesse trovare accoglimento a fronte della sua esiguità.
2. Avverso l'ordinanza Tr.Ma. ricorre per cassazione.
L'intimato Ministero della giustizia non ha proposto difese.
CONSIDERATO CHE
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
1. Il primo motivo contesta "violazione delle norme che informano la quantificazione del compenso del difensore, motivazione insufficiente e contraddittoria, omessa motivazione": il giudice non ha acquisito il fascicolo, anche della Procura, relativo al procedimento penale, né ha chiesto i documenti e le informazioni necessarie; una visione del fascicolo avrebbe consentito di apprezzare la quantità e la qualità del lavoro difensivo svolto, con particolare riferimento alla complessità del procedimento di ricerca dell'imputato e alla confusa formulazione dell'imputazione, violando così l'art. 15, comma 5 del D.Lgs. n. 150 del 2011, che prevede un vero e proprio dovere del giudice dell'opposizione di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione; la fase introduttiva deve comunque essere riconosciuta quando la difesa dell'imputato deve esaminare gli atti introduttivi del giudizio, che consistono non solo nella notificazione dell'atto di citazione, ma anche nella costituzione del fascicolo per il dibattimento e nell'esame della lista testimoniale, l'istruttoria poi non è solo quella orale, ma anche quella documentale e comunque erano stati acquisiti gli atti introduttivi del giudizio.
Il motivo è fondato là dove lamenta il mancato riconoscimento dei compensi relativi alla fase introduttiva. Dalla esemplificazione degli atti contenuta nel comma 3 dell'art. 12 del d.m. 55/2014 ("gli atti introduttivi quali esposti, denunce, querele, istanze, richieste, dichiarazioni, opposizioni, ricorsi, impugnazioni, memorie, intervento del responsabile civile e la citazione del responsabile civile") si evince infatti che spetta alla ricorrente il compenso per la fase introduttiva. Non può invece essere riconosciuto alcun compenso per la fase istruttoria. La fase istruttoria, sempre secondo quanto dispone il citato comma 3 dell'art. 12, comprende le "attività istruttorie procedimentali o processuali anche preliminari, rese anche in udienze pubbliche o in camera di consiglio, che sono funzionali alla ricerca di mezzi di prova, alla formazione della prova, comprese liste, citazioni e le relative notificazioni, l'esame dei consulenti, testimoni, indagati o imputati di reato connesso o collegato" e tali attività, comunque funzionali alla ricerca e alla formazione delle prove, non sono state svolte in relazione al processo, chiuso con pronuncia di non luogo a procedere, della cui attività difensiva si discute.
2. Il secondo motivo denuncia "violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2, comma 2 del d.m. n. 55 del 2014, motivazione apparente e comunque contraddittoria": il giudice ha rifiutato anche la liquidazione delle spese vive pur dando atto che le stesse erano documentate, né l'esiguità di un importo può essere di per sé motivo di rifiuto del rimborso, non trovando tale assunto alcun fondamento nel nostro ordinamento giuridico.
Il motivo è fondato. Il Tribunale di Venezia non ha riconosciuto il pagamento di spese vive delle quali ha dato atto che erano state documentate, così ponendo in essere affermazioni tra loro in contrasto irriducibile (v. al riguardo Cass., sez. un., n. 8038/2018).
II. L'ordinanza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti e la causa deve essere rinviata al Tribunale di Venezia, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, nei limiti di cui in motivazione, e il secondo motivo del ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 19 ottobre 2023.
Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2024.