Il rumore del traffico autostradale può causare un deprezzamento immobiliare?
In tal caso, il proprietario dell'immobile ha diritto a un indennizzo anche in assenza di esproprio?
Questa è la questione affrontata dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 631 del 10 gennaio 2025.
Nel caso di specie, i comproprietari di un immobile situato vicino all'autostrada G-S, hanno convenuto in giudizio la Società Autostrade per l'Italia Spa (ASPI), lamentando immissioni sonore e di gas di scarico che avrebbero superato i limiti di tollerabilità previsti dall'articolo 844 del Codice civile. Secondo i ricorrenti, queste immissioni avrebbero causato un deprezzamento significativo del valore commerciale dell'immobile e lesioni al loro diritto alla salute.
L'articolo 844 c.c. disciplina le immissioni, stabilendo che non devono superare la normale tollerabilità, specialmente quando sono in gioco i diritti fondamentali come la salute. In casi di danno patrimoniale, l'articolo 2058 c.c. consente il risarcimento in forma equivalente.
In questo contesto, il DPR n. 142/2004 fissa limiti pubblicistici per l'accettabilità delle immissioni sonore, ma la Cassazione ha costantemente ribadito che tali limiti non escludono la tutela civilistica offerta dall'articolo 844 c.c., soprattutto quando è coinvolto il diritto alla salute.
Il Tribunale di Savona aveva inizialmente riconosciuto il superamento delle soglie di tollerabilità delle immissioni, condannando ASPI all'installazione di barriere fonoassorbenti e al risarcimento per il danno esistenziale, senza però riconoscere un indennizzo per il deprezzamento dell'immobile.
In appello, la Corte di Genova ha ampliato la condanna, includendo il risarcimento per il deprezzamento immobiliare, stabilendo che le misure di mitigazione richieste non sarebbero state sufficienti a risolvere il problema delle immissioni.
ASPI ha ricorso in Cassazione, sostenendo l'applicazione esclusiva del DPR n. 142/2004 e contestando la base giuridica del risarcimento per il deprezzamento dell'immobile. La Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che l'articolo 844 c.c. mantiene la sua centralità nella risoluzione dei conflitti tra proprietà contigue, e che le normative pubblicistiche non possono limitare l'applicazione di tale articolo.
L'ordinanza in esame, conferma che, in caso di immissioni rumorose che superano i limiti di tollerabilità e causano un deprezzamento immobiliare, il proprietario ha diritto a un indennizzo, anche in assenza di un esproprio. L'applicazione delle normative pubblicistiche non può escludere la tutela civilistica garantita dall'articolo 844 c.c., soprattutto quando sono in gioco il diritto alla salute e la qualità della vita.
Cosa ci portiamo a casa? Il diritto alla salute e alla qualità della vita prevale sempre. Se vivi vicino a un'autostrada e subisci immissioni sonore eccessive, potresti avere diritto a un indennizzo. Ma non dimenticare: per far valere i tuoi diritti, serve la giusta strategia legale e un po' di pazienza!
In tema di immissioni acustiche, viene in rilievo l'art. 844 c.c., che detta una regola concepita per risolvere i conflitti di interesse tra usi diversi di unità immobiliari contigue qualora le immissioni superino la normale tollerabilità e che, solo in caso di svolgimento di attività produttive, consente l'elevazione della soglia di tollerabilità, sempre che non venga in gioco il diritto fondamentale alla salute, da considerarsi valore comunque prevalente rispetto a qualsiasi esigenza della produzione, in quanto funzionale al diritto ad una normale qualità della vita.
In tema di immissioni acustiche provocate dal traffico veicolare o comunque da attività connesse ai trasporti, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità (sia nella vigenza della disciplina di cui al D.P.R. n. 142/2008 evocato sia a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 6 ter del D.L. n. 208 del 2008, conv., con modif., dalla L. n. 13 del 2009), diversità di tutele a cui non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell'art. 844 c.c., con l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell'interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione.
Cassazione civile, sez. III, ordinanza 10/01/2025 (ud. 07/11/2024) n. 631
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione Be.Pa. e Be.Bi. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Savona la Società Autostrade Spa, assumendo: a) di essere comproprietari di un fabbricato sito in V, alla Via (Omissis), ubicato in prossimità dell'Autostrada G-S; b) che detta abitazione riceveva immissioni sonore e di gas di scarico provenienti dal vicino tracciato autostradale ritenute superiori alla normale tollerabilità secondo il criterio di cui all'articolo 844 c.c.; c) che le immissioni avrebbero loro causato una lesione del diritto alla salute, oltre a determinare un deprezzamento del valore commerciale dell'immobile stesso. Tanto dedotto in fatto, gli attori chiedevano la condanna della convenuta alla realizzazione di barriere fonoassorbenti idonee a ridurre il livello delle immissioni sonore, nonché la condanna al risarcimento del danno biologico, esistenziale e morale frutto delle predette immissioni, nonché la corresponsione di un indennizzo per il deprezzamento subito dall'immobile. La AUTOSTRADE PER L'ITALIA Spa (ASPI) si costituiva chiedendo il rigetto della domanda perché infondata.
Il Tribunale di Savona, con sentenza non definitiva, accertava il superamento "seppure in misura non rilevante" delle soglie di tollerabilità del rumore previsto dal D.P.R. n. 142/2004 e condannava Autostrade alla realizzazione di una barriera fonoassorbente atta a riportare le immissioni nei limiti di legge; rimetteva la causa sul ruolo per la valutazione degli eventuali danni alla salute in relazione al superamento dei limiti consentiti dal D.P.R. n. 142/2004; all'esito dell'istruttoria, con sentenza definitiva, accoglieva la domanda degli attori limitatamente al riconoscimento del danno esistenziale in relazione al minore godimento dell'immobile per effetto delle immissioni, senza alcun riconoscimento della domanda a titolo di danno biologico e di deprezzamento del bene.
2. Avverso le decisioni, non definitiva e definitiva, di prime cure proponevano appello Be.Pa. e Be.Bi.; si costituiva la appellata AUTOSTRADE PER L'ITALIA Spa
La Corte d'Appello di Genova, con la sentenza n. 466/2022 accoglieva parzialmente l'appello, ritenendo intollerabili le immissioni di rumore che interessano la proprietà degli appellanti ed atteso che le misure di mitigazione richieste dagli appellanti, oltre a comportare enormi problemi tecnici di attuazione, non sarebbero risolutive, ha condannato AUTOSTRADE PER L'ITALIA Spa a risarcire agli appellanti il danno da deprezzamento dell'immobile quantificato per equivalente ai sensi dell'art. 2058, comma 2, c.c. in Euro 951.252,03, oltre alle spese di primo e secondo grado di giudizio.
3. Per la cassazione della sentenza d'appello, ricorre la AUTOSTRADE PER L'ITALIA Spa sulla base di due motivi; con controricorso resistono Be.Pa. e Be.Bi.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell'art. 380-bis.1, cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato rispettive e distinte memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente lamenta la "Violazione e falsa applicazione dell'art. 6 ter L. 13/09, comma 1 bis. Violazione dei limiti esterni del sindacato giurisdizionale", per avere la Corte d'Appello mal statuito in merito alla esatta applicabilità delle due normative, quella pubblicistica e quella privatistica, in materia di immissioni. Assume la ricorrente che al caso di specie andava applicata la normativa pubblicistica sui limiti di accettabilità del rumore individuati dal D.P.R. 142/2004, richiamati e fatti propri dall'art. 6 ter della legge 27 febbraio 2009 n. 13 di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008 n. 208.
1.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis comma 1 in quanto la decisione d'appello ha applicato al caso di specie correttamente le norme in materia di tollerabilità delle immissioni e ciò ha fatto in ossequio agli arresti consolidati di questo giudice di legittimità.
E invero, da tempo questa Corte ha affermato che in tema di immissioni acustiche (nella specie, come nel caso in esame, provenienti da circolazione stradale), viene in rilievo l'art. 844 c.c., che detta una regola concepita per risolvere i conflitti di interesse tra usi diversi di unità immobiliari contigue qualora le immissioni superino la normale tollerabilità e che, solo in caso di svolgimento di attività produttive, consente l'elevazione della soglia di tollerabilità, sempre che non venga in gioco il diritto fondamentale alla salute, da considerarsi valore comunque prevalente rispetto a qualsiasi esigenza della produzione, in quanto funzionale al diritto ad una normale qualità della vita (Cass. Sez. 1, 12/07/2016 n. 14180; in senso conforme, Cass Sez. 2, n. 35856 del 2017).
Questa Corte si è più volte occupata della materia delle immissioni sonore provocate dal traffico veicolare o comunque da attività connesse ai trasporti o alla produzione ed è sempre pervenuta alla conclusione che in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità (sia nella vigenza della disciplina di cui al D.P.R. n. 142/2008 evocato sia a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 6 ter del D.L. n. 208 del 2008, conv., con modif., dalla L. n. 13 del 2009), diversità di tutele a cui non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell'art. 844 c.c., con l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell'interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione (cfr. tra tante, Cass. Sez. 3, 7/10/2016 n. 20198; Cass. Sez. 3, 16/10/2015 n. 20927).
La Corte d'Appello di Genova si è attenuta puntualmente ai principi di diritto sopra enunciati, avendo ritenuto non dirimente l'osservanza delle normative tecniche speciali, avendo accertato, nella specie, il superamento dei parametri secondo il criterio del c.d. "differenziale comparativo", di cui alla disciplina "generale" dettata dall'art. 4, comma 1, del DPCM 14 novembre 1997 e concluso per l'intollerabilità delle immissioni che interessano la proprietà dei Be.Pa. e Be.Bi.
2. Con il secondo motivo, la società ricorrente lamenta la "Violazione e falsa applicazione dell'art. 113 c.p.c. dell'art. 2043 cod. civ. difetto assoluto e contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti", per avere la Corte territoriale erroneamente determinato "che quei beni siano stati sottratti alla disponibilità dei controinteressati e che Autostrade dovrebbe corrispondere l'indennità di esproprio"; in particolare, la società ricorrente contesta la decisione della Corte d'Appello che avrebbe in tal modo adottato una pronuncia ultra petita atteso che gli attori avevano richiesto il risarcimento del danno conseguente alla rumorosità proveniente dalla sottostante autostrada ma mai prospettato una fattispecie espropriativa che ha connotazioni e caratteristiche del tutto particolari; contesta altresì il criterio adottato dalla decisione di appello in merito alla corresponsione dell'indennizzo perché erroneamente ancorato al raffronto con l'indennità di espropriazione, senza adeguata istruttoria, generando, a parere della società ricorrente, una determinazione illogica ed illegittima.
2.1. Il secondo motivo di ricorso si rivela in parte inammissibile e in parte infondato.
2.1.1. Va innanzitutto evidenziato che la censura non si conforma al disposto dell'art. 366 nn. 4 e 6 c.p.c. né richiama espressamente e chiaramente alcun preciso vizio di legittimità in cui la pronuncia sarebbe incorsa, né si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata.
In tema di giudizio di cassazione, trattandosi di rimedio a critica vincolata il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito (Cass. Sez. U - Sentenza n. 23745 del 28/10/2020) né essendo al riguardo sufficiente un'affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 4905 del 24/02/2020).
2.1.2. È infondata la censura di contraddittorietà della motivazione.
La Corte di merito, lungi dall'aver motivato con una motivazione intrinsecamente contraddittoria, ha dato conto sul punto delle considerazioni specifiche svolte dal consulente tecnico d'ufficio il quale aveva sostenuto che in conseguenza di tali limitazioni il valore della proprietà de qua poteva ritenersi dimezzato (cfr. terzultima pag. della sentenza impugnata), sicché la motivazione sussiste e non è contraddittoria e sotto tale profilo, la società ricorrente mostra altresì di non cogliere la ratio decidendi della decisione impugnata e tende surrettiziamente ad ottenere una rivalutazione del merito.
3. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità vengono poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell'art. 13 del D.P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 15.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell'art. 13 del D.P.R. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione del 7 novembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2025.