In caso di somme depositate su un conto corrente cointestato tra marito e moglie, come è possibile superare la presunzione di contitolarità?
Sul tema è intervenuta la Seconda Sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 1643 del 23 gennaio 2025.
Nel caso di specie, la moglie aveva prelevato una somma dal conto cointestato senza il consenso del marito, sostenendo che il denaro fosse di sua esclusiva proprietà. Il marito ha agito per ottenere la restituzione delle somme, dando vita a un contenzioso legale.
La normativa e i principi
L’art. 1854 c.c. prevede che i conti correnti cointestati attribuiscano ai titolari la qualità di creditori o debitori solidali, sia nei confronti di terzi che nei rapporti interni.
Tale presunzione, però, non è assoluta. L’art. 1298, comma 2, c.c. stabilisce infatti che questa presunzione possa essere superata mediante prova contraria, anche basata su presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti.
La giurisprudenza (Cass. n. 28839/2008, n. 27069/2022) rafforza questo principio, chiarendo che è possibile dimostrare una diversa titolarità delle somme depositate quando si provi che il denaro sia stato interamente alimentato da uno solo dei cointestatari.
La soluzione della Cassazione
Nella vicenda in esame, la moglie aveva versato sul conto cointestato 25 assegni circolari, dei quali era l’unica beneficiaria. La Corte d’Appello aveva inizialmente ritenuto che il fatto che le somme derivassero dalla liquidazione di titoli cointestati implicasse una contitolarità per metà tra marito e moglie. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha evidenziato un errore cruciale in questo ragionamento.
La Corte ha sottolineato che l’assegno circolare è un titolo di credito autonomo, la cui proprietà resta al beneficiario fino all’effettiva riscossione. Questo significa che le somme derivanti dagli assegni circolari appartenevano esclusivamente alla moglie, a meno che il marito non avesse dimostrato diversamente, cosa che non è avvenuta.
Di conseguenza, il fatto che le somme fossero state depositate su un conto cointestato non è sufficiente a far presumere la contitolarità. La Corte ha chiarito che la moglie aveva il diritto esclusivo su quelle somme.
Conclusioni
La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d’Appello e stabilito che la moglie aveva diritto esclusivo alle somme versate.
Per superare la presunzione di contitolarità, è quindi fondamentale fornire prove solide, come la titolarità esclusiva degli assegni circolari o altre evidenze documentali.
Cassazione civile, sez. III, ordinanza 23/01/2025 (ud. 20/12/2024) n. 1643
FATTI DI CAUSA
1. Ci.Pa. chiese e ottenne, nel 2011, dal Presidente del Tribunale di Larino l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti dell'ex coniuge Mo.Gi. per il pagamento dell'importo di Euro 202.967,56, in quanto di propria esclusiva pertinenza e prelevata dall'ingiunto, senza il proprio consenso, dal conto corrente cointestato aperto presso la Deutsche Bank con il num. (Omissis).
Vi si oppose il Mo.Gi. assumendo che si trattava di somme di propria pertinenza e, comunque, stante la cointestazione, appartenenti in parti uguali ai cointestatari.
2. In parziale accoglimento dell'opposizione il Tribunale di Larino, con sentenza n. 114 del 2017, revocato il decreto ingiuntivo, condannò l'opponente al pagamento in favore della opposta della minor somma di Euro 176.731,56, oltre interessi al tasso legale a decorrere dalla domanda.
3. Pronunciando sui contrapposti gravami la Corte d'Appello di Campobasso, con sentenza n. 333/2021, resa pubblica il 14 ottobre 2021, rigettato l'appello incidentale della Ci.Pa., ha accolto parzialmente quello principale del Mo.Gi. e, per l'effetto, in riforma della decisione appellata, ha determinato l'importo dovuto da quest'ultimo, in restituzione di quanto prelevato, in Euro 47.617,33, oltre interessi dalla domanda al soddisfo.
Queste, in sintesi, le ragioni in fatto e in diritto della decisione
- i coniugi erano cointestatari di un preesistente conto corrente bancario, aperto presso la banca Carime di Termoli con il num. 60233;
- su tale conto, che al 31/3/1998 presentava un saldo pari a zero, in data 10/4/1998 venne accreditata la somma di Lire 506.904.770 proveniente dalla liquidazione dei titoli "(OMISSIS)" cointestati a Ci.Pa. e Mo.Gi.;
- tale circostanza prova che la provvista sul detto conto corrente fu operata con denaro di proprietà comune;
- in pari data nel conto venne versata altra somma di Lire 50.000.000 in contanti;
- nella stessa data del 10/4/1998 vennero tratti da tale conto n. 25 assegni circolari di Lire 20.000.000 ciascuno, tutti intestati a Ci.Pa., mentre la somma di Lire 50.000.000 venne investita in un fondo obbligazionario;
- sempre in data 10/4/1998 gli assegni circolari vennero versati sul conto corrente cointestato n. 100115, acceso presso la Deutsche Bank;
- deve dunque ritenersi che la provvista su tale conto è stata effettuata con denaro proveniente dalla liquidazione di titoli cointestati anche al Mo.Gi., atteso che con tale denaro era stato costituito il saldo attivo del conto corrente cointestato presso la banca Carime di T, saldo che aveva poi permesso l'emissione degli assegni circolari intestati solo alla Ci.Pa.;
- manca dunque la prova, il cui onere incombeva all'opposta, della affermata esclusiva titolarità delle somme pretese in restituzione; peraltro, se la Ci.Pa. riteneva che il denaro le appartenesse in via esclusiva, non si comprende la ragione per la quale non abbia depositato gli assegni su un conto intestato solo a lei;
- stabilita, pertanto, l'appartenenza della somma di Euro 258.228,45 (pari a 500.000.000 di vecchie lire) versata sul conto corrente cointestato, acceso presso la Deutsche Bank, nella misura del 50% ciascuno, a Ci.Pa. ed a Mo.Gi., e cioè Euro 129.114,22 per ognuno di essi, e che Ci.Pa. aveva, precedentemente, attinto la somma di Euro 81.496,89 (circostanza accertata nel giudizio di primo grado e non contestata né impugnata) il residuo spettante a Ci.Pa. ammonta ad Euro (129.114,22 – 81.496,89 =) 47.617,33.
4. Avverso tale sentenza Ci.Pa. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste Mo.Gi. depositando controricorso.
5. È stata fissata per la trattazione l'odierna adunanza camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all'art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., "violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ., nonché vizio di motivazione".
Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, ella aveva fornito piena prova, documentale prima ancora che per presunzioni, di aver provveduto in via esclusiva a costituire la provvista del conto Deutsche Bank n. (Omissis), versandovi 25 assegni circolari emessi dalla Banca Carime Spa in suo favore, quale unica beneficiaria, dell'importo di Lire 20.000.000 cadauno, per l'importo complessivo di Lire 500.000.000.
Soggiunge che in tal senso deponevano anche le circostanze, documentalmente attestate, che a) all'apertura del conto corrente presso la Deutsche Bank aveva provveduto essa stessa, risalendo ad un momento successivo la sottoscrizione del Mo.Gi., quale cointestatario; b) il versamento degli assegni circolari era stato eseguito contestualmente alla sottoscrizione del contratto di conto corrente.
Argomenta che
- l'unico soggetto legittimato ad incassare e/o a versare un assegno circolare è il beneficiario indicato nel titolo, in quanto l'assegno circolare è un titolo all'ordine di cui non è consentita l'emissione al portatore; ne consegue che l'unico soggetto legittimato a negoziare l'assegno circolare è il beneficiario dello stesso che è, quindi, l'unico titolare dei relativi diritti;
- in virtù della girata per l'incasso, il beneficiario del titolo non si spoglia della titolarità del credito e, quindi, delle somme portate dal titolo, conferendo all'istituto di credito esclusivamente il mandato ad agire per la riscossione in suo nome e per suo conto, sicché quanto riscosso appartiene al girante e non alla banca mandataria (Cass. n. 2490 del 2002; n. 1780 del 1999);
- ella non aveva mai contestato la contitolarità delle somme presenti sul preesistente conto Carime, ma, una volta prelevate quelle somme da uno dei cointestatari, sui beni acquistati con esse nessun diritto poteva vantare l'altro cointestatario, avendo questo solo il diritto di richiedere la restituzione di quanto prelevato in misura superiore al 50%.
Quanto alle ragioni, che la Corte di merito dice di non comprendere, della cointestazione del conto corrente Deutsche Bank nel quale vennero versati gli assegni circolari, rileva che queste erano rappresentate dai rapporti idilliaci allora esistenti tra i coniugi, la cui rottura, nell'anno 2000, aveva spinto il Mo.Gi. ad appropriarsi delle somme versate non solo nel conto predetto, ma anche in altro conto, con riferimento al quale l'analoga azione recuperatoria da essa intrapresa aveva trovato pieno accoglimento con sentenza passata in giudicato.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., "violazione e falsa applicazione dell'art. 1298, secondo comma, c.c. nonché vizio di motivazione ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti".
Lamenta che la Corte d'Appello, oltre a non tener conto dei principi affermati dalla giurisprudenza della Suprema Corte in tema di cointestazione di conto corrente bancario, abbia "completamente eluso la problematica relativa alla contitolarità del conto corrente Carime Spa" ed abbia, altresì, "completamente omesso di esaminare e motivare in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio e, cioè, l'assenza da parte del Mo.Gi. di qualsivoglia domanda avente ad oggetto la restituzione di somme prelevate, eventualmente e solo per ipotesi, in misura maggiore della metà spettante in relazione ai saldi attivi relativi all'intero rapporto di cui al conto corrente cointestato Carime Spa"
Rileva al riguardo che
- il Mo.Gi. non solo non aveva contestato il prelievo delle somme da parte della Ci.Pa. mediante l'emissione degli assegni circolari ma, anzi, aveva ammesso e riconosciuto che il prelievo era avvenuto con suo espresso consenso;
- peraltro, secondo la giurisprudenza, l'eventuale illegittimo prelievo superiore alla metà del saldo del conto corrente da parte di uno dei cointestatari, va accertato in relazione al saldaconto finale e, cioè, in relazione al saldo del conto al momento della chiusura del contratto; pertanto, nella specie, l'eventuale domanda del Mo.Gi. tendente ad ottenere la restituzione di somme indebitamente prelevate dalla Ci.Pa. in eccedenza dal conto Carime, sarebbe stata improcedibile in quanto il conto corrente Carime, al momento dell'emissione degli assegni circolari, era ancora in essere, tant'è che sullo stesso erano depositate somme rilevanti; pur accedendo al diverso indirizzo che ammette l'azione di recupero da parte del cointestatario anche in costanza di rapporto di conto corrente, il Mo.Gi. avrebbe dovuto fornire la prova di tutte le operazioni di versamento e di prelievo eseguite sui diversi saldaconti attivi nel corso dell'intero rapporto contrattuale, depositando la relativa documentazione bancaria e previo espletamento di una consulenza contabile, non potendosi escludere che egli a sua volta avesse eseguito diverse operazioni di prelievo di somme le quali avrebbero dovuto essere conteggiate per l'accertamento dell'eventuale illegittimo prelevamento da parte dell'altro contestatario di somme superiori al 50%;
- è pacifico che le somme prelevate dal conto corrente da uno dei cointestatari diventano di sua esclusiva proprietà potendo l'altro cointestatario chiedere solo la restituzione di quelle prelevate in misura maggiore tenuto conto dell'intero rapporto e sempre che il prelievo sia avvenuto senza il suo consenso espresso o tacito.
In base agli esposti argomenti la ricorrente sostiene, infine, che la Corte d'Appello avrebbe, piuttosto, dovuto accogliere l'appello incidentale proposto in punto di ridotta quantificazione dell'obbligo restitutorio.
Rileva al riguardo che il Tribunale, avendo ritenuto dimostrato che essa aveva costituito in via esclusiva la provvista del conto Deutsche Bank, avrebbe dovuto anche ritenere che tutte le operazioni di prelievo effettuate nel corso del rapporto del conto corrente non avevano potuto far nascere alcun diritto in favore del Mo.Gi. che, peraltro, non aveva mai sostenuto di aver provveduto ad alimentare la provvista del conto.
3. I due motivi, congiuntamente esaminabili in quanto sostanzialmente sovrapponibili, sono fondati nei termini appresso precisati.
4. Giova premettere che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, richiamato in sentenza ed evocato del resto da entrambe le parti sia pure con opposti auspicati esiti applicativi, la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 cod. civ.) sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto (art. 1298, secondo comma, cod. civ.), ma tale presunzione dà luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, e può essere superata dalla prova contraria - e ciò anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti - dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa (v. ex multis Cass. n. 28839 del 05/12/2008; n. 4496 del 24/02/2010; n. 18777 del 23/09/2015; n. 27069 del 14/09/2022).
5. Nel caso di specie la Corte di merito ha ritenuto che - pur essendo dato pacifico che il conto corrente de quo (c/c bancario n. 100115, acceso presso la Deutsche Bank) era stato fornito di provvista attraverso la girata per l'incasso di n. 25 assegni circolari ad essa intestati - non fosse stata fornita prova idonea a superare la detta presunzione, ma che anzi, risalendo alla provenienza delle somme che a loro volta avevano consentito l'emissione dei detti assegni, emergesse la prova positiva della contitolarità delle stesse.
6. Il nucleo centrale della critica che a tale ratio decidendi è mossa con entrambi i motivi è in sostanza rappresentato dal rilievo secondo cui erroneamente la Corte d'Appello ha attribuito rilievo alla cointestazione del preesistente conto corrente aperto presso la banca Carime di T con il num. 60233 dal quale erano stati tratti gli assegni circolari con i quali era stato poi costituita la provvista del conto presso la Deutsche Bank, atteso che, invece, la valutazione avrebbe dovuto riguardare solo quest'ultimo e arrestarsi ai mezzi (appunto gli assegni circolari predetti) con i quali tale provvista era stata costituita.
7. Rispetto alla esposta ratio decidendi eccentrica e inammissibile è la prospettazione, nella rubrica del primo motivo, della violazione dei criteri di riparto dell'onere probatorio, essendo evidente che la Corte di merito non ha ritenuto sussistesse incertezza sulla provenienza dei fondi, né conseguentemente deciso ricorrendo alla sussidiaria regola di giudizio sul riparto dell'onere della prova, ma ben diversamente ha ritenuto chiare le vicende anteatte e idonee a condurre al convincimento della contitolarità delle somme utilizzate per la provvista del conto.
8. Altrettanto inammissibile è poi la prospettazione, generica, in entrambi i motivi, di un "vizio di motivazione", nonché quella, nel secondo motivo, di un vizio di omesso esame ex art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., in quanto dedotte in evidente difformità rispetto al paradigma dettato da Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 – 8054. Le lacune ricostruttive che la ricorrente ascrive al ragionamento della Corte riguardano circostanze o aspetti della vicenda che o devono considerarsi in realtà implicitamente considerati e comunque coerenti con la ricostruzione accolta in sentenza (tale la mancata contestazione da parte del Mo.Gi. del prelievo delle somme dal conto corrente Carime per l'emissione degli assegni circolari) o si appalesano estranei all'oggetto del giudizio o comunque non decisivi (tale la circostanza che il conto corrente Carime, al momento dell'emissione degli assegni circolari, fosse ancora in essere per essere in esso depositate somme rilevanti).
9. Coglie però nel segno la censura là dove prospetta anche un vizio di sussunzione (error in iudicando ex art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.), che va in effetti ravvisato nella erronea applicazione della presunzione (iuris tantum) di contitolarità per parti uguali delle somme esistenti su conto corrente in una fattispecie in cui emergeva come dato pacifico che quelle somme provenivano da assegni circolari emessi in favore di uno solo dei cointestatari e, al contempo, nella violazione della disciplina dei titoli di credito.
Non osta che al motivo sia estranea tale ultima direzione censoria atteso che, secondo pacifico indirizzo, "la Corte di cassazione può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l'esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l'introduzione nel giudizio d'una eccezione in senso stretto" (Cass. n. 26991 del 05/10/2021, Rv. 662510; n. 18775 del 28/07/2017, Rv. 645168 – 01; n. 3437 del 14/02/2014, Rv. 629913; n. 6935 del 22/03/2007. Rv. 597297; n. 19132 del 29/09/2005, Rv. 586707).
10. Come detto, è pacifico in causa che le somme versate al momento dell'apertura del conto corrente presso la Deutsche Bank provenissero da assegni circolari di cui l'odierna ricorrente risultava unica prenditrice e, come tale, anche unica titolata alla riscossione.
Tale dato viene, però, di fatto posto in non cale in sentenza dandosi rilievo alla provenienza delle somme che a loro volta avevano costituito la provvista per l'emissione, da parte di altra banca emittente, degli assegni circolari medesimi.
In buona sostanza è come se la Corte avesse considerato che la provvista del nuovo conto provenisse da denaro contante prelevato da altro conto cointestato e, dunque, da presumersi di pertinenza per parti eguali, salvo prova contraria, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1854 e 1298, secondo comma, cod. civ.
11. In tal modo la Corte ha però omesso di considerare che l'assegno circolare, pur costituendo un mezzo di pagamento (in quanto il creditore non ha normalmente ragione di dubitare della regolarità e dell'autenticità del titolo e non ha un apprezzabile interesse a pretendere l'adempimento in denaro), conserva la natura di titolo di credito (Cass. n. 11851 del 19/05/2006).
Come tale esso partecipa delle caratteristiche proprie di ogni titolo di credito, tradizionalmente indicate nella astrattezza (la posizione giuridica del titolare dell'assegno è indipendente dalla causa della sua emissione), autonomia (l'acquisto del diritto incorporato nel titolo avviene a titolo originario), letteralità (il contenuto del diritto è ritagliato nel documento; esso non dà nulla di più e nulla di meno di quanto emerge dalla lettera del documento).
Appare evidente che tali caratteristiche, le quali trovano fondamento negli artt. 1992 e ss. cod. civ. e negli artt. 84 ss. r.g. 21 dicembre 1933, n. 1736 (l. ass.), sono state obliterate dalla Corte territoriale nel momento in cui ha ritenuto, senza peraltro motivare sul punto, possibile e rilevante ai fini di causa la prova di una diversa, sia pure concorrente, titolarità delle somme portate dai titoli.
A tale dato la Corte avrebbe, invece, dovuto arrestarsi e trarne la conclusione della effettiva titolarità esclusiva, in capo a Ci.Pa., delle somme esistenti sul conto corrente de quo.
12. È anche nel vero la difesa della ricorrente quando osserva che era semmai il Mo.Gi. a doversi dolere, se del caso, del prelevamento delle somme che avevano costituito la provvista degli assegni circolari dal preesistente conto corrente Carime ad entrambi pure cointestato.
Tale aspetto pregresso della vicenda rimane però totalmente estraneo all'oggetto del presente giudizio, il cui perimetro è segnato dalla domanda di restituzione delle somme prelevate senza autorizzate dal Mo.Gi. dal conto corrente cointestato presso la Deutsche Bank (petitum) e dalle ragioni poste a fondamento di tale domanda, rappresentate dalla esistenza di prove idonee a superare la presunzione di contitolarità in parti uguali (causa petendi).
13. Rispetto a tale fase pregressa dei rapporti tra le parti la richiesta, positivamente accolta dalla banca Carime, della emissione di assegni circolari a beneficio della sola Ci.Pa., è atto idoneo a costituire netto momento di cesura sul piano della realtà giuridica.
Quand'anche della metà delle somme utilizzate per la richiesta degli assegni circolari la Ci.Pa. non avesse, al momento in cui la presentò alla banca, l'effettiva titolarità, ciò non vale ad escludere la validità ed efficacia dei titoli emessi ed a privarli dunque della idoneità a costituire essi stessi, a titolo originario, la prenditrice piena ed esclusiva proprietaria delle somme in esso incorporate.
È certamente salvo il diritto del cointestatario delle somme in tal modo utilizzate di richiederne, se del caso, la restituzione per la quota a lui spettante; tale diritto non lo autorizzava, però, ad operare direttamente ex se il prelevamento delle somme riversate sul nuovo conto corrente, ma avrebbe dovuto essere soddisfatto attraverso le opportune forme di tutela giudiziale.
La detta origine cartolare della provvista del nuovo conto è, infatti, pienamente idonea di per sé a superare la presunzione di contitolarità delle somme in esso versate e, in tal modo, vale a definire il tema di lite ad oggetto del presente giudizio (come detto circoscritto alla legittimità o meno, ed eventualmente in che misura, del prelevamento di somme che da quel conto, non da altro, è stato fatto dal Mo.Gi.), non residuando spazio per ulteriori valutazioni retrospettive quali quelle compiute dai giudici d'appello.
14. Nei sensi indicati il ricorso merita pertanto accoglimento.
La sentenza impugnata deve essere dunque cassata con rinvio al giudice a quo il quale dovrà riesaminare le questioni controverse, nei limiti del tema devoluto con gli appelli, alla luce del materiale istruttorio acquisito e di quanto statuito con la presente ordinanza.
15. Al giudice di rinvio va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte d'Appello di Campobasso, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 20 dicembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2025.