In tema di reati edilizi, l’impossibilità tecnica di dare esecuzione all’ordine di demolire un manufatto abusivo senza danneggiare la parte lecita del fabbricato, oltre a dover essere dimostrata e valutata dal Giudice di merito, non rileva come motivo di revoca del beneficio quando dipende da causa imputabile al condannato.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, Sentenza 25/05/2022 n.23657 (dep. 17/06/2022)
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 31/12/2021, il Tribunale di Torre Annunziata, quale Giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, proposta nell’interesse di S., di annullamento o declaratoria di inefficacia dell’ordine di demolizione del del 07.01.2013 relativo alla sentenza n. 591/2007, emessa in data 26.11.2007 dallo stesso Tribunale, sez, dist. di Sorrento, irrevocabile il 27.03.2008.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione S., a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione degli artt. 81 cod.pen. e 671 cod.proc.pen. e vizio di motivazione in relazione alla eccepita inammissibilità dell’iniziativa demolitoria per difetto del titolo esecutivo.
Argomenta che erroneamente il Giudice dell’esecuzione aveva disatteso l’istanza proposta, essendo fondate le due questioni sollevate in ordine alla difformità dell’ordine di demolizione rispetto al titolo esecutivo; in particolare si era dedotto che la sentenza del 2007 non poteva costituire titolo esecutivo in quanto essa era stata assorbita dalla successiva sentenza n. 1670/2015, che aveva riconosciuto il vincolo della continuazione con le ulteriori opere successive e rideterminato la pena; inoltre, in ordine alle predette opere successive “minori” era intervenuto provvedimento del Giudice dell’esecuzione del 26.02.2018, passato in cosa giudicata, che aveva revocato il relativo ordine di demolizione perché ritenute ricadenti nella previsione di cui al d.P.R. n. 31/2017.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il Tribunale ha disatteso le censure qui riproposte con argomentazioni congrue e logiche, rimarcando correttamente che il titolo esecutivo era da individuarsi nella sentenza del Tribunale di Torre Annunziata -sez. dist. di Sorrento n. 591 del 26/11/2007, irrevocabile in data 27.03.2008, contenente l’ordine di demolizione impugnato, in quanto non assumeva rilievo, nel relativo procedimento esecutivo azionato, la successiva sentenza dello stesso tribunale n 1670/15, che si era limitata a riconoscere il vincolo della continuazione in relazione ai fatti già giudicati con la predetta sentenza; ha, quindi, evidenziato, conseguentemente, l’irrilevanza che per le ulteriori opere realizzate ed oggetto della sentenza n. 1670/15 fosse intervenuta la revoca dell’ordine di demolizione, attesa l’autonomia tra i due procedimenti.
3. La ricorrente non si confronta criticamente con il complesso di tali argomentazioni (confronto doveroso per l’ammissibilità dell’impugnazione, ex art. 581 cod.proc.pen., perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso, cfr Sez.6, n.20377 del 11/03/2009, Rv.243838; Sez.6, n.22445 del 08/05/2009, Rv.244181), riproponendo in maniera acritica le stesse censure già adeguatamente vagliate e disattese dal Giudice di merito.
4. Quanto, infine, alla qui dedotta impossibilità di procedere alla disposta demolizione perché le nuove opere – per le quali è stato revocato il relativo ordine di demolizione- avrebbero di fatto inglobato quelle preesistente, va richiamato il principio consolidato secondo cui l’impossibilità tecnica di dare esecuzione all’ordine di demolire un manufatto abusivo senza danneggiare la parte lecita del fabbricato, oltre a dover essere dimostrata e valutata dal Giudice di merito, non rileva come motivo di revoca del beneficio quando dipende da causa imputabile al condannato ( Sez.3, n. 7789 del 09/02/2021, dep.26/02/2021, Rv. 281474 – 01; nonchè Sez. 3, n. 19387 del 27/4/2016, Di Dio, Rv. 267108; Sez. 3, n. 35972 del 22/9/2010, Lembo, Rv. 248569; Sez. 3, n. 32706 del 27/4/2004, Giardina, Rv. 229388, che hanno ritenuto tale il caso in cui sia stato il medesimo condannato a realizzare l’abuso sull’iniziale manufatto o, comunque, a tollerare la realizzazione delle opere).
4. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/05/2022.