Corte di Cassazione, sez. III Penale, Sentenza n.15458 del 04/02/2016 (dep. 14/04/2016)

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È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di specificità che conduce, a norma dell'art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione.

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Corte di Cassazione

Sez. III Penale

Sentenza 14 aprile 2016, n. 15458 (Ud. 04/02/2016)

SENTENZA

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 13.3.2014, il Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Milano, pronunciando nei confronti di C.L., imputato del reato di cui agli artt. 81 cpv cod. pen. e 8 d.lgs. 74/2000 per aver, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, in qualità di amministratore unico della S. srl, corrente in Milano alla Piazza I.N. n. (..), emesso, al fine di consentire l'evasione delle II.DD. e dell'IVA alle società utilizzatrici, fatture per operazioni inesistenti per asseriti servizi commerciali resi (in Milano dal 2007 al 2010), lo dichiarava responsabile del reato ascrittogli e lo condannava alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, con pena sospesa e non menzione e confisca per equivalente dei beni nella disponibilità dell'imputato fino alla concorrenza della somma di euro 86.881,00.

Con sentenza del 12.12.2014, la Corte di appello di Milano, a seguito di appello dell'imputato, riformava parzialmente la sentenza emessa dal Giudice della udienza preliminare con concessione della attenuante di cui all'art. 8, comma 3 d.lgs. 74/2000, rideterminazione della pena in anni uno di reclusione e riduzione della confisca per equivalente fino alla concorrenza dell'importo di euro 64.101,00.

2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione C.L., a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:

a. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in relazione agli artt. 192 e 533 cod. proc. pen.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata perché avrebbe fondato l'affermazione di responsabilità dell'imputato su elementi meramente indiziari, non gravi, non precisi e non concordanti ed interpretati in un'ottica accusatoria ed in malam partem. Deduce che le fatture asseritamente fittizie sono state emesse negli anni 2007-2008-2009 e la loro emissione era conforme agli accordi intercorsi per cui S. srl avrebbe dato supporto all'attività della S. srl e della Lubrichem solamente per tre anni e che le argomentazioni della sentenza di appello erano mere congetture personali e illazioni.

b. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in relazione alla normativa di cui all'art. 81 cod. pen. e al momento consumativo del reato di cui all'art. 8 d.lgs. 74/2000.

Il ricorrente deduce che il Giudice di appello, pur riconoscendo l'ipotesi attenuata di cui all'art. 8 del d.lgs. 74/2000, ha perseverato nell'errore commesso dal giudice di primo grado e, cioè, aumentare la pena base per tre annualità anziché per due; argomenta che il riferimento al capo di imputazione all'anno 2010 è errato perché il reato di cui all'art. 8 del d.lgs. 74/2000 si consuma nel momento di emissione della fattura e nel 2010 la S. srl non ha emesso alcuna fattura; aggiunge che, pertanto, è errata la determinazione della pena, in quanto risulta applicato un aumento per la continuazione relativo ai periodi di imposta 2007,2009 e 2010, avendo individuato quale reato più grave quello relativo all'anno 2008, mentre tale aumento doveva riguardare solo i due periodi di imposta 2007 e 2009.

c. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in relazione alla normativa di cui all'art. 13 d.lgs. 74/2000.

Il ricorrente deduce che la Corte di appello non esaminava il motivo di appello relativo alla mancata applicazione da parte del Tribunale dell'art. 13 d.lgs. 74/2000, così da determinarsi il vizio di omessa motivazione e violazione di legge, non trattandosi di motivo manifestamente infondato.

d. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in relazione alla normativa di cui all'art. 322 ter cod. pen., art. 1 comma 143 della legge n. 244/2007 e art. 8 e 9 del d.lgs. 74/2000 in relazione alla quantificazione dell'importo confiscato. Il ricorrente deduce che l'emittente delle fatture può essere oggetto di confisca solo nei limiti del proprio profitto e che nella fattispecie non sussiste alcun profitto in capo all'imputato, di modo che nessuna confisca poteva essere disposta.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

1.1. Vanno premesse le seguenti considerazioni.

E' pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di specificità che conduce, a norma dell'art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, Rv. 255568; sez. 4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, Rv. 253849; sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, Rv. 236945; sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, Rv. 230634; sez. 4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, rv. 221693).

Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri, Rv. 260608).

Va, poi, evidenziato che ci si trova di fronte ad una "doppia conforme" affermazione di responsabilità e che, legittimamente, in tale caso, è pienamente ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi.

E', infatti, giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. 1, 22/11/1993, dep. 4/2/1994, n. 1309, Albergamo, Riv. 197250; Sez. 3, 14/2/1994, n. 4700, Scauri, Riv. 197497; Sez. 22/3/1994, n. 5112, Palazzotto, Riv. 198487; Sez. 2 13/11/1997, n. 11220, Ambrosino, Riv. 209145; Sez. 6, 20/11/2003, n. 224079).

Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest'ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall'appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimità si estenderà alla verifica della congruità e logicità delle risposte fornite alle predette censure.

Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo.

Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, Muià ed altri Rv.254107, Sez 3, n.7406 del 15/01/2015, Rv.262423).

1.2. Nella specie, le motivazioni delle due sentenze si saldano fornendo un'unica e complessa trama argomentativa, non scalfita dalle censure mosse dal ricorrente che ripropone gli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado.

La Corte di appello di Milano ha richiamato la sentenza di primo grado, e posto, quindi, a fondamento della configurabilità del reato contestato le seguenti considerazioni: l'estrema genericità delle prestazioni fatturate dalla S. e il difetto di documentazione attestante l'effettività delle prestazioni di servizi relativi; l'assenza di giustificazione in ordine alla deduzione difensiva circa la creazione delle società S. srl e L. srl (società utilizzatrici delle fatture) al fine di far subentrare un nuovo soggetto delle attività in precedenza svolte dalla S. srl con riferimento alla presenza dell'imputato quale socio di maggioranza relativa della S. srl e quale presidente del consiglio di amministrazione e socio al 50% della L. srl; l'assenza di giustificazione relativamente alla sottoscrizione da parte di A.L.- socio di minoranza della S. srl e membro del consiglio di amministrazione della L. srl presieduto dall'imputato delle " due offerte di servizi" alle quali si riferirebbero le fatture emesse dalla S. srl.

La Corte di appello ha, inoltre, specificamente confutato le argomentazioni difensive ed ha risposto punto per punto alle doglianze oggi riproposte.

Le argomentazioni offerte dai Giudici di appello sono adeguate e prive di vizi logici e, quindi, esenti da censure in questa sede.

2. Il secondo motivo di ricorso è fondato e comporta l'assorbimento del terzo motivo di ricorso in quanto connesso al trattamento sanzionatorio.

La Corte di appello, nel riconoscere la fattispecie attenuata di cui all'art. 8, comma 3 d.lgs. 74/2000 (nella formulazione antecedente alla novella introdotta con il d.l. 138/2011 conv. in I 148/2011, applicabile ratione temporis) individuava il reato più grave in quello relativo all'anno 2008 ed erroneamente aumentava la pena base per tre annualità anziché per due; tale aumento, infatti, doveva riguardare solo i reati relativi agli anni 2007 e 2009 e non anche l'anno 2010 per il quale, come evincibile nel prospetto allegato quale parte integrante dell'imputazione, non risultano emesse fatture.

La determinazione della pena, pertanto, risulta erronea e la sentenza va annullata con rinvio per la rideterminazione stessa sulla base di quanto suesposto.

3. Il quarto motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha affermato che la confisca per equivalente del profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti non può essere disposta sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall'art. 9 D.Lgs. n. 74 del 2000 - escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo (Sez. 3 n. 42641 del 2013, Rv 257419 Sez. 3, n. 48104 del 06/11/2013, Rv. 258052 ).

La sentenza impugnata va, quindi, annullata con rinvio anche in relazione alla disposta confisca per nuovo esame in merito all'applicazione della sanzione de qua in relazione al principio di diritto suesposto ( previo accertamento del profitto conseguito dal ricorrente).

4. S'impone, poi, in base al disposto dell'art. 129 cod. pen., non essendo il ricorso manifestamente infondato, l'annullamento senza rinvio limitatamente al reato relativo all'anno di imposta 2007 perché estinto per prescrizione.

Va ricordato che il termine di prescrizione del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti inizia a decorrere, per l'unicità del reato previsto dall'art. 8 comma secondo, del d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74, non dalla data di commissione di ciascun episodio ma dall'ultimo di essi, anche nel caso di rilascio di una pluralità di fatture nel medesimo periodo di imposta (Sez. 3, n. 10558, dep.07/03/2013, Rv.254759; n. 20787 del 2002 Rv. 221978; n. 6264 del 2010, Rv. 24619).

Ne consegue che per le fatture emesse nell'anno 2007, il termine massimo di prescrizione di anni 7 e mesi 6, è decorso dal 21.6.2015 dovendosi il reato "unitario" ritenere commesso alla data di emissione dell'ultima fattura (21.12.2007).

5. In definitiva, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio in ordine al reato relativo all'anno di imposta 2007 perché estinto per prescrizione e con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatori - tenuto conto di quanto rilevato al punto 3 ed alla dichiarata prescrizione - ed alla disposta confisca.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato relativo all’anno di imposta 2007 perché estinto per prescrizione e con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano in relazione alla determinazione della pena e alla disposta confisca.

Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso il 4/2/2016

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