L’allontanamento di un coniuge dalla casa coniugale può sempre costituire motivo di addebito della separazione?
Sulla questione è tornata la Sezione prima civile della Cassazione con l'ordinanza n. 2007 del 28 gennaio 2025.
La vicenda
Nel caso di specie, il Tribunale di Torino ha dichiarato la separazione tra i coniugi, rigettando le reciproche domande di addebito. In appello, però, la situazione cambia: la Corte di Appello di Torino addebita la separazione al marito, attribuendogli condotte offensive e maltrattanti verso la moglie. La questione giunge in Cassazione su ricorso del marito, il quale sostiene che il vero motivo della crisi sia legato all’allontanamento della moglie dalla casa coniugale.
Le regole e i principi
Secondo l’art. 151 c.c., la separazione può essere addebitata al coniuge che ha violato i doveri coniugali, purché tale violazione abbia determinato l’intollerabilità della convivenza.
In particolare, la giurisprudenza della Cassazione (“Cass. civ. n. 11032/2024” e “Cass. civ. n. 25966/2016”) ha chiarito che l’allontanamento dalla casa familiare, pur costituendo una violazione del dovere di coabitazione, è motivo di addebito solo se ha avuto un ruolo causale nella crisi coniugale. Se la convivenza era già compromessa al momento dell’allontanamento, l’addebito non può essere attribuito.
La soluzione della vicenda
La Corte di Appello di Torino ha escluso che l’allontanamento della moglie, avvenuto tra il 2008 e il 2009, avesse avuto un ruolo determinante nella crisi matrimoniale. Ha rilevato che l’allontanamento era avvenuto con il consenso del marito e non in maniera definitiva: la moglie e la figlia tornavano periodicamente nella casa coniugale.
Il giudice ha invece valorizzato il comportamento del marito nel periodo 2012-2014, caratterizzato da offese verbali e violenze psicologiche. Tali condotte hanno reso intollerabile la convivenza, costituendo il vero motivo della crisi. Di contro, è stata esclusa ogni rilevanza causale alla relazione extraconiugale del marito nel 2019-2020, ritenuta successiva alla crisi ormai consolidata.
Quanto alle prove, il marito sosteneva che la moglie avesse violato il dovere di coabitazione e che ciò dovesse condurre all’addebito. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto che il giudice di merito avesse correttamente valutato le prove: l’assenza della moglie era stata consensuale e non aveva compromesso il matrimonio.
La Cassazione ha confermato che l’allontanamento della moglie non ha avuto efficacia causale sulla crisi coniugale, escludendo l’addebito nei suoi confronti. Di contro, ha ribadito che la crisi coniugale è stata determinata dal comportamento del marito tra il 2012 e il 2014.
L'allontanamento dalla casa familiare, costituendo violazione del dovere di coabitazione, è fortemente pregnante come motivo di addebito, benché a condizione che abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, salvo che la convivenza fosse già in quel momento intollerabile.
Cassazione civile sez. I, 28/01/2025 (ud. 21/01/2025) n. 2007
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Torino, con sentenza in data 15 novembre 2022, previa riunione dei ricorsi promossi da Ba.Ma. e Mo.Cl., sposati in data 30 ottobre 2002 in C (TO), ha pronunciato la separazione dei coniugi, rigettando le reciproche domande di addebito.
2. La Corte di Appello di Torino ha rigettato l'appello principale del marito e ha accolto l'appello incidentale della moglie. Ha ritenuto il giudice di appello, per quanto qui rileva, che la separazione fosse da addebitare a reiterate "condotte offensive e maltrattanti nei confronti della moglie", tali da costituire violenze fisiche e verbali di un coniuge ai danni dell'altro. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che la convivenza fosse già deteriorata a partire dal periodo 2012 - 2013, valorizzando, in termini di condotte causalmente rilevanti ai fini della intollerabilità della convivenza, un carteggio mail risalente al periodo 2013 - 2014, ascrivendo al comportamento del marito l'intenzione della moglie di allontanarsi periodicamente dal marito con la figlia; per effetto dell'accoglimento della domanda di addebito, il giudice di appello ha dichiarato assorbita la pronuncia relativa alla domanda di mantenimento. La sentenza impugnata ha, di converso, ritenuto non provato l'addebito della separazione alla moglie, fondato sul dedotto intento della madre di allontanare la figlia dal padre dalla casa coniugale di C, né ha tenuto conto di una successiva crisi della coppia, intervenuta nel periodo 20192020, per effetto di una relazione extraconiugale intrattenuta dal marito.
3. Propone ricorso per cassazione il Ba., affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso la Mo., la quale ha anch'essa depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 151 e 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente il nesso di causalità tra il comportamento assunto dal ricorrente e il giudizio di addebitabilità della separazione.
Osserva parte ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe valorizzato comportamenti estrapolati da conversazioni avvenute nel periodo 2012 - 2015, laddove la crisi coniugale si sarebbe manifestata solo nel 2019, così palesandosi per il periodo pregresso, da parte della moglie, la tollerabilità del clima familiare. In particolare, la moglie avrebbe imposto al marito di rimanere nella casa coniugale in C, laddove lei si sarebbe trasferita a Torino con la figlia da circa un decennio (2008 - 2009), per tornarvi durante i fine settimana. I comportamenti assunti da parte ricorrente sarebbero, quindi, da inquadrare in una relazione di coppia caratterizzata dalla decisione della moglie di allontanarsi periodicamente, da un decennio, dalla casa coniugale. Deduce, pertanto, che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente considerato assolto da parte della moglie l'onere di comprovare l'esistenza del nesso di causalità tra comportamento del ricorrente e intollerabilità della convivenza.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto addebitabile la separazione al marito, incorrendo in ultrapetizione, laddove il nesso eziologico tra intollerabilità della convivenza e condotte del ricorrente sarebbe stato incentrato su una relazione extraconiugale intrattenuta dal marito durante il periodo pandemico del 2020.
3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli art. 151 e 2697 cod. proc. civ., nonché, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti, nella parte in cui la sentenza impugnata ha omesso di considerare che i comportamenti oggetto di valutazione erano successivi all'allontanamento della moglie dalla casa coniugale e alla interruzione della convivenza coniugale. Parte ricorrente osserva che sin dal 2009 la presenza del coniuge nella casa coniugale si era fatta via via più saltuaria (con assenza ingiustificata, come ribadito in memoria), sicché - trattandosi di violazione del dovere di coabitazione - sarebbe essa stessa circostanza idonea e decisiva a determinare l'addebito della separazione alla moglie.
4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 151 e 156 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha disconosciuto il diritto del marito all'assegno di mantenimento, trattandosi di questione dipendente dall'illegittima declaratoria di addebito della separazione al ricorrente.
5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 91 cod. proc. civ., per avere la sentenza di appello condannato il ricorrente al pagamento dei due gradi delle spese di giudizio.
6. Il primo motivo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili, in conformità all'eccezione articolata da controricorrente e ribadita in memoria. I motivi non sono incentrati su una erronea ripartizione dell'onere della prova, bensì su una revisione della valutazione delle prove, preclusa in sede di legittimità, in un ambito familiare in cui la convivenza ha vissuto (come risulta dalla sentenza impugnata) tre distinte fasi di criticità, rispettivamente nel periodo 2008/2009, nel periodo 20122014 e, infine, nel periodo 2019/2020.
7. La sentenza impugnata ha valorizzato in termini causali, ai fini dell'intollerabilità della convivenza, la seconda fase di criticità, incentrata sul clima di tensione e di ripetute offese che si era generato per effetto di comportamenti ascrivibili al marito nel periodo 2012 -2014. Di converso, il giudice di appello ha escluso che avesse incidenza causale il comportamento posto in essere dalla moglie di iscrivere la figlia a una scuola a Torino nel periodo 2008/2009, così allontanando la figlia dalla casa coniugale ("Il Ba. non ha provato che l'origine della frattura coniugale fosse da ricondursi alla decisione unilaterale della moglie di iscrivere la figlia in una scuola a Torino, distante una trentina di chilometri da C, circostanza (risalente al 2009) che avrebbe comportato l'allontanamento dalla casa coniugale di moglie e figlia e la violazione dei doveri di assistenza morale e materiale fra i coniugi": pag. 5 sent. imp.). Nella specie, il giudice di appello ha escluso che l'allontanamento della figlia dalla casa coniugale sia avvenuto senza il consenso del padre, atteso il periodico ritorno di moglie e figlia in C e atteso il contributo dato dalla moglie al marito nel 2017 al pagamento delle spese della casa coniugale. E' stato, inoltre, valorizzato l'originario ricorso introduttivo del marito, ove si deduceva che "i coniugi e Chiara si riunivano il mercoledì sera a C e trascorrevano tutti i fine settimana in montagna o al mare, fino a che gli incontri vennero progressivamente a ridursi, per decisione della resistente" (sent. imp., loc. cit.). Ha, infine, ritenuto il giudice di appello di trascurare, come elemento causale idoneo a rendere intollerabile la convivenza, la relazione extraconiugale intrattenuta dal marito nel periodo 2019/2020, cosi ritenendo che l'intollerabilità della convivenza fosse causalmente da ricollegare al secondo ed esteso momento di crisi coniugale.
8. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'allontanamento dalla casa familiare, costituendo violazione del dovere di coabitazione, è fortemente pregnante come motivo di addebito, benché a condizione che abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, salvo che la convivenza fosse già in quel momento intollerabile (Cass., n. 11032/2024; Cass., n. 25966/2016); efficacia causale esclusa, dal giudice di appello, in quanto allontanamento concordato tra i coniugi, di carattere non definitivo, così come è stata esclusa l'efficacia causale della relazione extraconiugale del marito intrattenuta successivamente; valutazioni che rientrano nel potere-dovere del giudice di valutare e scegliere gli elementi di prova nell'esaminare le domande proposte dalle parti. Valutazioni che, a loro volta, incidono sul giudizio di efficienza causale di intollerabilità della convivenza, giudizio fondato pertanto su valutazioni in fatto incensurabili in sede di legittimità.
9. Infondato è, invece, il secondo motivo, posto che - secondo la giurisprudenza di questa Corte - il principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 cod. proc. civ., implica unicamente il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda, ma non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base a una ricostruzione dei fatti di causa - alla stregua delle risultanze istruttorie - autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti nonché in base all'applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall'istante (Cass., n. 16809/2008).
10. Non vi è, pertanto, violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ove il giudice proceda a una ricostruzione dei fatti differente da quella prospettata dalle parti, a condizione che la statuizione trovi corrispondenza nei fatti di causa e si basi su elementi di fatto ritualmente acquisiti in giudizio e oggetto di contraddittorio (Cass., n. 11112/2019; Cass., n. 3353/2016; Cass., n. 2209/2016; Cass., n. 18922/2011). Nella specie, il ricorrente non ha censurato la statuizione del giudice di appello, secondo cui i fatti valorizzati ai fini dell'addebitabilità della separazione erano stati introdotti nel corso del giudizio di primo grado ("che ella veniva insultata e denigrata anche avanti alla figlia, e che "Le violenze (fossero) passate ben presto da verbali a fisiche""). Pertanto, come deduce parte controricorrente, spetta al giudice del merito, nei limiti della domanda proposta, la valutazione dei fatti posti a fondamento della domanda e l'individuazione di quelli rilevanti ai fini della decisione. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
11. Sono, per l'effetto, assorbiti gli ultimi due motivi. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre raddoppio del contributo unificato.
Va disposto l'oscuramento delle generalità e dei dati identificativi degli interessati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell'art. 13 comma 1 - quater D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Va disposto l'oscuramento delle generalità e dei dati identificativi degli interessati.
Così deciso in Roma il 21 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2025.