I balconi devono essere inclusi nel calcolo delle distanze legali tra edifici, mentre elementi come mensole, cornicionI e canalizzazioni di gronda, che hanno solo funzione ornamentale, sono esclusi.
Lo ha ribadito la Cassazione con l'ordinanza n. 7604 del 21 marzo 2024.
Nel caso di specie, il proprietario di un appartamento al quarto piano di un edificio ha citato una società di costruzioni, per aver costruito un complesso edilizio in violazione delle distanze legali e in difformità del progetto edilizio approvato. L'attore ha chiesto che la società fosse condannata al ripristino dei luoghi. Tuttavia, la società ha sostenuto che le costruzioni non potevano considerarsi frontiste a causa della presenza di un manufatto interposto e che, comunque, la distanza tra gli edifici era di 14 metri. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello respingono la domanda del condomino che quindi ricorre in Cassazione.
La Cassazione acoglie il ricorso ricordando che l'art. 10 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 richiede una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate, riconoscendo così il diritto di ciascun condomino a contestare costruzioni che violano questa distanza.
In particolare secondo la Corte le misurazioni eseguite dal consulente tecnico d'ufficio (c.t.u.) erano erronee, poiché non consideravano tutto il fronte dei fabbricati, ma solo le parti prospicienti le pareti finestrate dell'appartamento del ricorrente, conflieggendo con il principio secondo cui "le distanze si misurano in relazione a ciascun punto dei fabbricati".
La Corte d'appello aveva inoltre errato nel ritenere che lo "sbalzo tamponato" sul lastrico solare del fabbricato della controparte non dovesse essere conteggiato per il calcolo delle distanze, poiché la lunghezza dello sporto era moderata.
I giudici di legittimità hanno confermato che solo gli sporti con funzione meramente ornamentale sono esclusi dal calcolo delle distanze, mentre elementi come balconi e sporgenze con proporzioni significative devono essere inclusi.
La Corte ha pertanto annullato la decisione della Corte d'appello e ha rinviato il caso per un nuovo esame.
Cassazione civile, sez. II, ordinanza 21/03/2024 (ud. 23/01/2024) n. 7604
OSSERVA
1. At.Go., proprietario di un appartamento sito al quarto piano di un fabbricato, lamentando che la SO.CO.MER Srl aveva edificato un complesso edilizio in violazione delle distanze legali tra costruzioni e in difformità dell'approvato progetto edilizio, chiese che la convenuta società fosse condannata al ripristino dei luoghi.
La controparte, costituitasi, eccepì che le due costruzioni non potevano considerarsi frontiste e confinanti, per la sussistenza di un manufatto interposto e che, comunque, in relazione alla parte della nuova costruzione direttamente prospiciente l'appartamento dell'attore era stata assicurata la distanza di 14 metri.
Il Tribunale di Reggio Calabria rigettò la domanda.
La Corte d'appello di Reggio Calabria disattese l'impugnazione del At.Go.
2. At.Go. propone ricorso sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
La controparte è rimasta intimata.
3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., con ricaduta di violazione e falsa applicazione degli artt. 9 d.m. n. 1444/1968, 8 e 10 norme tecniche di attuazione del regolamento edilizio del Comune di Reggio Calabria.
Si rileva che le misurazioni effettuate dal c.t.u. erano erronee, poiché eseguite non in relazione a tutto il fronte dei fabbricati, ma solo rispetto "alle parti prospicienti le pareti finestrate dell'appartamento" del ricorrente. Era, così rimasto frustrato il principio secondo il quale "le distanze si misurano in relazione a ciascun punto dei fabbricati".
La questione era stata posta al Giudice d'appello, che non l'aveva esaminata, incorrendo in omessa pronuncia.
4. La doglianza è fondata.
Invero, questa Corte ha avuto modo di chiarire che la norma dell'art. 10 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, la quale prescrive che tra pareti finestrate deve essere osservata la distanza di dieci metri, ha inteso indicare una caratteristica del fabbricato, nel senso che quando questo presenta una facciata munita di finestre, il vicino non può costruire a meno di dieci metri da essa. Conseguentemente, ciascun condomino e non i soli proprietari degli appartamenti con vedute site lungo la facciata interessata, è legittimato a esperire l'Azione per fare valere il rispetto, da parte del vicino, della detta distanza, in quanto tale Azione è posta a tutela dell'intero edificio (Sez. 2, n. 1387, 05/03/1986, Rv. 444809).
Incontroverso che le norme tecniche d'attuazione dello strumento urbanistico di Reggio Calabria prevedono la distanza di quattordici metri, essa avrebbe dovuto essere misurata con il criterio immediatamente sopra richiamato, correttamente invocato dal At.Go. con l'atto d'appello. La Corte di merito non svolto tale indagine e pertanto la sentenza deve essere cassata.
5. Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 115 cod. proc. civ., con ricaduta di violazione degli artt. 9 d.m. n. 1444/1968 8 e 19 delle norme tecniche di attuazione del regolamento edilizio comunale, anche in relazione al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ.
La sentenza d'appello aveva affermato che lo "sbalzo tamponato" ubicato sul lastrico solare del fabbricato della controparte non poteva reputarsi riconducibile alla norme tecniche d'attuazione, le quali si riferivano ad "ambienti a sbalzo, cioè aggettanti e che inoltre risultino tamponati da tutti i lati chiusi" e poiché la lunghezza dello sporto era moderata, l'elemento architettonico in esame non doveva essere considerato ai fini del calcolo delle distanze.
Secondo il ricorrente trattavasi di assunto erroneo, alla luce di quanto previsto dal predetto art. 8, il quale disponeva: "la distanza non viene computata da gronde e balconi aperti che non superano mt 1,50 massimo di sporto ma soltanto da pareti e sbalzi tamponati", tenendo conto che, dagli accertamenti svolti si trattava di uno sbalzo tamponato di 2,20 metri, che non consentiva affaccio alcuno. Quindi, trattandosi di un "elemento di sagoma del fabbricato", avrebbe dovuto essere calcolato.
Da qui, conclude il ricorrente, doveva trarsi "la manifesta violazione dei criteri di valutazione degli elementi istruttori da parte della Corte d'appello" e nonostante le specifiche contestazioni dell'appellante, la sentenza si era limitata a confermare le conclusioni del c.t.u.
6. Anche il secondo motivo, al di là dell'impropria evocazione dell'art. 115 cod. proc. civ. (sul punto basti ricordare, sia pure, in breve, la giurisprudenza di questa Corte: ex multis, Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299, Cass. n. 20867, 30/09/2020, Cass. n. 16016/2021), merita di essere accolto.
Come costantemente affermato da questa Corte, sono esclusi dal calcolo delle distanze solo gli sporti con funzione meramente ornamentale, di rifinitura o accessoria (come le mensole, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili), non anche le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza, specie ove la normativa locale non preveda un diverso regime giuridico per le costruzioni accessorie (Cass. n. 473/2019; Cass. 19932/2017; Cass. 18282/2016; Cass. 859/2016; Cass. 1406/2013; cass. 23845/2018).
Inoltre, è noto che a nozione di costruzione è unica, ai sensi dell'art. 873 c.c., e non può subire deroghe da parte di fonti secondarie, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, atteso che il rinvio a norme integrative contenuto nell'ultima parte dell'art. 873 c.c. riguarda la sola possibilità, per tali norme, di stabilire un distacco maggiore di quello codicistico (v. tra le varie cass. 23845/2018 cit.).
Si rende pertanto necessario nuovo esame.
7. L'accoglimento dei primi due motivi importa la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, perché il giudice si adegui ai principi di diritto sopra riportati, e, di conseguenza, l'assorbimento del terzo motivo concernente la regolamentazione delle spese.
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione agli accolti motivi e rinvia, anche per la statuizione sul capo delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Reggio Calabria, diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio del 23 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2024.