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Debiti condominiali anteriori all’acquisto: il condomino può opporsi all’esecuzione?

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.7489 del 20/03/2025

Il condomino può opporsi all’esecuzione se il debito condominiale è anteriore all’acquisto dell’immobile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7489 del 20 marzo 2025, risponde affermativamente.

Il nuovo proprietario non è automaticamente responsabile dei debiti condominiali sorti prima dell’acquisto.

La vicenda in esame

Il caso di specie, riguarda un immobile acquistato nel 2010, mentre la delibera condominiale per lavori di ristrutturazione risaliva al 2005.

L'impresa incaricata dei lavori, forte di una sentenza del 2016 di condanna del condominio, aveva notificato un precetto di circa 10.000 euro al nuovo proprietario.

Quest'ultimo ha proposto opposizione all'esecuzione, affermando la propria estraneità al debito, in quanto non condomino all'epoca della delibera.

Le norme e la giurisprudenza

Secondo l'art. 63 disp. att. c.c., il condomino risponde pro quota dei debiti condominiali, ma solo se era proprietario al momento della delibera che ha generato l'obbligazione.

La giurisprudenza (Cass. 21094/2023; Cass. 11199/2021) conferma che il debito condominiale grava sul proprietario dell'immobile al momento della deliberazione. Inoltre, la rappresentanza processuale dell'amministratore ex art. 1131 c.c. non è assoluta: non può vincolare il condomino per vicende a lui estranee.

La decisione della Cassazione

La Corte d'appello di Genova aveva dato torto al condomino, ritenendo che la sentenza del 2016 avesse efficacia esecutiva anche nei suoi confronti, poiché a quella data egli era già condomino.

La Cassazione ha invece ribaltato la decisione: la sentenza contro il condominio ha efficacia esecutiva, ma non impedisce al singolo condomino di eccepire la propria estraneità.

In pratica, se il debito nasce prima dell'acquisto, il nuovo proprietario può opporsi all'esecuzione facendo valere una eccezione personale. Questo perché la sua posizione non era rappresentabile nel giudizio contro il condominio, e non poteva essere veicolata dall'amministratore.

La Corte chiarisce che il giudicato formato nel processo contro il condominio non si estende automaticamente ai singoli condomini per vicende a loro estranee. Di conseguenza, il condomino può sollevare l'eccezione anche in sede esecutiva, senza dover intervenire nel giudizio originario.

Conclusione

La Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Genova.
Alla luce della pronuncia, quindi, il condomino può opporsi all'esecuzione forzata se il credito verso il condominio è sorto prima che egli ne diventasse parte.

Allora occhio alle date delle delibere quando si compra casa in condominio: potrebbero arrivare precetti ereditati dal passato.

Debito condominiale, diritto di opposizione in sede di esecuzione del singolo condomino, ammissibilità

Se la sentenza di condanna del condominio, in via generale, ha efficacia e costituisce titolo esecutivo nei confronti dei condomini, sia con riguardo alla esistenza che all'ammontare del credito, per ciò stesso non resta preclusa in modo assoluto al singolo condomino il diritto di opporre, in sede di esecuzione, la propria estraneità al debito accertato nei confronti dell'ente condominiale.

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Cassazione civile, sez. II, sentenza 20/03/2025 (ud. 12/12/2024) n. 7489

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 2019 Fr.Pa. propose opposizione al precetto notificatogli dalla IMPRESA EDILE Di. Restauri Civili e Monumentali Sas per il pagamento della somma di Euro 9.437,05, corrispondente, pro quota, all'importo al cui pagamento il Tribunale di Genova, con sentenza dell'11. 1. 2016, aveva condannato il condominio di via (Omissis) a titolo di corrispettivo per i lavori di rifacimento della facciata. L'opponente motivò la sua domanda assumendo di non dover rispondere del debito per avere acquistato l'unità immobiliare facente parte del condominio nel 2010, in epoca posteriore alla delibera condominiale che aveva disposto i lavori in appalto, adottata nel 2005.

Nel contraddittorio delle parti, il Tribunale di Genova accolse in parte l'opposizione, ritenendo sussistente il credito dell'impresa limitatamente all'importo delle spese legali liquidate dalla citata sentenza del 2016, ma negandolo in relazione alla parte del corrispettivo dell'appalto dalla stessa liquidato.

Proposta impugnazione da parte della IMPRESA EDILE Di., con sentenza n. 152 del 17.2.2023 la Corte di appello di Genova, in riforma della decisione di primo grado, rigettò in toto l'opposizione. Motivò tale conclusione sul rilievo che la sentenza del Tribunale di Genova del 2016, che aveva condannato il condominio al pagamento di una somma a titolo di corrispettivo dei lavori eseguiti dalla impresa in suo favore, costituiva titolo esecutivo nei confronti dell'opponente, risultando il relativo giudizio introdotto dopo che questi, a seguito dell'acquisto dell'unita abitativa, aveva assunto la qualità di condomino. L'amministratore del condominio, la cui costituzione in giudizio era stata espressamente autorizzata dall'assemblea condominiale del 5.9.2011, rappresentava infatti anche l'opponente e la decisione emessa in quel giudizio spiegava piena efficacia anche nei suoi confronti.

Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 19. 4. 2023, ha proposto ricorso Fr.Pa., sulla base di un unico motivo.

L'IMPRESA EDILE Di. Restauri Civili e Monumentali Sas ha notificato controricorso.

Il P. M. e le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

L'unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1131,2909 c.c. e 63 disp. att. stesso codice, censurando la decisione impugnata per avere ritenuto che la sentenza del giudizio di merito del 2016, in quanto pronunciata nei confronti del condominio, dopo che l'opponente era diventato condomino, costituisse titolo esecutivo anche nei suoi confronti, senza considerare che il credito riconosciuto da detta sentenza era sorto nel 2005, a seguito della delibera condominiale che aveva disposto l'esecuzione dei lavori, adottata quando il Fr.Pa. non era condomino. Ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., l'opponente non poteva pertanto essere chiamato a rispondere del debito del condominio. Né la sentenza di condanna pronunciata contro di quest'ultimo poteva avere efficacia nei suoi confronti, avendo essa accertato l'obbligo del condominio nel suo complesso, ma non quello specifico di ciascun condomino. Rimanevano pertanto estranee e non coperte dal giudicato le eccezioni di carattere personale suscettibili di essere sollevate da ciascun condomino, tra cui quella del difetto di titolarità passiva del rapporto debitorio.

Il motivo è fondato.

La questione di diritto sollevata ha per oggetto la possibilità per il singolo condomino di opporre al creditore, in sede di esecuzione della sentenza di condanna emessa a carico del condominio, la propria estraneità al debito del condominio, per avere acquistato l'immobile in epoca successiva alla assunzione del debito. Nello specifico, la sentenza aveva condannato il condominio al pagamento del corrispettivo dei lavori dati in appalto ed il condomino, proponendo opposizione al precetto che gli aveva chiesto la corresponsione pro quota della somma liquidata, aveva dedotto il proprio difetto di titolarità passiva del rapporto obbligatorio, per avere acquistato l'unità abitativa facente parte del condominio dopo l'adozione della delibera che aveva approvato i lavori, pur essendo il giudizio di merito svoltosi quando egli era già condomino.

Va segnalato che il tema controverso non riguarda, in generale, su chi gravi, nel caso di vendita di un immobile facente parte di un condominio, l'obbligo di pagare i lavori di manutenzione straordinaria dello stabile comune. La relativa questione non è sollevata in questo giudizio, ma, anzi, data per risolta nel senso che, conformemente alla giurisprudenza, in caso di opere consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione delle parti comuni, il debito deve ritenersi assunto da colui che era proprietario al momento della adozione della delibera di approvazione dei lavori (Cass. n. 21094 del 2023; Cass. n. 11199 del 2021). Non è in discussione, pertanto, il principio secondo cui, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., il condomino che acquista successivamente alla delibera non sia obbligato, nemmeno in via solidale, al pagamento dei lavori in questione.

Tanto precisato, la soluzione accolta dalla sentenza impugnata, che ha riconosciuto, nella situazione descritta, l'efficacia della pronuncia di condanna del condominio nei confronti dell'opponente risulta argomentata sulla base del principio, del tutto consolidato, che il giudicato formatosi all'esito di un processo in cui sia stato parte l'amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti in giudizio, atteso che il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini e l'amministratore ne ha, per legge, la rappresentanza processuale (art. 1131 c.c.) (Cass. n. 4436 del 2017; Cass. n. 12911 del 2012; Cass. n. 12343 del 2002). La sentenza contro il condominio, pertanto, autorizza il creditore ad agire in via esecutiva nei confronti dei singoli condomini. Nel caso di specie è pacifico che la citazione in giudizio del condominio e la stessa delibera con cui l'ente ha deciso di costituirsi nel relativo giudizio siano intervenute dopo il perfezionarsi dell'acquisto dell'immobile da parte dell'opponente, quando cioè egli aveva già acquistato la qualità di condomino. La conseguenza che ne ha tratto la Corte di appello è che, pertanto, l'impresa fosse, nel caso di specie, in possesso di un titolo esecutivo efficace nei confronti dell'opponente.

Secondo la Corte distrettuale la conclusione che il condomino non possa opporre, in sede di esecuzione, la sua particolare posizione di estraneità rispetto al debito del condominio, discenderebbe anche dal principio, generalmente riconosciuto nell'ambito dei rimedi posti a disposizione del debitore nella fase esecutiva, che con l'opposizione all'esecuzione promossa in base ad un titolo di formazione giudiziale possono essere dedotti fatti estintivi, impeditivi o modificativi verificatisi dopo, ma non fatti precedenti (Cass. n. 3277 del 2015; Cass. n. 3716 del 2020, che individua tale momento nella maturazione delle preclusioni processuali intervenute nel giudizio di cognizione che ha portato alla formazione del titolo).

La conclusione raggiunta dalla Corte di appello è pertanto che il condomino non può opporre nella fase esecutiva la propria estraneità al debito accertato giudizialmente a carico del condominio di cui fa parte.

Il ragionamento seguito dalla sentenza impugnata non appare condivisibile.

La conclusione accolta sconta, in particolare, una evidente criticità sotto il profilo della tutela da riconoscere al condomino nella particolare situazione dedotta in giudizio. Va in proposito evidenziato che la negazione della possibilità per il condomino di far valere, in sede di opposizione a precetto, il proprio difetto di titolarità passiva rispetto al credito fatto valere dal terzo nei confronti del condominio passa necessariamente attraverso il riconoscimento della sua possibilità di sollevare la suddetta eccezione nel giudizio che ha portato alla formazione del titolo. Una diversa soluzione, infatti, porterebbe a negare in toto la facoltà della parte di rappresentare la propria posizione di estraneità al debito contratto dal condominio, con evidente compromissione del suo diritto di difesa, non lasciandogli altro rimedio che quello di ripetere da chi era condomino al momento della assunzione dell'obbligazione da parte del condominio quanto indebitamente pagato.

Il tema rimanda quindi alla questione se, nella situazione descritta, il condomino possa var valere la sua posizione di estraneità al debito nel procedimento introdotto, in via monitoria o in via di azione ordinaria, dal creditore nei confronti del condominio.

La risposta, tenendo conto dell'orientamento della giurisprudenza e, quindi, del profilo della effettività delle tutele apprestata dall'ordinamento, appare essere negativa.

Nello specifico, l'indirizzo prevalente di questa Corte non riconosce al singolo condomino la legittimazione a proporre opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, né a proporre in via autonoma impugnazione nei confronti della sentenza ad esso sfavorevole (Cass. n. 7053 del 2024; Cass. n. 20282 del 2023; Cass. n. 15567 del 2018; contra: Cass. n. 40857 del 2021). Ciò che viene riconosciuto al condomino, quando l'azione del terzo riguardi un diritto di credito relativo ad una obbligazione assunta dal condominio, al di fuori cioè dei casi in cui la lite investa diritti dei condomini sulle parti comuni dell'edificio e quindi diritti reali (Cass. S.U. n. 10934 del 2019; Cass. n. 22116 del 2023), è solo l'intervento adesivo dipendente, a sostegno delle ragioni del condominio (Cass. n. 7053 del 2024). Ora, a parte il rilievo, di per sé assorbente, che l'intervento del condomino nel giudizio è volontario, cioè facoltativo, e non è assimilabile ad un onere, il che evidentemente impedisce di far discendere, dalla sua mancanza, alcuna conseguenza negativa a suo carico, la stessa natura della sua eventuale partecipazione al giudizio, qualificata come intervento ad adiuvandum, porta ad assegnargli una posizione subalterna rispetto a quella della parte di cui sostiene le ragioni, essendo precluso, per giurisprudenza consolidata, all'interveniente adesivo proporre domande ed eccezioni autonome e, in generale, ampliare il tema del contendere.

Deve, pertanto, essere affermato che il quadro normativo non appare consentire al condomino, nella situazione descritta, di eccepire nei confronti del terzo creditore la propria estraneità al debito del condominio convenuto. Né può assumere autonoma rilevanza il fatto che l'azione del creditore venga esercitata verso il condominio nel momento in cui egli, essendo divenuto proprietario dell'unità immobiliare che ne fa parte, abbia acquistato la qualità di condomino, atteso che la posizione di estraneità che egli vanta rispetto al debito del condominio ha natura strettamente personale e privata ed è sostanzialmente estranea alle difese del condominio, con l'effetto che essa non può essere veicolata attraverso la rappresentanza processuale del suo amministratore. La natura e consistenza della eccezione sollevabile dal condomino, nell'ipotesi considerata, determina quindi una frattura del rapporto di rappresentanza processuale in capo all'amministratore di condominio, la cui posizione sostanziale è indifferente rispetto a quella del condomino. Deve convenirsi, sotto questo profilo, con l'osservazione svolta dalla difesa del ricorrente, secondo cui la sentenza di condanna viene pronunciata nei confronti del condominio, ma non accerta anche e non spiega efficacia assoluta sulla posizione debitoria dei singoli condomini, che per particolari vicende personali potrebbero non rispondere del debito verso il terzo.

Cade pertanto il presupposto giuridico su cui la decisione della Corte di appello appare argomentata, vale a dire che la pronuncia di condanna nei confronti del condominio estende il suo giudicato anche su tutte le questioni sollevabili dai singoli condomini, potendo essi intervenire nel relativo giudizio. Ne discende che rimane travolta anche la conclusione che, nella situazione descritta, la posizione di estraneità al debito del condominio, in quanto preesistente alla formazione del titolo, non avrebbe potuto essere sollevata in sede di opposizione esecutiva. In realtà, non essendo tale situazione rappresentabile dal singolo condomino nel giudizio instaurato nei confronti del condominio, è giocoforza ammettere che essa possa essere sollevata dall'interessato in sede di esecuzione della sentenza.

Deve quindi affermarsi che, se la sentenza di condanna del condominio, in via generale, ha efficacia e costituisce titolo esecutivo nei confronti dei condomini, sia con riguardo alla esistenza che all'ammontare del credito, per ciò stesso non resta preclusa in modo assoluto al singolo condomino il diritto di opporre, in sede di esecuzione, la propria estraneità al debito accertato nei confronti dell'ente condominiale.

La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, che si atterrà nel decidere ai principi di diritto sopra esposti e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 12 dicembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2025.

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