Pubblicato il

Indebito bancario: come ottenere la restituzione se mancano dei documenti

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.8175 del 28/03/2025

Se la banca non consegna gli estratti conto, il cliente può chiedere la ripetizione dell'indebito?

Sulla questione interviene la Cassazione con l'ordinanza n. 8175 del 28 marzo 2025.

La vicenda in esame

Nel caso esaminato, una società ha agito in giudizio per la ripetizione dell'indebito nei confronti della banca, contestando:

  • interessi non dovuti, fissati con rinvio alle "condizioni di piazza";

  • capitalizzazione trimestrale ritenuta illegittima;

  • spese e commissioni non pattuite contrattualmente.

Il conto corrente era stato aperto nel 1987 e chiuso nel 1999, ma gli estratti conto prodotti in giudizio partivano solo dal 1991 ed erano incompleti. Il CTU aveva ricostruito l'andamento del conto, ma sulla base di dati parziali e con metodo ritenuto dalla Corte d'appello "astratto e artificioso". La domanda è stata quindi respinta. La società ha impugnato la decisione in Cassazione.

I principi in materia

Secondo la Corte di Cassazione:

  • L'onere della prova spetta al cliente (art. 1832 c.c.). Chi agisce in ripetizione deve fornire documentazione completa.

  • Il cliente può richiedere alla banca gli estratti conto degli ultimi dieci anni ex art. 119, comma 4, TUB.

  • Se la banca non risponde entro 90 giorni, si può presentare istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. in giudizio.

  • L'art. 210 c.p.c. è uno strumento residuale e non può essere usato a fini "esplorativi".

La decisione della Cassazione

Nel caso specifico, la società non aveva dimostrato di aver richiesto gli estratti conto ex art. 119 TUB prima di chiedere l'esibizione in giudizio. Per questo motivo, l'istanza ex art. 210 c.p.c. è stata ritenuta inammissibile.

Inoltre, la documentazione prodotta risultava insufficiente: mancavano gli estratti iniziali e non erano presenti elementi sostitutivi validi (es. contabili bancarie). La consulenza tecnica si basava su ipotesi non attendibili. Da qui, il rigetto della domanda.

La Cassazione ha confermato: senza prova documentale completa, la pretesa di restituzione non può essere accolta.

Conclusione

Cosa ci portiamo a casa?

Chi intende recuperare somme indebitamente versate a una banca deve prima:

  1. Chiedere formalmente la documentazione degli ultimi 10 anni (art. 119 TUB);

  2. Aspettare 90 giorni;

  3. Solo dopo, se la banca non risponde, presentare istanza di esibizione (art. 210 c.p.c.).

Conto corrente, diritto del cliente di ottenere la consegna di copia della documentazione, condizioni

Il diritto del cliente di ottenere, ex art. 119, comma 4, D.Lgs. n. 385 del 1993, la consegna di copia della documentazione relativa alle operazioni dell'ultimo decennio può essere esercitato, nei confronti della banca inadempiente, attraverso un'istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. nel corso di un giudizio, a condizione che la documentazione invocata sia stata precedentemente fatta oggetto di richiesta - non necessariamente stragiudiziale - e siano decorsi novanta giorni senza che l'istituto di credito abbia proceduto alla relativa consegna.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 28/03/2025 (ud. 13/03/2025) n. 8175

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 842/2020, pubblicata in data 17 giugno 2020, la Corte d'Appello di L'Aquila, nella regolare costituzione dell'appellata - nonché appellante incidentale - FAGIS Srl, ha accolto l'appello proposto da BANCA DELL'ADRIATICO Spa avverso la sentenza del Tribunale di Chieti n. 584/2015, pubblicata in data 16 ottobre 2015 e, per l'effetto, ha integralmente respinto la domanda originariamente formulata dalla stessa FAGIS Srl

2. Quest'ultima aveva adito il Tribunale di Chieti, chiedendo la condanna del Banco di Napoli (poi BANCA DELL'ADRIATICO Spa) alla ripetizione di quanto indebitamente corrisposto in relazione al rapporto di conto corrente n. 27/3785 aperto in data 21 maggio 1987 ed estinto in data 8 settembre 1999.

La società, infatti, aveva contestato l'applicazione di interessi non dovuti, in quanto pattuiti con rinvio illegittimo alle "condizioni di piazza"; della capitalizzazione trimestrale; di spese e di commissione massimo scoperto non pattuite.

3. Il Tribunale di Chieti aveva accolto parzialmente la domanda di parte attrice, affermando la nullità della clausola di capitalizzazione degli interessi e sostituendo il tasso di interesse pattuito con il tasso d'interesse legale ma escludendo il superamento tasso soglia se non in periodi in cui il saldo era attivo.

4. La Corte d'Appello ha accolto il gravame dell'Istituto di credito, affermando che la società odierna ricorrente, la quale aveva agito a titolo di ripetizione di indebito, non aveva assolto gli oneri probatori su di essa gravanti, in quanto aveva prodotto estratti conto decorrenti dall'anno 1991 – e quindi da data successiva all'apertura del conto – nonché, ulteriormente, incompleti, risultando assenti gli estratti conto di diversi periodi, al punto che la ricostruzione contabile operata con la consulenza tecnica disposta in primo grado era venuta a colmare tali carenze "ricorrendo a ricostruzioni astratte e artificiose".

La Corte territoriale ha quindi concluso che la determinazione finale del saldo e delle somme non dovute operata nel giudizio di prime cure risultava priva di riscontri documentali a causa delle carenze nelle prove offerte dalla società.

5. Per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di L'Aquila ricorre FAGIS Srl

Resiste con controricorso INTESA SANPAOLO Spa (già BANCA DELL'ADRIATICO Spa).

6. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1, c.p.c.

Le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è affidato a quattro motivi.

1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e art. 112 c.p.c. "anche in relazione al principio di vicinanza della prova e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato".

Dopo aver sottolineato che l'azione della ricorrente consisteva in una domanda di ripetizione di indebito, si censura la decisione impugnata in quanto la stessa avrebbe gravato la medesima ricorrente dell'onere di operare la ricostruzione dell'andamento dell'intero rapporto.

Deduce, per contro, di avere prodotto documentazione che comunque veniva ad evidenziare la sussistenza di addebiti non dovuti e che la consulenza tecnica d'ufficio – che la decisione impugnata ha ritenuto non attendibile – si era limitata ad elidere proprio tali addebiti.

Argomenta che la decisione impugnata, affermando l'onere della produzione dell'integralità dei documenti relativi all'andamento del rapporto, sarebbe venuta a violare l'art. 2697 c.c.

1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c.; 115, 116 e 210 c.p.c.; 117 e 119, comma 4, D.Lgs. n. 385/1993.

Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d'Appello avrebbe

- erroneamente affermato l'esistenza di lacune documentali nella ricostruzione dell'andamento del conto corrente, omettendo di rilevare la presenza per tutti i periodi dell'estratto conto scalare riepilogativo ed avrebbe quindi "travisato" i documenti posti alla base delle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio;

- altrettanto erroneamente affermato che le conclusioni della consulenza si basavano su ipotesi artificiose e svincolate dai dati documentali, mentre la consulenza avrebbe invece operato proprio sulle risultanze documentali – in parte offerte dal consulente di parte della stessa controricorrente - limitandosi a stornare dal saldo gli addebiti non dovuti;

- omesso di rilevare che la ricorrente, sin dall'introduzione del primo grado di giudizio aveva formulato istanza di emissione di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. violando in tal modo anche l'art. 119 TUB;

- omesso di valutare l'atteggiamento di non contestazione adottato dall'odierna controricorrente.

1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Si censura la decisione impugnata in quanto la stessa avrebbe omesso di pronunciarsi sull'appello incidentale con il quale la ricorrente aveva censurato la decisione di prime cure sia nella parte in cui, pur in mancanza di un'apertura di credito, aveva escluso il carattere indebito di addebiti per competenze calcolate sul conto salvo buon fine sia nella parte in cui aveva disposto la parziale compensazione delle spese di lite.

1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all'art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per "mancanza di motivazione o motivazione apparente" ex art. 132 n. 4 c.p.c.

In relazione alle censure formulate con i primi tre motivi di ricorso la ricorrente deduce ulteriormente la nullità della sentenza impugnata, argomentando che la motivazione della medesima sarebbe assente e caratterizzata da plurime carenze.

2. Preliminarmente deve essere disattesa l'eccezione formulata dalla controricorrente in ordine alla procura rilasciata al difensore della ricorrente, valendo sul punto – come rammentato dalla stessa controricorrente – il principio enunciato da Cass. Sez. U - Ordinanza n. 29175 del 21/12/2020.

3. Il ricorso è, nel complesso, inammissibile.

3.1. Quanto al primo motivo, si deve osservare che questa Corte, in numerosi propri precedenti, ha chiarito che, nei rapporti di conto corrente bancario, l'onere probatorio gravante sul correntista che agisca per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca viene ad essere assolto tramite il deposito dell'integralità degli estratti conto periodici oppure tramite la produzione di altri strumenti rappresentativi delle movimentazioni - come le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o le risultanze delle scritture contabili – ed ha altresì fissato i criteri che devono essere seguiti dal giudice di merito nei casi in cui tale documentazione presenti delle lacune (tra le molte, Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 37800 del 27/12/2022; Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 11735 del 02/05/2024), giungendo, recentemente, ad un'armonizzazione dei criteri applicabili nella non infrequente presenza di domande contrapposte tra correntista ed istituto di credito (Cass. Sez. 1 - Sentenza n. 1763 del 17/01/2024).

Deve però essere ribadito che i criteri in tal modo individuati da questa Corte postulano in ogni caso la verifica, da parte del giudice di merito, della possibilità di superare le lacune presenti nella documentazione in modo da pervenire ad un esito non meramente ipotetico in ordine alla ricostruzione complessiva dell'andamento del conto corrente, essendo, ad esempio, necessario valutare se l'entità e l'estensione temporale delle lacune riscontrate nella documentazione complessivamente disponibile non vengano ad impedire nel concreto l'operazione di ricostruzione contabile, essendo evidente che, quanto maggiore è il numero delle lacune e quanto maggiore è l'arco temporale nel quale la documentazione viene ad essere carente, tanto più ardua risulta una ricostruzione attendibile anche seguendo i criteri dettati da questa Corte.

Si deve, quindi, ribadire che sia la possibilità di procedere ad una attendibile integrazione della prova documentale carente in ordine all'andamento del conto corrente sia la concreta applicabilità dei criteri dettati da questa Corte per operare la ricostruzione di tale andamento e financo la valutazione dell'attendibilità dello stesso tentativo di ricostruzione operato dal consulente nominato dal giudice di merito risultano rimessi alla insindacabile – purché motivata - valutazione del giudice stesso (Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 31187 del 03/12/2018; Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 10293 del 18/04/2023), potendo il giudice di merito pervenire, nel singolo caso concreto, sia alla conclusione per cui, pur facendo ricorso ai criteri dettati da questa Corte, risulta preclusa, a causa delle carenze probatorie, un'affidabile ricostruzione dell'andamento del conto corrente, sia all'opposta conclusione per cui la documentazione disponibile consente, anche mediante il ricorso alla consulenza tecnica d'ufficio, di giungere ad una ricostruzione caratterizzata da adeguata attendibilità.

Tornando, allora, al caso di specie si deve rilevare che la decisione impugnata – con valutazione ad essa riservata – è pervenuta alla conclusione per cui le lacune negli estratti conto prodotti in giudizio – lacune peraltro dettagliatamente elencate – nonché l'assenza di altri elementi documentali sostitutivi che a tali lacune potessero sopperire risultavano così rilevanti da non consentire un'adeguata ricostruzione dell'andamento del conto corrente in modo da corroborare la domanda originariamente avanzata dall'odierna ricorrente, ed è quindi pervenuta, nella propria veste di peritus peritorum, alla conclusione per cui anche l'ipotesi ricostruttiva elaborata dalla consulenza tecnica d'ufficio non presentava adeguati requisiti di affidabilità.

La ricorrente censura tale approdo, ma è facile constatare che le censure formulate con il motivo non vengono in concreto ad individuare alcun concreto inadeguato governo degli artt. 2697 c.c. e 112 c.p.c. – avendo, anzi, la Corte territoriale correttamente applicato la corretta ripartizione degli oneri probatori, decidendo sulle domande formulate dalle parti – ma si sostanziano in una critica alla valutazione del giudice di merito in ordine alla sussistenza di adeguato suffragio probatorio a sostegno della domanda della ricorrente stessa, traducendosi, quindi, in un inammissibile sindacato rivolto al merito della decisione.

3.2. Molteplici sono i profili di inammissibilità del secondo motivo come, del resto, molteplici – ed eterogenee - sono le censure dallo stesso formulate.

Le deduzioni concernenti la presenza in atti degli estratti conto scalari riepilogativi, in primo luogo, non sono minimamente riconducibili all'ipotesi di travisamento della prova, nei (ristretti) limiti recentemente individuati da questa Corte (Cass. Sez. U - Sentenza n. 5792 del 05/03/2024), e si traducono – come evidenzia l'eloquente asserzione "(...) la Corte ha errato nel valutare i documenti in atti (...)" a pag. 17 del ricorso – in una mera censura della valutazione delle prove operata dal giudice di merito e ad esso riservata.

Parimenti inammissibili risultano le censure indirizzate, questa volta, alla valutazione delle risultanze della CTU operata dal giudice di merito, rientrando tra i poteri del giudice, quale peritus peritorum, anche quello di disattendere gli esiti della consulenza tecnica d'ufficio (Cass. Sez. 3 - Ordinanza n. 200 del 11/01/2021; Cass. Sez. 2 - Sentenza n. 30733 del 21/12/2017; Cass. Sez. L, Sentenza n. 17757 del 07/08/2014), essendo tale potere subordinato unicamente all'obbligo – nella specie assolto – di motivare le ragioni del dissenso, non senza rilevare, peraltro, il mancato rispetto della regola di specificità di cui all'art. 366 c.p.c., dal momento che la ricorrente opera un richiamo assolutamente sommario ai contenuti della consulenza tecnica, senza neppure procedere alla sua localizzazione in atti.

Parte ricorrente, poi, viene a dolersi del mancato accoglimento della propria istanza ex art. 210 c.p.c., peraltro operando una sovrapposizione tra tale previsione, di natura processuale, e la ben diversa norma, di natura sostanziale, di cui all'art. 119 TUB, e questo nonostante di tale differenza la parte si mostri ben consapevole (pag. 22 ricorso).

Il limite fondamentale delle deduzioni sul punto, tuttavia, è costituito dal fatto che il motivo di ricorso omette radicalmente di specificare – in ciò violando ulteriormente l'art. 366 c.p.c. – se, nella fase anteriore al giudizio si fosse proceduto alla formulazione di richiesta ex art. 119 TUB.

Occorre, allora, ribadire, il principio, da questa Corte affermato, per cui il diritto del cliente di ottenere, ex art. 119, comma 4, D.Lgs. n. 385 del 1993, la consegna di copia della documentazione relativa alle operazioni dell'ultimo decennio può essere esercitato, nei confronti della banca inadempiente, attraverso un'istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. nel corso di un giudizio, a condizione che la documentazione invocata sia stata precedentemente fatta oggetto di richiesta - non necessariamente stragiudiziale - e siano decorsi novanta giorni senza che l'istituto di credito abbia proceduto alla relativa consegna (Cass. Sez. 1 - Sentenza n. 24641 del 13/09/2021; Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 23861 del 01/08/2022; Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 9082 del 31/03/2023; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9807 del 2024).

Né vale dedurre, come fa parte ricorrente, che era l'istituto di credito ad essere onerato, ex art. 2697 c.c., della produzione integrale degli estratti conto, giacché questa affermazione si pone in frontale contrasto con il principio – rammentato anche poc'anzi – per cui è il correntista che agisce in ripetizione di indebito ad essere tenuto a fornire la prova della propria pretesa restitutoria, producendo la documentazione a supporto della medesima.

Questo onere probatorio – già di per sé non oneroso, stante l'operatività dell'art. 1832 c.c., a non voler considerare, almeno in prospettiva, l'ormai sempre più diffusa gestione on line dei rapporti e quindi la reperibilità informatica dei dati – può trovare un indubbio alleggerimento proprio tramite l'esercizio del diritto sostanziale di cui all'art. 119 TUB, che tuttavia, proprio per questo, viene a condizionare la successiva ammissibilità di un'istanza ex art. 210 c.p.c., la quale, diversamente, presenterebbe caratteri esplorativi incompatibili con lo specifico strumento processuale.

Risulta, allora, inammissibile la censura indirizzata alla decisione impugnata per non aver accolto l'istanza ex art. 210 c.p.c. formulata in sede di prime cure nel momento in cui la doglianza omette radicalmente di specificare se innanzi alla Corte territoriale detta istanza fosse stata formulata (recte rinnovata) in presenza dei presupposti poc'anzi individuati.

Quanto alle deduzioni della ricorrente in ordine all'omessa valorizzazione di un – peraltro non specificato – atteggiamento di non contestazione della controricorrente, è sufficiente il richiamo al principio per cui spetta al giudice del merito apprezzare, nell'ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l'esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte, la quale, ex art. 115 c.p.c., produce l'effetto della relevatio ad onere probandi (Cass. Sez. 2 - Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019), in quanto tale apprezzamento esige l'interpretazione del contenuto e dell'ampiezza della domanda e delle deduzioni delle parti, da ciò derivando che l'accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d'una non contestazione risulta sindacabile in cassazione solo per solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (Cass. Sez. 2 - Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10182 del 03/05/2007).

3.3. Quanto al terzo motivo, la sua inammissibilità discende dalla constatazione che il suo nucleo argomentativo non è in alcun modo riferito ad una ipotesi di omesso esame di fatti, nei limiti e con le modalità reiteratamente individuati da questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Cass. Sez. 6 - 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014; Cass. Sez. 3 - Sentenza n. 9253 del 11/04/2017), ma si sostanzia nella ben diversa deduzione – peraltro esplicitata – di omessa statuizione sui motivi dell'appello incidentale formulati dall'odierna ricorrente se non, addirittura, nella deduzione del ben distinto vizio di omessa motivazione, pur avendo la stessa ricorrente ben compreso che la Corte territoriale non si è occupata di tali motivi per averli ritenuti assorbiti dall'accoglimento dell'appello principale.

Al di là di tale considerazione conclusiva, peraltro, resta, la constatazione dell'assoluta non pertinenza delle deduzioni della ricorrente rispetto all'ipotesi di cui all'art. 360, n. 5), c.p.c., con conseguente inammissibilità del mezzo.

3.4. Quanto al quarto motivo, questa Corte ha definitivamente chiarito che, per effetto della riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione, risulta denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed

obiettivamente incomprensibile", e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).

Nessuna di dette carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale espone il proprio percorso argomentativo in modo comunque completo, univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili.

Si deve rilevare, del resto, che lo sviluppo argomentativo del motivo di ricorso, ben lungi dall'evidenziare caratteri di assoluta contradditorietà o di incomprensibilità della motivazione, viene a riferirsi a profili del tutto spuri, quale il "travisamento" o la mancata valutazione del materiale probatorio (pag. 28) o la errata identificazione della natura di alcuni dei documenti prodotti, confermando, in questo modo, che il motivo di ricorso viene nel concreto a tradursi ancora una volta in una critica della valutazione delle prove operata dal giudice di merito ed in una mera censura rivolta al merito della decisione.

4. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.

5. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della "sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto", spettando all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).

P.Q.M.

La Corte,

dichiara il ricorso inammissibile;

condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1- quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma il 13 marzo 2025.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2025.

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472