LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco - Presidente -
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -
Dott. DI SALVO Emanuele - Consigliere -
Dott. BASSI Alessandra - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da: M.S. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3235/2014 CORTE APPELLO di PALERMO, del 26/02/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. BASSI ALESSANDRA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FRATICELLI Mario, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore Avv. GANGI Giuseppina per M., che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento del 26 febbraio 2015, in parziale riforma dell'appellata sentenza del Tribunale di Palermo del 20 aprile 2014, ritenuta la continuazione con i reati di cui alle sentenze emesse dal Gup presso il Tribunale di Palermo del 12 ottobre 2010 (irrevocabile il 5 luglio 2011) e dell'8 novembre 2011 (irrevocabile il 5 ottobre 2012), la Corte d'appello della stessa città ha rideterminato nei confronti di M.S. la pena complessivamente inflittagli in anni nove e mesi otto di reclusione e 48.000 Euro di multa in relazione a diverse violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 sub capi E2), F2) e G2) (la prima imputazione riguarda la detenzione di sette involucri di sostanza stupefacente del tipo eroina rinvenuti in un'intercapedine nel muro perimetrale di un edificio, mentre le ulteriori contestazioni riguardano cessioni di singole dose di eroina a diversi acquirenti; la prima e la terza contestazione con l'aggravante di aver commesso il fatto nelle immediate vicinanze di un plesso scolastico).
2. Avverso la sentenza ha presentato personalmente ricorso M. S., difeso dall'Avv. Gangi Giuseppina, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Vizio di motivazione in relazione al reato di cui al capo E2), per avere la Corte d'appello attribuito a M. sia la cessione, sia la detenzione di stupefacente, sebbene il sequestro dei sette involucri di sostanza sia avvenuto a carico di ignoti e nell'annotazione di P.G. si legga che l'imputato fosse visto non prelevare un sacchetto dal nascondiglio nel muro, ma soltanto avvicinarvisi.
2.2. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, in riferimento ai reati di cui ai capi E2), F2) e G2), per avere la Corte escluso la sussistenza dei presupposti dell'ipotesi lieve, seppure compatibile con un'attività di spaccio non occasionale.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, mentre la difesa di M.S. ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato in relazione a tutte le deduzioni mosse e va pertanto rigettato.
2. Con riguardo al primo motivo, va evidenziato come tutte le censure dedotte si sviluppino sul piano del fatto e siano tese a sovrapporre un'interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai decidenti di merito, più che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati nell'art. 606 c.p.p., il che fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso a questo giudice di legittimità.
Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, l'epilogo decisorio non può difatti essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchè illustrati come maggiormente plausibili, o perchè assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Cass. Sez. 6^, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1^, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507).
3. D'altronde, nessun vizio logico argomentativo è ravvisabile nella motivazione sviluppata in relazione al reato di cui al capo E2). I Giudici della cognizione hanno esplicitato, con motivazione puntuale ed adeguata, le ragioni per le quali abbiano ritenuto fondata la detenzione delle sette dosi di stupefacente oggetto di contestazione, sebbene il sequestro di esse sia avvenuto a carico di ignoti, argomentando come M. fosse osservato dagli operanti di P.G. avvicinarsi al muro, prelevare un sacchetto ed estrarvi un qualcosa e quindi - controllato dopo il fugace contatto con il conducente di un'auto - trovato in possesso della somma di 305 Euro.
4. Infondato è anche il secondo motivo con il quale il ricorrente ha eccepito la violazione di legge penale ed il vizio di motivazione in relazione alla denegata applicazione dell'ipotesi prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
5. Al riguardo giova rammentare come, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, (diventata fattispecie autonoma di reato con L. n. 79 del 2014), il giudice sia tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l'azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all'oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell'attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (Sez. 4^, n. 6732 del 22/12/2011, P.G. in proc. Sabatino, Rv. 251942; Sez. 3^, n. 23945 del 29/04/2015, Xhihani, Rv. 263651).
In altri termini, ferma la possibilità di configurare la lieve entità del fatto anche in caso di un'attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, detta fattispecie non può ravvisarsi quando, nonostante l'esiguità dei singoli quantitativi di droga ceduti, le modalità e le circostanze del fatto impediscano di inquadrare la condotta in termini di modesto disvalore.
7. Di tali coordinate ermeneutiche ha fatto corretta applicazione il Collegio della cautela là dove ha escluso la ravvisabilità nella specie della lieve entità del fatto, evidenziando, per un verso, la continuità e la professionalità dell'illecito agire, per altro verso, la disponibilità da parte dell'imputato di quantitativi rilevanti di stupefacente, seppure frazionati nelle dosi di volta in volta cedute.
Con considerazioni pertinenti ed adeguate il Tribunale ha allora stimato non configurabile la fattispecie delineata del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, in quanto la continuità e sistematicità del commercio al minuto di sostanze stupefacenti ed i quantitativi di sostanza complessivamente trattati nonchè le modalità professionali della condotta, evidenziate dai Giudici di merito, si pongono in evidente distonia rispetto alla ratio della lieve entità del fatto, che - come già rilevato - si giustifica in presenza di condotte di minor disvalore sociale: le modalità e le circostanze dell'agire ed il complessivo dato ponderale della sostanza - come ricostruiti nel processo di merito - presentano connotati inconciliabili con l'invocata ipotesi lieve, in quanto dimostrativi di un agire teso a favorire la circolazione degli stupefacenti, con conseguente non trascurabile entità della lesione o della messa in pericolo del bene protetto dalla norma incriminatrice, che va riferito all'interesse sociale ad evitare ogni diffusione delle sostanze droganti.
8. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2015