Concorso di circostanze, limiti del sindacato di legittimità sul giudizio di comparazione

Corte di Cassazione, sez. I Penale, Sentenza n.1520 del 05/11/2018 (dep. 14/01/2019)

Pubblicato il
Concorso di circostanze, limiti del sindacato di legittimità sul giudizio di comparazione

Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto.

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Cassazione penale, Sezione I, Sentenza 15 gennaio 2018, n. 1520

Data udienza 9 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

Dott. BARONE Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 18/12/2014 della CORTE APPELLO di BARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. BARONE LUIGI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa CASELLA GIUSEPPINA che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli articoli 2, 4 e 7 contenuti nel capo C), con trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Bari per la rideterminazione della pena, il rigetto nel resto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 6 dicembre 2013 il Gup presso il Tribunale di Foggia dichiarava (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli dei reati loro ascritti (detenzione di sostanza stupefacente del tipo marijuana (capo a); introduzione nel territorio dello Stato, acquisto, detenzione e porto illegali di un’arma da guerra e relativo munizionamento (capo b); detenzione e porto illegali di una pistola e relativo munizionamento (capo c); nonche’ i primi due: trasporto e procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato dello straniero, (OMISSIS) di nazionalita’ albanese, privo di titolo di residenza permanente (capo d);e condannava, i primi due, alla pena di anni otto ed Euro 4.000,00 di multa ciascuno, il terzo alla pena di anni sette e mesi quattro ed Euro 3.800,00 di multa, previo riconoscimento per tutti delle circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alle contestate aggravanti.

2. A seguito di impugnazione proposta dagli imputati, la Corte di appello di Bari, con sentenza resa il 18 dicembre 2014, in parziale riforma della decisione di primo grado, rideterminava la pena inflitta al (OMISSIS), in anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 600,00 di multa e quella inflitta al (OMISSIS) e al (OMISSIS) in anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, confermando per questi ultimi il giudizio di primo grado di equivalenza delle circostanze attenuanti ed aggravanti, mentre per il (OMISSIS) riteneva le prime prevalenti sulle seconde.

3. Avverso la sentenza di appello ricorrono per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), per il tramite dei rispettivi difensori, chiedendo l’annullamento della decisione, con i provvedimenti consequenziali, affidando l’impugnazione ai seguenti motivi.

4. Ricorso di (OMISSIS).

4.1. Difetto di motivazione e violazione di legge in ordine alla denegata circostanza attenuante prevista dall’articolo 114 cod. pen., in relazione all’ipotesi delittuosa contestata al capo A (traffico di sostanze stupefacenti), stante la minima importanza del contributo prestato dall’imputato nella preparazione e commissione del reato, essendo stato questi “usato dagli organizzatori dell’azione criminosa perche’, quale soggetto avente la disponibilita’ dell’imbarcazione e versante in grave difficolta’ economica, non avrebbe potuto rifiutare una proposta di guadagno facile. (Tuttavia) se il (OMISSIS) non avesse accettato la proposta non avrebbe interrotto il piano criminoso degli spacciatori che avrebbero sicuramente trovato un altro modo per effettuare il trasposto, magari individuando altro proprietario/comandante d’imbarcazione”. Si lamenta al riguardo che dall’ascolto di una conversazione tra il (OMISSIS) e lo zio (OMISSIS) (conv. del 7 dicembre 2012, minuto 49.07) emerge che i due corrieri non erano stati edotti neanche del quantitativo di sostanza da trasportare, tanto che era stato loro indicato il numero di trenta sacchi da caricare sull’imbarcazione, mentre poi si erano trovati a caricarne circa novanta.

4.2. Difetto di motivazione e violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del reato contestato al capo d (trasporto e procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato dello straniero, (OMISSIS)).

La difesa lamenta la mancanza dell’elemento soggettivo del reato in quanto la presenza del (OMISSIS) e delle armi di cui questi era in possesso era stata imposta ai due corrieri a garanzia del buon esito del piano delittuoso, finalizzato esclusivamente al trasporto delle sostanze stupefacenti. Sotto altro profilo, il ricorrente eccepisce l’insussistenza del fatto anche sul piano materiale, in quanto, secondo quanto riferito dal ricorrente medesimo nel corso dell’interrogatorio, il (OMISSIS) era salito a bordo dell’imbarcazione del (OMISSIS) e del (OMISSIS) in acque montenegrine, proveniente dall’imbarcazione albanese ed in ogni caso era partito con i due corrieri dal porto di (OMISSIS) verso le acque internazionali (verosimilmente al largo tra le cosche albanesi e quelle del (OMISSIS)), dove avveniva la presa in carico delle sostanze stupefacenti.

4.3. Difetto di motivazione e violazione di legge in ordine alla indebita duplicazione delle imputazioni di cui ai capi B e C, trattandosi della contestuale detenzione di due armi (un Kalashnikov ed una pistola cal. 7.65).

4.4. Difetto di motivazione e violazione di legge in ordine alla circostanza aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 1, lettera d, (fatto commesso da persona armata). La difesa si duole del fatto che il (OMISSIS) non avrebbe avuto consapevolezza della presenza di armi a bordo, atteso che queste erano state “imposte” al (OMISSIS) nel momento in cui, in mezzo al mare, ebbe a trovarsi circondato da persone armate.

4.5. Difetto di motivazione e violazione di legge in ordine alla circostanza aggravante (contestata al capo A) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, (fatto avente ad oggetto ingenti quantita’ di sostanze stupefacenti). Lamenta il ricorrente che la sentenza si sia limitata sul punto ad escludere l’ipotesi tenue prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.

4.6. Difetto di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica e al trattamento sanzionatorio in relazione al reato di cui al capo A per mancanza di prove in ordine alla effettiva quantita’ di marijuana detenuta dall’imputato e per aver comunque omesso una valutazione complessiva del fatto (mezzi e modalita’ dell’azione) che avrebbe consentito di ritenere la lieve entita’ del fatto.

4.7. Difetto di motivazione e violazione di legge in relazione al diverso trattamento sanzionatorio applicato nei confronti dei tre imputati ed alla mancata applicazione ai due corrieri “italiani” delle riconosciute circostanze attenuanti generiche in misura prevalente alle contestate aggravanti, come invece ritenuto per il (OMISSIS) soltanto in ragione della rinuncia di questo ai motivi di appello.

5. Ricorso di (OMISSIS).

5.1. Violazione di legge in relazione agli articoli 125, 495 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., lettera e) e connesso vizio di motivazione, per avere la corte territoriale escluso fondatezza al motivo di gravame con cui era stata eccepita l’omessa risposta del giudice di primo grado ad una serie di deduzioni difensive relativamente all’inutilizzabilita’ delle intercettazioni ambientali presso la Casa circondariale di (OMISSIS), alla rilevanza di produzioni documentali, all’insussistenza del reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, all’assorbimento dei reati in materia di armi previa esclusione del concorso formale, all’insussistenza delle circostanze aggravanti Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 80. La motivazione della sentenza impugnata e’, in tesi difensiva, assolutamente carente, essendosi limitati i giudici dell’appello ad affermare che “non sussiste in capo al primo giudice alcun obbligo di affrontare espressamente gli argomenti sviluppati ritenendosi che l’omessa considerazione degli stessi equivale ad una implicita valutazione negativa circa la loro rilevanza ai fini della decisione adottata”.

5.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilita’ del (OMISSIS) a titolo di concorso nel reato di cui al capo A (traffico di sostanze stupefacenti). Si duole il ricorrente del giudizio di colpevolezza dell’imputato fondato esclusivamente sulla sua presenza sul peschereccio che trasportava la sostanza stupefacente, senza che venissero adeguatamente valutate altre emergenze quali: le dichiarazioni rese dall’informatore confidenziale della p.g., le dichiarazioni liberatorie del (OMISSIS) e la produzione documentale attestante la pregressa assunzione del (OMISSIS) in qualita’ di marinaio. Si sostiene che tali elementi integrerebbero, al piu’, una ipotesi di connivenza non punibile, ma non una responsabilita’ concorrente nel reato.

5.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 12, comma 3, lettera e. Lamenta che la corte di appello nel respingere la doglianza a suo tempo dedotta con autonomo motivo di impugnazione avrebbe valorizzato una parte soltanto dei rilievi difensivi, senza considerare “la mancata consapevolezza della provenienza del (OMISSIS) e della presenza dello stesso sull’imbarcazione e privilegiando i profili attinenti la cd. garanzia del trasporto in un’ottica squisitamente aggravante della condotta criminosa”. Eccepisce, nello specifico, che:

a) le previsioni di cui ai commi 1 e 3 costituiscono ipotesi autonome di reato (nel secondo caso e’ necessaria “l’effettiva violazione della disciplina di settore in tema di immigrazione e dunque l’ingresso illegale nel territorio dello Stato”);

b) il fatto deve essere qualificato nell’ipotesi di cui al comma 1 del citato articolo 12 (per sottrarsi alle dedotte doglianze di indebita duplicazione dell’imputazione, atteso che il substrato naturalistico della lettera e sarebbe contestato ai capi B e C);

c) il fatto non e’ punibile in quanto risulta dagli atti acclarato che la sostanza stupefacente unitamente al (OMISSIS) erano stati imbarcati all’estero e che il peschereccio era stato individuato in acque internazionali (a circa 17 chilometri da Vieste) per cui da tale momento le persone trasportate avevano “cessato di trovarsi nella disponibilita’ di fatto del trasportatore”.

5.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articolo 4 di cui ai capi B e C e della circostanza di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23, comma 4, non potendo, ai fini della configurabilita’ del delitto di porto illegale di arma da fuoco, intendersi il peschereccio (attraverso cui era avvenuto il trasporto in questione) luogo aperto al pubblico, stante, peraltro, la possibilita’ di legittima opposizione a chi vi acceda da parte di chi sul luogo esercita un potere di fatto o di diritto (si richiama al riguardo, Sez. 1, n. 16690 del 27/03/2008, Bellachioma, Rv. 240116).

5.5. Violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alle ritenute aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2 e comma 1, lettera d.

5.6. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla denegata attenuante prevista dall’articolo 114 cod. pen., in relazione all’ipotesi delittuosa contestata al capo a (traffico di sostanze stupefacenti), stante la minima importanza del contributo prestato dall’imputato nella preparazione e commissione del reato, avendo i giudici del merito conferito rilevanza alla mera presenza del predetto sull’imbarcazione utilizzata per il trasporto illegale, senza considerare che lo stesso era rimasto inerme di fronte alla materializzazione della condotta e, prima ancora, del tutto estraneo alle trattative ed agli accordi, fornendo in tal modo un contributo privo di efficacia eziologica rispetto al reato stesso.

5.7. Violazione di legge e mancanza assoluta di motivazione in merito alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente alle contestate aggravanti. Si lamenta, al riguardo, che la corte territoriale avrebbe del tutto ignorato il motivo di appello n. 10, col quale erano stati evidenziati, a sostegno del richiesto giudizio di prevalenza, l’assoluta incensuratezza, la mancanza di pendenze giudiziali e le documentate capacita’ lavorative del (OMISSIS); nonche’ l’ottimo comportamento post delictum, la leale condotta processuale e le positive condizioni di vita individuali e sociali del predetto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Entrambi i ricorsi sono complessivamente infondati e devono, pertanto, essere rigettati.

2. In via preliminare e’ opportuno rammentare che l’indagine in sede di legittimita’ non consente alla Corte di sovrapporre la propria valutazione in punto di fatto a quella gia’ effettuata dal giudice di merito, ma soltanto di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni attraverso cui quest’ultimo ha giustificato il proprio convincimento.

La mancanza, l’illogicita’ e la contraddittorieta’ della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimita’, devono risultare di spessore tale da essere percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita’ essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche’ siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (per tutte, Sez. U., n. 47289 del 24 settembre 2003, Petrella, Rv. 226074).

Secondo altro consolidato e condivisibile orientamento di questa Corte i motivi di ricorso per cassazione possono anche riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui cio’ serva a documentare il vizio enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione che si riferisca al provvedimento impugnato e si confronti con la sua motivazione (per tutte, Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, Ruci, Rv. 267611; Sez. 6, n. 34521 del 27/06/2013, Ninivaggi, Rv. 256133).

Ne consegue che, ai fini della sua ammissibilita’, il motivo di ricorso per cassazione deve essere caratterizzato da una “duplice specificita’”: “Deve essere si’ anch’esso conforme all’articolo 581 c.p.p., lettera C (e quindi contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma quando “attacca” le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresi’, contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’articolo 606 cod. proc. pen., comma 1, lettera e), deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisivita’ rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, si’ da condurre a decisione differente” (cosi’ in motivazione, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo e altri, Rv. 254584).

3. Poste queste necessarie premesse vanno esaminati gli odierni atti di impugnazione.

4. Il primo motivo del ricorso del (OMISSIS) e’ inammissibile in quanto aspecifico e comunque manifestamente infondato.

Il ricorrente eccepisce violazione di legge in relazione agli articoli 125, 495 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., lettera e, e connesso vizio di motivazione per l’omessa valutazione da parte del giudice dell’appello di “una serie di critiche e deduzioni difensive (riferite a produzioni giudiziarie ed eccezioni di inutilizzabilita’ delle intercettazioni) trascurate dal giudice di primo grado”.

Si tratta, nella sostanza, della pedissequa reiterazione di quanto gia’ dedotto con l’atto di appello e respinto dalla corte territoriale con motivazione pienamente convincente.

In particolare, con riferimento alla eccepita inutilizzabilita’ delle intercettazioni, la corte territoriale ha dato seguito al consolidato insegnamento di legittimita’, pienamente condiviso dal Collegio, secondo cui in tema di giudizio abbreviato sono pienamente utilizzabili le intercettazioni eseguite con l’impiego di impianti diversi da quelli in dotazione della Procura della Repubblica benche’ disposte con decreto privo di motivazione, atteso che tale carenza non integra un’ipotesi di inutilizzabilita’ patologica (per tutte, Sez. 2, n. 10134 del 24/02/2016, Scarciglia e altri, Rv. 266195; Sez. 1, n. 472 del 03/11/2015, dep. 2016, Marzoki, Rv. 265853).

Altrettanto correttamente, la corte di appello, riguardo alle “produzioni giudiziarie”, ha osservato che “non sussiste in capo al primo giudice alcun obbligo di affrontare espressamente gli argomenti sviluppati dalla difesa oralmente o per iscritto, ritenendosi che l’omessa considerazione degli stessi equivale ad una implicita valutazione negativa circa la loro rilevanza ai fini della decisione”.

A fronte di tale spiegazione, il ricorrente non ha neanche specificato quali fossero le “produzioni giudiziarie” trascurate dai giudici del merito ne’ la loro rilevanza ai fini della decisione attraverso il filtro della prova di resistenza con le restanti emergenze.

5. Trasporto di sostanze stupefacenti (capo A della rubrica).

5.1. E’ inammissibile per la sua assoluta genericita’ il motivo con cui il (OMISSIS) eccepisce il vizio della motivazione attraverso cui e’ stata ritenuta la sua colpevolezza in relazione al reato in esame.

Il predetto si limita invero ad articolare una serie di valutazioni in fatto, ampiamente esaminate in sentenza e respinte con motivazione logica e puntuale che spiega il consapevole contributo offerto dall’imputato nel trasporto via mare del carico di sostanza stupefacente (pp. 10 e 11 della sentenza impugnata).

5.2. Parimenti inammissibili le censure della motivazione impugnata, mosse da entrambi i ricorrenti, in relazione alla circostanza attenuante prevista dall’articolo 114 cod. pen., denegata ai predetti.

I ricorsi soltanto all’apparenza si confrontano con la decisione a loro sfavorevole, stigmatizzando il tenore di una affermazione riportata in sentenza (“Meglio procedere oltre nell’esame dei motivi per cercarne qualcuno che possa avere una qualche consistenza”). Le difese omettono, tuttavia, di considerare nel loro complesso le argomentazioni a sostegno delle conformi decisioni di merito, attraverso le quali viene puntualmente ricostruito, in termini logici e coerenti rispetto alle risultanze esaminate, il ruolo determinante e rilevante assunto da ciascuno degli imputati nella commissione del fatto (dalla messa a disposizione del peschereccio al viaggio intrapreso personalmente in acque montenegrine per recuperare il carico di marijuana, assicurandone il trasporto fino alle coste italiane).

A fronte di tale ricostruzione, rivelatrice del contributo offerto dai predetti (tutt’altro che di minima importanza) le difese hanno contrapposto argomenti confutativi, inidonei a rilevare fratture logiche della decisione impugnata, in quanto sorretti da alternative valutazioni in fatto (tendenti a minimizzare l’apporto fornito da ciascuno nella commissione del fatto) che non possono trovare ingresso in sede di legittimita’.

5.3. Non diversa e’ la sorte dei restanti comuni motivi di ricorso rivolti a censurare i riconosciuti profili circostanziali inerenti il reato ora in esame: articolo 80, comma 1, lettera d, (fatto commesso da persona armata) e comma 2 (fatto avente ad oggetto ingenti quantita’ di sostanze stupefacenti).

Le difese lamentano la mancata consapevolezza da parte degli imputati della presenza di armi a bordo e dell’effettivo quantitativo di sostanza stupefacente trasportata.

Si tratta di doglianze gia’ dedotte con l’atto di appello ed oggi pedissequamente riproposte in termini puramente confutativi delle ragioni con cui la corte territoriale le aveva respinte.

Nel primo caso, la versione difensiva e’ stata convincentemente ritenuta smentita dal rinvenimento delle armi all’interno della cabina di comando, cui avevano accesso tanto il (OMISSIS) quanto il (OMISSIS).

In relazione alla seconda aggravante, e’ stato ritenuto dirimente il quantitativo di sostanza stupefacente oggetto del trasporto (pari a 1610 chilogrammi di marijuana).

La motivazione e’ corretta a nulla rilevando l’assunto difensivo secondo cui gli imputati non avrebbero avuto consapevolezza dell’effettiva consistenza del carico, smentito in sentenza dalla semplice ma ineccepibile constatazione che questo era costituito da ben 88 sacchi alla cui sistemazione in “coperta” e “sottocoperta” non poteva aver assolto il solo (OMISSIS).

Al riguardo, in precedenti casi con profili di analogia all’odierno, la Suprema Corte ha ritenuto configurarsi l’aggravante in esame con riferimento all’illecita detenzione di oltre nove chili di cocaina rinvenuti all’interno dell’auto guidata dal ricorrente, il quale, pur negando di essere a conoscenza del dato ponderale, aveva ammesso di aver accettato di accompagnare altra persona per la consegna di una partita di droga in un’altra citta’ (Sez. 6, n. 13087 del 05/03/2014, Mara, Rv. 258643).

Parimenti destituite di fondamento anche le ulteriori doglianze in ordine alla carenza di motivazione in relazione all’accertamento soltanto in via deduttiva e non diretta del dato ponderale e del principio attivo della sostanza.

La sentenza impugnata e’ anche su questo punto immune da censure, trovando in essa corretta applicazione i consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui:

– la circostanza aggravante della detenzione di ingente quantita’,di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, puo’ essere configurata anche in mancanza del sequestro della sostanza, purche’ vi siano elementi di prova certi che consentano di pervenire per via indiretta alla individuazione del dato ponderale (Sez. 3, n. 35042 del 01/03/2016, Gjetja, Rv. 267873).

– ai fini della configurabilita’ del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, pur potendosi prescindere dall’accertamento dell’entita’ del principio attivo presente nella sostanza oggetto di contestazione, e’ necessario dimostrare che questa abbia in concreto effetto drogante ovvero sia in grado di produrre alterazioni psico-fisiche (Sez. 4, n. 4324 del 27/10/2015, dep. 2016, Mele, Rv. 265976). Profili questi ultimi, nel caso di specie, neanche posti in discussione considerata l’entita’ del carico di marijuana oggetto del trasporto.

6. Reati in materia di armi (capi B e C della rubrica).

Infondate sono le deduzioni articolate in entrambi i ricorsi in relazione ai reati in materia di armi.

6.1. Destituita di fondamento giuridico e’ la tesi sviluppata principalmente dalla difesa del (OMISSIS), secondo cui la contestuale detenzione delle due armi (un Kalashnikov ed una pistola cal. 7.65) costituiva un unico reato.

L’assunto non e’ corretto in quanto si scontra con il principio, piu’ volte affermato da questa Corte, secondo cui nel caso di detenzione di piu’ armi di differente tipologia, si configura un unico reato soltanto per ciascun gruppo di armi appartenenti alla medesima categoria (Sez. 1, n. 39223 del 26/02/2014, Bonfiglio, Rv. 260348; Sez. 1, n. 44066 del 25/11/2010 Di Rosolini, Rv. 249053).

6.2. Benche’ non dedotto dalle parti ricorrenti, avrebbe potuto, semmai, porsi il problema, in relazione all’imputazione di cui al capo C (concernente la pistola), dell’assorbimento dei reati di detenzione e porto di arma comune da sparo in quelli di detenzione e porto di arma di natura clandestina, secondo quanto di recente affermato dalle Sezioni unite n. 41588 del 22/06/2017, La Marca, Rv. 270902.

La questione, tuttavia, nel caso di specie non rileva, in quanto la corte territoriale (determinata forse dalla contestazione in diritto ma non in fatto della clandestinita’ dell’arma) ha considerato le condotte di cui al capo C in termini unitari, apportando in relazione agli stessi un unico aumento di pena per la ritenuta continuazione.

6.3. Priva di ogni pregio e’, infine, l’eccezione formulata dalla difesa del (OMISSIS) secondo cui nel caso di specie non poteva essere configurato il reato di porto delle armi da fuoco, atteso che il peschereccio ove queste giacevano custodite non poteva essere considerato “luogo aperto al pubblico”. Il rilievo (riproposto in ricorso) e’ stato correttamente respinto dai giudici dell’appello in ragione del “macroscopico equivoco” che lo ha generato, confondendo, all’evidenza, la difesa, nell’indicazione del luogo di commissione del fatto, il peschereccio con le acque territoriali in cui, a bordo del natante medesimo, veniva eseguito il trasporto delle armi.

Del tutto inconferente alle ragioni della difesa il precedente giurisprudenziale richiamato dalla stessa (Sez. 1, n. 16690 del 27/03/2008, Bellachioma, Rv. 240116) che, semmai, conferma la fondatezza dell’assunto accusatorio, concernendo una fattispecie di condanna dell’imputato per il reato di porto illegale di arma da fuoco in fondo rustico di esclusiva proprieta’ del predetto, ma aperto all’esercizio venatorio.

Anche di recente, in una fattispecie non distante dall’odierna, la Suprema Corte ha affermato che integra la condotta di porto illegale di arma in luogo pubblico, la detenzione di una pistola custodita nel cruscotto di un’autovettura che percorre una pubblica via (Sez. 1, n. 40806 del 05/06/2013, Patricelli, Rv. 257245).

7. Reato di trasporto e procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato dello straniero (OMISSIS) (capo d).

Entrambi gli imputati hanno eccepito difetto di motivazione e violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del reato contestato al capo d (trasporto e procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato dello straniero, (OMISSIS)).

7.1. Nel caso del (OMISSIS), il ricorso e’ affetto da aspecificita’, in quanto ripropone quanto dedotto e respinto nel giudizio di appello, senza alcun confronto con le ragioni esposte in sentenza. Il motivo si articola, peraltro, in rilievi in fatto, non soltanto inammissibili in questa sede, ma anche di dubbia congruita’ sul piano logico. Si afferma, invero, che il (OMISSIS) era a bordo del peschereccio gia’ al momento della partenza da (OMISSIS), ma non si considera che, ove anche tale circostanza fosse stata ritenuta rispondente al vero, cio’ non avrebbe inciso sulla fondatezza dell’accusa in quanto il predetto, una volta giunto in acque internazionali e quindi uscito dal territorio dello Stato, vi aveva poi fatto reingresso (illegalmente) grazie al decisivo contributo degli odierni imputati.

7.2. Stessa sorte deve riconoscersi alle censure sul punto mosse dalla difesa del (OMISSIS), in quanto le stesse, in parte ripropongono quelle gia’ respinte nel giudizio di appello, in parte si fondano su una alternativa ricostruzione della vicenda (per cui la stessa si sarebbe consumata in acque internazionali e non territoriali come ritenuto in sentenza), dalla quale discenderebbero conseguenze giuridiche, per il vero non nitidamente prospettate in ricorso, restando incerto se, in tesi difensiva, il fatto avrebbe meritato una diversa qualificazione giuridica (anziche’ l’ipotesi del terzo, quella del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 12, comma 1) ovvero una declaratoria di insussistenza.

Al di la’ delle perplessita’ appena evidenziate, e’ assorbente di ogni altra considerazione il vizio che in radice inficia l’assunto difensivo, traendo questo linfa da una generica e assertiva rilettura degli elementi di prova non proponibile in questa sede.

Resta dunque integra la solidita’ argomentativa della ritenuta colpevolezza dei due imputati per il reato cosi’ come contestato in rubrica (articolo 12, comma 3, Decreto Legislativo cit.) in parte commesso nel territorio dello Stato; tale dovendosi considerare la zona di mare nel quale il peschereccio veniva fermato.

8. Non consentite sono, infine, le censure mosse in entrambi i ricorsi alla mancata prevalenza accordata dai giudici alle riconosciute circostanze attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti.

Si censura, al riguardo, l’insufficienza della giustificazione contenuta in sentenza (“gravita’ delle condotte poste in essere”).

Trascurano le difese che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita’ qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano invece sorrette da una congrua motivazione, quale e’ da ritenere, pur nella sua sinteticita’, quella di specie (per tutte Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931,che hanno ritenuto immune da censure la motivazione che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si era limitata a ritenerla la piu’ idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto).

9. Alla stregua delle considerazioni svolte i ricorsi devono essere rigettati e gli imputati condannati al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., comma 1.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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