I provvedimenti giudiziali che, a conclusione del giudizio di revisione delle condizioni di affidamento statuiscono sulle modalità di frequentazione e visita dei figli minori, sono ricorribili per cassazione?
La risposta arriva dalla Prima Sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 9442 depositata il 9 aprile 2024.
Nel caso di specie un padre si rivolge al Tribunale di Verona, richiedendo una modifica delle condizioni di divorzio precedentemente stabilite, inclusa una riduzione del contributo di mantenimento e la rimozione delle restrizioni al pernottamento del figlio, a causa delle sue condizioni di salute legate all'epilessia.
Il Tribunale, previo espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, accoglie il ricorso del padre. La madre propone reclamo e successivamente ricorso per cassazione.
Il padre, con controricorso, oltre ad eccepire l'inammissibilità del ricorso rilevando il difetto di specificità e chiarezza dei motivi, deduce che il provvedimento sarebbe non impugnabile per cassazione, in quanto il petitum attiene alle sole modalità di frequentazione padre-figlio (diritto di visita).
La Corte Suprema, tuttavia, dichiara tale eccezioneinfondata.
La pronuncia ricorda che è ormai superato il precendente orientamento precedente della Corte, che considerava non ricorribili per cassazione i provvedimenti che incidono esclusivamente sui tempi di visita per difetto di definitività e decisorietà (v. ad es., Cass. n. 33612/2021).
Il nuovo indirizzo pone l'accento sulla sostanza del provvedimento: ciò che occorre verificare è se questo possa ledere diritti soggettivi fondamentali, come il diritto alla vita familiare, garantito dall'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU).
Il Collegio ha quindi chiarito che i provvedimenti che limitano significativamente la frequentazione possono violare il diritto alla bigenitorialità, che prevede la presenza attiva di entrambi i genitori nella vita del minore. Questo è cruciale per assicurare una crescita equilibrata del figlio, nel rispetto delle sue esigenze affettive e educative.
Inoltre, secondo la Corte di Strasburgo, eventuali restrizioni all'affidamento devono essere attentamente valutate per non interrompere il rapporto genitore-figlio. La Corte EDU ha sottolineato l'importanza di misure che assicurino contatti adeguati e frequenti tra i figli e il genitore non convivente, proprio per evitare danni irreversibili a questa relazione fondamentale.
In conclusione, la sentenza stabilisce che i provvedimenti che regolano i tempi di frequentazione, qualora impongano restrizioni che possono protrarsi nel tempo e ledere il diritto alla vita familiare, sono ricorribili per cassazione. Questo principio è essenziale per proteggere il benessere dei minori e il loro diritto a mantenere una relazione stabile e continua con entrambi i genitori, anche in caso di separazione.
In tema di bigenitorilalità, i provvedimenti giudiziali che, a conclusione del giudizio di revisione delle condizioni di affidamento statuiscono - in via esclusiva o aggiuntiva - sulle modalità di frequentazione e visita dei figli minori, sono ricorribili per cassazione ove impongano restrizioni suscettibili di ledere, nel loro protrarsi nel tempo, il diritto fondamentale alla vita familiare sancito dall'art. 8 CEDU. Infatti, i tempi di permanenza dei minori presso il genitore non convivente devono di regola comprendere tutti i momenti della vita quotidiana del minore, anche se in misura proporzionalmente ridotta rispetto ai tempi di convivenza con l'altro genitore, e in essi vanno compresi i pernottamenti - salvo che si evidenzi uno specifico e attuale pregiudizio per il minore - in modo da consentire al genitore non convivente con il figlio di svolgere pienamente le sue funzioni di cura, educazione, istruzione, assistenza materiale e morale, in conformità alle condizioni del provvedimento di affidamento.
Cassazione civile, sez. I, sentenza 09/04/2024 (ud. 15/02/2024) n. 9442
FATTI DI CAUSA
Ma.Er. ha adito il Tribunale di Verona, chiedendo la modifica delle condizioni di divorzio (sentenza del 24 febbraio 2020 del Tribunale di Ginevra) e del precedente accordo di separazione del 27 gennaio 2017, con la riduzione del contributo dovuto per il mantenimento del figlio Ma.Ca., nato il 10 luglio 2011 e con l'elisione delle restrizioni inerenti il pernottamento, già adottate in ragione delle condizioni di salute del minore (epilessia). Il Tribunale, previo espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, ha accolto il ricorso, ampliando il diritto di visita ai pernottamenti e riducendo il contributo dovuto per il mantenimento del figlio. La madre ha proposto reclamo, deducendo che il padre è inadeguato alle funzioni di cura. La Corte, in parziale accoglimento del reclamo, ha previsto che il pernottamento del minore presso il padre venga introdotto con gradualità, a far data dal mese di luglio 2024 e cioè da quando, secondo la cartella clinica, la sua patologia sarà in fase di regresso, ritenendo non consigliabile al momento inserire elementi di novità nella sua routine in quanto potenzialmente stressanti.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la madre del minore affidandosi a sette motivi; il padre ha svolto difese con controricorso. Le parti hanno depositato memorie e alla pubblica udienza del 15 febbraio 2024 hanno discusso e concluso come in atti.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Preliminarmente, sulla eccezione di inammissibilità del ricorso.
Il controricorrente eccepisce l'inammissibilità del ricorso rilevando il difetto di specificità e chiarezza dei motivi di cui stigmatizza la ripetitività e la sovrapponibilità e la mancata localizzazione dei documenti a cui il ricorso fa riferimento, ma anche deducendo che il provvedimento sarebbe non impugnabile per cassazione, in quanto il petitum attiene alle sole modalità di frequentazione padre-figlio (diritto di visita).
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni orali, si è espresso invece per la ammissibilità del ricorso, in ragione del diritto inciso, pur ritenendolo infondato nel merito.
2.- L'eccezione è infondata.
In passato, questa Corte si è espressa nel senso che i provvedimenti che riguardano solo il diritto di vista o i tempi di permanenza non sono ricorribili per cassazione per difetto di definitività e decisorietà (v. ad es. Cass. n. 33612/2021 e Cass. 33609/2021); si tratta però di un arresto sul quale si è innestata una successiva riflessione, orientata a valorizzare il criterio contenutistico, il quale impone di verificare su quale posizione giuridica incida in concreto il provvedimento, e segnatamente se si tratti di diritti soggettivi fondamentali che potrebbero essere irrimediabilmente pregiudicati dagli effetti della decisione.
2.1.- Si è così affermato, superando il precedente orientamento, peraltro non univoco, che i provvedimenti giudiziali che statuiscono sulle modalità di frequentazione e visita dei figli minori sono ricorribili per cassazione nella misura in cui il diniego si risolva nella negazione della tutela giurisdizionale a un diritto fondamentale, quello alla vita familiare, sancito dall'art. 8 CEDU, suscettibile di essere leso da quelle statuizioni che, adottate in materia di frequentazione e visita del minore, risultino a tal punto limitative ed in contrasto con il tipo di affidamento scelto, da violare il diritto alla bigenitorialità, inteso quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantire a quest'ultimo una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell'assistenza, educazione e istruzione della prole il cui rispetto deve essere sempre assicurato nell'interesse del minore (Cass. n. 332 del 05/01/2024; Cass. n.32013 del 17/11/2023; Cass. n. 4796 del 14/02/2022; Cass. n. 9764 dell'08/04/2019). A questo orientamento il Collegio intende dare continuità, con la precisazione che il principio si applica, nel rito ratione temporis vigente, quando il provvedimento, come nel caso di specie, sia adottato a conclusione del giudizio, posto che la scelta del legislatore di consentire la impugnabilità anche dei provvedimenti provvisori, come stabilito dall'art 473-bis.24 c.p.c., è norma innovativa, non suscettibile di applicazione anticipata né di orientare in senso convergente l'interpretazione della legge previgente (Cass. sez. un. 22423/2023).
2.2.- La locuzione "diritto di visita", non indica un diritto soggettivo autonomo rispetto al diritto alla relazione familiare, ma è piuttosto una modalità di concreto esercizio del diritto stesso, in quanto attribuisce al genitore non convivente con il minore uno spazio e un tempo nell'ambito del quale egli può continuare a svolgere la funzione parentale, con le connesse responsabilità, e assolvere così alle funzioni di cura, educazione ed istruzione, stabilite dalla legge. Si tratta quindi di un tempo più o meno esteso, ma comunque qualificato, perché deve ricomprendere momenti di vita del minore in cui si possano effettivamente svolgere le funzioni genitoriali sotto ogni aspetto, segnatamente l'accudimento e l'educazione, condividendone la vita quotidiana e non solo il tempo della "visita" o dello svago ad essa eventualmente connesso.
2.3.- La pari partecipazione dei genitori alla vita del minore e il diritto del minore alla bigenitorialità si attuano non per il tramite di una meccanica suddivisione in parti uguali dei tempi di permanenza, ma in chiave funzionale, organizzando quello del minore in modo da consentire a entrambi i genitori di partecipare al suo sviluppo e alla sua formazione e di consolidare con lui un'autentica ed effettiva relazione familiare. La suddivisione dei tempi di permanenza presso ciascun genitore è il frutto di una valutazione ponderata del giudice del merito, che partendo dall'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, deve tener conto anche del suo diritto ad una significativa relazione con entrambi i genitori e il diritto di questi ultimi di esplicare, nella relazione con i figli, il proprio ruolo educativo (Cass. n.17221 del 16/06/2021; Cass. n. 4790 del 14/02/2022).
2.4.- Di conseguenza, pur se l'esigenza del minore di avere una stabile organizzazione di vita, di mantenere le sue abitudini e l'ambiente domestico che gli è consueto può comportare una suddivisione dei tempi non paritaria, lo spazio temporale della frequentazione con il genitore non convivente - salvo che quest'ultimo non sia totalmente inadeguato alla funzione - non può essere eccessivamente compresso e privato del tutto di momenti significativi (i pasti comuni, i pernottamenti) poiché la relazione familiare ne potrebbe risultare compromessa. Inoltre, deve considerarsi che l'art 337-ter c.c. nell'enunciare il diritto del minore di mantenere, in caso di separazione dei genitori, un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi, pone l'accento sulla continuità del rapporto, intesa come caratteristica della relazione; pertanto possono giustificarsi, in casi particolari e ove risponda all'interesse del minore, sporadiche e temporanee limitazioni alla frequentazione tra genitore e figlio, ma non, di regola, la sua prolungata interruzione o la sua riduzione a tempi non significativi.
2.5.- La relazione familiare necessita quindi, per inverarsi, di contatti periodici e adeguati tra i genitori ed i figli, sì che non si lasci trascorrere il tempo inutilmente, senza cioè che questi contatti possano aver luogo.
La Corte EDU ha più volte osservato che nelle cause che riguardano la vita familiare, il passare del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il bambino e il genitore che non vive con lui, e in particolare che la rottura del contatto con un bambino molto piccolo può portare a una sempre maggiore alterazione della sua relazione con il genitore. Il decorso del tempo senza che vi sia la possibilità di contatto toglie al minore ed al suo genitore, e al reciproco rapporto interpersonale di cura, affetto, costruzione dell'identità personale e familiare, "pezzi di vita" che non consentono alcuna restitutio in pristinum poiché ciò che è andato perduto è difficilmente recuperabile. Inoltre, la Corte di Strasburgo, pur riconoscendo all'autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di affidamento di un figlio di età minore, ha precisato che è comunque necessario un rigoroso controllo sulle "restrizioni supplementari", ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età e uno dei genitori (cfr. Corte EDU, 4 maggio 2017, Improta c/Italia; Corte EDU, 23 marzo 2017, Endrizzi c/Italia; Corte EDU, 23 febbraio 2017, D'Alconzo c/Italia; Corte EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c/Italia; Corte EDU, 15 settembre 2016, Giorgioni c/Italia; Corte EDU, 23 giugno 2016, Strumia c/Italia; Corte EDU, 28 aprile 2016, Cincimino c/Italia).
2.6.- Ripetutamente quindi la Corte EDU ha invitato le autorità nazionali ad adottare tutte le misure atte ad assicurare il mantenimento dei legami tra il genitore e i figli, affermando che "per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita familiare" (cfr. Kutzner c. Germania, n. 46544/99, CEDU 2002) e che "le misure interne che lo impediscono costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall'art. 8 della Convenzione" (cfr. K. E T. c. Finlandia, n. 25702/94, CEDU 2001).
2.7.- I giudici di Strasburgo, inoltre, hanno precisato che, in un quadro di osservanza della frequentazione tra genitore e figlio, gli obblighi positivi da adottarsi dalle autorità degli Stati nazionali, per garantire effettività della vita privata o familiare nei termini di cui all'art. 8 della Convenzione EDU, non si limitano al controllo che il bambino possa incontrare il proprio genitore o avere contatti con lui, ma includono l'insieme delle misure preparatorie che, non automatiche e stereotipate, permettono di raggiungere questo risultato, nella preliminare esigenza che le misure deputate a ravvicinare il genitore al figlio rispondano a rapida attuazione, appunto perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui (cfr. Corte EDU, 29 gennaio 2013, Lombardo c. Italia).
3.- Così delineato il quadro generale, e sulla premessa che il provvedimento impugnato è stato adottato con il provvedimento conclusivo del giudizio camerale volto a modificare le condizioni di separazione e divorzio, e pertanto suscettibile di acquisire efficacia di giudicato rebus sic stantibus (Cass. sez. un. n. 30903 del 19/10/2022), se ne evidenzia la decisorietà, in quanto concretamente idoneo ad incidere sulla relazione familiare per il carattere fortemente limitativo delle restrizioni ai tempi di permanenza del minore presso il padre che sono state richieste; dal che consegue la sua ricorribilità in cassazione, come correttamente ha osservato il Procuratore generale.
3.1.- Deve quindi enunciarsi il seguente principio di principio di diritto:
In tema di bigenitorilalità, i provvedimenti giudiziali che, a conclusione del giudizio di revisione delle condizioni di affidamento statuiscono - in via esclusiva o aggiuntiva - sulle modalità di frequentazione e visita dei figli minori, sono ricorribili per cassazione ove impongano restrizioni suscettibili di ledere, nel loro protrarsi nel tempo, il diritto fondamentale alla vita familiare sancito dall'art. 8 CEDU. Infatti, i tempi di permanenza dei minori presso il genitore non convivente devono di regola comprendere tutti i momenti della vita quotidiana del minore, anche se in misura proporzionalmente ridotta rispetto ai tempi di convivenza con l'altro genitore, e in essi vanno compresi i pernottamenti - salvo che si evidenzi uno specifico e attuale pregiudizio per il minore - in modo da consentire al genitore non convivente con il figlio di svolgere pienamente le sue funzioni di cura, educazione, istruzione, assistenza materiale e morale, in conformità alle condizioni del provvedimento di affidamento.
Quanto al resto, pur se i motivi di ricorso sono in parte ripetitivi, e per questa ragione - escluso il primo che ha una sua connotazione autonoma - saranno esaminati congiuntamente, non può dirsi che il ricorso difetti di specificità e chiarezza; è sufficientemente chiaro che in esso si lamenta, sotto vari profili, la sottovalutazione da parte dei giudici di merito delle denunciate criticità comportamentali paterne, idonee ad arrecare - nella prospettazione della ricorrente - un pregiudizio al minore.
4.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 63 e 51, n. 3, c.p.c. La ricorrente rileva che la consulente d'ufficio, a seguito di una istanza di sostituzione, depositata dalla difesa della ricorrente, aveva chiesto di essere esonerata dall'incarico, per "non precludersi azioni volte a difendere la propria onorabilità in sede giudiziaria". La riserva di agire giudizialmente, così espressa, integra, a parere della ricorrente un'ipotesi di "grave inimicizia", ai sensi dell'art. 51 n. 3 c.p.c., richiamato dall'art. 63, secondo comma, c.p.c.; di conseguenza ella ha ricusato la consulente, istanza erroneamente respinta da entrambi i giudici di merito, che invece avrebbero dovuto accoglierla trattandosi di circostanze idonee ad alterare la terzietà.
5.- Il motivo è infondato.
Secondo quanto esposto in ricorso, la consulente dopo che l'odierna ricorrente ha depositato una nota fortemente critica nei suoi confronti, avrebbe richiesto al giudice di essere sostituita per non precludersi azioni a difesa della propria onorabilità. L'istanza non è stata accolta e la consulenza tecnica è stata espletata. La ricorrente lamenta quindi un difetto di terzietà, censura che la Corte di merito ha disatteso attenendosi al principio consolidato secondo il quale non è "grave inimicizia" l'avere presentato un esposto non idoneo a dare impulso ad un procedimento giudiziale (Cass. n. 24934 del 24/11/2014; Cass. 7683 del 13/04/2005) e quindi a maggior ragione avere semplicemente ipotizzato, sia pure in un atto ufficiale, una possibile azione a difesa della propria onorabilità. La Corte ha quindi ritenuto che nella specie non sussistesse alcun obbligo di astensione per "grave inimicizia", rilevando che essa deve essere reciproca ed originata da rapporti privati (Cass. n. 7683 del 13/04/2005).
6.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 738 c.p.c., anche in relazione all'art. 337 octies c.c.; la illegittimità del rigetto delle istanze di prova orale, perché "non risultano allegati - come dovuto - i capitoli di prova con i relativi testimoni o le relative istanze istruttorie formulate o da formulare e che il primo giudice non avrebbe ammesso".
6.1.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art art. 360, n. 4, c.p.c. la violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c. per motivazione apodittica e solo apparente, poiché la c.t.u. è stata giustificata sulla sola base della considerazione per cui "la c.t.u. risulta certo ammissibile nei giudizi inerenti l'affido e la visita dei minori", nonché degli artt. 61 e 191 c.p.c. per aver disposto una consulenza meramente esplorativa.
6.2.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360, nn. 4 e 5, c.p.c., la violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c. e per omesso esame circa fatti decisivi e controversi; la Corte territoriale non avrebbe risposto alle precise e puntuali critiche mosse dal consulente di parte e dalla difesa della ricorrente.
6.3.- Con il quinto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art.360, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 194 e 195 c.p.c. per avere il Tribunale ordinato e la Corte d'appello avallato il deposito di una perizia a operazioni peritali non ancora concluse e incomplete.
6.4.- Con il sesto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., per violazione e falsa od omessa applicazione dell'art. 111, comma 6, Cost., dell'art. 132, n. 4, c.p.c., dell'art. 2712 c.c., dell'art. 2729c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione alle prove, costituite anche da registrazioni fonografiche, concernenti i comportamenti aggressivi e disfunzionali del padre dedotte dalla odierna ricorrente.
6.5.- Con il settimo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa od omessa applicazione dell'art. 337 ter c.c. e dell'art. 3 della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, nonché per violazione dell'art. 111, comma 6, Cost. e dell'art. 132, n. 4, c.p.c. (motivazione apparente), in relazione all'esclusivo interesse del minore.
La ricorrente deduce che la Corte d'appello di Venezia avrebbe dovuto considerare l'interesse superiore del minore, riconoscendo apposita e precisa rilevanza anche a quegli episodi e circostanze che, ancorché non avvenuti alla presenza del figlio, costituivano elementi di sostegno e riscontro dell'atteggiamento aggressivo e disfunzionale del padre. E invece, la Corte territoriale ha escluso pregiudizialmente la rilevanza di specifici e documentati elementi afferenti alla personalità del Ma.Er. rispetto alla tutela dell'esclusivo interesse del minore, incorrendo in tal modo in una violazione dell'art. 337-ter c.c. e dell'art. 3 della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia. Deduce inoltre che, nel giungere a simili conclusioni, la Corte d'appello, ha fatto più volte ricorso a clausole di stile, meramente formali, prive di sostanza argomentativa e logica, che si traducono in motivazione solo apparente. 7.- I motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono tutti infondati.
La Corte di merito, con motivazione analitica e coerente, ha spiegato le ragioni per le quali non ritiene contrario all'interesse del minore il suo pernottamento presso il padre, purché introdotto con modalità graduali.
La Corte d'appello muove da una premessa particolarmente rilevante e cioè che, nel caso esaminato, è vigente l'affidamento condiviso del minore che non viene messo in discussione dalla ricorrente, e quindi si può certo dire che vi è stata a monte una valutazione di pari idoneità dei genitori ad assumersi la responsabilità genitoriali, di cui non si chiede la revisione; di conseguenza la Corte distrettuale osserva che le allegazioni della ricorrente non solo non hanno trovato adeguato riscontro, ma risultano anche distoniche rispetto alla domanda.
7.1.- Il giudice d'appello ha fondato il proprio giudizio su una completa disamina della situazione, alla luce non solo della premessa di cui si è detto e cioè della valutazione di pari idoneità all'assunzione di responsabilità genitoriali, ma anche esaminando le allegazioni delle parti e i risultati della consulenza tecnica che, diversamente da quanto deduce la ricorrente, non è stata meramente esplorativa ma diretta a verificare quali fossero le effettive capacità e condizioni del padre in ragione delle e risposte alle allegazioni materne. E ancora, contrariamente a quanto espone la ricorrente, non è vero che non si è tenuto conto delle contestazioni alla consulenza, perché la Corte distrettuale, in particolare a pag. 20 della sentenza, ha risposto a queste critiche; in verità con questa censura la parte lamenta non già che il giudice non abbia risposto alle critiche difensive, ma piuttosto che non lo abbia fatto nel senso da lei auspicato. Analogamente, la Corte d'appello ha spiegato le ragioni per le quali non ha tenuto conto di talune allegazioni difensive e disatteso alcune istanze istruttorie (oltretutto non capitolate) e della chiusura "anticipata" della consulenza.
7.2.- Deve qui ricordarsi che i provvedimenti sulle richieste istruttorie sono censurabili con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. solo allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l'inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all'attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione (Cass. 06/11/2023, n.30810). Deve altresì ricordarsi che la valutazione delle prove, il giudizio sull'attendibilità dei testi e la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando gli elementi che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, essendo limitato il controllo del giudice della legittimità alla sola congruenza della decisione dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova. Ciò in quanto non si richiede al giudice del merito di dar conto dell'esito dell'avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all'adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse (Cass. 12/08/2022, n.24800).
7.3.- Nella specie, la Corte di merito ha tenuto conto dell'interesse del minore alla conservazione della relazione familiare, mettendolo in bilanciamento con l'esigenza del minore di non subire un brusco repentino cambiamento della sua routine e ha reso una valutazione in punto di fatto che non è censurabile in questa sede. I rilievi di parte ricorrente sull'interesse del minore, del resto, sono di carattere generico e stereotipato e non è nemmeno chiaro se mirino solo ad escludere il pernottamento del figlio presso il padre ovvero a evidenziare una generale non idoneità del padre all'accudimento del minore, in questo non confrontandosi adeguatamente con le ragioni decisorie, ma limitandosi a ripercorrere le tesi difensive del giudizio di merito.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
La parziale reciproca soccombenza, per parte controricorrente sulla eccezione in rito, giustifica la compensazione delle spese di giudizio
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 09 aprile 2024.