Quali principi guidano l'attribuzione del cognome ai figli nati fuori dal matrimonio quando i genitori non sono d'accordo?
Sul punto risponde la Prima Sezione civille della Cassazione con l'ordinanza n. 1492 del 21 gennaio 2025.
Il caso in esame riguarda una bambina nata fuori dal matrimonio e riconosciuta inizialmente solo dalla madre. In seguito, il padre ha chiesto al tribunale di sostituire il cognome materno con il proprio. Dopo un lungo iter giudiziario, la decisione finale ha stabilito l'attribuzione del doppio cognome, nonostante il disaccordo dei genitori.
La regola: i principi normativi e giurisprudenziali
L’art. 262 cod. civ. disciplina l’attribuzione del cognome ai figli nati fuori dal matrimonio. La norma prevede che:
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 131 del 2022, ha dichiarato illegittimo l’art. 262, primo comma, nella parte in cui prevedeva l'automatica attribuzione del cognome paterno in caso di riconoscimento simultaneo da parte di entrambi i genitori, favorendo invece l’uso del doppio cognome nell’ordine concordato. Tuttavia, questa pronuncia non si applica direttamente ai casi disciplinati dai commi successivi dell’art. 262.
L’applicazione della regola al caso concreto
Nel caso della piccola Pa.Ro., il padre aveva chiesto che il cognome materno fosse sostituito dal proprio, ma la madre si era opposta, chiedendo l’attribuzione di entrambi i cognomi.
La Corte di Appello di Catanzaro ha accolto la richiesta della madre, ritenendo prioritario il principio di uguaglianza tra i genitori e il rispetto dell’identità del minore.
La Cassazione ha confermato questa decisione, integrando la motivazione:
Conclusione
La Cassazione ha rigettato il ricorso del padre, ribadendo che la decisione sull’attribuzione e sull’ordine del cognome è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, che deve tutelare il superiore interesse del minore. Questo caso ci ricorda l’importanza di un approccio personalizzato e non rigido, capace di garantire il benessere e l’identità del minore.
Consiglio: in caso di disaccordo dei genitori sull’attribuzione del cognome, è opportuno individuare una soluzione condivisa, perché lasciare tutto al giudice potrebbe non portare al risultato sperato.
Cassazione civile, sez. I, ordinanza 21/01/2025 (ud. 19/11/2024) n. 1492
IN FATTO
RILEVATO CHE:
La piccola Pa.Ro., nata a B il (Omissis) venne riconosciuta al momento della nascita dalla madre Pa.Ma.
Successivamente il padre De.Ma. propose ricorso ex art.250, comma quarto, cod. civ., dinanzi al Tribunale di Castrovillari, chiedendo che venisse emessa sentenza che tenesse luogo del consenso mancante della madre al riconoscimento della figlia ad opera del padre, deducendo la sussistenza dell'interesse della figlia.
Il Tribunale accolse il ricorso con sentenza non definitiva n.1/2022 e dispose l'annotazione della paternità di De.Ma. sull'atto di nascita; dispose inoltre che la minore acquistasse il cognome paterno sostituendolo a quello materno, così da chiamarsi (omissis). La madre della minore propose appello, chiedendo, in parziale riforma della sentenza che alla minore venisse attribuito il doppio cognome.
La Corte di appello di Catanzaro ha accolto l'appello e, in riforma della prima decisione, ha attribuito alla minore il doppio cognome secondo la seguente dicitura (Omissis).
De.Ma. ha proposto ricorso per cassazione con due mezzi. Pa.Ma. ha replicato con controricorso.
Ciascuna parte ha depositato memoria.
È stata disposta la trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
IN DIRITTO
CONSIDERATO CHE:
2.1.- Primo motivo - Violazione e falsa applicazione di norme - art. 345 cpc e 35 Dlgv 149/22 in rel. all'art. 360 co. I. n. 3 cpc.
A parere del ricorrente, la sentenza è errata nella parte in cui afferma che "la domanda avanzata da Pa.Ma.
con la quale chiede che "alla piccola Pa.Ro. venga attribuito il cognome materno Pa.Ma. in aggiunta a quello paterno De.Ma." non può considerarsi inammissibile siccome ai sensi dell'art. 473 bis 35 del D.Lgs. n.149 dl 2022 (Riforma Cartabia) il divieto di nuove domande ed eccezioni previsto dall'art. 345 cpc si applica limitatamente alle domande aventi ad oggetto diritti disponibili".
A parere del ricorrente, la madre, in appello, ha proposto una domanda diversa e nuova perché nel giudizio di primo grado il De.Ma. aveva chiesto l'attribuzione del cognome paterno in sostituzione di quello materno, mentre la madre aveva chiesto che la minore aggiungesse al cognome materno quello del padre naturale dovendosi chiamare Pa.Ro.; diversamente, in appello Pa.Ma. aveva chiesto una pronuncia che aggiungesse al cognome paterno quello materno.
Il ricorrente si duole che la Corte di Appello di Catanzaro - benché riconosca che parte appellante abbia avanzato "domanda diversa" - la abbia ritenuta comunque ammissibile invocando la Riforma Cartabia e la abbia accolta.
2.2.- Secondo motivo - Violazione e falsa applicazione di norme - art. 11 Preleggi cc in rel. all'art. 360 co. I n. 3 cpc.
A parere del ricorrente, la Corte d'Appello non avrebbe dato opportuna rilevanza alla circostanza che l'atto di nascita della piccola si era già formato alla data del 3.05.22 e erroneamente ha ritenuto che la pronuncia del Giudice dei Giudici potesse avere portata retroattiva.
3.1.- I motivi, da trattare congiuntamente, non sono fondati e la questione non avrebbe potuto essere risolta nel senso preteso dal ricorrente.
3.2.- La decisione della Corte di appello di Catanzaro nel dispositivo è conforme a diritto, ma va corretta la motivazione ai sensi dell'art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. perché la sentenza della Corte Costituzionale riguarda il primo comma dell'art.262 cod. civ. e non le disposizioni applicabili alla fattispecie in esame, che concerne la decisione giudiziale di attribuzione del cognome al minorenne nato fuori dal matrimonio e non riconosciuto contestualmente dai due genitori.
L'art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., prevede che qualora il vizio denunziato riguardi non un punto di fatto ma una questione di diritto, il giudice di legittimità ha il potere di integrare e correggere la motivazione della sentenza impugnata, senza cassarla, nel caso in cui la decisione adottata dal giudice di merito sia conforme a diritto, sostituendo la motivazione erronea con altra corretta, che conduca all'identico dispositivo della sentenza censurata, purché la sostituzione della motivazione sia soltanto in diritto e non comporti indagini e valutazioni di fatto (com'è nel caso in esame), né violazione del principio dispositivo, nel senso che non dovrà esservi pronunzia su eccezioni non sollevate dalle parti e non rilevabili di ufficio (v., ex aliis, Cass., n. 20806/ 2017).
3.3.- La controversia concerne l'applicazione dell'art.262 cod. civ. che, in tema di figlio nato fuori dal matrimonio, dispone:
"Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre.
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata, o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.
Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all'attribuzione del cognome da parte dell'ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi.
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento".
Questa Corte (Cass. n. 15654/2024) ha già precisato che la Corte Costituzionale con la sentenza n.131 del 2022 si è pronunciata in relazione alla fattispecie disciplinata dal primo comma dell'art.262 cod. civ., riguardante il riconoscimento del figlio effettuato contemporaneamente dai genitori non coniugati, e ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede, con riguardo all'ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto, ed ha esteso la declaratoria di illegittimità costituzionale alle norme strettamente conseguenziali, specificamente indicate nella sentenza.
La Corte di appello erroneamente ha ritenuto direttamente applicabili i principi espressi dalla Corte costituzionale alla fattispecie in esame, del tutto diversa, ricadente nell'ambito applicativo dell'art.262, secondo, terzo e quarto comma, cod. civ, esorbitando ciò dall'ambito di efficacia della sentenza di parziale illegittimità costituzionale, riguardante il primo comma dell'art.262 cod. civ. (Cass. n. 15654/2024).
Invero, nell'ipotesi disciplinata dai commi secondo, terzo e quarto dell'art.262 cod. civ., nel presupposto che il diritto al nome costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun individuo, avente copertura costituzionale assoluta, la individuazione del cognome che il minore va ad assumere non è connotata da automatismo, ma è rimessa al prudente apprezzamento del giudice che deve avere riguardo al modo più conveniente di individuazione per il minore, in relazione all'ambiente in cui è cresciuto fino al momento del riconoscimento da parte del padre, prescindendo, anche a tutela dell'eguaglianza fra i genitori, da qualsiasi meccanismo di automatica attribuzione del cognome (Cass. n. 12641/2006; Cass. n. 12983/2009).
Come risulta dalla lettera dell'art. 262, secondo comma, cod. civ., a seguito della dichiarazione giudiziale di paternità, il figlio "può" assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre; la norma in esame "prospettando in termini di mera eventualità l'assunzione del cognome paterno in caso di riconoscimento o accertamento della filiazione nei confronti del padre successivamente al riconoscimento da parte della madre, esclude la configurabilità di tale vicenda come effetto automatico del riconoscimento o della dichiarazione giudiziale di paternità, cui si collega, ove il figlio nato fuori dal matrimonio sia maggiorenne, una facoltà discrezionale, cui corrisponde una situazione di soggezione del genitore" (Cass. n. 19734/2015).
Nel caso del minore, la disposizione dettata dall'art. 262, quarto comma, cod. civ. demanda al giudice la decisione relativa all'assunzione del cognome del genitore, trattandosi di un potere la cui attribuzione trova la sua giustificazione nel difetto di capacità del minore, al quale peraltro è riconosciuto (nella formulazione di tale disposizione, introdotta dal D.Lgs. n. 154/2013) il diritto di essere ascoltato, qualora abbia compiuto dodici anni o anche se sia in età inferiore, a condizione in quest'ultimo caso che risulti capace di discernimento.
3.4.- Tanto premesso in diritto, va quindi rilevato che non risulta fondato il primo motivo. Una volta proposta in via giudiziale, in fattispecie rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 262, secondo, terzo e quarto, comma c.c., la questione controversa concernente l'attribuzione del cognome, rientrano in questo ambito tutte le questioni attinenti all'individuazione del cognome/dei cognomi da attribuire e all'ordine degli stessi, e la decisione è interamente rimessa al giudice che deve assumere le sue determinazioni con una scelta motivata alla luce del superiore interesse del minore in ordine al cognome/ai cognomi di provenienza genitoriale da attribuirgli ed al loro ordine, senza che la specifica formulazione della domanda proposta possa ostacolare una statuizione anche diversa, sempre che congruamente motivata. Ne consegue che la questione della novità della domanda è infondata, avendo la madre svolto domande relative all'attribuzione del cognome alla minore sin dal primo grado.
3.5.- Quanto al secondo motivo, va osservato che la Corte di appello pur avendo errato, per le motivazioni prima espresse, nell'affermare che si poteva dare diretta applicazione nel caso di specie alla sentenza della Corte costituzionale n.131 del 2022, ha tuttavia in concreto espressamente valutato l'interesse della minore al doppio cognome e ne ha motivato in maniera puntuale ed argomentata le ragioni, in linea con i principi elaborati in materia in sede di legittimità (Cass. n. 12641/2006; Cass. n. 12983/2009) anche con riferimento all'ordine da attribuire ai due cognomi. Tale decisione, che compete al giudice di merito, è immune da vizi perché congruamente e logicamente motivata.
In proposito, va osservato che la statuizione della Corte Costituzionale, pur non avendo diretta applicazione nel caso di specie, esprime una serie di importanti valori trasfusi nella pronuncia di inconstituzionalità che possono certamente orientare la decisione del giudice, anche ove l'attribuzione del cognome non
segua in maniera automatica, come è avvenuto nel caso di specie, di guisa che la decisione impugnata, che ha tenuto conto della pronuncia costituzionale, risulta immune da vizi.
4.- In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
- Rigetta il ricorso;
- Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15 per cento ed accessori di legge, in favore della controricorrente;
- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;
- Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il giorno 19 novembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2025.